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Autore: Rebecca04    10/10/2016    6 recensioni
[Space!AU]
Merlin e Arthur sono entrambi agenti all'Interporto Spaziale della colonia CAMELOT#. Uno è solo un magazziniere con un mitico drago che fiuta merci illegali alla perfezione, l'altro un agente di pattuglia senza limiti.
“Non capisco perché tu sia intervenuto” sussurrò il biondo, notando il ticchettio ritmato del ginocchio dell’altro.
“Forse perché stavi per farti uccidere da quel grifone spaziale” rispose secco il moro, scostandosi con la sedia dal collega. “Come hanno fatto a darti l’abilitazione per la piattaforma centrale?” Si fermò a fissare Arthur e sospirò, appoggiando le mani sulla gamba per impedirle di muoversi.
“Avanti, dillo” continuò il biondo; l’espressione era seria, forse amareggiata.
Tutti sapevano che Arthur era il figlio del comandante della colonia spaziale CAMELOT#, e Merlin non era di certo il primo che si accingeva a ricordarglielo.
“Sei un po’ asino con le lingue. Ecco, l’ho detto” aggiunse il moro.
[La storia partecipa all'evento: A box full of prompts del gruppo Facebook EFP famiglia: recensioni, consigli e discussioni.]
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aithusa, Galvano, Lancillotto, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ciao a tutti!
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Il prompt è questo: 
223 Elisa Story Zabini - apollo41
Originale (Fantasy o Sci-fi) o Fandom a piacere Coppia: a piacere Avvertimenti vari: (eventuale AU per i fandom), humor, fluff Rating: a piacere. Prompt: Ambientazione moderna con elementi fantasy o sci-fi, i personaggi lavorano insieme in un qualche genere di corpo di polizia. "Non trattarmi come se tu fossi qualche tipo di esperto/a! L'ultima volta che hai parlato con un/una ragazzo/a ti ha letteralmente ucciso." 
Grazie a Sarah per l'aiuto con il titolo :)
Buona lettura!



 
Mai mangiare pesche a pois
 
Merlin stava già pregando mentalmente che Alator non li cacciasse dal corpo di polizia, mentre Arthur controllava impaziente l’orologio appeso alla parete: ormai era da venti minuti che aspettavano nell’ufficio del capitano.
“Non capisco perché tu sia intervenuto” sussurrò il biondo, notando il ticchettio ritmato del ginocchio dell’altro.
“Forse perché stavi per farti uccidere da quel grifone spaziale” rispose secco il moro, scostandosi con la sedia dal collega. “Come hanno fatto a darti l’abilitazione per la piattaforma centrale?” Si fermò a fissare Arthur e sospirò, appoggiando le mani sulla gamba per impedirle di muoversi.
“Avanti, dillo” continuò il biondo; l’espressione era seria, forse amareggiata.
Tutti sapevano che Arthur era il figlio del comandante della colonia spaziale CAMELOT#, e Merlin non era di certo il primo che si accingeva a ricordarglielo.
“Sei un po’ asino con le lingue. Ecco, l’ho detto” aggiunse il moro.
Gli occhi dell’altro si fissarono sui suoi, la bocca leggermente aperta per articolare una risposta a una affermazione che non si aspettava.
“Insomma, ieri quando hai parlato con quel druido, invece di dargli indicazioni per il bagno gli hai fornito quelle per il buco nero più vicino…” continuò Merlin.
“Ah, sì, e tu che non sai nemmeno tenere una pistola” rispose Arthur, ricordandosi che l’altro tremava come una foglia solo ad averla tra le mani.
“Non sono affari che ti riguardano” sentenziò il moro mentre la porta a vetri dietro di loro si scostava, lasciando entrare Alator.
“Ho appena finito di sistemare il vostro casino” commentò il capitano, osservando i due quasi senza speranza.
Merlin stava già per obiettare ma con un gesto della mano Alator lo zittì.
“Davvero non capisco… come avete fatto a far scoppiare una rissa?” chiese, mentre si sedeva alla scrivania.
“È colpa sua” iniziò Arthur, mentre Merlin lo fulminava con gli occhi.
“Hai fatto della avances esplicite alla moglie di quel grifone. Con lui davanti!”
“Non è vero, io le stavo dando il benvenuto.”
“Smettetela!” Alator si grattò il capo esasperato: doveva sbarazzarsi dei due in fretta o il suo mal di testa sarebbe peggiorato sicuramente. “Forse non eravate ancora pronti per la Piattaforma… Sto sperimentando un nuovo programma a coppie che ha lo scopo di formare agenti preparati su ogni fronte. Da domani lavorerete insieme seguendo i turni di questo nuovo programma e a fine settimana valuterò il vostro operato. Non accetterò obiezioni” concluse, scrutando i due agenti mentre la bocca di Merlin toccava terra e gli occhi di Arthur si sgranavano all’inverosimile. “Andate a riposare ora, domani avete il turno di pattuglia.”
Il biondo si alzò per primo dalla sedia, tirandosela quasi dietro mentre raggiungeva la porta che si scostò di nuovo; Merlin era subito dietro di lui indaffarato a roteare gli occhi.
“Guarda che non piace neanche a me” vociferò a denti stretti, ma il biondo si era già incamminato verso il suo alloggio.
 
