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Autore: La_Spynn    05/04/2005    4 recensioni
Ho sempre adorato questo gioco e finalmente riesco a scrivere una fic che lo riguardi! Immaginatevi una storia parallela all'avventura d Sora, Pippo e Paperino. E se chiudere il Kingdom Hearts non bastasse, da solo, a sconfiggere l'oscurità? E lo si potesse serrare per sempre (fino a KH2, almeno...) solo con un misterioso Sigillo, perso da secoli? Beh, spero vi piaccia!
Genere: Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Cuore della Giungla

 

 

Il Sigillo

 

Hello! Eccomi qui a scrivere la mia prima fic su Kingdom Hearts! L’ho sempre adorato e ho sempre sognato scrivere qualcosa su questo gioco… chi ha già letto qualcuna delle mie fic sa che adoro creare nuovi personaggi!

Ovviamente, oltre a questi, compariranno alcuni personaggi di Final Fantasy, magari che neppure compaiono nel “vero” Kingdom Hearts. Insomma, spero che vi piaccia!

Il Cuore della GiunglaDeep Jungle  

- Avanti! Sbrighiamoci o non arriveremo mai in tempo! – esclamo la ragazza di lunghi capelli castani e dagli occhi color cielo. – Di certo non aspettano noi! –

il suo compagno di viaggio, un sedicenne biondo dagli occhi verdi e dalla bizzarra coda di scimmia sorrise, incamminandosi con tutta la tranquillità del mondo.

- Jas, Jas, perché ti preoccupi tanto? il Professor Porter, né Jane e tanto meno Tarzan ci lascerebbero indietro… sanno quanto ci teniamo a vedere il Cuore della Giungla, no?

la ragazza era comunque inquieta. Era un giorno che aveva aspettato per mesi. Sin da quando Tarzan aveva infatti accennato a questo “cuore” la sua curiosità si era accesa. Così come quella dei suoi amici e compagni. Oh, no, non di tutti. Clayton si era rifiutato di accompagnarli in mezzo ad una palude e ad animali puzzolenti, dimenticando di essere stato assoldato proprio per quello.

- Io sono ugualmente preoccupata, Gidan! – rispose, allungando il passo e stringendosi i guanti da combattimento che indossava. Benché il ragazzo avesse detto che non c’era pericolo a girare per la giungla, lei non gli credeva. Molti gorilla e altri animali erano scomparsi misteriosamente e Tarzan era davvero preoccupato per loro! Non voleva certo che i due più giovani componenti della spedizione scomparissero a loro volta… non che fossero indifesi. Lei con le sue arti marziali e lui con le daghe erano nemici a dir poco preoccupanti per qualsiasi mostro. Ma era meglio non rischiare.

- Te l’ho detto che ti preoccupi troppo? – rispose quello, tranquillo, con le mani nelle tasche della giacca azzurra e la coda che si muoveva armoniosamente.

Era strano, Gidan, davvero. Sorrideva sempre, continuava a fare complimenti a lei e a Jane, litigava con Clayton. Nulla sembrava metterlo a disagio o imbarazzarlo, neppure quella bizzarra quanto inusuale coda da scimmia. Abile combattente e, per alcuni versi, anche abbastanza carino, era la persona a cui più lei si era legata, soprattutto poiché erano vicini in età. Per il resto erano completamente differenti.

- E tu non abbastanza – ribatté, incrociando le braccia al petto, con un sorriso divertito. Eh si, la “mocciosetta”, come l’aveva definita la loro guardia del corpo, la prima volta che l’aveva vista, non era per niente da sottovalutare. Dietro a quel sorriso smagliante si nascondeva una facciata di cemento armato su cui gli sprovveduti andavano puntualmente a sbattere contro. Primo tra tutti il ragazzo.

- Come ti pare… scivoliamo per i rami? Così facciamo prima, no? – fece, indicando il tronco cavo che li avrebbe portati allo scivolo, passatempo preferito, insieme alla corsa sulle liane, di Tarzan e, da qualche settimana, con suo sommo dispiacere, anche di Gidan.

- Non mi sembra una buona idea… è scomodo e… -

- Dici così perché non sei capace – saltò su un ramo piuttosto in alto, aggrappandosi ad esso con l’agile coda. – “Aiuto, aiutatemi, ho paura di scivolare!” – imitò la sua voce, portano le mani vicino al volto e strabuzzando gli occhi color foresta.

- Piantala, scimmia – rispose. Così gli avrebbe tappato la bocca. Succedeva sempre quando lo chiamava in quel modo.

