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Autore: valeria78    09/11/2016    2 recensioni
Regina è una professoressa di letteratura dai modi freddi e distaccati. Emma è una studentessa sognatrice che ama la poesia e vuol diventare giornalista. Dal loro incontro, tra i banchi dell'Università di Boston, nasce una storia d'amore che va oltre ogni barriera, capace di superare ogni ostacolo che la vita porrà loro dinanzi.
Genere: Drammatico, Erotico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO DIECI

I tergicristalli della Mercedes di Regina andavano avanti e indietro freneticamente. I fanali dell’auto riuscivano a malapena a illuminare una piccola fetta di asfalto che man mano si presentava davanti agli occhi della donna. Quel temporale di fine maggio proprio non ci voleva. Regina guardò l’orologio, erano quasi le nove, aveva appuntamento a casa di Zelena quella sera. I suoi occhi erano fissi sulla strada quando la sua attenzione venne catturata da un Maggiolino giallo fermo sulla carreggiata. Frenò bruscamente e abbassò il vetro del finestrino.

“Ma quello…”, non finì la frase, afferrò il cellulare appoggiato in una fessura appena sotto la radio, aprì lo sportello della sua Mercedes, non curante della pioggia, e compose il 911.

“C’è stato un incidente tra SnowStreet e la decima, vi prego fate presto!”. Riattaccò e corse verso il Maggiolino, mentre la pioggia le bagnava il volto e i capelli, inzuppava il cappotto nero e penetrava nelle sue ossa. Passò da dietro la vettura e i suoi occhi lessero la targa, non che avesse bisogno di conferme, sapeva a chi apparteneva, il coccio sulla fiancata e il colore giallo erano due elementi inconfondibili. Aprì lo sportello, Emma aveva la testa poggiata sul volante. Regina ebbe un tuffo al cuore appena vide la donna. La spostò indietro in modo che la sua schiena poggiasse contro il sedile.

“Emma” sussurrò picchiettandola con la mano sul viso, aveva una macchia rossa sulla testa, segno del colpo ricevuto.

La bionda aprì gli occhi e vide Regina davanti a sé bagnata fradicia con i capelli che le ricadevano scomposti sul viso.

“Regina – bisbigliò – sono in paradiso?”.

La mora sorrise: “No, per fortuna sei ancora sulla terra - e le strinse la mano - Devo tirarti fuori da qui!” urlò la donna e afferrò la bionda per le braccia.

Emma urlò dal dolore: “La gamba, è incastrata!”.

“Scusami, scusami” disse la professoressa, fece il giro della vettura, aprì l’altro sportello, poggiò un ginocchio sul sedile e si allungò cercando di liberare la gamba di Emma che era rimasta incastrata tra alcune lamiere. Una ferita piuttosto profonda si era aperta lungo la coscia della giovane. Intanto il fuoco nella parte anteriore della vettura continuava a divampare.

“Regina, non puoi stare qui, va via, sta per esplodere tutto!” urlò Emma.

“Non ti lascio!”.

La prof raggiunse la Mercedes e guardò nel bagagliaio dove aveva un piccolo cric portatile, afferrò l’arnese, mentre un lampo squarciava il cielo, e tornò da Emma. Si sedette sul sedile accanto al guidatore e cercò di forzare le lamiere, pose il cric tra la gamba della bionda e le piastre di ferro cercando di allentare la pressione. Usò tutta la sua forza, strinse i denti, ma niente, nessun movimento, la mano le scivolò e si fece un graffio sul braccio.

“Regina – Emma guardò la donna negli occhi – è inutile” disse, la sua era un’espressione  rassegnata.

“Non discutere con me!” replicò quasi arrabbiata la mora che con il braccio insanguinato tornò nuovamente a fare leva sulle lamiere con l’arnese, con forza provò e riprovò finché cominciarono a cedere.

“Le mie gambe, stanno bruciando!” urlò la bionda cercando di ritirarle, ma mosse quella ferita e sobbalzò per il dolore.

