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Autore: ChiiCat92    25/11/2016    0 recensioni
« Di regola ce n'è solo una. » uno dei poliziotti si avvicina a loro, Loz non presta attenzione. « Come al solito giocano anche i grandi, e non si smette di giocare finché non torniamo a casa. Paga pegno chi interrompe prima! » mormora, in modo che solo i suoi fratelli possano sentire.
I due bambini si scambiano uno sguardo.
Accetteranno la sfida, accettano sempre quando si tratta di un gioco inventato da Loz. È così bravo a trovare modi sempre nuovi di intrattenerli!
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Yazoo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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15/11/2016

Facciamo un gioco

 

Sotto i piedi nudi il prato umido gli da una spiacevole sensazione di freddo. Nella fretta di uscire di casa si è dimenticato di mettere le scarpe, e ora è troppo tardi per tornare indietro.

I corpicini dei suoi fratelli stretti a lui mitigano il freddo che in piccoli brividi sale dal basso.

Ha sentito tante volte le urla delle sirene della polizia, dei vigili del fuoco, dell'ambulanza. Prima associava quel suono a qualcosa di buono, voleva dire che chiunque avesse bisogno d'aiuto stava per riceverlo, adesso gli sembra qualcosa di orribile, qualcosa di pericoloso che grava non su di lui, ma sui fratellini che stringe al petto.

« Facciamo un gioco. »

Esordisce all'improvviso. Le sirene sono sempre più vicine.

Gli occhi dei suoi fratelli si alzano su di lui, curiosi, accesi di una luce da troppo tempo assente.

Loz sorride, ci prova almeno, anche se il cuore gli fa male, come fosse stretto in una morsa d'acciaio.

« Che gioco? »

Chiede Kadaj, la testina piegata da un lato, gli occhioni verde acido assottigliati.

Loz si guarda intorno e poi si avvicina a loro come tante volte ha fatto prima di allora.

« Il gioco degli SHB. »

« Ancora? È un gioco vecchio. »

Sbotta Yazoo, con una smorfia sul bel visetto di porcellana.

« Yaaaz. » Kadaj, lamentoso come sempre, con quelle sue piccole manine da bimbo e l'adorabile broncetto. « Vediamo cosa ci propone. »

Oh Loz sa bene come rendere le cose accattivanti per i suoi fratellini. Basta usare le parole giuste e in un attimo pendono dalle sue labbra. Esattamente come adesso.

Le auto della polizia sono in fondo alla strada, le sirene spiegate, le luci rosse che rimbalzano sulle facciate delle case. Loz respira più velocemente.

« Anno 2153, i famosi detective Kadaj, Yazoo e Loz si trovano sulla scena di un crimine. E la polizia sta per circondarli. » proprio in quel momento le auto si fermano sul viale, i poliziotti scendono, mani sulle pistole. Loz stringe un po' di più a sé i fratelli mentre continua a raccontare. « Sono alieni della polizia spaziale-intergalattica. »

« Cosa vogliono stavolta? »

Kadaj si stringe contro il petto del maggiore, i poliziotti urlano loro di non muoversi, altri li superano e si infilano dentro casa.

« Purtroppo ci troviamo nel posto sbagliato al momento sbagliato. »

« Oh e dai! » anche se interromperlo costa a Yazoo un'occhiataccia da parte di Kadaj, che aveva già cominciato a vedere il mondo dalla prospettiva di Loz. « La storia non cambia mai, sono stufo dei detective! »

« Vedrai che questa volta sarà diverso. » mormora Loz. « Intanto giochiamo, se ci annoiamo cambiamo gioco. »

« Oh, a me va benissimo! »

Kadaj alza gli occhioni su Loz, incapace di trattenere l'emozione, mentre Yazoo storce il naso: tra i tre e sempre stato quello con meno immaginazione.

« Okay, e quali sono le regole? »

« Di regola ce n'è solo una. » uno dei poliziotti si avvicina a loro, Loz non presta attenzione. « Come al solito giocano anche i grandi, e non si smette di giocare finché non torniamo a casa. Paga pegno chi interrompe prima! » mormora, in modo che solo i suoi fratelli possano sentire.

I due bambini si scambiano uno sguardo.

Accetteranno la sfida, accettano sempre quando si tratta di un gioco inventato da Loz. È così bravo a trovare modi sempre nuovi di intrattenerli!

« Va bene, io ci sto. »

« Anch'io, anch'io! »

« Benissimo. » il maggiore si esibisce nel sorriso più brillante e largo di cui è capace. Nessuno direbbe che si tratta di un sorriso tirato. Lui ha già cominciato a giocare, senza dire niente ai suoi fratelli. « Il gioco comincia adesso! »

 

*

 

La stazione della polizia spaziale-intergalattica è una costruzione quadrata, robusta.

Le navicelle si fermano il tempo necessario per depositare i passeggeri, poi, con le sirene accese, decollano per la prossima missione.

Kadaj, Yazoo e Loz sono stati portati alla stazione accompagnati da una scorta.

