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Autore: AlyTae    18/11/2016    0 recensioni
[SCANDAL]Haruna non è una ragazza come le altre: non pensa con la testa degli altri, ma con la sua. Non vuole studiare, e non vuole seguire le orme dei genitori. Vuole solo suonare la sua chitarra, e trovare qualcuno con cui formare una band. Ma Haruna è da sola. Esaudirà i suoi sogni?
**Storia ISPIRATA alla vera storia delle SCANDAL; sono presenti alcuni fatti imprecisato e/o inventati**
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 22, Chiisana Honoo
"Respireremo, e continueremo a vivere,
fino al giorno in cui diventeremo stelle.
Anche se non stai avanzando facilmente
non verrai incolpato da nessuno."
Agosto 2006, ore 10:00, Osaka (Giappone)
 
- Chiunque mi costringa ad alzarmi alle nove e mezza per andare a scuola di domenica, deve morire! –
- Timo, non lamentarti, tanto avresti comunque dovuto studiare per la verifica di domani.-
- Chi? Lei?-
- Tanto è già sicuro che avrò tutte insufficienze alla fine del semestre, che senso ha studiare adesso? –
- Ragazze, l’unica cosa che so è che Mariko mi ha chiamato ieri sera dicendomi che doveva fare una riunione importante insieme a noi. E non penso voglia parlarci di scuola.-
Haruna, Rina, Tomomi e Mami si guardarono sorridendo, tutte e quattro accasciate sui sedili dell’autobus.  C’erano solo loro, lì dentro. In quella domenica di festa Osaka era popolata solo da poche persone, un contrasto incredibile rispetto al caos presente durante tutta la settimana. Gli studenti e gli instancabili lavoratori giapponesi, per una volta, si erano presi una pausa concedendosi una lunga dormita mattutina. I capelli scompigliati e le facce stanche delle SCANDAL tradivano un certo disagio, addirittura fastidio, nel non essere ognuna in compagnia con il proprio letto. Tuttavia, la curiosità di parlare con la loro professoressa era molto più forte della voglia di dormire. Nonostante fosse passata più di una settimana, l’eccitazione del concerto al Namba Hatch non ne voleva sapere di andarsene ed erano in trepida attesa di scoprire la data successiva del concorso. E di suonare la loro nuova canzone, ovviamente.
 
La scuola di domenica era completamente deserta. Quei lunghi e vuoti corridoi, di solito ghermiti di studenti, facevano quasi rabbrividire. Alle ragazze parve quasi di essere entrate in una nuova dimensione, come in una scuola fantasma.
- Mariko dov’è?- la domanda di Rina si disperse in una tremolante eco lungo tutto l’edificio.
- Penso ci aspetti nell’aula insegnanti. – disse Haruna. E fu proprio lì che la trovarono, intenta a correggere alcuni compiti.
- Salve ragazze, vi aspettavo. –
- Buongiorno sensei.- risposero le SCANDAL in coro.
La professoressa posò la penna e si tolse gli occhiali. Sembrava felice, serena. Il suo atteggiamento era completamente cambiato, dopo il concerto. Le ragazze sorrisero sollevate ancor prima che iniziasse a parlare. Sicuramente c’erano delle buone notizie in arrivo.
- Prima di tutto, complimenti per il vostro primo concerto, al Namba.- iniziò Mariko, con gli occhi che brillavano di una strana luce – Vi comunico che avete vinto la prima manche.-
- Evvai! – le ragazze si strinsero in un veloce, ma intenso, abbraccio di gruppo.
- E seconda cosa – riprese Mariko, frenando la loro eccitazione – la prossima data del concorso sarà allo Shiroten, tra una settimana.-
- All’Osaka Castel Park? – esclamò Mami, sgranando gli occhi – Se non sbaglio è dove l’anno scorso gli Young Death persero contro le GoGoGurls.-
- Esatto Mami. Infatti, se vincerete tutte le date, il concerto finale si terrà proprio lì. Però è ancora presto per parlarne. –
Mariko prese fuori un paio di fogli e si mise a leggerli : - Stavolta, però, dovrete suonare una cover e un pezzo vostro. Quindi vi conviene sbrigarvi, non avete molto tempo.-
- L’abbiamo già pronto, il nostro pezzo.- la interruppe frettolosamente Haruna.
- Sì! Ed bello, bellissimo! – esclamò Tomomi.