- Beh, effettivamente ti capisco… dopotutto sai che contro di me non vinceresti mai… -

- Caschi male, non sono una persona competitiva –

- Ah si? – la guardò, mentre un sorriso decisamente poco incoraggiante si disegnava sulle sue labbra. Quando generalmente ciò accadeva lei si rifugiava nella sua tenda, lasciando al Professore il compito di sbrigarsela con il primate impazzito. Solo che ora non era all’accampamento. Purtroppo.

Con un salto rapido quanto inaspettato gli si parò davanti, strappandole con un solo gesto la collana a cui era appeso un cristallo azzurro, a cui lei teneva molto, per tornare a rifugiarsi su un alto ramo.

- Gidan! Ridammela subito! – esclamò, con una mano sul collo e l’altra tesa verso di lui. Come aveva fatto a prendergliela con tanta facilità? Era una ragazza dai riflessi pronti, avrebbe dovuto almeno accorgersene in tempo e provare a schivarlo…

- Vieni a prendertela! – esclamò in risposta e, come Jasmine aveva temuto, si tuffò all’interno del tronco.

- OH! Gidan me la paghi! – urlò infuriata, lanciandosi rapidamente all’inseguimento. Il ramo che aveva scelto come scivolo era dritto, privo di alberi o cespugli che lo bloccavano, e che l’avrebbero costretta a saltare e probabilmente a perdere l’equilibrio. Sentì la melma ed i muschi sotto ai suoi piedi, che lentamente perdevano la presa. Vide il ladro parecchio più avanti, muoversi con destrezza sull’albero. Era nato per fare quello sport. Lei no, però avrebbe ripreso la sua collana. E l’avrebbe fatto pentire di avergliela presa, aggiunse mentalmente, piegando lievemente le ginocchia e spingendo il busto in avanti, per partire.

Così cominciava la scivolata. Non era semplice, in pochi riuscivano a girare la giungla da un capo all’altro, saltando di ramo in liana, con la massima agilità. Tarzan si muoveva così, per esempio.

Ma io, pensò, rischiando di perdere l’equilibrio, non sono Tarzan!

Neppure Gidan se la cavava male. Con le braccia aperte che lo bilanciavano e la collana bene in vista stretta nella mano destra per provocarla scivolava sempre più rapidamente, più simile ad un fulmine che ad un ragazzo munito di coda. Anche lei forse lo sembrava, benché, ne era certa, non possedeva la sua grazia nei movimenti. Non su uno scivolosissimo ramo, almeno.

- Visto che è divertente? – urlò lui, senza neppure girarsi, certo che lo stesse seguendo. Mi conosce così bene? Dopotutto quand’è che l’ho incontrato? Tre? Quattro mesi fa?

Bizzarro come a volte il tempo passi rapido, come una settimana possa apparire lunga quanto un’ora o, al contrario, sembri di essere stati rinchiusi in una sorta di bolla, che ferma e rallenta il tempo.

Quando volava tra gli alberi con Gidan e Tarzan avveniva la prima stranezza. Quando il professor Porter cominciava a parlare la seconda. Si, il professore, davvero una brava persona… un po’ strano, ma simpatico. Da quando sette mesi prima, si, erano proprio sette, dopo la terribile tempesta che aveva abbattuto parecchie piante, l’avevano ritrovata semi- svenuta sulla spiaggia, si era legato al dito la questione, deciso a scoprire chi fosse e da dove venisse quella strana ragazza.

Passava ore e ore insieme a lui e al “Re della Giungla”, così tutti soprannominavano Tarzan, ad osservare annoiata decine di diapositive. Se vedi qualcosa che risveglia dei ricordi dimmelo, ripeteva sempre. Solo una volta qualcosa si era mosso nella sua mente. Quando il Prof aveva mostrato un disegno raffigurante un drago che sputava fiamme. Aveva sentito qualcosa, dentro di lei, una strana sensazione… perché, poi. Tutti sapevano che i draghi erano solo il prodotto della troppo fervida immaginazione della gente, no?

- Gidan, se ti prendo… - minacciò, piegandosi per acquistare maggior velocità. Un trucchetto che le aveva insegnato il “re”. Più stai bassa e più vai veloce. Lei si era fidata. Dopotutto, se non sapeva lui come fare, che era cresciuto tra le scimmie, chi avrebbe potuto?