˜˜˜
 
Merlin sbuffò e rigirò il guinzaglio tra le dita della mano mentre Aithusa lo osservava incuriosita. “Te l’avevo detto che non sarebbe mai arrivato in orario” farfugliò verso il drago, intravedendo una chioma bionda farsi avanti.
Arthur era proprio come se lo aspettava: i capelli scompigliati, la camicia rossa di servizio spiegazzata, e man mano che l’altro si avvicinava notò le maniche troppo lunghe senza risvolto. Il cinturone almeno era ben saldo in vita, dove faceva bella mostra di sé la pistola laser.
“Ben arrivato” cincischiò Merlin, mostrando l’orologio. “Sei in ritardo.”
Il biondo nemmeno rispose, guardando incuriosito la creatura di fianco al collega. “Quello non è il drago che si prende gioco di te?” domandò perplesso: aveva sentito voci su Merlin, e, stando a queste, l’agente era vittima di bullismo da parte di un lucertolone bianco che ogni tanto scorrazzava per i corridoi dell’Interporto Spaziale.
“Lei è Aithusa, è infallibile nel trovare merce illegale. È impossibile che tu non abbia udito i suoi ritrovamenti…”
Arthur scrollò le spalle e ricominciò a camminare. “Seguimi, dobbiamo andare ai garage.”
“Sì, ti seg-seguo” boccheggiò il moro, perché Aithusa aveva dato uno strattone al guinzaglio e ora lo stava trascinando per il corridoio centrale che conduceva alle vetture, superando addirittura il biondo.
Arthur non riuscì a trattenere un sorriso vedendo il mingherlino correre, forse la scena lo ricompensava del fatto di non essere al ponte d’attracco, dove avrebbe potuto godersi la vista di diverse astronavi.
Gli corse dietro passando per tutto il magazzino pieno di operai e merci dell’Interporto, fermandosi di colpo una volta arrivati al garage.
“La vettura è la numero quattro.”
“Guido io” tentò di dire con un minimo di serietà Merlin, mentre serrava la presa attorno al collare di Aithusa.
Arthur sorrise e basta, godendosi la vista del moro che saliva sulla navicella bianca e nera.
Erano passati cinque minuti e loro erano ancora lì, con Merlin intento a litigare con il bottone di accensione: i razzi che facevano sollevare la vettura si accendevano immediatamente, ma appena l’agente toccava la centralina di comando quelli smettevano di funzionare, facendo crollare l’aggeggio a terra, con non poco rumore.
Aithusa drizzò le orecchie per l’ennesima volta e Arthur sospirò.
“Riusciremo a iniziare il pattugliamento per ora di pranzo? È questo che succede quando metti uno del controllo merci in azione” aggiunse divertito.
Merlin gli lanciò un’occhiataccia e pigiò senza sosta il bottone facendo sobbalzare la navicella, fino a quando, esasperata, decise di rimanere sollevata da terra. Afferrò poi la cloche sorridendo trionfante ad Arthur, preparando il piede sull’acceleratore.
“La fortuna del principiante. Muoviti” ordinò il biondo.
Il moro accelerò e la navicella partì, superando la rampa e liberandosi nel vuoto, mentre Arthur osservava il sorriso dell'altro e Aithusa si copriva gli occhietti con la coda.
 
