Film > X-men (film)
Ricorda la storia  |      
Autore: Mayth    14/11/2016    1 recensioni
Un mese dopo Apocalisse, o l’apocalisse che non avvenne, Erik spalanca la finestra della camera di Charles e ci fluttua dentro appoggiando con grazia sulla scrivania un cesto di vimini.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ispirato a The hills fill my heart (with the sound of music) di Will P, che con la sua Aziraphale/Crowley mi ha ricordato tanto Charles ed Erik.
Il titolo è tratto dal nome di un gruppo musicale, gli appunto The Handsome Family.


Un mese dopo Apocalisse, o l’apocalisse che non avvenne, Erik spalanca la finestra della camera di Charles e ci fluttua dentro appoggiando con grazia sulla scrivania un cesto di vimini. Il primo pensiero che balena in mente a Charles è che quella scena sia surreale, la proiezione di una stanchezza giunta al suo limite e iniziata alle cinque di un mattino poco promettente; il secondo, neanche a dirlo, si sofferma sul fatto che quello sia effettivamente un cesto di vimini – uno di quelli presenti nell’immaginario culturale occidentale, con una tovaglietta a quadri rossa a coprire i sandwich e la frutta minuziosamente già lavata.
 
Ha gli angoli della bocca inclinati all’insù, Erik, e nessun elmetto ad avvolgere la sua mente stranamente tranquilla.
 
“Oggi è una giornata perfetta per un picnic, vecchio mio,” dice.
 
Charles non finge nemmeno di opporre resistenza. Inarca un sopracciglio, più per abitudine – una sopravvissuta a vent’anni di alti e bassi – che per altro, ma abbassa comunque la penna su un mucchio di fogli che aveva incominciato a revisionare qualche ora prima e scivola in direzione del suo armadio in cerca di qualcosa che possa andar bene col tempo sbarazzino di quel mese.
 
“Nel cielo non ci sono nuvole,” continua Erik, tentando di rincarare le ragioni per cui Charles non dovrebbe sbuffare e lanciargli uno sguardo eloquente, cosa che fa comunque. 
 
(Charles è sempre stato poco reattivo di fronte alla stanchezza, ed Erik, subdolo come sempre, non pecca certo di approfittare di questa sua sfaccettatura per ottenere ciò che desidera. Un uomo di maniere pessime, ecco cosa.)
 
Central Park, quel pomeriggio, è illuminato da una luce calda che ne rischiara le stradine e le fronde degli alberi. Una brezza piacevole soffia sulla pelle di Charles, ricordandogli lontanamente un pomeriggio ad Oxford, la compagnia di Raven accoccolata al suo fianco, un passato a cui ora regala pochi secondi di un pensiero nostalgico e poi più niente. Erik lo trascina fino all’ombra di un faggio piuttosto datato, e sistemata la tovaglia si accascia su di essa con una pacata contentezza a decorargli il volto.
 
Charles si guarda intorno. Ricorda distrattamente che a sostare di fronte a quella zolla di erba ci fossero alcuni cartelli di divieto. Non si sorprende che ora siano “magicamente” scomparsi, ma non manca affatto di volgere gli occhi al cielo ed invocare Qualcuno che lo riempi di calma divina. Erik non gli presta attenzione, come è solito fare con tutto ciò per cui nutre poco interesse, e lo invita a sedersi al suo fianco spingendo la sedia a rotelle di qualche centimetro nella sua direzione.
 
Un problema, oltre al fatto di quanto sia straordinariamente assurda la situazione, pare subito palesarsi: Charles allunga il collo per sbirciare nel cestino, sperarando che ci sia qualcosa di commestibile e non un mucchio di piani il cui fine è quello d’introfularsi nella Casa Bianca, e quel che vede non sono sicuramente fogli, ma neanche i muffin o le fette di torte di cui si stava augurando.
 
Birra. Tante bottiglie di birra.
 
“Sei al corrente che un picnic che si rispetti non coinvolge solo alcol?”
 
(Non che Charles non apprezzi l’alcol. Nonostante il rapporto turbulento che ha con esso sin dagli albori dei suoi ricordi più giovanili, ha sempre riservato ad una buona ubriacatura un posto speciale nel suo cuore; non è certo, però, che ubriacarsi con Erik sia effettivamente una buona idea.)
 
Erik di certo non vede alcuno sgarro nel suo piano.
 
“Ci sono anche dei tramezzini,” dice tranquillamente, portandoli alla luce del sole e offrendone uno a Charles. Il suo preferito, poi, col pane di segale, che non dovrebbe essere tanto una sorpresa, in quanto Erik si è sempre dimostrato un amico attento ai bisogni meno importanti, ma lo è nondimeno. Vent’anni sono comunque vent’anni.
 
“Il tuo piano coinvolge me ubriaco?” chiede Charles, indicando le bottiglie verdi che brillano colpite dai raggi solari.
 
“Il mio piano coinvolge noi due ubriachi, in ricordo dei vecchi tempi.”
 
Erik accenna ad un sorriso tutto personale. Charles un po’ lo invidia per come talvolta affronti le difficolta con noncuranza, “Una partita?” aveva chiesto dopo dieci anni di reclusione, e ora si accinge a stappare la sua prima birra e sorseggiarla in completa calma con il suo forse migliore amico, a seguito della quasi distruzione del mondo.
 
C’è un’immensa ironia che Charles preferisce non cogliere in tutto questo.
 
Un paio di sandwich ciascuno e molte birre più tardi, Charles ha l’accuratezza di domandare il perché di tutto questo, vecchio amico, soprattutto dopo aver rinunciato ad un tetto sicuro sulla testa per andare chissà dove a fare chissà che cosa – traducete pure il tutto come una bugia, perché Charles sa precisamente il che cosa, sia mai che si pensi, però, che Charles usi Cerebro per altri scopi che non coinvolgano la salvezza di povere anime in pericolo.
 
Erik si sistema svogliatamente con la testa in grembo a Charles, dirigendo lo sguardo lungo i rami sopra di loro. La scena, per Charles, ha il sapore del millenovecentosessanta. Due uomini in attesa di un Qualcosa molto più grande di loro, col sogno di riunificare un’immensa famiglia. Ed infilare una mano fra i capelli di Erik sembra un po’ come ammettere che in qualche modo siano giunti alla meta. Almeno per ora.
 
“Sembrava solo,” mormora Erik, alludendo ad un suo sorrisetto, “una buona idea.”
 
“Lo è stata,” ammette Charles. Ma lo fa solo perché è un po’ brillo, e perché al momento pare un’ottima cosa lasciare che Erik sorrida ancora.
 
“Credo che resterò qui ancora per un po’,” dice Erik.
 
Charles chiude gli occhi. Spera che l’“un po’” coinvolga un lungo lasso di tempo.
 
“Sei proprio ubriaco, se parli così.”
 
Le risate di Erik che seguono hanno la potenza di un’intera bottiglia di whisky.
 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > X-men (film) / Vai alla pagina dell'autore: Mayth