La polizia deve assicurarsi che arrivino sani e salvi, devono toccare a malapena il suolo rosso di Marte con i piedi.

Agli occhi dei profani potrebbero sembrare solo dei bambini.

Kadaj ha sei anni, grandi occhi verdi acido circondati da migliaia di ciglia nero inchiostro, argentei capelli tagliati corti che tendono continuamente a scivolargli sul visetto tondo. Un corpicino piccolo e magrolino, nervosamente bloccato nell'infanzia. Ma in realtà è in grado di trasformarsi nello spadaccino più abile del Sistema Solare. Lo chiamano “Il Generale” o “One Winged Angel”, e nessuno può sfuggire alla sua lunghissima e letale...

« L'ultima volta non eri uno spadaccino, stai cambiando la storia! »

Yazoo e Kadaj si sono potuti sedere, visto che nella stanza del tenente Hewley, di fronte alla scrivania, ci sono due sedie. Loz ha ceduto spontaneamente il posto ai fratelli, non hanno dovuto neanche chiedere.

Le parole di Yazoo fanno mettere il broncio al piccolo Kadaj.

« Non sto cambiando niente, posso essere quello che voglio. »

« Sì ma...siamo in una stazione spaziale, cosa c'entrerebbe uno spadaccino? »

« Tu sei un alieno! »

« Appunto, perché siamo nello spazio! »

« Basta. » Loz interrompe il battibecco con uno sbuffo. « Yaz, se puoi essere un alieno Kadaj può essere uno spadaccino, vuol dire che dall'ultima volta il suo personaggio ha...preso lezioni di scherma, okay? » Yazoo borbotta un contrariato “okay okay”, mentre incrocia le braccine al petto, e Kadaj si esibisce in un sorrisone vittorioso. Kadaj vince sempre. « Riprendiamo, dov'eravamo? »

...letale katana di acciaio temperato.

Yazoo appare come un bambino di otto anni quando in realtà ne ha centotrenta, ed è così bello che spesso le persone si fermano sorprese a guardarlo. I suoi lunghi capelli d'argento sono morbidi come seta, i suoi occhi brillano come smeraldi, il suo viso è scolpito nella porcellana, eppure la sua pelle è morbida e calda. È un alieno, Yazoo è un alieno. Viene da Venere, e si sa, gli abitanti di Venere sono tutti meravigliosi. Quello che non si sa è che sono anche abili combattenti. Lui, in particolare, si trova a suo agio con le pistole, due, dalla canna lunga e cromata, con doppio fuoco. Sono l'estensione delle sue braccia, e come tutti i pistoleri del suo livello prima spara e poi chiede.

E infine Loz, all'apparenza il più grande dei tre, dieci anni, nervosi e cortissimi capelli argentati tirati all'indietro, intelligenti occhi verdi che guizzano su ogni dettaglio. Lui è la mente, una delle più brillanti del millennio costretta in quella minuscola forma di bambino a causa di un esperimento andato a finire male. L'unico a girare disarmato: la sua unica arma è il suo cervello.

Insieme sono i Silver Haired Boys, la migliore squadra di detective su questo lato della Via Lattea.

Portati alla stazione della polizia spaziale-intergalattica con la forza, attendono che il tenente Hewley sia libero di parlare con loro. Non è la prima volta che collaborano con lui.

Ormai sono dieci minuti che aspettano.

Poi, quasi inaspettatamente, il tenente Hewley rientra nell'ufficio. Un uomo sulla trentina, con gellati capelli nero inchiostro; la divisa della polizia aderente sul corpo muscoloso, e l'enorme Buster Sword sempre in bella vista, come a dire che potrebbe usarla in qualsiasi momento se lo costringessero.

L'uomo si siede davanti agli SHB, gli occhi blu-verdi piantati sul fascicolo che ha davanti.

Il suo silenzio li rende nervosi.

Perché tutta quella freddezza?

E dire che sono amici di lunga data.

Adesso il tenente incrocia le mani sulla scrivania, un'espressione così seria i SHB non l'hanno mai vista.

« Stavolta siete in guai seri. »

I SHB si scambiano uno sguardo nervoso, poi tocca a Kadaj parlare.

« Perché? Non abbiamo fatto niente. »

Il tenente sembra sorpreso da quell'affermazione, tanto che le folte sopracciglia nere si alzano verso l'alto. Lentamente annuisce, sembra calcolare con attenzione le parole da dire, come se avesse davanti dei bambini.

Ma loro non sono bambini.

« Vi ho detto tante volte che non condivido i vostri metodi di investigazione, e che prima o poi sarebbe andata a finire male. Bene: è andata a finire male. Siete indagati per omicidio. »

È paura quella che passa per un momento negli occhi di Kadaj, prima di ricordarsi chi è: un valoroso guerriero. Yazoo, però, gli prende comunque la manina stringendola nella propria.

« Eravamo lì per indagare sul caso, come possiamo essere tra i sospettati! »

Il tenente tace, li guarda, li scruta, cerca nei loro volti un segno di colpevolezza. Poi sospira.

