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Autore: Merlo    08/05/2009    2 recensioni
One shot rapida sul mio amatissimo Camus <3. Una cosa che mi son sempre chiesto è: di che avranno mai parlato lui e Milo mentre Camus scendeva per andare verso la Settima Casa e poi mentre da lì tornava? Ecco, da ciò ho scritto quest'aggeggio. Che, tanto per cambiare, non mi piace, ma mi da tanta soddisfazione \o/
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aquarius Camus, Scorpion Milo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Cosa ti porta nella Casa dello Scorpione, Camus

“Cosa ti porta nella Casa dello Scorpione, Camus? Ora che stiamo subendo un attacco, non dovresti essere a protezione della tua Casa?”

Il Cavaliere dell’Acquario si fermò; voltandosi, vide la sagoma del Cavaliere dello Scorpione emergere dall’ombra ed avvicinarsi.

Lo fissò con sguardo imperturbabile.

“Ho dei conti da regolare personalmente con uno di loro, Milo, e voglio farlo prima che venga ucciso da qualche altro Cavaliere d’Oro.”

Milo alzò un sopracciglio, con espressione ironica.

“Oh, davvero? Da quel che so, l’unico degli invasori che ha qualcosa a che fare con te è quel Hyoga… Il tuo allievo.” Fece qualche altro passo in avanti e si fermò. “Vuoi forse punirlo di persona per la sua ribellione?”

Camus sostenne senza batter ciglio lo sguardo indagatore del Cavaliere dello Scorpione.

“Sì. Non posso accettare che colui che io stesso ho addestrato si sia rivelato un traditore. Per riscattare il mio onore è necessario che mi occupi di persona della sua fine.”

Vi fu qualche attimo di silenzio, poi l’ombra di un sorriso sarcastico apparve sulla bocca di Milo.

“Ah, e così tu avresti ceduto alla rabbia, proprio tu, Camus, che fra tutti i Cavalieri d’Oro sei quello che più di ogni altro affermi che le passioni devono essere ignorate, e sempre tu abbandoni addirittura la tua Casa, preso da quest’impeto?” Ridacchiò “No, non mi stai dicendo la verità.”

Camus mantenne la sua espressione imperturbabile.

“Non per rabbia, ma per riscattare il mio onore sto preparandomi ad affrontare il mio allievo, Milo, come ho detto. Permettimi dunque di passare attraverso la tua Casa, perché possa punire il mio allievo per la sua blasfemia.”

I due continuarono a fissarsi per qualche secondo, gli occhi penetranti dello Scorpione in quelli gelidi del Cavaliere dell’Acquario; poi Milo proruppe in una fragorosa risata.

“Oh, via, non penserai di darla a bere a me, Camus… Qualcun altro potrebbe crederti, ma io ti conosco troppo bene per non capire che stai nascondendo qualcosa. Sai bene quanto me che solo un pericolo imminente su tutto il Santuario ti potrebbe far smuovere dalla tua Casa, non certo l’orgoglio… E, dato che questi invasori non sono niente più di Cavalieri di Bronzo, anche se particolarmente dotati, non sembra che siano una minaccia così grande. Ne consegue…”

“Ne consegue un bel niente.”

Il sorriso si congelò sulle labbra di Milo; un’impercettibile mutamento aveva reso più duro lo sguardo del Cavaliere dell’Acquario.

“Siamo irritabili, oggi, vedo…”

Camus continuò a fissarlo immobile.

Milo sospirò.

“Avanti, Camus, dimmi cosa c’è. Non è bene avere segreti in momenti come questo, lo sai.”

Parlando, si portò alle spalle del Cavaliere dell’Acquario.

Senza voltarsi, Camus scandì con lentezza le parole.

“Non ho nessun segreto, Milo. Mettitelo in testa. devo solo fare quello che ti ho detto. Ed ora fammi passare.”

Milo non rispose.

“Allora, mi lascerai passare attraverso questa Casa?”

Ancora silenzio; dopo qualche secondo, il Cavaliere dello Scorpione sospirò di nuovo.

“E sia, Camus, non volevo arrivare a questo punto, ma mi ci hai costretto…”

Camus percepì il cosmo di Milo espandersi e si voltò; il Cavaliere dello Scorpione si era messo in posizione di attacco, lo sguardo indurito.