La prof si affrettò, nonostante il braccio tagliato. “Stanno cedendo!” disse senza fermarsi. Alla fine, con un ultimo sforzo, le lame si allargarono, liberando Emma dalla stretta. Regina corse dalla parte del guidatore e afferrò la bionda per le braccia, la tirò fuori dall’abitacolo. Trascinò la studentessa dolorante lontano dalla vettura, sistemandola sull’asfalto, si inginocchiò al suo fianco e le cinse la vita con le mani permettendole di poggiare la testa sulla sua spalla. Un istante dopo la macchina esplose.

Regina sussultò.

“È finito - disse accarezzando i capelli di Emma e baciandola sulla fronte – è tutto finito”.

La pioggia lavò via la striscia di sangue che dalla macchina arrivava fino al ciglio della strada dove si trovavano le due.

“Grazie” sussurrò la bionda, poi perse i sensi.

Regina rimase a cullare Emma tra le sue braccia mentre il suo sguardo veniva rapito dalle alte fiamme che uscivano dal Maggiolino. Un istante dopo da lontano giunse la sirena dell’ambulanza.

Emma fu trasportata al Massachusetts General Hospital. La professoressa chiamò Ruby al telefono e l’amica raggiunse subito l’ospedale.

“Come sta?” disse Ruby comparendo in fondo al corridoio e correndo in direzione dell’insegnante che aspettava fuori dalla camera della giovane donna. Regina era seduta con la testa tra le mani e aveva una benda intorno al polso e al braccio destro.

“Sta bene, ha battuto la testa, ma niente di grave” disse la mora alzandosi.

Ruby sospirò: “Ci vuol ben altro per mettere ko Emma Swan - disse - E lei? Come sta?”.

Regina si guardò il braccio: “Se ti riferisci al braccio, sto bene…”.

La porta della camera in cui si trovava Emma si aprì e uscirono un dottore e un infermiere.

“Potete entrare, ma una alla volta” disse alle due donne il medico.

La mora guardò l’amica di Emma.

La porta della camera si aprì, la stanza era illuminata solo da un’abajoux posta su un comodino accanto al letto in cui giaceva Emma. La bionda alzò la testa in direzione di quella figura in piedi poco distante da lei, era in ombra quindi non riusciva a vederla bene.

“Regina” sussurrò.

La figura avanzò: “Emma”, la bionda riconobbe quella voce e un istante dopo la luce illuminò la figura snella e alta di Ruby.

L’amica afferrò la sedia e la pose vicino al letto.

“Come stai?” chiese la coinquilina sedendosi e prendendole la mano.

“Se n’è andata?” chiese la bionda con un filo di voce, mentre sul suo volto si dipingeva un’espressione affranta.

“Purtroppo sì” disse Ruby.

Emma volse lo sguardo verso la finestra, oltre Ruby, e osservò la pioggia che picchiettava sul vetro.

“Mi ha salvata e poi è andata via” disse e guardò la sua amica.

“Devi darle un po’ di tempo - e le asciugò le lacrime che le rigavano il volto - Adesso devi pensare a stare bene”.

Emma sospirò e sfiorò il ciondolo che le aveva regalato la mora e che aveva ancora al collo.

“Ho scoperto altre cose Ruby, qualcuno ha veramente orchestrato un complotto e si è servito di me per incastrare Regina”.

L’amica strinse la mano della bionda e corrugò la fronte.

 

***********************

Regina guidava nella notte. Guardò l’orologio erano le due passate. Aveva disdetto l’appuntamento con sua sorella e girava da ore con la sua Mercedes. Mille pensieri le invadevano la mente, riviveva a ripetizione il momento in cui aveva visto il Maggiolino di Emma fermo sul ciglio della strada e la sua ricerca spasmodica per salvarla. Quando l’aveva tirata fuori dalla vettura, il suo cuore si era colmato di amore, ma quando aspettava nel corridoio dell’ospedale di entrare nella stanza della giovane donna, qualcosa l’aveva bloccata, si era resa conto che non era ancora in grado di perdonarla. Anche se Emma le ripeteva che non c’era stato niente con Sarah e che era tutto un piano orchestrato da chissà chi, Regina aveva davanti agli occhi quelle foto e non riusciva a cancellarle. Era quasi convinta che in tutto quello c’entrasse anche Gold.