« Mi dispiace. Ma nelle prossime ore sarete interrogati, dovrete deporre la nostra versione dei fatti. Non vi sareste dovuti avvicinare così tanto alla scena del delitto. Le vostre impronte sono ovunque. »

« Potremmo essere giudicati colpevoli? »

Quasi strilla Kadaj, indignato. Lui, lui che è un così rispettabile guerriero essere incriminato ingiustamente!

« Non posso aggiungere altro. Il sottotenente Fair è già informato, vi porterà nella sala interrogatori. »

Non hanno neanche il tempo di porgere le loro rimostranze, perché il sottotenente entra nell'ufficio. Giovane e fresco di promozione, si esibisce in un saluto militare per poi rivolgere la sua attenzione agli SHB

« Prego, venite da questa parte. »

Kadaj e Yazoo cercano lo sguardo di Loz, ma lui, serio, imperturbabile nel suo ruolo di scienziato super-intelligente, annuisce appena e raggiunge il sottotenente.

I fratelli lo seguono in silenzio.

 

« È assurdo. » mormora Yazoo, le braccia incrociate, il bel viso da bambola corrucciato in un'espressione che qualunque essere vivente, dalla Terra a Plutone, avrebbe combattuto per cancellare. « Ci tengono qui contro la nostra volontà, noi non abbiamo fatto niente. »

Kadaj fa dondolare i piedi nel vuoto, la sedia di plastica su cui è seduto è troppo alta per lui, non arriva a toccare a terra.

Da due ore stanno aspettando di essere interrogati, seduti nel corridoio fuori dalla stanza interrogatori, controllati a vista dal sottotenente Fair. Kadaj ricorda quando era ancora un cadetto semplice, ha fatto carriera in fretta.

« Basterà dire loro come sono andate le cose, no? Capiranno che non è stata colpa nostra. »

« Ha detto che le nostre impronte sono dappertutto sulla scena del crimine. »

« Certo, Yazoo. » uno scintillio pericoloso si accende negli occhi del piccolo Kadaj. « Questo perché noi eravamo sulla scena e l'abbiamo alterata! Ma noi possiamo farci da alibi a vicenda, no? » lo sguardo si sposta su Loz, rimasto fino a quel momento silenzioso. « Tu cosa ne pensi? »

Da qualche parte qualcuno urla “PRENDETELO!”, si sentono suoni di colluttazione e lo scatto secco di manette. La centrale non potrebbe essere più trafficata.

« Sì, possiamo farlo. »

Mormora il maggiore, senza staccare gli occhi da un punto fisso in lontananza.

« Potrebbero almeno evitare di farci aspettare. »

Yazoo porta una mano ad accarezzare il calcio la pistola, ancora infilata nella fondina. Avrebbe voglia di estrarla e dare un buon motivo a quegli stupidi per tenerlo lì.

« Calma. » basta uno sguardo di Kadaj e Yazoo torna ad incrociare le braccia. « Finirà presto, dobbiamo solo essere pazienti. »

La porta della stanza interrogatori 3 si apre, una ragazza dall'adorabile sorriso si rivolge loro. Gli occhi blu-grigi si soffermano sul trio. « Yazoo? Tocca a te. »

Yazoo sbuffa e si alza, i capelli d'argento frusciano al movimento.

« Mi raccomando Yazoo. » mormora Loz, sottovoce. « Ricordati il gioco. »

« Sì, sì. »

Annoiato, con passo slanciato e dondolante, il venusiano entra nella stanza interrogatori.

La ragazza chiude la porta e aspetta che lui si sia seduto prima di accomodarsi di fronte a lui.

Una scena già vista, sensazioni già provate. Quante volte è stato sottoposto a snervanti interrogatori!

La vita del detective è dura, c'è sempre qualche istituzione a cui dare conto o con cui giustificarsi.

Ricorda benissimo quando erano dovuti correre all'ospedale di Saturno perché Kadaj era rimasto ferito durante un'indagine e avevano dovuto subire ore e ore di interrogatorio da parte dei servizi speciali segreti per sapere come fossero andate le cose.

Avrebbe potuto raccontare mille avventure come quella...soprattutto perché Loz propone spesso di giocare ai SHB, è il suo gioco preferito, e a dirla tutta è anche parecchio bravo a inventare trame e personaggi. Talmente bravo che persino gli adulti giocano con loro.

Yazoo muove sempre qualche critica, o si lamenta di voler fare qualcosa di diverso, ma in fondo in fondo quel gioco gli piace. È affascinante come riesca a modificare completamente il mondo che hanno intorno.

« Allora, Yazoo. Cominciamo da qualcosa di semplice. » non si è accorto subito del registratore sulla scrivania. La ragazza vuole essere sicura di non farsi sfuggire niente. Chissà, forse riesaminerà la registrazione con qualche tecnico specializzato per cogliere fratture nel suo tono di voce che potrebbero incastrarlo. « Dove ti trovavi questo pomeriggio? »

« Al 20 05 di Advent Street, con i miei colleghi Kadaj e Loz. »

La ragazza prende anche appunti su di un taccuino.

