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Autore: Winchester_Morgenstern    15/11/2016    3 recensioni
— Stai... piangendo, fratello?
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: Incest
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N/A: Un paio di necessarie note. È ambientata nel movieverse, ma molti anni prima dell'inizio di Thor. Scritta anche partendo dal presupposto che gli Jotun sono ermafroditi, e che Loki lo sia anche nella sua forma Aesir. Ci sono vari tipi di ermafroditismo, almeno stando a Wikipedia, ed esteriormente gli organi si presentano come "ambigui" o "femminili", in questo caso ho scelto la seconda di queste opzioni per adattarla alla trama. Un grazie speciale a Federica Improda (proudtobea_fangirl) che ha per prima suggerito il titolo, e sempre per prima ha letto questo mio esordio nel fandom.
Enjoy it :) 


 
IL GIORNO IN CUI LOKI DIVENNE UNA DONNA
(E ALTRE DISAVVENTURE)

— Desidera che l'aiuti a fare il bagno, mio principe? — domandò l'ancella, dopo aver finito di rimuovere tutti i rametti e le foglie secche dai capelli del giovane Loki e di sciogliere tutti i nodi che si erano formati a causa dell'addestramento con le spade.
Il ragazzo si ritrasse repentinamente, chiudendo meglio i lembi della vestaglia leggera con un gesto inconscio: — In tutti questi anni non ti ho mai risposto affermativamente, cosa ti fa pensare che incomincerò a farlo adesso? — sibilò, portandosi la chioma corvina su una spalla, in modo che lei non potesse più toccarla.
— Va' — disse infine, premurandosi di richiuderle personalmente la porta alle spalle con l'impiego del Seiðr. 
Era stata una giornata orribile. Non perché fosse stato costretto ad allenarsi, cosa che non gli pesava poi così tanto, sebbene com'era noto preferisse il silenzio della biblioteca reale, bensì a causa di Thor. Non avrebbe odiato così tanto la fatica fisica se una sola singola volta fosse riuscito a vincere il suo perfetto fratello, che sembrava eccellere in ogni campo. 
No, quella era una bugia, e Loki non aveva l'abitudine di mentire a se stesso. Thor aveva tante doti, tra le quali l'abilità in combattimento ed un viso che avrebbe fatto innamorare anche il più freddo dei cuori, ma mancava della sua astuzia. 
Certe volte, comunque, avrebbe dato tutti i suoi preziosi capelli e perfino la sua magia, per riuscire ad essere benvoluto come lo era suo fratello. Un re doveva essere amato, dopotutto, giusto? 
Si sporse verso la vasca, bagnando le dita per poter constatare la temperatura dell'acqua.
Era decisamente troppo calda perché qualcuno pensasse di immergersi, ma a lui piaceva così. Bruciava abbastanza da fargli avvertire, paradossalmente, il ghiaccio sulla pelle. Non riusciva a provare freddo in altro modo, non aveva mai capito perché. 
Ritornò davanti allo specchio a figura intera, iniziando lentamente a sciogliere i nodi che tenevano legati i due lembi della vestaglia. Se la lasciò scivolare altrettanto piano sulla pelle, lungo le spalle e la schiena, giù, ad accarezzargli le natiche e i polpacci, ed infine ricadde sulle sue caviglie. Mentre cadeva, ne osservò il percorso sulla superficie riflettente, tastandosi il petto con una pressione quasi dolorosa.
C'era voluto un po' prima che capisse di avere qualcosa di diverso, rispetto agli altri ragazzi. Se n'era reso conto quando, anni prima, Thor gli aveva proposto di fare un bagno in uno dei tanti laghetti nascosti nei giardini che circondavano il palazzo. Sua madre era arrivata in tempo per condurlo via, ma non abbastanza per non fargli scorgere la diversa conformazione di suo fratello. Non gli era mai stato permesso di lavarsi con gli altri bambini, al fiume, dopo i giochi o i primi addestramenti con le spade di legno, e quel giorno aveva finalmente capito il perché. 
Erano stati gli antichi tomi polverosi della biblioteca a fargli comprendere che lui non era diverso da tutti, ma solo da Thor e dai suoi amici, dai maschi. Appena l'aveva scoperto, però, non aveva più voluto leggere nulla sull'argomento.
— Loki? Loki, posso entrare? 
— No! — esclamò precipitosamente il giovane dio, facendo serrare la porta.