Sterzò bruscamente sulla destra facendo stridere le gomme sull’asfalto bagnato e si fermò davanti alla Boston University. Picchiettò con le dita sul volante e poi osservò l’edificio silenzioso. Spense il motore e si guardò le mani, le tremavano, aveva il cappotto sporco di sangue ed era completamente bagnata. Nella sua testa risuonò l’esplosione del Maggiolino e poi ripensò allo sguardo rassegnato di Emma, quando le aveva detto che era tutto inutile. Contemplò il parabrezza, la pioggia non cadeva più. Scese dalla vettura, prese una torcia che teneva nel portabagagli e costeggiò il muro che delimitava l’Università. Il cancello principale era chiuso e troppo alto da scavalcare, ma ve ne era un secondo, più nascosto e più accessibile, lo raggiunse, si guardò attorno e vedendo che non c’era nessuno, con uno slancio lo scavalcò atterrando nel giardino. Accese la torcia e procedette verso il sottoscala. Era risaputo che la porta della cantina era difettosa e Regina non dovette fare troppa fatica per aprirla ed entrare nell’edificio. I corridoi erano silenziosi, illuminò le aule, raggiunse la stanza del preside Gold, ruppe il vetro della porta e infilò la mano togliendo la sicura, entrò. Cominciò a rovistare nei cassetti della scrivania, estrasse alcuni documenti e li esaminò, ma non c’era niente di interessante, passò all’armadietto, aprì i cassetti e rovistò dentro, c’erano le cartelle degli alunni, documenti vari, ma niente di quello che poteva interessarle. Poi vide un armadietto con un lucchetto, si guardò attorno, uscì dalla stanza, si fermò davanti al riquadro che conteneva una piccola accetta da usare in caso di emergenza, con il gomito ruppe il vetro e la estrasse. Tornò nella stanza di Gold e con due colpi secchi ruppe il lucchetto, aprì l’armadietto e spalancò gli occhi, al suo interno c’erano una pistola, alcuni pacchetti di banconote e una cartella con vari fogli. Poggiò la cartella sulla scrivania e illuminò le carte, lesse e un ghigno di soddisfazione si dipinse sul suo volto: c’erano dei documenti che indicavano Gold come prossimo rettore dell’Università e Sarah Fisher come insegnante di ruolo per le materie letterarie e nel giornalismo.

“Bene, bene, a quanto pare ho letteralmente trovato un bello scheletro nell’armadio del preside” sussurrò Regina.

Fotocopiò tutti i documenti, chiuse l’armadietto ovviamente senza lucchetto. Uscì dalla stanza, richiuse la porta e si avviò verso l’uscita. In un batter d’occhio si lasciava alle spalle la struttura, diretta verso il dipartimento di polizia, lo raggiunse alle tre del mattino. Entrò e chiese di parlare con un detective.

“Signora, è molto tardi” disse il poliziotto di turno che si trovava dietro il bancone dell’accoglienza.

“Me ne infischio dell’ora, vuole chiamare un suo superiore?” disse Regina alzando la voce.

“Ma…”.

“Che cosa succede?”.

La mora si girò a guardare l’uomo che era appena uscito da una stanza con dei fogli in mano.

“La signor…”.

“Lei è un detective?” chiese Regina interrompendo il poliziotto di turno.

“In cosa posso esserle utile?” chiese l’uomo.

“Mi chiamo Regina Mills, ho bisogno di parlarle, subito” e sottolineò la parola subito.

“David Nolan – disse presentandosi e porse la mano alla prof – Prego si accomodi” e indicò la porta del suo ufficio.

Rimasti soli, la mora si sedette sulla sedia di fronte alla scrivania dietro alla quale aveva preso posto il poliziotto.