Yazoo è quasi certo che si tratti una terrestre, la sua pelle è troppo candida per essere una marziana.

È bella con quei boccoli castani e l'espressione materna, ma non si farà prendere in giro da un bel faccino.

« E cosa stavate facendo lì? »

« Indagavamo su un caso di furto. »

« Cos'era stato rubato? »

« Del denaro. » Yazoo si stringe nelle spalle, come a dire che quella era routine di tutti i giorni per lui. « Quando siamo arrivati c'erano un uomo e una donna sulla scena. La donna era scossa, continuava a piangere, mentre l'uomo era nervoso e arrabbiato. La somma scomparsa era molto elevata. »

La ragazza continua a prendere appunti, il volto per nulla turbato dalle sue parole. Yazoo si chiede a che gioco sta giocando, e come intende coglierlo in fallo.

« Poi che cosa è successo? »

« Mentre eravamo nella stanza in cui la donna aveva visto per l'ultima volta il denaro abbiamo sentito delle urla e...rumori strani...oggetti fatti a pezzi. Siamo corsi a vedere cosa succedeva e c'era...c'era... » per un attimo tentenna, la vista si fa appannata, il cuore si stringe in una morsa. Deve respirare lentamente per riuscire a trovare le parole giuste per descrivere quello che ha visto, per decodificare le sue emozioni, per dare un volto alla sua paura. Non sapeva neanche di covare tante e tali sentimenti. La sua meravigliosa espressione da venusiano torna quasi subito sterile, impassibile, bella come una bambola. « C'era un Mostro d'Ombra nettuniano, si è impossessato dell'uomo. La donna era già morta. Ormai non c'era niente altro da fare, siamo dovuti scappare o saremmo morti anche noi. Come sa, i Mostri d'Ombra nettuniani uccidono subito l'ospite di cui si sono impossessati. »

« Capisco. » mormora la ragazza. Lo scratch scratch della sua penna sul foglio rende Yazoo nervoso, soprattutto perché non riesce a vedere cos'è che sta scrivendo. « Chi ha chiamato la polizia spaziale-intergalattica? »

« Non noi. » scuote la testa il venusiano. « Forse i vicini hanno sentito le urla, o hanno avvistato il Mostro. Non posso saperlo. »

« Bene. Grazie per la collaborazione. Puoi accomodarti fuori. »

Yazoo annuisce e, senza farselo ripetere, sgattaiola fuori dalla stanza. La sensazione di avere gli occhi della ragazza puntati sulla schiena gli fa solo accelerare il passo.

Kadaj cerca di fare finta di niente quando vede il venusiano tornare. Neanche lo guarda, aspetta che abbia ripreso il suo posto prima di indirizzargli le sue silenziose domande: com'è andata? Che ti hanno chiesto? Siamo fritti?

Loz, come sempre immerso nei suoi cervellotici pensieri, non alza neanche la testa.

« Tutto okay. Non hanno nessuna prova, mi ha solo chiesto di raccontare la mia versione. »

Mormora, sapendo bene che i muri hanno le orecchie e che sarebbe bastata una parola fuori posto perché fossero sbattuti in prigione.

Kadaj tira un sospiro di sollievo e riesce a rivolgergli un sorriso. Fino a quel momento era rimasto con la schiena in tensione.

Loz sospira profondamente e si alza in piedi. Mentre aspettavano gli hanno dato un paio di scarpe, e anche se non sono comode come le sue, è meglio che essere scalzo.

« Sottotenente Fair. » il giovane alza lo sguardo blu su di lui. Non ha la mano sulla pistola solo perché sa che piccoli come sono non possono essere una minaccia. È un trattamento di favore, e solo grazie alle loro apparenze. « Ho bisogno di andare in bagno. »

« Va bene. » sospira il sottotenente, comprensivo. Appoggia due dita sull'orecchio per attivare il contatto radio. « Soldato Strife, per favore raggiungimi davanti alla sala interrogatori 3. »

Non passano neanche due minuti da quella veloce comunicazione a quando, trafelato, un soldato biondo, scompigliato e in disordine si affaccia sul corridoio.

« Strife a rapporto signore. »

Sull'attenti, la mano di taglio sulla fronte, un atteggiamento che fa sorridere il sottotenente Fair.

« Accompagna il sospettato alla toilette. In fretta, prima che lo chiamino per essere interrogato. »

« Sissignore. »

Con un cenno del capo, il soldato indica la strada a Loz.

« Faccio veloce. » rassicura i suoi fratelli, sottovoce, visto che si sente addosso gli sguardi sia del soldato che del sottotenente. « Mi raccomando... »

« Il gioco. » sbuffa Kadaj, nervosamente. « Lo sappiamo, smettila di dirlo. » Loz si irrigidisce per un attimo, ma poi il minore gli rivolge un sorrisetto monello. « Altrimenti paghi pegno. »

Il maggiore alza gli occhi al cielo e trotterella dietro il soldato.

Sta andando tutto bene, no? Esattamente come tutte le altre volte. Non sarà più grave del solito, torneranno presto a casa.

Già, a casa.