Una salita seguita da una discesa piuttosto rapida segnava la fine del percorso e lei se le trovò davanti pochi istanti dopo aver superato una curva piuttosto problematica.  Gidan era scomparso alla sua vista, ma immaginò che ormai fosse atterrato in uno dei numerosi stagni che si trovavano sotto al ramo e che venivano usati da loro come punto di atterraggio per tornare a terra.

Salita e… discesa! Con un urlo di divertimento cadde a peso morto in uno delle piccole pozze d’acqua, anche quel giorno piene di ippopotami che si godevano placidamente il sole pomeridiano.

- Dimmi che non ti sei divertita? – sorrise l’altro, scuotendo il capo come un cane per asciugarsi i capelli, non prima di averle lanciato con un movimento fluido la collana, che rapidamente si era infilata in tasca.

- Oh, certo che mi sono divertita – rispose, avvicinandosi a nuoto alla riva e uscendo dalle acque verdognole con un balzo, trovandosi molto più bagnata e con qualche alga di troppo addosso di quanto avrebbe voluto. – Ma mi vendicherò lo stesso! – scoppiò a ridere, afferrando un braccio del giovane, cercando di spingerlo nuovamente in acqua, cosa che gli riuscì di fare. Sfortunatamente lui aveva avvinghiato la sua coda intorno ad una delle sue gambe e, senza lasciare le sue mani durante la caduta, se la trascinò dietro, nella melma verdognola.

- Gidan! – esclamò, prima di essere zittita da un getto d’acqua, che le arrivò diritto in faccia, sollevato da un Gidan ormai piegato in due dalle risate.

- Oggi vuoi morire, vero? – rise, rispondendo lanciandogli in testa un’alga verdina che galleggiava sul pelo dell’acqua.

Lui, sempre con l’alga sulla fronte, uscì dalla pozza. – Sei fortunata, oggi devo andare al cuore e quindi non ti umilierò ancora… e poi per colpa tua siamo in ritardo! –

- Colpa mia! – ripeté, incredula – Non eri tu mister “Io- voglio- imitare- Tarzan- sul- ramo”? –

- Forse –

Nessuno dei due si era accorto che due grandi occhi gialli, seguiti da un corpo maculato, li stavano spiando, assetati di sangue e anche parecchio affamati.

O forse sarebbe meglio dire che nessuno dei due se ne accorse fino a che il leopardo non decise di fare la sua entrata trionfale, saltando dal ramo su cui era appollaiato, per raggiungere una delle piccole isolette in mezzo all’acqua e dirigersi con un salto e i letali artigli pronti a colpire verso i due giovani.

Però vivere nella Giungla insegna ad affinare i sensi, soprattutto se si vive nella giungla con uno come Gidan, così, appena il felino atterrò davanti a loro, entrambi erano già pronti a combattere. Scappare non sarebbe servito, lo sapevano. Il leopardo Sabor conosceva la foresta di palme come la sua casa, che effettivamente lo era. Era quindi impossibile pensare di sfuggirgli.

I due, abbandonato il litigio scherzoso, fronteggiavano il nemico, immobili come lui. Li stava studiando per capire se fossero pericolosi o no, ma soprattutto per sapere se conveniva o no mangiarseli. Sabor era un leopardo dal palato fine e non gradiva tutti i tipi di carne. Annusò l’aria e, se avesse potuto, probabilmente avrebbe sorriso. Non tutti i tipi di carne gli piacevano. Però la carne umana lo faceva a dir poco impazzire.

Con un rapido balzo cercò di raggiungere Jasmine, che però era pronta ad accoglierlo, con i suoi potenti calci e i rapidi pugni, uno dei quali arrivò proprio sul muso del leopardo, prima che avesse il tempo di schivarlo. Eh beh, se c’era una cosa di cui lei andava fiera era proprio la sua velocità. Gidan, anch’egli estremamente rapido, si era già portato alle spalle dell’avversario, a daghe sguainate. Tre colpi in rapida successione ancor prima che Sabor riuscisse a voltarsi. Il giovane cercò di schivare con un salto, ma non fu, quella volta, abbastanza veloce. Una terribile zampata lo colpì, facendogli fare un volo di parecchi metri e facendolo cadere a terra, dolorante. Intanto che Sabor era occupato con Gidan, la ragazza non era stata inattiva, colpendo con una serie di calci il terribile animale. Sfortunatamente si girò prima che ella avesse il tempo di saltare lontano e fu colpita prima da una testata e successivamente da un’artigliata. Ma, benché feriti, i due non erano ancora sconfitti. Ecco che il ragazzo- scimmia saltò sulla schiena del leopardo, distraendolo per permettere all’amica di colpirlo con i suoi rapidi calci. Usò il Summersoult, calcio insegnatagli da Tarzan, mossa che bloccò l’avversario, giusto il tempo adatto per usare il Water Kick, mossa che neppure lei sapeva come facesse a sferrare, durante il quale utilizzava la forza dell’acqua per colpire l’avversario, accompagnata da un suo potente calcio. Con un ruggito Sabor saltò indietro, facendo cadere il ragazzo dalla sua schiena. Continuava a ringhiare, mostrando i denti bianchi, indietreggiando, cercando una via di fuga, senza sapere che anche i due cercavano la stessa cosa.  Si voltò, rapido come solo lui sapeva essere, e fuggì, nascondendosi in pochi istanti tra la lussureggiante vegetazione.