“Regina Mills, questo nome non mi è nuovo” disse l’uomo.

La donna sollevò il sopracciglio.

“Non l’ho mai vista prima, detective – e pose i fogli sulla scrivania – ho ragione di pensare che sia stato ordito un complotto contro di me e contro una mia alunna, Emma Swan, se dà un’occhiat…”.

“Un momento, ha detto Emma Swan?”.

Regina alzò lo sguardo perplessa e annuì.

“La conosco, è venuta da me ieri pomeriggio dicendomi che qualcuno aveva complottato contro di lei”.

“Davvero? – disse la donna – e cos’altro le ha detto?”.

“Ovviamente non posso rivelarle niente per questioni di privacy, ma abbiamo fatto alcune scoperte interessanti”.

David prese la cartella con i documenti e lesse.

“Sono convinta che il preside Gold dell’Università di Boston abbia volutamente orchestrato un piano insieme a Sarah Fisher giornalista del The Boston Globe per incastrarmi, coinvolgendo Emma Swan”.

L’uomo guardò Regina: “La droga dello stupro, certo…”.

La mora scosse la testa: “Che cosa?”.

David mostrò la fotocopia delle analisi del sangue di Emma e indicò un punto con il dito: “In via del tutto confidenziale… Vede questo valore?”.

Regina venne avanti con il busto e guardò il foglio, poi annuì.

“Ebbene, questo valore così alterato significa che qualcuno ha drogato la signorina Swan. La sostanza rimane nel sangue fino a due giorni dopo la somministrazione e si presenta non prima di cinque ore”.

“Mio Dio, come hanno potuto fare una cosa simile”, si sentiva in colpa, quasi certamente si erano serviti della sua compagna per colpire lei.

“Fortunatamente Emma ha avuto una reazione allergica alla sostanza e questo le ha permesso di scoprire perché avesse quei vuoti di memoria. Tuttavia queste prove non sono sufficienti per smascherare le persone che lei mi ha nominato – disse David – anche se Emma incolpasse Sarah, è la sua parola contro quella della Fisher che potrebbe benissimo affermare che potrebbe essere andata in un locale dopo la cena ed essere stata drogata lì. I documenti che ha trovato non provano che siano stati loro a drogarla o che ci sia un collegamento”.

“E allora cosa facciamo?” chiese Regina.

David ci pensò un attimo e poi sorrise.

 

***************

Emma guardava fuori dalla finestra, era una splendida giornata di sole. Giugno era arrivato. Rivolse lo sguardo verso lo schermo televisivo, poi qualcuno bussò alla porta.

“Avanti!” disse la bionda.

La porta si aprì e comparve Regina con un mazzo di fiori stretto in una mano. Gli occhi della studentessa si illuminarono. Erano passati cinque giorni dall’incidente ed Emma non aveva più avuto notizie della mora.

La prof avanzò verso il letto della giovane.

“Regina” disse la bionda.

“Ciao Emma” sorrise lievemente. Alzò il mazzo di fiori e lo poggiò su tavolo sotto la finestra, poi si sedette sulla sedia vicino al letto.

Le due donne si guardarono intensamente per un istante.

“Come stai?” chiese la prof.

“A parte un bernoccolo sulla fronte, va abbastanza bene”.

“La gamba?”.

“Mi hanno dato una ventina punti – Regina storse la bocca – all’inizio mi ha fatto molto male, ma non era poi così grave come sembrava… E tu? Il braccio?”.

“Sto bene” tagliò corto la mora.

Tra le due cadde il silenzio.

“Regina…”.

“Emma – la prof alzò la mano – volevo dirti che mi dispiace se sono scappata la sera dell’incidente. Scusami”.

La bionda scosse la testa: “No, non ti preoccupare” e alzò lo sguardo oltre Regina per osservare la tv. “Quindi… tu come stai? Voglio dire… Novità a scuola?”.

“Emma io non riesco a perdonarti” disse con decisione la donna.

Quelle parole ferirono profondamente la giovane.