“Pattuglia quattro, mi ricevete?”
La voce fece allarmare Merlin, intento a guidare, mentre Arthur afferrava la ricetrasmittente vicino alla cloche.
“Qui pattuglia quattro, agente Pendragon.”
“Segnalato un tentativo di furto, invio coordinate alla vettura.”
Arthur guardò il monitor accendersi e segnalare dove il reato stava avendo luogo, tenendo ben salda la ricetrasmittente. “Siamo vicini, andiamo noi” disse, riagganciando il trasmettitore alla centralina comandi. “Il pilota automatico ti darà le indicazioni, vedi di non schiantarti prima.”
Merlin sbuffò ma stette attento alle informazioni dettate, fino ad arrivare nella periferia della colonia. Stava per atterrare ma Arthur spostò le mani sulle sue.
“Non vogliamo che ci sentano e scappino” spiegò, facendo muovere la cloche verso il basso, guidando i movimenti dell’altro.
Il moro perse per un attimo di vista l’obiettivo, ma si ricompose il più velocemente possibile, atterrando con successo.
“Vado ad arrestare quei tizi e torno” pronunciò deciso Arthur. “Tu resta qui.”
“Come? Non ci penso nemmeno.”
“Non hai un’arma e sei solo un magazziniere” puntualizzò il biondo prima di scendere, camminando con la pistola in pugno fin dentro l’edificio.
“Non è giusto” brontolò Merlin, osservando Aithusa dallo specchietto. “E poi potrebbero essere anche tre o quattro i ladri, e lui è da solo…” aggiunse. “Non succederà niente se andiamo a controllare.” Sorrise fra sé e sé, aprendo lo sportello che si sollevò di getto. “Sarà meglio non chiuderlo o faremo troppo rumore.” Indicò al drago di sgattaiolare sul sedile davanti e Aithusa ubbidì prontamente, scodinzolando felice appena Merlin iniziò a camminare con lei di fianco.
“Sul monitor indicava il terzo piano” sussurrò all’animale, che, afferrato il messaggio, cominciò a tirare per le scale, rischiando di far inciampare il moro.
La porta dell’appartamento tre era scostata e Merlin avrebbe voluto solo sbirciare, ma Aithusa lo anticipò scostandola in un colpo solo, ritrovandosi in un conflitto a fuoco.
Prima con un raggio laser lo colpisse Arthur l’aveva strattonato e tirato a terra, lanciandogli uno sguardo omicida. “Che ci fai qui?” urlò.
Merlin avrebbe voluto rispondere, ma era occupato a nascondersi dietro al divano, mentre cercava di tenere a bada Aithusa.
“Spero tu abbia portato la ricetrasmittente per chiedere rinforzi” continuò il biondo e l’altro avvertì un blocco in gola.
Stava per formulare la risposta, ma un raggio rimbalzò contro il lampadario dell’abitazione e colpì il pavimento dritto in mezzo alle sue gambe, facendolo rimanere paralizzato.
Aithusa scrutò il buco ancora fumante e i suoi occhi si tinsero di rosso; si liberò con uno strattone dal guinzaglio e corse incontro alla credenza dove i criminali si nascondevano, sputando fuoco.
L’intero mobile si carbonizzò in pochi istanti, mentre i tre ladri fuggivano verso la finestra.
Non l’avessero mai fatto: Aithusa li seguì e ne colpì due liberando le ali, mentre morse il terzo, che teneva ancora la pistola in pugno, al braccio, facendolo urlare di dolore.
Quando Arthur si alzò per vedere cosa era successo l’appartamento stava per andare a fuoco, due ladri erano svenuti e il terzo molto probabilmente li avrebbe citati per danni.
“Basta” gridò dritto al drago, sventolando un Merlin incolume accanto a sé.
La creatura mollò il delinquente e si precipitò accanto al suo padrone scodinzolante, mentre il moro guardava titubante Arthur.
“Vai in macchina, tu, e la tua bestiaccia. Almeno renditi utile chiamando i soccorsi!”
Merlin annuì e si diresse verso le scale con Aithusa, già pensando a un discorso di scuse.
 