- Grazie Tomomi, sono contenta della notizia. I miei timpani un po’ meno.- disse Mariko, e le ragazze ridacchiarono – Comunque, vi consiglio di sfruttare questo tempo per riguardarvelo e magari aggiustare qualcosa. Una canzone non è mai perfetta, può esserci sempre qualcosa da cambiare. Ah, e ovviamente dovrete scegliere che cover fare. E stavolta consiglio che ne scegliate una giapponese. Le canzoni americane piacciono ai giovani, ma questo concorso è qualcosa di nostro. Capite cosa intendo? –
- Capito.-  annuì Haruna – Non si preoccupi, troveremo la canzone adatta.-
- Usate la saletta quando volete. Il giorno prima dell’esibizione verrò ad assistere alle prove, giusto per vedere come va. Ah, a proposito. – La sensei prese tre buste dalla sua borsa. – Mami, Haruna, Tomomi. Queste sono per voi. Lo stipendio di questo mese.-
Le ragazze presero le buste. Mami era tranquilla, era l’unica ad aver eseguito quel rito più e più volte. Haruna e Tomomi, invece, strinsero quelle buste come se stessere tenendo in mano il più prezioso dei tesori.  Haruna in particolare si sentì pervadere da una sensazione mai provata prima di allora. Quelli erano i suoi soldi. Non di Rina, non dei suoi genitori. Era suoi, li aveva guadagnati lei. E faceva un lavoro bellissimo, a contatto con gli strumenti, con ragazzi della sua età, con le sue amiche, con la musica. Avrebbe voluto mettersi a piangere dalla gioia, sfogare tutta la sua felicità. La sua nuova vita era appena iniziata e tante sorprese erano ancora in agguato, nell’ombra, vogliose di saltar fuori dal loro nascondiglio.
- Grazie Mariko!-
- Rina! –
Appena Mariko la chiamò, Rina alzò di scatto la testa, preoccupata. Aveva tenuto lo sguardo basso fino a quel momento, senza sapere cosa dire. La ragazza sapeva di non stare molto simpatica a quell’insegnante ed n più si sentiva pervadere da un enorme senso di colpa e angoscia. In quei giorni ci aveva pensato spesso: se non fosse stato per la ritirata di Misa, sarebbero veramente riuscite a vincere? E se avessero perso, sarebbe stata per colpa sua?
- Non ti andrebbe di lavorare con me? –  Mariko non era veramente sicura di quella scelta, eppure voleva dare una possibilità a quella ragazzina. Nonostante la tenera età rispetto alle altre, aveva dimostrato di avere un certo valore.
Rina rimase spiazzata da quella domande. Ci mise qualche istante a realizzare.
- Ah… ecco, non serve…- rispose insicura – Io un lavoro ce l’ho già.-
- Conosco il locale in cui lavori. E conosco il proprietario. È un uomo di cui non mi fido per niente, non credo che lavorare in quel postaccio sia la cosa giusta per te.-
- Non si preoccupi, è già tanto che ci lavoro.-
- Tu abiti da sola insieme ad Haruna, giusto? Ecco perché hai scelto quel lavoro. Senza gli adulti, voi giovani rischiate sempre di ficcarvi nei pasticci da soli. Rina, pensa alla mia offerta e pensaci su. Ti pagherò bene, e sarai in grado di esercitarti ogni volta che vorrai. So che hai tante cose da fare e non hai mai tempo, se continui così le altre miglioreranno mentre tu rimarrai indietro e…-
Allora era quello il problema! Rina, fremente dalla rabbia, non lasciò che la professoressa finisse il discorso e la interruppe bruscamente:- Sono sicura che riuscirò a fare tutto quello che dovrò fare. Non c’è bisogno che io cambi le mie abitudini. Grazie per l’offerta ma la risposta è no. E ora scusate se vi lascio, ma domani ho l’ultima prova di pianoforte e devo studiare se non voglio essere bocciata. Sayonara.
La ragazzina dal caschetto bruno si diresse a passo svelto e nervoso verso l’uscita. Haruna non poté fare a meno di lanciare a Mariko uno sguardo pieno di rimprovero.
- Che cosa ho detto?- rispose la prof con aria da ingenua
- Non è stata per nulla delicata. – anche la voce della cantante fremeva di rabbia – Ha idea di quanto si senta inferiore Rina, con tutta questa pressione che le state esercitando addosso? –
Mariko sentì nascerle nel petto una punta di senso di colpa. Ma svanì in fretta.