“Ci provo, ma ogni volta – fece una pausa cercando di ricacciare le lacrime indietro – ogni volta vedo quelle fotografie”.

“Non potresti semplicemente passarci sopra?” chiese la bionda.

Regina corrugò la fronte: “Passarci sopra? Ti sembra facile?”.

“Voglio dire, se tu ti fidi di me dovresti credere alle mie parole”.

“Ma quelle foto…”.

“Ma allora tu non mi credi!”, la bionda alzò la voce.

Regina si zittì. Abbassò lo sguardo, Emma le sfiorò le mani e la mora sentì un brivido lungo la schiena.

“Tu non mi credi, non è vero?”.

La mora alzò lo sguardo e incontrò gli occhi arrossati della studentessa, si alzò dalla sedia, voltò le spalle a Emma e uscì dalla stanza, lasciandola in lacrime.

 

***************

Dopo una settimana Emma uscì dall’ospedale. Ruby venne a prenderla con la sua auto insieme a Mary Margaret. Ad aspettarle fuori c’era David Nolan, il detective. La bionda salutò l’uomo e gli presentò le due amiche.

“Emma dobbiamo parlare” le disse l’uomo e guardò le due sconosciute.

“Puoi parlare in loro presenza – lo rassicurò la giovane – sono persone di cui mi fido ciecamente”. Insieme si sedettero a un bar poco distante dall’ospedale.

“Regina è venuta da me” disse David.

Emma guardò l’uomo sorpresa, mentre sorseggiava un caffè.

“Sapevi che si è introdotta nell’ufficio di Gold e che ha trovato prove interessanti?”.

La bionda negò.

“E adesso cosa le succederà?” chiese preoccupata.

“Ti preoccupi sempre per lei” disse Ruby.

“Sempre”.

“Beh, tecnicamente nessuno sa che è stata lei” disse l’uomo.

“Ma perché non mi ha detto niente” la voce di Emma assunse un tono dispiaciuto.

“Forse non voleva farti preoccupare” rispose Mary Margaret.

“Mi ha fatto capire che non si fida di me, eppure ha trovato prove che avvallano la mia teoria”, sentì una fitta al petto.

“Regina è molto scossa…” cercò di giustificarla Mary.

“Con tutto il rispetto per tua zia – disse Emma con il volto tirato – pure io sono molto scossa”.

Margaret abbassò lo sguardo.

“La verità è che credo che non le importi di me – sussurrò - Anzi! – e alzò la voce – non le importa proprio niente di me. Se davvero mi amava avrebbe cercato insieme a me un modo per scoprire l’inganno, invece mi ha completamente estromesso! E ora, per favore andiamo!”.

“A ogni modo Emma, le indagini proseguono e sono convinto che alla fine li smaschereremo” concluse l’uomo.

I quattro si salutarono poco dopo. Ruby e Mary accompagnarono Emma a casa e David tornò in centrale.

 

*************

Il giorno successivo Emma tornò al The Boston Globe e ricevette le attenzioni di tutti i colleghi che avevano seguito con apprensione la storia del suo incidente direttamente sulle pagine del giornale. Naturalmente né lei né Sarah fecero alcun riferimento alla discussione che c’era stata all’Università con Regina, almeno finché le due non rimasero da sole la sera stessa. Allora la bionda si presentò a Sarah. La tutor alzò lo sguardo dallo schermo del PC e lo rivolse alla collaboratrice.

“Sei ancora qui?” le chiese. Erano le undici, in redazione era rimasta solo lei per svolgere il turno di notte.

“Perché? Hai paura di me?” chiese Emma sedendosi alla scrivania di Sarah e accavallando le gambe.

La tutor sorrise divertita e si alzò dalla sedia per porsi davanti alla studentessa.

“Dovrei?” chiese e scostò una ciocca di capelli dal volto della giovane donna.

“Dipende” sussurrò Emma scendendo dalla scrivania e avvicinandosi alla giornalista, senza staccare gli occhi dalle sue labbra.