˜˜˜
 
“Non so che fare” borbottò Merlin, tirando su dalla cannuccia fluo il liquido verdognolo.
“Non è stata colpa tua, ma, ecco…” Lancelot si fermò, squadrando il drago seduto accanto al tavolino. “Dovevi portarla alla scuola di addestramento.”
“Che? No! Lo sai come li trattano lì. Aithusa è solo vivace.” Accarezzò il capo squamato dell’animale, facendole appoggiare la testa sulla sua coscia.
“Vivace non vuol dire che può dare fuoco a qualsiasi cosa, o aggredire gente a caso.”
“Erano ladri, non gente a caso” puntualizzò il moro.
“Il tuo collega deve essersi beccato una bella ramanzina dal capo…”
“Lo so, lo so. Gli porterò un cesto di frutta per scusarmi.”
Lance trattenne a stento le risate. “Ne sarà sicuramente entusiasta.”
“Ehi, è d’importazione, costa un occhio, sai?” rispose il moro, alzandosi dal tavolo del bar. “Vado a recuperarlo e glielo porto, a più tardi.”
“A dopo” rispose l’amico, adocchiando Merlin uscire con Aithusa a fianco.
 
Fu il drago a bussare alla porta dell’alloggio con la coda, perché il moro aveva le mani aggrappate al cesto di frutta.
Arthur aprì e li scrutò, alzando un sopracciglio.
“Abbiamo portato un pensiero per scusarci” comunicò il moro da dietro l’ananas blu, mentre cercava di intravedere l’altro.
“Vieni.”
Ma sa solo dare ordini questo qui..! Pensò Merlin mentre entrava.
“Lei, no” aggiunse subito Arthur, additando Aithusa.
“Ma è calma, non farà alcun danno.”
Il biondo mugugnò qualcosa di poco gentile, ma lasciò entrare il drago, che per la prima volta nella sua vita si sedette pacificamente sul tappeto accanto all’ingresso.
“Visto…” tentò Merlin, nascondendo il tono sorpreso.
“Strano” brontolò Arthur, allungando le mani per afferrare il cesto.
“È tutta di importazione, delle vere prelibatezze.”
“Appena le assaggerò te lo dirò.” L’altro appoggiò il cesto sul mobile dell’entrata, mentre Merlin si muoveva verso il salotto.
Quando il biondo si voltò il moro era già davanti al suo divano, intento a spostare i libri che lo ricoprivano.
“Stai studiando?” chiese, prendendo una dei volumi. “Fai bene, con le lingue sei negato.”
Arthur si incamminò verso il divano e dalla fiamma nei suoi occhi Merlin pensò che volesse mangiarsi lui invece della frutta.
“Aspetta, io posso aiutarti” disse sicuro di sé.
“Ah, sì, e come?”
Il moro odiava quel tono saccente che Arthur utilizzava così bene, ma sotto stress le sue celluline grigie lavoravano meglio del solito, e la sua soluzione avrebbe salvato entrambi.
“Io ti aiuto con le lingue e tu mi insegni a sparare. Così otterremo il lavoro alla Piattaforma.”
“Tu sei un caso perso” rispose quasi ridacchiando Arthur.
“Guarda che potrei dire la stessa cosa di te.”
“Io non credo.”
E mentre i due iniziavano un battibecco Aithusa annusò l’aria, fiutando il pollo che avrebbe dovuto essere la cena del biondo.
Strisciò raso terra fino al cucinotto dietro al salotto e le pupille le si dilatarono quando vide la carne arrostita sul tavolo.
“Non ci pensare minimamente.” Arthur apparì dietro di lei arrabbiato. “Nell’angolo!”
“Non puoi trattarla così” intervenne subito Merlin, ma il biondo lo ignorò.
“Se vuoi il mio aiuto per imparare a sparare dovrai farla addestrare.”
“Da te?” chiese retorico l’altro.
“Ho detto nell’angolo” ribadì Arthur in tono fermo, posizionandosi davanti al moro. “Ora.”
Aithusa avrebbe voluto usare i suoi occhietti da cucciolo per intristire Merlin, ma quell’antipatico le bloccava la visuale. Zampettò fino all’angolo e si sedette lì, osservando a testa bassa il biondo.
“Brava” esclamò Arthur, mentre Merlin non credeva a ciò che aveva visto.
“Prendi un piatto, dobbiamo parlare del nostro accordo.”
 