Chi li aspetterà adesso a casa?

Non c'è più nessuno.

« Lì c'è il bagno. »

Sussulta quando il soldato lo richiama all'attenzione. Gli indica una porta e Loz annuisce in fretta. Incespica nella scarpe troppo grandi, gli danno fastidio, non vede l'ora di mettersi le sue pantofole con gli orsacchiotti.

Le piastrelle del bagno, lucide come specchi e di un bianco fastidioso assorbono il rumore dei suoi passetti scomposti.

L'unica serratura funzionante è quella dell'ultima cabina in fondo, le ha controllate tutte. Si infila dentro e abbassa i pantaloncini con attenzione, le gambe gli fanno ancora male. I lividi sulla pelle lattea sono violacei, i meno freschi sono di un rosso gonfio. Quello sull'addome è il più esteso, e deve concentrarsi per non mandare un urlo di dolore quando lo sfiora per sbaglio.

È stato difficile far finta di niente per tutto quel tempo, dare l'impressione ai suoi fratelli di stare bene, così come ai poliziotti.

Ma anche se respirare gli fa male l'idea di crollare davanti ai fratellini gli fa più male, deve evitarlo ad ogni costo.

Non ha neanche cominciato a fare pipì quando la porta del bagno si apre.

Sente il suono di stivali pesanti e di colpo gli viene molto più difficile concentrarsi per farla. Gli sfuggirebbe un mugolio di frustrazione se un uomo non cominciasse a parlare.

« Ci sono novità? »

Loz è sicuro: è la voce dl tenente Hewley. Si riveste più velocemente che può e socchiude quel tanto che basta la porta per sbirciare fuori.

Sì, è il tenente Hewley quello appoggiato al lavandino, davanti a lui un uomo mai visto prima, con scompigliati capelli rossi, occhi di un fiero azzurro, fisico alto e snello.

Le sopracciglia di Loz si corrugano per la perplessità.

« La madre è stata uccisa a bastonate. »

Dice, cupo, l'uomo dai capelli rossi, incrociando le braccia al petto.

« Dio. Nel rapporto non era specificato. »

« Angeal, perché non mi hai chiamato prima? »

Il tenente Hewley, forse stupito di sentirsi chiamare per nome, si tira indietro con una smorfia infelice. Si passa una mano tra i capelli, sospirando.

« Non c'erano capi d'accusa sufficienti per... »

« Non è la prima volta che quei bambini ti arrivano in centrale. Avresti dovuto indagare. »

Loz sente il cuore balzargli in gola.

Sta parlando di loro, sta parlando di loro!

« Genesis. » il tono di voce più duro, il tenente punta lo sguardo in quello dell'uomo dai capelli rossi. « Abbiamo provato più volte ad avvertire i servizi sociali, ma c'era sempre qualche cavillo burocratico. Cosa avrei potuto fare? »

« Chiamare me. »

« Certo, così cosa avresti fatto, sentiamo? Li avresti portati tutti e tre in una qualche struttura riabilitante finché non fossero arrivati all'età giusta per finire in riformatorio? »

« Buffo che tu lo dica. » lo interrompe il rosso. Loz sente il respiro farsi così affannoso da doversi mettere le mani sulla bocca per non farsi scoprire. « Perché è esattamente quello che succederà se non otteniamo una confessione che non sembri un'allucinata favola della buonanotte. »

Il tenente Hewley incassa la testa nelle spalle e distoglie lo sguardo, punto nel vivo.

« Non credevo sarebbero arrivati ad uccidere. »

L'uomo dai capelli rossi scuote la testa, lentamente.

« No, sono sicuro che ci sia un unico colpevole. Gli altri due lo coprono. Forse non si rendono neanche conto di quello che è successo, di quello che hanno fatto. Se troviamo il colpevole forse gli altri potranno ancora essere affidati a qualche famiglia. Altrimenti li aspetta la reclusione fino ai diciotto anni. »

« Fino ai diciotto anni? Sono solo bambini! »

« Non sono io a fare le leggi. Cerco solo di farle rispettare. » il rosso si avvicina di più, un dito puntato sul petto del tenente. « Trova il colpevole, o ti denuncerò per negligenza, e avrai quei tre bambini sulla coscienza finché vivi. »

Detto questo, gira i tacchi, gli stivali di pelle pesante che indossa scricchiolano sgradevolmente sulle piastrelle.

Il tenente rimane ancora qualche istante, immobile, come congelato. Il suo volto è una maschera di indecifrabile dolore. Poi sospira, ed esce.

Loz trattiene le lacrime. Il cuore gli batte così forte in petto che sembra stare per esplodere. Per un attimo vede tutto nero e gli tremano le gambe, tanto che deve aggrapparsi alla parete della cabina per non cadere a terra.

Un unico colpevole.

Respira a singhiozzi, non si è neanche accorto di stare piangendo. Si regge il petto, spera che quel dolore si plachi.

Trova il colpevole.

No, non può permettere che i suoi fratelli paghino per lui.