La studentessa si avvicinò ancora di più e fece per baciarla, ma poi si allontanò dando le spalle alla Fisher che colse l’occasione per ammirare il fondoschiena della sua interlocutrice.

“Lo so che ti piaccio - disse Emma – l’altra notte abbiamo fatto scintille” si voltò e sorrise, quindi si avvicinò di nuovo a Sarah che la guardava ipnotizzata.

“Noi due possiamo stare insieme, se vuoi - e le passò il dito indice sulle labbra – anche se…”.

“Anche se?”.

“Non ho gradito che tu mi abbia ingannato”.

Sarah aggrottò la fronte e incrociò le braccia: “Che vuoi dire?”.

“Oh, lo sai bene… parlo della droga, mi hai usata per incastrare Regina”.

La tutor non rispose.

“Dimmi di Regina?” chiese cambiando discorso la giornalista.

Emma alzò le spalle: “È morta e sepolta. La nostra è una storia chiusa, non voglio deprimermi, ho voglia di una qualcosa di nuovo”.

“Non ti credo” disse Sarah.

La studentessa le accarezzò il volto e la guardò negli occhi intensamente. “Se non vuoi stare con me, cercherò qualcun’altra. Ma se mi scegli, posso darti una mano a togliere Regina dalle scatole, definitivamente”.

Gli occhi di Sarah si illuminarono: “Cioè?”.

“Oh, beh – Emma fece scorrere le dita lungo le braccia della tutor – non è un mistero che tu e Gold stiate complottando per cacciarla dall’Università. Ma vedi, si dà il caso che io sia l’arma vincente, se dicessi a tutti che la professoressa Mills si è approfittata di me…” non finì la frase, si limitò a fare l’occhiolino.

“Lo faresti davvero?” chiese Sarah.

“Certo, Regina mi ha trattato malissimo, voglio fargliela pagare” disse decisa Emma.

“Non ti facevo così vendicativa” sorrise la tutor.

“Oh, ci sono molte cose che non sai di me, ma con le persone giuste – la studentessa sfiorò il primo bottone della camicetta di Sarah – so mettermi a nudo” e fece l’occhiolino.

“Come hai fatto a capire che il preside e io stiamo cercando di toglierla di torno?” chiese la giornalista non cedendo alle avances di Emma.

Gli occhi verdi di Swan si illuminarono, si avvicinò alla giornalista e le loro labbra quasi si sfiorarono. “Ho le mie fonti” disse mordendosi il labbro inferiore.

Sarah abbassò lo sguardo e si spostò con il busto in avanti azzerando la distanza tra le due: “Chi dice che non mi stai mentendo?” chiese infine.

La studentessa alzò le spalle: “Ti devi fidare. Ma sono qui, giusto?”.

Sarah sorrise: “Sei una donna molto affascinante, Emma Swan, fai girare la testa a molte persone. Ammetto che mi è dispiaciuto mettere la droga nel tuo bicchiere…”.

Swan poggiò le mani sul volto della giornalista e lo avvicinò a sé. Sarah chiuse gli occhi per ricevere il bacio della bionda, ma in quell’istante sopraggiunse un rumore di passi. Le due donne si voltarono e comparve David insieme a un gruppo di poliziotti. Emma si allontanò.

“Sarah Fisher mi deve seguire in centrale” disse il detective.

L’espressione meravigliata della tutor lasciò il posto a un sorriso: “Bel lavoro Emma Swan – disse- c’ero quasi cascata”.

“Oh, no – disse Emma – ci sei cascata”.

I poliziotti presero la giornalista sotto braccio e la portarono via. La studentessa si tolse il microfono che nascondeva sotto la t-shirt, poi guardò David: “Grazie”. L’uomo sorrise e uscirono insieme dal giornale. 

 

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Vi comunico che il capitolo che avete appena finito di leggere è il penultimo di "Oltre ogni barriera", quindi purtroppo il prossimo sarà l'ultimo :(. I saluti li lascio alla prossima volta!

   
 
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