— Va bene, va bene. Hai già iniziato a prepararti? La mamma dice che se vuoi dopo può intrecciarti i capelli, per il banchetto. 
— Non mi va. Devo fare il bagno, torna in camera tua! 
Continuò a toccarsi il torace, stringendo forte, per rassicurarsi. Aveva il terrore che un giorno o l'altro gli crescesse il seno, come quello di Sif. Doveva accertarsi che tutto rimanesse piatto, ed era anche per quello che di notte dormiva sulla pancia, in modo da schiacciare il petto. 
Ahia.
C'era... c'era  qualcosa che non andava. Gli facevano male, i capezzoli gli dolevano appena li sfiorava, turgidi contro i palmi delle sue mani. Non gli piaceva. Non gli piaceva per niente. 
Si morse le labbra e voltò le spalle allo specchio e a ciò che rifletteva, scalciando fuoriosamente via la vestaglia.
Immerse prima una gamba e poi l'altra nella vasca strabordante, sentendo i muscoli rilassarsi e distendersi.
— Sei sicuro? Mi piace quando t'intrecci i capelli. 
— Thor, sei sordo? Torna in camera tua! 
Chiuse gli occhi e iniziò a smuovere pigramente il pelo dell'acqua, in modo che lo sciabordio quasi lo cullasse.
Aveva ormai raggiunto uno stato di tranquillità quasi vicino al sonno, quando un dolore improvviso lo colse completamente impreparato. Si portò una mano al basso ventre, chiedendosi come, in nome dei Nove Regni, potesse fermare quelle fitte che sembravano tanto simili ad un comune mal di pancia, eppure non lo erano del tutto. 
Restò in silenzio per qualche minuto, rigirandosi e scivolando nella vasca come un'anguilla, piegando le gambe in tutte le posizioni possibili per cercare di alleviare quel fastidio.
Non era insopportabile, era il non sapere cosa fosse che lo atterriva, facendogli combattere le lacrime agli occhi.
— Thor — chiamò, ben sapendo che l'altro era rimasto a curiosare come al solito fra le sue cose, cercando di scoprire cosa faceva nei pomeriggi che non passava in giro con lui e la sua cricca. 
— Sì? 
— Puoi avvertire nostro padre che non scenderò a cena? Non mi sento bene. 
— ... È successo qualcosa? Vuoi che ti aiuti? 
— No, solo va' a riferire che non ci sarò, al banchetto. — borbottò, uscendo dall'acqua.
Si avvolse il corpo in un lungo telo e lasciò i capelli gocciolare al pavimento, sperando che il calore del braciere acceso da nemmeno mezzora li asciugasse. Sospirando si lasciò scivolare a terra e si sedette sul pavimento, le braccia che cingevano le gambe ed il volto nascosto fra le ginocchia. 
Lui non era un debole. Lui era un principe.
— Loki, non sono riuscito a vedere nostro padre, è ancora in riunione. Ma la mamma dice che non possiamo mancare, è importante che ci siamo tutti, stasera.
— ... Va bene. Non fa niente, dammi il tempo di prepararmi.
— Fratello, stai... piangendo? 
— No! — Il ragazzo si morse le labbra, inveendo contro se stesso: — È tardi, Thor, non dovevi incontrarti con Fandral e gli altri? 
— Ma se tu stai male...
— No! Non ti preoccupare, mi sta passando. Vai pure, ti staranno aspettando. — tentò di convincerlo, appoggiando le spalle contro uno dei mobili di fronte allo specchio.
— Però io...
— Per Asgard, Thor, smettila! Torna dalla tua dama e finiscila di infastidirmi! 
Sentì la porta della sua camera sbattere. Bene.
Si rimise in piedi, lasciando cadere il telo accanto alla veste che aveva lasciato poco lontano, e ne prese un altro con cui arruffarsi i capelli per averli asciutti più velocemente. Non lo sarebbero stati mai del tutto, non entro un'ora.  
Si ricontrollò un'ultima volta, cercando di mettere da parte la paura. Si toccò un capezzolo con dita curiose, pizzicandolo appena e irrigidendosi per il dolore. Aveva la pancia lievemente gonfia, inusuale per lui che mangiava fin troppo poco rispetto a quanto avrebbe potuto, ma non credeva si trattasse di qualcosa di preoccupante. 
Non voleva vedere un guaritore. Non era mai successo a nessun altro che conosceva, e comunque sarebbe passato in fretta. 
Sporse appena la testa fuori dal bagno, accertandosi che suo fratello non fosse più lì, e si diresse verso il letto.
Sopra, la stessa fastidiosa ancella che gli avevano appioppato da tempi immemori, ci aveva lasciato gli abiti per la cena, che prima di quel giorno non gli erano mai parsi così scomodi. 
 