 

Kadaj si accomoda sulla sedia nella stanza interrogatori. Prima che la ragazza chiuda la porta lancia un'occhiata a Yazoo, quasi per avere da lui un gesto di conforto. Loz non è ancora tornato dal bagno.

Non ha paura, il Generale non ha mai paura, ma tutte le volte che lo interrogano le mani gli sudano e il cuore gli batte forte.

Certo, è Kadaj ad avere paura, non il Generale. Perché Kadaj è solo un bambino, mentre il Generale è un guerriero potentissimo.

Dovrebbe trovare un nome per il suo personaggio – anche a costo di far arrabbiare Yazoo perché ogni volta che giocano aggiunge qualche dettaglio in più –. Magari Sephiroth. Sì, Sephiroth suona bene, sembra il nome di qualcuno da temere e rispettare.

Gli piace giocare ai detective dello spazio con i suoi fratelli, allontana i brutti pensieri, allontana il dolore, rende tutto così colorato e bello...

« Kadaj. » sobbalza a sentire la voce della ragazza e allora si ricompone. Sephiroth, è lui che lei ha davanti. « Possiamo cominciare? Sei pronto? »

« Certo. »

Lo dice con sufficienza, come se fosse più un insulto che una domanda. Come potrebbe non essere pronto lui.

« Bene, devi solo rispondere a qualche domanda semplice semplice. » la ragazza preme un pulsante e accende il registratore, poi si prepara a scrivere sul suo taccuino. « Dove ti trovavi questo pomeriggio? »

« 20 05 di Advent Street, con Loz e Yazoo. »

Quella è una domanda facile, non ha bisogno neanche di pensarci.

Scratch scratch scratch.

« E cosa facevate lì? »

« Ci hanno chiamato per un caso di furto. »

« E cosa è stato rubato? »

« Soldi, molti molti soldi. »

« E cosa avete trovato quando siete...quando siete arrivati? »

« C'erano un uomo e una donna. » anche rispondere a questa domanda è semplice, le parole fluiscono senza interruzioni. « La donna piangeva, l'uomo era davvero arrabbiato. I soldi rubati erano risparmi di una vita, e li volevano assolutamente indietro. Quindi tanto per cominciare abbiamo controllato la stanza dove li tenevano, per vedere se trovavamo qualche indizio. Però non abbiamo visto niente di strano e stavamo per andare a riferirlo quando abbiamo sentito...delle urla. » stranamente comincia ad agitarsi sulla sedia. Perché? Non ha problemi a raccontarlo, no? Le mani cominciano a sudargli, la testa a girare. No, Sephiroth non ha paura, non ha paura. « Siamo corsi a vedere cosa stava succedendo, più velocemente possibile, ma la donna era già...già morta. È stata colpa...di uno Spirito Oscuro, l'uomo era...posseduto! Continuava a colpire la donna anche...anche se non si muoveva più. » perché adesso piange? Oh andiamo, che brutta figura sta facendo fare al Generale! Si asciuga gli occhietti con le maniche della maglia che indossa e tira su col naso, cercando di ricomporsi. « Poi lo Spirito è diventato violento. Voleva farci del male. Siamo scappati...prima che potesse prenderci. L'uomo deve essere morto poco dopo...gli Spiriti Oscuri consumano...consumano la vittima... »

« Chi ha chiamato la polizia spaziale-intergalattica? » Kadaj scuote solo la testa, e si morde le labbra per non cominciare a singhiozzare come un moccioso. Lui non è un bambino. « Puoi andare adesso, grazie per aver risposto alle mie domande. »

Lui annuisce. Vorrebbe correre verso la porta, gettarsi tra le braccia dei suoi fratelli. Ma non vuole pagare pegno e non vuole fargli vedere che ha pianto, per questo controlla il pianto e quando torna nel corridoio ha un'espressione corrucciata sì, ma non frignante.

« Quindi? »

Mormora Yazoo, invitandolo a sedere accanto a lui.

« Avevi ragione, non hanno niente contro di noi. » cerca addirittura di sorridere al venusiano. « Ora manca solo la testimonianza di Loz e poi ci lasceranno andare. »

In quel momento il soldato Strife riaccompagna Loz da loro.

La sua faccetta seria e i suoi occhi concentrati stanno a significare che è di certo due o tre passi avanti all'avversario. Come uno scacchista riesce a prevedere tutte le mosse.

« Ti hanno già fatto entrare? »

Mormora a Kadaj, che annuisce.

« Sono domande semplici, non preoccuparti. »

Il sorriso che Loz gli rivolge è candido.

« Non sono preoccupato. »

« Loz? Prego, puoi venire. »

Lo scienziato si dirige verso la ragazza castana a testa alta, dietro di lui Kadaj e Yazoo annuiscono.

È fatta, lo sanno, si pregustano già la sensazione di essere sulla prossima navicella verso casa.

Loz va a sedersi sulla sedia davanti alla scrivania come prima di lui hanno fatto i suoi fratelli. La ragazza avvia il registratore e sospira.

Non si aspetta di sentire dal bambino qualcosa di diverso, però lo spera, lo spera con tutto il cuore.