Gidan e Jasmine si scambiarono uno sguardo stupito. Avevano sconfitto Sabor! Uno degli abitanti più pericolosi della giungla!

- Siamo i migliori! – esclamò la ragazza, con un sorriso sollevato. Erano ancora vivi. Non lo avevano ucciso, ma erano vivi.

- Ehi Jas – la chiamò lui, con un sorriso malizioso sul volto – Sai che ti sta proprio bene quella maglietta bagnata…? – disse, non guardandola certamente negli occhi.

- Maniaco! – esclamò, voltandosi di scatto e correndo verso l’accampamento, tra le risate di Gidan, che cercava di raggiungerla.

 

L’accampamento era deserto, nessuno in giro, nessun preparativo per l’imminente partenza. Incuriositi e stupiti entrarono nella tenda in cui solitamente il gruppo si riuniva per prendere le decisioni più importanti.

- Ehi che succede, non si parte…? – domandò Gidan, guardando il Professore e Jane, seduti con aria preoccupata su due sedie di vimini.

- No, prima è comparsa Terk… non so cosa abbia detto a Tarzan, ma lui si è subito allontanato… - Jane sospirò, con aria ansiosa – Sono molto preoccupata… chissà cos’è successo? –

- Oh, nulla di grave… sono poche le cose che potrebbero mettere in pericolo Tarzan… magari hanno visto un paio di pantere troppo vicine e lo hanno avvisato perché le scacciasse – cercò di rassicurarla Jasmine, prendendo una coperta abbandonata su una poltrona e stringendosela addosso. Neppure lei era sicura di quello che potesse essere successo ai gorilla. Certo era una bella sfortuna che fosse accaduto proprio pochi momenti prima che potessero partire per il Cuore…

- Sarà meglio tornare ai miei esperimenti – fece il Prof, visibilmente deluso, come un bambino a cui è stato negato un regalo – Vado nell’altra tenda… - e uscì in fretta, con le spalle curve.

- Povero papà – commentò Jane, una volta che l’uomo fu uscito. – Vedere questo Cuore della Giungla e i Gorilla è il suo più grande sogno… - anch’ella era certamente dispiaciuta. Scosse il capo, muovendo i capelli color terra con eleganza – Sarà meglio che vada a cercare Clayton per avvertirlo… -

- E noi, signorina Porter? Che cosa possiamo fare per aiutare? – chiese la ragazza, tormentandosi le mani, allacciando e slacciando il bottone che chiudeva i guanti.

- Nulla… Jasmine, Gidan, non credo che mio padre avrà bisogno dei suoi assistenti oggi. Consideratela una giornata di vacanza. –

- Grazie Signorina Jane. Io e Jas andremo a fare un giro… vero? – fece e, senza neppure lasciarle il tempo di rispondere la prese per un braccio, correndo rapidamente fuori.

La ricercatrice sorrise, vedendoli correre via, certa che si sarebbero divertiti, in quel pomeriggio, molto di più che se fossero andati al Cuore.

- Ahi! Sei ammattito? Mi hai quasi staccato un braccio! – si lamentò la ragazza, mentre camminava al fianco dell’amico verso la Parete Rocciosa, luogo dove solitamente si rifugiavano in cerca di frescura e riposo.

- Noiosa. Non volevo semplicemente che Jane cambiasse idea e ci mandasse a raccogliere muffe o vermiciattoli per i suoi campionari… - brontolò lui, con le braccia incrociate e un’aria divertita sul volto.

- Mm… effettivamente – scoppiò a ridere – Abbiamo guadagnato un pomeriggio di vacanza! – si aggrappò ad un’edera, arrampicandosi fino ad un alto ramo, da cui si aveva un’ottima visuale di tutta la giungla. A Gidan, agile proprio come una scimmia, bastò un salto per raggiungere la cima dell’albero.