“Ti nego il permesso di passare attraverso l’Ottava Casa; se vuoi oltrepassarla dovrai combattere contro di me e sconfiggermi, Camus.”

 

Camus continuava a fissarlo senza il minimo mutamento d’espressione.

“Non fare il bambino, Milo. In questo modo non fai altro che renderti ridicolo. Sai bene quanto me che gli scontri fra Cavalieri d’Oro sono vietati, specialmente durante un attacco al Santuario. Scansati e fammi passare, ora, non ho tempo da perdere.”

Milo non si spostò di un solo millimetro, continuando a guardare Camus dritto negli occhi.

“Solo se mi dirai cosa vuoi fare potrò lasciarti il passo libero, Camus. Tu hai in mente qualcosa, e voglio sapere cos’è. Dimmelo, se vuoi passare senza dover combattere.”

Camus non fece una piega ed iniziò ad espandere il proprio cosmo.

“Se vuoi combattere, Milo, ti accontenterò. Avanti, attaccami, Cavaliere dello Scorpione.”

Milo scattò; il suo pugno fece rotolare via l’elmo di Camus, mentre il Cavaliere dell’Acquario arretrava di qualche passo sotto l’urto del colpo.

“Non è questo quello che voglio Camus, lo sai bene.” Si accorse di star urlando ed abbassò la voce. “Voglio sapere cos’è che mi nascondi. Dimmelo, Camus, se vuoi passare.”

Poi vide le lacrime affacciarsi agli angoli degli occhi dell’amico.

Rilassò i muscoli e la voce.

“Camus… Cosa vuoi fare? A me puoi dirlo.”

Il Cavaliere dell’Acquario era immobile nella posizione in cui si trovava dopo aver ricevuto il colpo.

Milo si avvicinò lentamente.

“Avanti, dimmelo. Ti farò passare, ma voglio sapere cosa stai combinando…”

“Devo completare l’addestramento di Hyoga.”

La voce del Cavaliere dell’Acquario tremava leggermente.

Milo lo guardò perplesso.

“Cosa intendi per…”

“Deve raggiungere il Settimo Senso.”

Milo si paralizzò.

“Cosa? Vorresti aiutare un invasore sacrilego a…”

Camus gli voltò le spalle ed andò a recuperare l’elmo.

“Non puoi capire. Io ho passato lunghi anni della mia vita ad addestrare quel ragazzo. Lo conosco bene, non posso credere che sia un sacrilego. Deve avere una ragione per essere indotto ad attaccare il Santuario.” Si chinò a raccogliere l’elmo. “Ed il suo addestramento, ad ogni modo, deve essere completato. Quando conquistò la Sacra Armatura del Cigno non era in grado di raggiungere il Settimo Senso, quindi lasciai perdere. Ma ora…” indossò l’elmo “Ora lui e i suoi compagno sono riusciti a sconfiggere dei Cavalieri d’Argento. Sono indubbiamente in grado di imparare a padroneggiare il cosmo di un Cavaliere d’Oro.”

“Quando lo presi come allievo, giurai che gli avrei insegnato tutto ciò che era in mio potere trasmettergli. Devo mantenere quella promessa.”

Guardò Milo dritto negli occhi.

“Ora capisci perché non volevo parlartene, Milo? L’azione che sto per compiere è contraria a tutto ciò che ci è ordinato di fare. Non volevo che tu avessi motivo di disprezzarmi.”

Camminò fino ad essere faccia a faccia con il Cavaliere dell’Ottava Casa, fissandolo con un ritrovato sguardo glaciale.

“Allora, Milo? Mi farai passare?”

Stettero immobili a guardarsi ancora per qualche attimo; poi Milo si scansò.

“Non ti disprezzerò per ciò che stai per fare, Camus. Conosco anch’io il legame che unisce il maestro all’allievo, quindi comprendo le tue azioni. Sappi solo che non approvo ciò che stai per fare.” Si voltò ed iniziò a camminare verso le proprie stanze. “Passa pure, Camus. Non te lo impedirò.”

 

La Casa della Bilancia era vuota, come Camus si aspettava. Dohko non aveva risposto all’appello del Gran Sacerdote, si era opposto ad Arles.

Ancora oche Case lo separavano dal suo discepolo.

Come avrebbe fatto a insegnargli ciò che lui stesso aveva imparato solo dopo un lunghissimo addestramento?