« Possiamo cominciare? Ti senti a tuo agio? »

« Sì. »

Freddo ma deciso.

La ragazza annuisce e prende il taccuino. Ormai è quasi a metà per quanto ha scritto nell'ultima ora.

« Dove ti trovavi questo pomeriggio? »

« A casa mia, al 20 05 di Advent Street. Con i miei fratelli, Yazoo e Kadaj, mia madre e mio padre. »

All'improvviso gli occhi della ragazza si spalancano, la penna fa un solco sul foglio per quanto sta premendo la punta, la mano le trema appena, ma si ricompone in un attimo.

« Puoi raccontarmi che cosa è successo? »

Papà non è una cattiva persona. Quando tutto va bene gli piace portarci al parco, o a fare una passeggiata, insieme alla mamma. Sembriamo una famiglia normale, sembra che ci ami molto.

Però papà ha un demone dentro di sé, un mostro che che viene fuori quando beve. E lui beve molto.

La mattina inizia con il caffè, non è un normale caffè, lui ci mette dentro del liquore. Qualche volta capita che me ne accorga e allora lui si arrabbia, mi da uno schiaffo, o mi sgrida, e io smetto di guardarlo.

Dice che il liquore nel caffè gli serve per affrontare bene la giornata.

All'ora di pranzo siamo sempre tutti a tavola, tranne papà, perché già il demone ha preso più possesso di lui, ed è meglio non disturbarlo. Mangia sul divano, davanti alla tv, mentre la mamma ci prepara qualcosa di veloce prima che la partita di calcio finisca.

Se riusciamo a finire di mangiare in tempo, possiamo correre a rintanarci nella nostra stanza, e quasi sempre non ci succede niente di male. Ma se tardiamo un po', o se papà si alza prima di quanto dovrebbe, il demone prende il suo posto e l'unica cosa che possiamo fare è raggomitolarci a terra sperando che smetta di picchiarci.

Qualche volta riesco a farmi picchiare al posto dei miei fratelli, o al posto della mamma, basta che provochi il demone nel modo giusto e le sue attenzioni sono tutte per me. Altre volte non ci riesco, perché il dolore è così forte che non riesco ad alzarmi o a parlare, ma a quel punto lui è già arrabbiato, e quello che vuole è sfogarsi, non importa su chi.

Mentre lo picchiava ha rotto un braccio a Kadaj, era molto piccolo. Piangeva ininterrottamente, con il braccio stretto al petto. Ho provato a chiamare l'ambulanza ed è lì che è cominciato il nostro gioco.

I medici avevano addosso divise fosforescenti, le luci blu e rosse dell'ambulanza illuminavano a giorno la facciata di casa nostra. Kadaj era così spaventato, non riusciva

Così abbiamo smesso di essere vittime, e siamo diventati degli eroi.

Sentirmi raccontare quelle storie ha calmato Kadaj, e anche Yazoo pendeva dalle mie labbra. Sembravano felici di vedere il mondo per come lo descrivevo io.

Tutte le volte che papà ci picchiava, tutte le volte che la polizia veniva a casa nostra, che un poliziotto ci faceva delle domande, noi abbiamo iniziato il gioco. Era più semplice raccontare la verità in quel modo, non faceva male, non la vivevamo sulla nostra pelle, e i segni che avevamo addosso erano trofei delle battaglie vinte.

Ognuno di loro ha aggiunto qualcosa alla storia originale, facendola diventare così un tutt'uno con quello che avevamo attorno. Non c'erano dolore, paura e lacrime nel nostro mondo. Solo casi da risolvere, mostri da sconfiggere, tesori da trovare.

Questo pomeriggio però le cose sono...peggiorate.

Il demone di papà era più forte che mai, puzzava di morte, camminando ondeggiava da una parte all'altra.

Era più arrabbiato del solito.

Parlava di soldi. Soldi soldi soldi: era sempre la sua maggiore preoccupazione.

Soldi per i vestiti di Yazoo, che stava crescendo troppo in fretta, soldi per il dentista di Kadaj, che non aveva ancora imparato a lavarsi i denti mattina e sera, soldi per i libri della scuola, che non ci sarebbe servita a niente, perché tanto il nostro unico talento era essere pesi morti.

Non so che lavoro faceva il mio papà, ma oggi l'ha perso, e la cosa l'ha fatto arrabbiare molto.

Prima ha gridato con mamma, facendola piangere, incolpandola di averlo incastrato in quella casa con noi, poi ha cominciato a mettere a soqquadro il salotto. Ha strappato le tende, ha rovesciato la libreria, ha rotto il televisore.

Dove sono i miei soldi?!” ha urlato. La mamma non sapeva di cosa stesse parlando. Papà era convinto di avere dei risparmi segreti, ma non ci sono mai stati.

Ha dato della bugiarda alla mamma. L'ha afferrata per i capelli, l'ha trascinata in cucina. E ha cominciato a picchiarla.

Non l'avevo mai visto così.

Ho provato a fermarlo, perché c'era tanto sangue, troppo sangue, e la mamma non si muoveva, non si muoveva più.