˜˜˜
 
Merlin stava di nuovo aspettando Arthur, come al solito in ritardo. Oggi il moro avrebbe avuto la sua rivincita: lui e Aithusa erano i detentori del record per il maggior ritrovamento di merci illegali.
Arthur finalmente si fece vivo, ma Merlin decise di proseguire fino al rullo due senza aspettarlo; gliela avrebbe fatta pagare per ieri.
“’Giorno” disse raggiante osservando le occhiaie del biondo, visto che il turno in magazzino iniziava alle cinque.
“È ancora notte per me” commentò il collega, sedendosi davanti al monitor che scansionava i pacchi. “Sembrava che tu facessi chissà che, invece devi solo guardare qui.”
“Non è così” rispose indispettito Merlin. “Esistono metodi per sfalsare i risultati dei raggi-x, ma con Aithusa nulla sfugge ai controlli.”
“Probabilmente è il motivo per cui non te la hanno sequestrata…”
“Come?” domandò Merlin.
“Ho controllato il tuo stato di servizio ieri, quando siete andati via. Hai già due richiami per aggressioni da parte del lucertolone.”
“Lei è solo un cucciolo.”
“Certo.” Arthur troncò il discorso, visto che i primi pacchi cominciavano a scorrere sul rullo.
Decisamente il lavoro era piuttosto noioso, proprio come Merlin, che girava lungo tutto il percorso con il drago a fianco a sé, indaffarato ad annusare ogni scatolone. In effetti non era neanche male quel tipo, ma doveva essere un ibrido con qualche specie: quelle orecchie giganti ricordavano troppo un elfo.
Aithusa si fermò in punta davanti a uno strano contenitore e il moro si affrettò a stoppare il rullo, spostando il pacco a terra.
“E adesso che si fa?” commentò Arthur, che li aveva raggiunti alla svelta per liberarsi dalla sua postazione al monitor.
“Apriamo.” Merlin si chinò e sganciò le cinghie che tenevano chiuso il contenitore, ma appena aprì il coperchio uno strano essere saltellò fuori, colpendo in pieno il viso del biondo.
Aithusa iniziò a ringhiare e a seguire la figura lungo tutto il rullo per impedirle di fuggire.
“È un goblin! Va preso prima che faccia danni!” urlò il moro, aiutando il drago nell’inseguimento.
Arthur avrebbe volto fare qualcosa, ma nel tempo che impiegò per rialzarsi in piedi il mostriciattolo era già nel suo contenitore sotto minaccia delle fauci di Aithusa.
“Sanguini” pronunciò preoccupato Merlin, avvicinandosi al biondo. “Ti porto in infermeria.”
“Sto bene, è solo un graffio.”
“Potrebbe infettarsi, fidati, non vorrai prenderti una febbre verde da goblin…”
Il biondo lo guardò già pallido e scosse la testa, mentre il moro lo afferrava a braccetto.
“Guarda che non sto morendo.”
“Sei sotto la mia responsabilità qui, non permetterò che ti accada nulla” chiarì Merlin, mentre faceva un cenno a Lance, indaffarato sul muletto a spostare scatoloni, di dare un occhio alla sua postazione. “Ti scortiamo in infermeria” concluse, con Aithusa che si accostava ad Arthur dall’altro fianco.
 
“Ci vorrà una iniezione” pronunciò Gaius, analizzando il graffio sulla guancia del biondo.
“Come?” replicò allarmato Arthur.
Il dottore passò una garza disinfettata a Merlin e il collega la tamponò con delicatezza sul viso del biondo.
“Te l’ho detto, febbre verde, gran brutta malattia.” Il moro pulì bene la ferita mentre Gaius preparava la siringa.
“In tutti i miei pattugliamenti non mi sono mai ferito. Lavoro due giorni con te e rischio la vita.”
“Ehi! Non è vero.”
Il medico ritornò con l’ago già pronto e Arthur, man mano che quello si avvicinava, si inclinava verso il lato apposto.
“Non avrai paura di un aghetto?”
“Chi? Io?” disse tutto impettito il biondo, intanto che Gaius spostava la camicia.
“Sì, tu.” Sorrise Merlin, mentre il dottore infilava l’ago e Arthur emetteva una sottospecie di squittio.
“Se lo dici a qualcuno di butto dall’auto” replicò il Pendragon.
 “Certo.” Il moro sorrise e prese di nuovo sottobraccio Arthur, mentre Aithusa dava dei piccoli colpetti alle sue gambe per spingerlo a muoversi.
“Per uno che le dà ordini le stai abbastanza simpatico…” commentò Merlin.
“Nessun drago può resistere al mio fascino” rispose il biondo, mentre cominciava a camminare.
 