- Ah! Che pace! – esclamò poi, lasciandosi cadere all’indietro e rimanendo a testa in giù, aggrappato solo per la coda alla pianta, come un pipistrello.

- Già… però sono proprio curiosa di sapere cosa ha trattenuto Tarzan… se non è qualcosa di più che importante io… - sbuffò, dondolando le gambe sospese nel vuoto.

- Avanti… ci andremo domani. – sorrise, con aria sapiente. Con l’aria sapiente che può aver un ragazzo appeso a testa in giù ad un albero. – E poi secondo me ci sarà lo zampino di Kerciak. Non ci ha sempre odiati e considerati intrusi, no? Probabilmente crederà che vogliamo distruggerlo o rovinarlo… -

- Temo che tu abbia ragione… ma allora non riusciremo mai a vederlo! – esclamò, delusa. Conosceva troppo bene, grazie ai racconti che Tarzan aveva fatto, il capo dei gorilla. Che, proprio come aveva detto il ragazzo, li considerava solo dei nemici e degli invasori.

- No. A meno che non lo troviamo da soli… e se ti ricordi com’è finita l’ultima volta che ci siamo messi a cercare la Casa sull’Albero io ci rinuncerei in partenza… -

lei sospirò. Lo ricordava fin troppo bene. Prima avevano girato per tre giorni, senza sapere dove erano finiti. Poi avevano scambiato la coda del loro amicone Sabor per una liana. Gidan si era appena aggrappato quando avevano sentito un terribile quanto conosciuto ruggito. Per fortuna era arrivato Tarzan, che, anche con il loro aiuto, aveva facilmente sconfitto il leopardo.

- Jas… tu ricordi qualcosa del tuo mondo? – domandò inaspettatamente. Giusto, ricordò, anche lui non era originario della Deep Jungle.

- Questo è il mio mondo – rispose con il massimo candore possibile.

- Il tuo vecchio mondo, Jasmine – la riprese lui, tornando a sedersi accanto a lei, con la faccia rossa per il sangue che vi era salito mentre era ancora appeso al tronco.

- Oh… quello – inclinò il capo, guardando verso il cielo azzurro, che solo in quel punto si poteva vedere. Solitamente, la verde vegetazione copriva l’azzurro del cielo e fermava il calore del sole. – No… non molto. Anzi, praticamente niente. – sorrise amaramente, guardandolo. – E tu? –

- Io? Beh, solo un bagliore azzurro. Come il sole che si riflette sul mare. –

- Un bagliore azzurro…? E’ strano… - commentò – Ma almeno è già qualcosa, no? Magari vivi in un mondo acquatico –

- Forse – scoppiò a ridere, gettando indietro il capo – Forse –

 

La notte era calata da qualche ora e Jasmine stava riposando tranquilla nella sua tenda. Il pomeriggio era passato troppo rapido, tra risate e scherzi, non senza preparare assurdi piani su come trovare il Cuore della Giungla. Piani che non avrebbero mai potuto mettere in atto, ma che era estremamente divertente creare. Eppure, nonostante la fatica del giorno appena trascorso, non riusciva a trovare il sonno. Qualcosa la teneva sveglia. Un peso sullo stomaco, come un cattivo presagio. Ma doveva smetterla di preoccuparsi! Benché fosse difficile. Tarzan e Clayton non erano ancora tornati. Nel caso del primo nulla di strano. Ma il cacciatore, che tanto odiava il mondo selvaggio… non se lo sarebbe mai visto a dormire sotto ad un albero. Ed ora mancava da circa sei ore. Gidan, con il suo solito modo scherzoso, aveva detto che probabilmente si era perso mentre cercava dei gorilla per loro. Jane aveva annuito. Era probabile, quell’uomo era così gentile e si era sempre dimostrato disponibile con tutti.