 
 
Loki s'irrigidì: — Thor, ti giuro che se mi tiri ancora una volta i capelli ti mozzo la lingua! — sbottò, avanzando il passo verso la sua stanza. 
Il biondo scoppiò a ridere e scattò verso di lui, per poi prenderlo per i fianchi e iniziare a solleticarlo.
Loki si voltò, inspirò profondamente e lo spintonò via: — Smettila! Se proprio devi infastidire qualcuno, va' da Sif, sembrava così volenterosa di intrattenerti! 
Raddrizzò la schiena ed entrò in camera sua, liberandosi del mantello ed iniziando ad allentare i lacci del farsetto.
Stupida cena, stupido padre, stupido Thor! 
Quei banchetti non avevano nessun senso. Vi era presente praticamente tutta l'aristocrazia di Asgard, guerrieri rozzi e rumorosi circondati anche da tre o quattro ragazze alla volta.
— Allora, giovane principe? Ancora a dilettarti con quella pratica da donnicciole? 
— Dovresti seguire l'esempio di tuo fratello, Loki, il Seiðr non ti porterà da nessuna parte!
— Quand'è che ti taglierai i capelli, Loki? Sembri una ragazza! 
— Loki... A cena qualcuno ti ha infastidito? Perché se è così devi solo dirmelo e...
Il mago alzò gli occhi al cielo: — Sono ben capace di difendermi da solo, Thor! Puoi andartene?! Sono stanco, lasciami in pace.
— Ancora non ti senti bene? Vuoi che chiami la mamma? 
Io. Non. Sono. Una. Ragazza.
Smettila di trattarmi così. 
— Voglio soltanto andare a dormire, ti sembra tanto strano? — rispose, liberandosi finalmente di tutti gli orpelli e rimanendo in tunica e pantaloni.
— No — Il principe scrollò le spalle e con mani sorprendentemente gentili lo condusse verso il letto, facendolo sedere sul bordo. A sua volta, si posò poco dietro il corvino, iniziando a sciogliere i sottili elastici scuri che gli tenevano ferma l'acconciatura, impreziosita da fili d'oro. Suo fratello aveva i capelli più belli e soffici che avesse mai visto, e disfarglieli e passarci le dita dentro era sempre un piacere. Entrambi, spesso, avevano più volte riso di come avesse più cura per essi che per le armi tanto amate con cui si allenava.
— Oggi ho vinto tre volte. Nessuno dei nostri compagni è riuscito a sconfiggermi. Nemmeno tu. — incominciò, tentando di cambiare argomento. Prima non era mai stato un problema, prima si dicevano tutto, prima quell'imbarazzo strano non esisteva, nemmeno quando si andava a rifugiare nel letto di Loki per paura dei tuoni.
Aveva sempre paura che qualcuno lo scoprisse, e che le voci incominciassero a circolare: — Il dio del tuono che ha paura di lampi e fulmini! Buuu! 
Ad un certo punto, la catena si era interrotta. Non ricordava quando, forse era rimasto più del solito in giro con Fandral, o forse era quella volta in cui Sif si era presentata nelle sue stanze, con i capelli biondi anneritisi. Gli ricordavano i corvi, gli ricordavano Loki. 
Da quel momento, aveva dovuto imparare ad essere forte da solo, perché non aveva mai più trovato la porta di suo fratello aperta, non la notte, non per lui. 
— Non fare tanto lo sbruffone, in un confronto magico non avresti nemmeno avuto il tempo di supplicarmi, prima di finire al tappeto.
Thor rise e lo voltò, in modo da trovarsi faccia a faccia: — Ah sì? E quale sporco trucco avresti utilizzato? 
— Io non uso sporchi trucchi. Sei tu ad essere un ingenuo fannullone, fratello. — Loki distolse lo sguardo dal suo, le gote che s'infiammavano mentre l'altro gli allontanava una ciocca scura dal viso.
— Se fossi un fannullone... — Thor sorrise e gli alzò il mento con due dita, ammirando quegli incredibili occhi verdi: — ... Farei mai questo? — soffiò, ad un centimetro dal suo viso. 
Poi posò le labbra su quelle di Loki, soffici come aveva immaginato, ma in qualche modo diverse da quelle di tutte le ragazze che aveva baciato prima. 
Lo vise arrossire ancora e ridacchiò sulla sua bocca, spingendolo indietro, sul materasso.
Il più piccolo - o meglio, quello che da tutti veniva considerato il minore per convenzione e per struttura fisica, cosa che lo faceva puntualmente imbestialire - gli diede una gomitata e lo spinse indietro, ma solo per riguadagnare terreno. 
— Fermo — sussurrò, sporgendosi per poterlo raggiungere meglio: — Non correre.
Gli posò le mani sulle spalle e riprese a baciarlo, sedendosi sulle sue gambe: — Se devi essere il mio primo bacio, fratello, fa' che sia uno buono — ordinò, più spavaldo di quanto si sentiva in realtà.
Esitante, gli cinse la vita con le gambe, facendo incontrare la sua fronte con quella di Thor. 
Si lasciò accarezzare le clavicole e le braccia, guidando le mani del fratello fino ai suoi fianchi e alle gambe.
Era bellissimo.
All'inizio non se ne accorse, credette che la strana sensazione umida fra le cosce fosse, appunto, solo una sensazione. Poi però abbassò lo sguardo, e vide la macchia rossa che si allargava sul cavallo dei suoi pantaloni leggeri, proprio nello stesso momento in cui anche Thor la notò.
 