˜˜˜
 
Merlin respirò profondamente ed entrò nel poligono di tiro; aveva lasciato Aithusa da sola nell’alloggio e questo bastava a metterlo già in ansia.
“Stavolta sei tu a essere in ritardo!” gongolò Arthur.
Il moro fece un piccolo cenno d’assenso e si rassicurò vedendo che erano soli.
“Ho fatto bene a chiedere un cambio turno, a quest’ora non c’è mai nessuno.”
“Ma se te l’ho consigliato io” replicò Merlin.
Il biondo roteò gli occhi e fece cenno all’altro di seguirlo, prendendo posizione davanti al bancone con già pronta la pistola laser.
“Davanti a me” disse deciso Arthur, afferrando i fianchi di Merlin appena l’altro si mosse.
Fece salire le mani fino alle spalle. “Impugna la pistola.”
Il moro ubbidì alla svelta, e Arthur gli afferrò saldamente le braccia per aggiustare la posizione di tiro. Il biondo avanzò ancora e fece scontrare il suo bacino contro la divisa di Merlin.
“Prendi la mira.”
“Ce-certo” rispose il moro. Sparò e per puro miracolo beccò la sagoma vicino al cuore.
“Niente male per essere la prima volta.”
“Già” disse entusiasta Merlin.
“Che sta succedendo qui?” chiese con la fronte aggrottata Alator, mentre teneva stretta al guinzaglio Aithusa.
“Aithusa!” Merlin lasciò la pistola e si diresse verso il drago. “Che è successo?”
“Stava vagando per l’Interporto, ha spaventato un paio di civili” sospirò il capitano. “Merlin, lo so che tu e lei fate un’ottima squadra, ma questa è la terza volta che succedono guai e sono costretto a prendere…”
“Seduta, Aithusa!” esclamò dietro di loro Arthur, e il drago si allontanò da Merlin per accucciarsi, lasciando di stucco Alator.
“Credo che questo sbaglio sia da imputare a me, ora. Sto addestrando Aithusa con l’aiuto di Merlin. Quindi penso valga come mio sbaglio numero uno” intervenne il biondo.
Alator li squadrò e l’avrebbe negato, ma un lieve sorriso si dipinse sul suo volto, mentre faceva la solita ramanzina ai due, andandosene subito dopo.
“Non dovevi” mugugnò Merlin.
“Non voglio vederla rinchiusa in gabbia perché tu sei un imbranato.”
Il moro decise di lasciar correre l’insulto per questa volta, in fondo Arthur aveva appena salvato Aithusa.
“Riprendiamo, ci farà compagnia.” Il biondo ritornò al bancone e Merlin lo seguì, lasciando un pochettino andare la sua rigidità.
 
 
“L’acca è inspirata non espirata, guarda che cambia…”
“Non potremmo andare avanti? È mezz’ora che stiamo su questa frase!” brontolò il biondo. Quando mai aveva proposto di iniziare le lezioni quella stessa sera.
“E ci resteremo finché non la pronuncerai alla perfezione.”
Arthur sbuffò, notando Aithusa già addormentata sul tappeto dell’ingresso, con ben saldo tra le zampe il suo osso giocattolo.
“Sei stato gentile a regalarglielo.”
“È un premio. Oggi si è comportata bene all’addestramento.”
“Non sei male come addestratore” sussurrò il moro.
“Un complimento, dovrei esserne onorato, suppongo” replicò sorridente il biondo.
“Solo per quanto riguarda Aithusa, con le lingue sei ancora un asino.”
Arthur avrebbe dovuto arrabbiarsi all’insulto, ma invece restò calmo, rinfossando la testa nel libro: sarebbe diventato il miglior interprete di tutta la colonia.
 