Si girò nel letto, cercando una posizione comoda e cercando di ignorare i suoni tipici della giungla di notte: richiami di uccelli, ringhi di belve pericolose e urla e grida giocose di gorilla e scimmiette che non dormivano ancora a quell’ora tarda. Ma ormai ci si era abituata. Non era certamente quello a tenerla sveglia… ripensava, non poteva farne a meno, al discorso che aveva fatto con l’amico dalla coda di scimmia. Il suo mondo… a volte aveva provato ad immaginarselo ma, invariabilmente, lo vedeva uguale alla Deep Jungle cosa che, lo sapeva, era impossibile. Un’altra cosa che si chiedeva era perché fosse finita in quella foresta, mai visitata da nessuno e abitata solo da animali e pochissimi uomini, almeno secondo Jane, poiché lei non ne aveva mai visti. Si alzò a sedere, infilandosi rapidamente la maglietta nera, che nel frattempo si era asciugata, grazie al caldo umido del posto, i pantaloncini corti e gli alti stivali. Guardò i Metal Knukle, abbandonati su una cassa che usava come scrivania. Andare in giro di notte era pericoloso, ma lei voleva soltanto andare a prendere un po’ d’acqua nella Tenda in cui si erano riuniti il pomeriggio e che, con poca previdenza, aveva dimenticato di prendere e portare nella sua camera. Scuotendo il capo decise di prenderli comunque. Era strano, ma senza di essi si sentiva indifesa e senza protezione. Uscì nella fresca notte, sentendo il canto dei grilli farsi più forte, la luna piena, era sempre piena, in quella giungla, e le stelle… aggrottò la fronte. Perché le sembravano diminuite? Oh, che sciocchezza. Le stelle non sparivano con un “puff”. Lo sguardo tornò a posarsi sulle numerose tende che occupavano il piccolo spiazzo, alle casse, alle montagne di casse, che non erano ancora state aperte, al tavolo stracolmo di libri, su cui il Professore amava far esperimenti. Con rapidi passi attraversò la piazza, voltandosi per guardare la tenda di Clayton. No, non era ancora tornato. Una luce brillava in quella di Gidan, ma non sentiva alcuna voce. Probabilmente si era addormentato leggendo. Quella di Jane e del Prof erano silenziose e buie. Anche loro riposavano. Entrò nella stanza “degli incontri”, trovandola immersa nell’oscurità. Strano. Di solito c’era sempre almeno una piccola luce, lasciata accesa per una sorta di tradizione. Così, chiunque si fosse perso, avrebbe potuto ritrovare la strada del campo.

Mosse alcuni incerti passi, temendo di inciampare in oggetti non visti o rompere qualcuna delle preziose provette colme di strani liquidi che lì venivano tenute. Diede un forte calcio ad una sedia e si trattenne a stento da lanciare un urlo, che probabilmente avrebbe svegliato tutti.

A tentoni cercò una delle lampade ad olio, lasciate, probabilmente, sul piccolo tavolo. Niente. Una tazza da the, forse, una teiera e tre cucchiaini. Ma dove avevano nascosto quella lampada?

Rassegnata a non ricevere nulla da bere, si voltò, per tornare nella sua “camera” a dormire, almeno quelle poche ore che le rimanevano. Uscendo con uno sbuffo, si ritrovò nuovamente all’aperto… un irreale silenzio regnava sull’accampamento. La luce nella tenda di Gidan era stata spenta, probabilmente ora dormiva… ma chi aveva spento, allora, la luce della luna e delle stelle? Alzò gli occhi al cielo, trovandolo scuro e privo di ogni fonte di luce… ma com’era possibile? Fino a pochi minuti prima tutto era normale…

- Cosa sta succedendo? – esclamò, guardandosi intorno, spaventata. – Signorina Porter! Professore! Gidan! –

… Non ti sentiranno…

- Cosa? – intorno a lei l’ombra aveva inghiottito tutto. Le tende, la giungla, il cielo… nulla restava…

… Sei sola… e manca  poco… molto poco…

- Manca poco? Chi sei? E cosa stai dicendo? – urlò, senza smettere di voltare freneticamente il capo, alla ricerca di qualche fonte di luce. Non riusciva a muovere un passo. Era la paura? Anche… ma non solo.. c’era qualcos’altro, che si era arrampicato sulle sue gambe, bloccandogliele…

… Il sigillo è stato rotto… le sue cinque parti disperse… l’Oscurità vince

- Cosa… cosa significa? – esclamò

Solo il silenzio le rispose.

- Ehi! C’è nessuno? – chiamò, sperando di essere ancora davanti alle tende. Com’era possibile che un tale buio fosse calato in così poco tempo? E a chi apparteneva quella voce? Così fredda e tagliente…

Un improvviso lampo di luce la abbagliò. Non ebbe neppure tempo di chiudere gli occhi, così, appena il bagliore si spense, vide centinaia di lucine verdi e azzurre danzarle di fronte agli occhi.

Poi il buio. E più nulla.

 

 

 

  
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