Gli sono saltato sulla schiena, ho colpito più forte che potevo, e lui mi ha afferrato per il collo e mi ha dato un pugno allo stomaco. Forte, tanto forte.

Si è fatto tutto buio all'improvviso, ho pensato che mi avrebbe ucciso. Mi mancava l'aria, non avevo più la forza di respingerlo, né volevo farlo.

È stato Kadaj.

Ma lo giuro, lo giuro, l'ha fatto solo per salvarmi.

Ha preso il coltello, quello lungo che mamma tiene per cucinare in un cassetto che noi non abbiamo il permetto di toccare, e l'ha colpito. Tante volte. Tantissime. Finché non mi ha lasciato e io non sono caduto a terra, nel sangue, suo e della mamma.

Yazoo ha tolto di mano il coltello dalle mani di Kadaj, gli ha pulito il viso, sembrava quasi si fosse spento.

Anch'io l'ho toccato, quando sono riuscito ad alzarmi, per riporlo nel cassetto: alla mamma non piace il disordine.

Li ho abbracciati stretti e insieme siamo usciti. Nella fretta ho dimenticato di mettermi le scarpe.

Poi abbiamo sentito le sirene della polizia in lontananza, e abbiamo iniziato a giocare.

Loz alza gli occhi verdi sulla ragazza, la guarda con un cipiglio incuriosito.

« Sono stato io. » dice, ed è divertente vedere la reazione sul viso della ragazza. « Ho ucciso io papà. Lui ha ucciso la mamma, e io ero così arrabbiato. L'ho colpito con un coltello, e lui è morto. L'ho fatto per difendere i miei fratelli. Così non ci avrebbe più fatto del male. »

Per un attimo, la ragazza rimane in silenzio, pallida come un cencio neanche finge di trattenere il tremito delle mani.

« Va bene. » mormora, sottovoce, quasi spaventata. « Puoi...puoi accomodarti fuori. Grazie per la collaborazione. »

Loz le sorride e si alza. Da bravo bambino si chiude la porta alle spalle e raggiunge i suoi fratelli con espressione serena.

« Com'è andata? »

Chiede concitato Kadaj, l'eccitazione nei suoi occhi è visibile.

« Molto bene. » Loz si sporge per lasciargli un bacio sulla guancia. Si imprime a fuoco la loro immagine nella mente, i loro occhi, le loro mani, la forma dei loro visi: tutto quello che può mangiare con lo sguardo lui lo divora. « Ho convinto la ragazza che posso essere ancora utile nelle indagini. Mi ha rivelato che quello di oggi non è stato il primo caso di possessione improvvisa, forse c'è un giro di contrabbando da Mercurio. »

« E quindi? » sbotta Yazoo, ama come arriccia le labbra quando è infastidito. Neanche si accorge di farlo. « Cosa vogliono adesso? »

« In cambio della mia collaborazione, voi potete tornare liberi. Ma io dovrò fermarmi qui per un po'. » il sottotenente Fair appoggia una mano sulla spalla di Loz. Lui alza lo sguardo e per un attimo i loro occhi si incrociano. Ancora un minuto, solo un minuto. Quindi torna a guardare i suoi fratelli. Deve trattenere le lacrime, deve essere forte. Deve essere quello di cui loro hanno bisogno. « Non potremo stare insieme, non so per quanto tempo. »

« Ma Loz... »

Comincia a piagnucolare Kadaj, lui lo riprende, scuotendo la testa e stringendogli una manina.

« È solo una cosa temporanea, è per una missione importante. »

« Non vogliamo stare senza di te. »

Qualcosa gli dice che Yazoo non sta più giocando. Forse i suoi occhi pieni di lacrime, o forse il modo in cui si appende al suo braccio.

Loz, gentilmente, lo scrolla via, e tenta di sorridere ad entrambi.

« Dovete continuare a giocare finché non torno, e guardate che lo vengo a sapere se non lo fate. Vi faccio pagare una penalità terribile. »

« Dobbiamo andare adesso. »

Il sottotenente tira a sé il bambino a malincuore, dietro di lui aspettano altri due soldati.

Kadaj prova a scattare verso di lui, a stringerlo in un ultimo abbraccio, ma Yazoo lo ferma.

« Generale, non hai sentito cosa ha detto? »

« Loz... »

Il labbro di Kadaj trema, mentre Loz sorride e gli rivolge un occhiolino.

« Avanti, cerchiamo di sbattere in prigioni questi contrabbandieri! »

Esclama, saltellando verso i soldati.

I fratelli lo guardano andare via, ammirati: certo che Loz sa organizzare dei giochi meravigliosi.

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The Corner 

Sono in momento di assoluta sensibilità,
quindi annuncio che anche nello scrivere questa storia
sono scoppiata a piangere come una bambina.
Spero di non aver urtato allo stesso modo i sentimenti di nessuno...
Grazie al mio piccolo amore per avermi aiutato a sistemare l'idea,
partita un po' sconclusionata,
e grazie Fan Numero 1 per essere sempre pronta a soffrire di nuovo 

Chii

   
 
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