˜˜˜
 
“È da dieci minuti che lo fissi, Arthur. Guarda che se ne accorgerà.” Gwaine ridacchiò, adagiandosi sui divanetti rossi del bar.
“C’è qualcosa in lui che mi attira…”
“Forse quelle orecchie?” domandò ridendo l’amico.
Arthur sorrise ma tornò serio un attimo dopo. “C’è qualcosa che non riesco ad afferrare.”
“Beh, state praticamente insieme tutto il giorno. Hai tutto il tempo che vuoi per investigare…” Gli ammiccò Gwaine.
"Non trattarmi come se tu fossi qualche tipo di esperto! L'ultima volta che hai parlato con una ragazza ti ha letteralmente ucciso."
“Oh, ancora questa storia. Ero in un bar di ologrammi sotto copertura, e lei una sospettata. Per fortuna ha sparato al mio ologramma e non a me!”
“Già, che fortuna…” ammiccò Arthur sorridente.
 
“Merlin, non vorrei sbagliarmi, ma il tuo nuovo collega ha occhi solo per te.”
“Ma che dici, Lance, starò dando un’occhiata ad Aithusa.”
“Oh, sì, e anche alla tua fondoschiena, intanto!” Rise. “Però non mi sembra il tuo tipo, troppo borioso” aggiunse l’amico.
“No, a conoscerlo meglio è diverso…”
“E allora che aspetti a farti avanti?”
“Stiamo diventando buoni colleghi, non voglio rovinare tutto.” Sorrise osservando di rimando il biondo, mentre anche Aithusa scrutava i due.
 
˜˜˜
 
Dopo una settimana di servizio insieme i due erano di nuovo sul divano di Arthur, che finalmente aveva imparato a dare il benvenuto e istruzioni per il bagno correttamente.
“Si è fatto tardi, credo che dovrei andare…” pronunciò il moro, anche se avrebbe voluto distendersi su quel divano.
“Oh, certo. Aithusa” chiamò Arthur, e il drago si alzò dal suo tappeto, ma invece di andare verso i due sgattaiolò in cucina, tornando con in bocca il cesto di frutta con cui Merlin si era scusato il primo giorno.
“Spuntino di mezzanotte?” Il biondo afferrò le due pesche intergalattiche a pois gialli rimaste e ne offrì una a Merlin.
“Non posso rifiutare” rispose sorridente il moro.
 
Nessuno dei due capì bene come era successo, ma entrambi erano svestiti e accoccolati nel letto di Arthur.
“Che? Come?” domandò Merlin, tentando di muoversi, ma una fitta al fondoschiena glielo sconsigliò.
Il biondo continuava ad alzare il lenzuolo, non capendo come fossero arrivati lì. “Non ricordo niente.”
Mentre i due si fissavano perplessi una Aithusa raggiante entrò nella camera da letto, tenendo in bocca un avanzo di pesca della sera prima.
“Aspetta!”
“Che c’è?” chiese preoccupato Arthur.
“Quelle pesche di ieri sera! Avevano dei pois, vero?”
“Sì, perché?”
“Ecco perché le avevano sequestrate…”
“Che vuol dire? Mi hai regalato un cesto di frutta illegale?” domandò arrabbiato Arthur.
“Beh, sì. Ma poi era risultato essere a posto. Invece credo che quelle fossero pesche afrodisiache, sono illegali qui.”
“Chissà perché” borbottò il biondo. “Sei proprio un idiota.”
“Ehi! Piano con gli insulti, è stata una svista.”
I due furono interrotti dal lamento di Aithusa, che, anche se Arthur gli aveva vietato di salire sui mobili, saltò sul letto, andando a leccare entrambi.
“Mi sa che qualcuno ha architettato tutto, sai?” Il biondo lanciò un’occhiataccia verso l’animale e Aithusa si spostò dalla parte di Merlin.
“Non ne sarebbe capace” pronunciò il moro, dando un paio di grattini alla creatura. “Quindi, adesso, dovremo..?” mugugnò.
“Tu adesso rivestiti, io porto fuori la bestiaccia” replicò Arthur, alzandosi e coprendosi con un cuscino mentre recuperava i vestiti da terra. “Ci becchiamo al poligono più tardi” disse solo, prima di dileguarsi.
 