 
 
Umiliato. Non si era mai sentito così umiliato prima. 
Perfino suo fratello, da tutti ritenuto tanto gentile e sincero, non aveva detto una parola. L'aveva lasciato scappare in bagno e rinchiudercisi dentro, non aveva nemmeno tentato di fermarloo, in qualche modo.
Non che lo volesse. Assolutamente.
Si disfò in fretta dei pantaloni, rimanendo a fronteggiare il sangue che gl'imbrattava l'interno delle cosce.
Prese a sciacquarsi furiosamente, le mani bagnate almeno quanto le sue guance, facendo tutto il possibile per non singhiozzare.
Calmarmi. Devo calmarmi. 
Lui non era una femmina, e nemmeno sarebbe più stato creduto tale, da quella sera in poi. 
Con uno scatto rabbioso afferrò le forbici e iniziò a tagliare, a disfarsi di tutti quegli inutili e lunghissimi capelli neri, scalciandoli via.
— Io sono proprio come tutti voi! Mi hai sentito, eh, fratello?! Anzi, io sono migliore di voi infimi... Se volessi, se solo volessi, potrei staccarti quella stupida testa che ti ritrovi in un battito di ciglia! Non ho bisogno di nessuno! — ringhiò, rabbrividendo davanti alla sua immagine nello specchio.
I suoi capelli, i suoi bellissimi capelli... tutti a terra... adesso erano così corti, così inadeguati, e lui era così esposto, così nudo... 
— Lo...
S'immobilizzò. Vattene, Thor, non ti voglio qui. Non voglio che tu entri e che mi dica che sono migliore di tutti loro, non voglio che tu mi dica che sono perfetto, non ti voglio, non ti voglio...
— ... Devo chiamare mamma?
— IO NON TI VOGLIO! VATTENE! — strillò, voltandosi. Raggelò. Non aveva chiuso la porta a chiave.
Arretrò velocemente, andando a sbattere contro uno dei muri piastrellati: — Thor, va via... — sussurrò, coprendosi come poteva con le mani.
Il giovane guerriero era, se possibile, ancor più spaventato di lui. Cosa... cosa... 
— Thor, v-via! 
Il biondo lo guardò un'ultima volta, percorrendogli il corpo con lo sguardo. Era più morbido di quanto avesse mai immaginato.
— Con i capelli lunghi sei più bello — sussurrò infine, voltandogli le spalle e correndo fuori dalle sue stanze. 
 
 
 
Loki sistemò gli stracci alla meglio, iniziando poi a rivestirsi con abiti puliti. 
Che cosa aveva voluto dire?! 
Con i capelli lunghi sei più bello...
Avrebbe dovuto lasciarli corti, invece. Avrebbe potuto trovare un qualche incantesimo, qualcosa che bloccasse quel... quello che gli stava succedendo. Poteva mangiare di meno, sembrare più spigoloso, poteva... poteva fare un milione di cose. 
Dondolò la testa assurdamente leggera, fissandosi. Quello non era lui.
Con i capelli lunghi sei più bello.
Prima ancora che potesse accorgersene, o contrastarlo, la sua chioma era ritornata alla sua consueta lunghezza. Gli abbracciava le spalle e il busto, gli sfiorava i fianchi nell'acconciatura che solo i piccoli fanciulli di Asgard portavano, per poi sacrificarla in nome della più ben vista sobrietà guerriera. 
Non era per Thor che lo stava facendo, era per se stesso.
Lui era Loki Odinson, principe di Asgard, dio, manipolatore del Seiðr, mago.
Era un maschio, ma non del tutto. I suoi capelli erano migliori di quelli di qualunque ragazza, il suo frutto più proibito del loro.
Alzò il mento e trovò la forza di uscire dal suo rifugio, percorrendo con passo altero il corridoio che, dopo una lunga serie di dipinti, conduceva ad una balconata e poi alle stanze di Thor. 
Si fermò proprio a pochi passi da esse, gettandosi dietro una colonna. Si sporse in avanti, osservandolo parlare con una ragazza poco vestita.
Sai che c'è, fratello? Non ho bisogno nemmeno di te. 
 
 
 
— C'è qualcosa in particolare che posso fare per lei, mio signore?
— Potresti chiamare mia madre, ti prego? So che è tardi, ma mio fratello sta male, e mi ha cacciato via. È importante. 
   
 
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