No, non era importante. Hyoga si era dimostrato rapido ad apprendere, sarebbe riuscito certamente a padroneggiare il Settimo Senso in breve tempo.

L’unica cosa che doveva fare era eliminare il punto debole che aveva sempre visto in lui.

Il ragazzo era troppo facilmente preda delle proprie emozioni; non avrebbe potuto raggiungere il Settimo Senso finché non avesse riconosciuto il proprio errore.

Quelle emozioni erano il problema maggiore, ma in particolar modo il suo eccessivo attaccamento alla madre – quell’attaccamento che aveva causato la morte di Isaac, affogato nelle gelide acque della Siberia…

Interruppe il flusso dei ricordi: non era il momento per lasciarsi andare alla deriva nella memoria.

Sarebbe dovuto penetrare il più possibile nella mente di Hyoga, avrebbe dovuto strappargli quella sua eccessiva emotività.

Nulla in contrario ad avere emozioni, no, era umano averne; ma per padroneggiare il Settimo Senso doveva esservi una lucidità che le emozioni non lasciavano raggiungere.

Dominare le proprie emozioni, avere la mente sempre sgombra da qualsiasi tipo di turbolenza, in modo da catturare i segreti del cosmo: questo era essere Sacri Guerrieri di Atena, non il gettarsi nella mischia in preda alla furia, senza la benché minima strategia, confidando solo nella forza bruta.

Sì, glielo avrebbe fatto capire.

Ma c’era un solo modo, poi, per fargli raggiungere il Settimo Senso…

Solo essendo a rischio della propria vita Hyoga avrebbe potuto comprendere come carpire il segreto che rendeva i Cavalieri d’Oro i più potenti fra i guerrieri di Atena.

Avrebbe dovuto combatterlo senza avere pietà di lui, o sarebbe stato tutto vano; ancor più controproducente che averne pietà, sarebbe stato dirgli in faccia qual era il suo intento.

Sì, Hyoga avrebbe dovuto pensare di star fronteggiando qualcuno disposto ad ucciderlo.

Continuò a camminare a passo rapido attraverso la Casa della Bilancia.

Dove li avrebbe incontrati?

E, soprattutto, i compagni di Hyoga lo avrebbero lasciato agire indisturbato, oppure avrebbe dovuto occuparsi anche di loro?

Beh, nel caso vi fosse costretto, ciò avrebbe conferito un’ulteriore patina di realismo alle sue azioni.

Molto bene, ora doveva solo affrettarsi, prima che qualche altro Cavaliere d’Oro uccidesse Hyoga.

Forse, però, avrebbe dovuto…

Vide Hyoga che giaceva prono per terra.

Cosa ci faceva là? Dove erano i suoi compagni?

Si guardò attorno; no, nessuno, a parte lui e Hyoga, si trovava nella Settima Casa.

Come era possibile che…

Hyoga gemette leggermente.

Bene, era vivo. Ora iniziava il suo compito.

 

“Oh, Milo, Milo…”

“Calmati, Camus. Sono sicuro che hai fatto tutto il possibile.”

Nella Casa dello Scorpione, Camus piangeva abbandonato all’abbraccio di Milo.

“Non capisci? Ora è rinchiuso per sempre in una bara di ghiaccio quasi indistruttibile, lui, il mio allevo! Ho fallito, Milo, ho fallito in tutto…”

Milo lo lasciò sfogarsi ancora un po’, lisciandogli i capelli. Poi lo raddrizzò, tenendogli le mani sulle spalle e gli occhi piantati nei suoi.

“Camus, non è colpa tua… Lui è stato incapace di capire le tue intenzioni, lui non ha dato ascolto ai tuoi consigli. Se non ha raggiunto il Settimo Senso dopo quello che hai fatto, non lo raggiungerà probabilmente mai. E proseguire nell’assalto senza averlo, sarebbe stato un suicidio. Tu gli hai salvato la vita, in un certo qual senso. Non hai colpe.”

Camus si asciugò le lacrime, tremando ancora, travolto dalle emozioni, sotto lo sguardo attento del Cavaliere dello Scorpione.

“Forse hai ragione… Ad ogni modo, ho fallito, e su questo non ci sono dubbi.” Scivolò via dalla stretta di Milo. “Tornerò alla mia Casa. Non ho più nulla da fare qui.”

Milo lo guardò allontanarsi.

“Ah, Milo…” Camus si fermò un attimo. “Grazie.”

  
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