˜˜˜
 
“Guarda che non riuscirai a fregarmi come hai fatto col tuo padrone! Lo so che sei stata tu” pronunciò indispettito Arthur verso il drago.
Non era neppure riuscito a farsi una doccia, e ora stava vagando per l’Interporto senza meta.
“Arthur, cercavo proprio voi.” Alator sbucò da uno dei corridoi degli alloggi, incrociando i due. “Merlin è già nel mio ufficio, venite.”
Il biondo non era dell’umore giusto per una strigliata, ma seguì il capitano senza batter ciglio con Aithusa di fianco a sé.
Cercò di rimanere neutrale quando vide Merlin nell’ufficio, sedendosi accanto a lui.
“Ho ottime notizie” iniziò Alator. “Grazie a voi il programma entrerà in vigore dal prossimo mese. E come premio sarete entrambi promossi alla Piattaforma.”
Il sorriso del capitano si sfalsò quando Emrys e Pendragon rimasero fermi e zitti.
“Quindi, ci separerà?” domandò il moro.
“Certo che no. Siete una coppia perfetta! E inoltre ad Aithusa verrà data l’uniforme ufficiale del corpo. L’importante è che continuerete con l’addestramento.”
“Oh, certo, è meraviglioso!” Finalmente Merlin sorrise e anche Arthur di rimando. “Andiamo subito a dare le misure al reparto uniformi” concluse Merlin prima di congedarsi.
Alator sorrise e poi squadrò Arthur. “Ho fatto assegnare un’arma anche a lui.”
“Ci penserò io a tenerlo d’occhio.” Il biondo si alzò e uscì, mentre il capitano pensava che i due avrebbero fatto di sicuro carriera.
 
“Quindi lavoreremo insieme ancora per un po’” commentò il moro.
“Fino a quando io e Aithusa verremo promossi e tu tornerai nel tuo lugubre magazzino” ridacchiò il biondo.
“Asino!” ribatté Merlin, mentre il drago andava a circondare i piedi di Arthur con il guinzaglio e quelli del padrone, facendoli avvicinare.
“Pensi ancora che sia innocente?” domandò sorridente il biondo.
“Forse non del tutto” rispose il moro, lasciando un bacio nell’angolo della bocca di Arthur.
Il biondo sorrise e lo strinse di più a sé, liberandosi dal guinzaglio. “Credo sia avanzato ancora un pezzetto di pesca da ieri sera.”
“Sei proprio un asino, e io che credevo che tu volessi seriamente…”
Il discorso fu interrotto dal bacio di Arthur, mentre Aithusa scodinzolava felice.
“Abbiamo ancora un’ora prima di prendere servizio. Sarà meglio sistemarci per il nostro primo giorno, poi, stasera… ti andrebbe una cena? Conosco un bel posto.”
“Certo” sussurrò Merlin. “Però devono accettare anche i draghi nel locale.”
“Nessun problema, il tipo mi deve un favore.”
“Andata!” Merlin sorrise e iniziò a correre, per quanto poteva, con Aithusa lungo i corridoi. “Voglio proprio vedere che figuraccia farai il tuo primo giorno di lavoro!”
“Ehi, aspettami! Tanto sarai tu quello a rendersi ridicolo!” urlò Arthur correndo.
 
˜˜˜
 
“Non credevo, sai?”
“Che cosa?” domandò Merlin incuriosito.
“Eravamo solo dei magazzinieri un anno fa.”
“Beh, comunque i migliori magazzinieri” rispose il moro.
Lancelot sorrise, mentre si dirigeva con l’amico alla piattaforma di comando della Excalibur, la nave interstellare più veloce della galassia.
“C’è lo siamo meritati” aggiunse l’interprete, mentre le porte della plancia si aprivano.
“Alla buon’ora” commentò Arthur già seduto sulla poltrona del capitano. “Il Congresso ci attende.” Fece cenno a Gwaine di accendere i motori, mentre tutti gli altri erano pronti a ricevere ordini.
“Il maritino è nervoso” commentò scherzosamente Lance, accostandosi a Merlin.
Il moro sorrise, mentre si sedeva alla sua postazione, osservando Aithusa accucciata di fianco al capitano. 
 


 
 
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Spero vi sia piaciuta :) 
Ovviamente non potevo non concludere con un happy ending! 
Avrei preferito approfondire di più alcune cose ma si sarebbe allungata troppo... 
Ps: ho usato le creature magiche come razze "aliene" e l'Excalibur prende spunto dall'Enterprise ^^'.
A presto <3 
 
  
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