The End .

 
 
 
F I N E .
Una parola, quattro lettere, un mare di emozioni forti e contrastanti.
 
Bilbo chiuse il libro con delicatezza e lo legò con cura servendosi di uno spago chiaro.
Accarezzò la pelle marroncina della copertina e sbatté le palpebre più volte, imponendosi contegno.
Guardò fuori; dalla piccola finestra a oblò poteva vedere una grande quercia innalzarsi imponente e maestosa nel cielo terso di quella mattinata, nel giorno del suo centoundicesimo compleanno.
 
Gli tremò il labbro inferiore.
Strinse i pugni, per ricacciare indietro le lacrime.
 
Suo nipote Frodo, proprio quella mattina gli aveva detto che era diventato asociale, strano, triste.
Lui aveva negato, ma nonostante tentasse di nasconderlo, nonostante fosse passato così tanto tempo dal Dì di Durin del 2941 di quella stessa Era, lo Hobbit si era incupito.
Aveva sviluppato una morbosità esagerata per quell’Anello magico che si portava dietro ovunque andasse, perfino mentre dormiva lo aveva nel taschino della tua tunica da notte... ma non era solo quello, no.
 
Bilbo aveva visto crescere, in quei duri anni dopo il suo ritorno nella Contea, quel grande albero che ora si stagliava in cielo in tutta la sua grandiosità. Lo aveva curato, lo aveva seguito da quando erano sbocciate le sue prime foglie di un verde brillante.
Ed ogni volta che lo mirava, rimembrava l’avventura più grande della sua vita, il viaggio che lo aveva segnato per sempre, gli amici che aveva lasciato ad Est, a custodire quel Regno da loro tanto ambito e pagato a caro prezzo.
Sì, a caro prezzo.
Perché il signor Baggins portava nel suo grande cuore anche il ricordo di chi lo aveva reso lo Hobbit che era oggi.
Fili e Kili, il loro sorriso sempre presente stampato nella sua mente.
E Thorin Scudodiquercia.
 
Quando un singhiozzo strozzato scosse il suo corpo ormai vecchio, ma che ancora conservava una grande energia, Bilbo si accorse che stava piangendo.
 
Si asciugò le lacrime con stizza.
Non avrebbe mai dimenticato.
La rabbia gli montò nel petto tanto che a guardare con la vista appannata quel libro che aveva scritto, quel diario nelle cui pagine erano state filate con l’inchiostro le parole che meglio raccontavano la sua grande avventura, avrebbe voluto scaraventarlo via, a terra, strapparlo, distruggerlo.
 
Thorin.
Thorin non c’era più.
Il suo corpo dormiente era sepolto nella buia roccia di Erebor, la sua tanto agognata casa, dove riposerà fino alla fine dei tempi.
 
Thorin.
Il suo amico.
Il suo fratello.
Il suo Re.
 
Il legame che aveva instaurato con quel Nano che all’inizio lo aveva considerato una nullità, uno stupido Hobbit impaurito, pronto a fuggire alla prima occasione, capace di pensare solo alla sua poltrona e al suo caldo focolare, era talmente forte che quasi poteva essere toccato.
Ed era svanito, reciso con violenza, strappato dalle dita fredde della morte che se lo erano portato via.
 
Strinse il pugno, il signor Baggins, consapevole che fine non era solo la parola che aveva usato per concludere la sua storia.
Quelle quattro lettere, scritte con la sua scrittura elegante, senza sbavature di inchiostro, rappresentavano più di quello.
Rappresentavano il totale annientamento della sua anima di fronte al corpo esamine di Thorin, mentre con gli occhi puntati in alto, nel cielo, scorgeva le Aquile arrivare in loro aiuto senza però vederle veramente.
Senza riuscire a vedere il suo volto distrutto dal dolore.
Senza percepire le sue lacrime che gli cadevano sul volto.
Senza udire il suo pianto straziante, mentre si piegava sul suo corpo in preda alla disperazione.
 
Fine.
Una parola troppo minuta per il suo enorme significato.











-Angoli Autrice-

Oggi va così ^^
Questa serata è finita nello schifo anche se nel biglietto del biscottino della fortuna ho trovato "Una buona notizia ti renderà felice".
S'è visto, infatti.
Ad ogni modo, il mio è un malumore produttivo u.u
Spero vi sia piaciuta.
Non ho niente da aggiungere.

Buonanotte,
Juls :)