- Ragazze, siete amiche ed un bene che vi supportiate a vicenda, non solo per voi, bensì per il gruppo stesso. Però far parte di un gruppo richiede impegno da ciascun membro, e al momento Rina è la più debole di voi con il suo strumento. Se ci tenete a tutto questo, se è davvero il vostro il sogno, e se davvero, davvero volete quel contratto con la Kitty Records, allora è il momento che impariate ad essere più obiettive. –
Calò un silenzio eterno, che nessuno osò più rompere. Nemmeno Tomomi con le sue solite battutine.
 
 
Rina l’aveva già fatto, quell’esame di pianoforte, e l’aveva superato a pieni voti. Ricevette così tante lodi dai suoi professori, le dissero che aveva fato così tanti progressi in poco tempo. Perché con la batteria non poteva essere facile come con il piano? Perché a muovere le dita sui tasti non le dava alcun problema, mentre pestare un paio di pedali la metteva così in difficoltà?
Una volta fuori dalla scuola si mise a correre, e si fermò solamente quando fu sicura di essere abbastanza lontana da non essere raggiunta. Si diresse poi, con più calma, verso una zona abbastanza isolata di Osaka, dove era sicura non passasse molta gente. Soprattutto a quell’ora di domenica. Poi, finalmente, si fermò a riprendere fiato. Si sedette sopra ad un muretto e scoppiò a piangere, lasciando sfogare tutta la rabbia e la malinconia che aveva dentro. Mariko aveva ragione: le altre erano nettamente superiori a lei, e sarebbero migliorate ogni giorno di più. Non erano impegnate con nessun altro lavoro, non tenevano così tanto ai risultati scolastici quanto ci teneva lei. Forse aveva sbagliato a rifiutare l’offerta della professoressa, tuttavia il suo orgoglio era stato offeso, e lo sentiva bruciare di rabbia dentro le sue viscere. Forse voleva dimostrare che ce l’avrebbe fatta comunque, anche senza lasciare il lavoro o apporre ulteriori modifiche alla sua vita. In effetti era proprio questo che le aveva dato più fastidio: il fatto che Mariko volesse decidere cosa era giusto e cosa non lo era per lei. Ma cosa ne sapeva? Poteva permettersi di dire certe cose? Cosa credeva, che tutto il mondo ruotasse attorno a lei, alle SCANDAL e al suo concorso del cavolo? Era solo un’egoista, ecco cos’era, e la odiava senza neanche conoscerla, solo perché non sapeva suonare la batteria quando sapeva fare benissimo mille altre cose. Ecco, avrebbe lasciato la band, così sì che Mariko, senza una batterista per il suo bel gruppo, nel bel mezzo del concorso, si sarebbe trovata veramente nella merda. Se davvero pensava che fosse inutile, allora avrebbe mollato tutto. Si arrangiassero pure loro! Era stata stupida a cercare di inseguire quello schifoso sogno che suo zio le aveva impiantato nel cervello. Avrebbe dovuto dare retta ad Haruna fin dall’inizio, avrebbe dovuto unirsi alle SCANDAL come tastierista, sarebbe stato mille volte meglio per loro.
Già. Per loro. Ma non per lei.
- Rina! –
Rina alzò gli occhi colmi di lacrime. In piedi, davanti a lei, scorse una figura appannata, poco definita oltre il velo del pianto.  Riconobbe comunque la sua voce.
- Shino! – esclamò, tra i singhiozzi.
Avrebbe voluto alzarsi dal muretto e correre verso di lui. Avrebbe voluto abbracciarlo e piangere addosso a lui ancora più forte. Aveva, in quel momento più che mai, bisogno di un vero amico. E proprio perché Shino era un buon amico, tutto ciò non fu necessario: fu lui a sedersi accanto a lei e a stringerla forte a sé. Senza chiedere cosa avesse, senza chiederle assolutamente nulla. Rina si abbandonò a quella stretta, scoppiando in un pianto fortissimo, ricco di singhiozzi e respiri strozzati. Finché non depurò tutta la sua collera e tristezza fino all’ultima goccia.
- Rina, Mariko è fatta così. – cercò di consolarla Shino, dopo che lei gli raccontò tutto – Vuole la perfezione in questi concorsi. Non sai che ramanzine ha fatto a noi, l’anno scorso. Ed era sempre in competizione con quel produttore americano, quel Charles… e abbiamo pure perso contro le Go!Go!Gurls! ! Era talmente arrabbiata che non siamo andati a provare alla sala per due settimane intere.-
- Lo so che è fatta così.- commentò Rina, asciugandosi le lacrime, la voce ancora rotta dai singhiozzi – Il punto è che sempre essere così severa solo con me! Con le altre non dice mai nulla. E’ da quando l’ho conosciuta che mi rivolge solo delle occhiatacce, e le poche volte che mi parla lo fa solo per ricordarmi quanto faccio schifo.-
- Questo non è vero! Avrà tempo per insultare anche le altre, mentre andrete avanti. Fidati di me. – Shino sorrise mentre lo disse. Rina fece una risata forzata, solo per accontentarlo. Voleva sdrammatizzare, ma non gli stava riuscendo molto bene.
- Rina, alla fine c’è solo una cosa veramente importante, in questa faccenda.- Shino tornò serio – Tu, ci vuoi rimanere con le SCANDAL? –
Rina rimase in silenzio, titubante. Sembrava che nemmeno lei volesse sentirsi pronunciare la risposta.
- Lo vuoi, sì o no? – insistette l’amico.
- Sì. Sì, lo voglio.-
- Bhe, ma allora chettefrega? Vi frega veramente di vincere quel concorso? Noi lo abbiamo perso, abbiamo forse smesso di suonare le nostre canzoni? Sono quelli che pensano solo al successo, quelli come le GGG, i veri falliti. Finché tu suonerai per divertirti, allora sarai felice. Fallo male, fallo bene, chettefrega di quello che pensano gli altri? Non piacerai mai ad un pubblico, se prima non impari a suonare per te stessa. È la prima cosa da imparare, quando si sta sul palco.-
Rina rimase in silenzio a fissare il marciapiede sporco. Ripensò alla prima volta che aveva suonato, assieme agli Young Death, e poi pensò al concerto delle SCANDAL al Namba Hatch. Pensò alla paura dietro le quinte, alla gioia del palco, e alla liberazione ed eccitazione del post-concerto. Pensò poi al futuro, a quando avrebbero suonato Space Ranger davanti ad un pubblico. Il loro primo pezzo, per la prima volta, davanti ad un pubblico. Non vedeva l’ora di riprovare quell’ansia, poi quella gioia, poi quella liberazione ancora una volta. Ma chi prendeva in giro, non avrebbe mai lasciato le SCANDAL, nemmeno per orgoglio personale. Sorrise. Si sentiva meglio.
- Grazie Shino. Mi hai aiutato molto, davvero.-
Shino le sorrise dolcemente: - Lo sai che ci sarò sempre.-
Le diede un veloce bacio sulla fronte.
- Vieni, ti accompagno a casa.-
 
Ore 12:30
L’aveva chiamata almeno quindici volte, ma niente. Rina non si era fatta sentire per tutta la mattinata. Haruna camminava agitata per il salotto di casa, pensando ad una soluzione. Chiamare la polizia? Ma no, che idiozia! Rina sapeva benissimo cavarsela da sola, probabilmente era da qualche parte dove poteva riflettere in tranquillità. E se fosse uscita a cercarla? Chiamò Mami e Tomomi per chiedere se avessero notizie. Niente. Ormai si stava facendo prendere dal panico. Sussultò quando il rumore di una chiave nella toppa, poi lo schiocco della porta d’ingresso che si apriva. La vista di Rina fu come l’apparizione di un angelo.
- Haruna, scusami! – le disse Rina, con un’espressione dispiaciuto – Non sono tornata in tempo per preparare il pranzo…-
Non finì di parlare. Haruna le saltò addosso, abbranciandola forte.
- Checazzovuoichemenefreghidelpranzo!-
Rina sorrise e ricambiò all’abbraccio dell’amica. Haruna era sull’orlo delle lacrime dal sollievo.
- Sei pazza! Ti abbiamo cercata ovunque, eravamo preoccupatissime!-
- Haruna… - il viso di Rina era radioso – Sto benone, davvero! Non c’è motivo di prendersela. In fondo Mariko è fatta così.-
- Quindi è tutto a posto? –
- Certo! Valuterò la sua offerta di lavoro, anche se non sono ancora molto sicura. –
- Sono così contenta che sei qui! Dobbiamo festeggiare. Siediti, non fare nulla! Oggi il pranzo lo preparo io!-
- Ho un’idea migliore… e se andassimo a pranzo fuori?-
   
 
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