Non avrei mai immaginato che il mio destino mi avesse riservato così tanta gioia, anche perché fino a qualche tempo fa non credevo di avere un destino.

Non riesco ancora a descrivere il mio enorme sollievo per aver sconfitto definitivamente Naraku e così aver finalmente rotto la dannata maledizione che ha colpito la mia famiglia per più generazioni: mio padre è morto davanti ai miei occhi per colpa del vortice del vento, e ho creduto che il mio destino sarebbe stato lo stesso.

Ma non è stato così.

Mi basta girare lo sguardo verso sinistra per capire la mia grande fortuna: vedo Sango avvicinarsi a me con il sorriso in volto, per poi chinarsi e lasciare un leggero bacio sulla mia guancia.

• Dove sono i bambini? - le chiedo, non vedendoli gironzolare per casa come il loro solito.

• Stanno ancora dormendo, ma dovrebbero svegliarsi da un momento all'altro – mi risponde.

Annuisco ed esco a prendere una boccata d'aria: mi siedo sotto l'ombra di un albero e rimango ad osservare la splendida giornata di oggi. Il sole è molto caldo, nonostante ci sia una leggera aria che rinfresca l'atmosfera: chiudo gli occhi per qualche secondo e mi godo quel momento.

• Miroku! - chiama una voce.

Ecco, il mio piccolo momento di pace è rovinato.

Apro gli occhi e vedo Inuyasha venire verso di me con accanto Kagome: è incredibile come quei due siano così uniti dopo che non facevano altro che litigare tutto il tempo durante il nostro viaggio.

Faccio per salutarli agitando la mano, quando sento uno strano rumore di passi che aumenta sempre più di intensità: non faccio in tempo a capire di cosa si tratti, che mi ritrovo steso per terra con tre piccole pesti addosso.

• Papà! Papà! Papà! - urlano tre vocine. I bambini si sono svegliati.

Mentre cerco di alzarmi, Kagome e Inuyasha ridono di gusto: chiedo loro di non prendermi in giro, ma più mi arrabbio, più loro continuano a ridere di me.

Mi metto di nuovo a sedere e invito loro a fare lo stesso: nel frattempo, mentre il più piccolo rimane tranquillo tra le mie braccia, le gemelle tentano di arrampicarsi su di me, forse puntando alla mia testa. Non riesco a capire dove prendano tutta questa vivacità.

Adesso anche Sango ci ha raggiunti, e tutti insieme parliamo, ci raccontiamo le ultime novità e ricordiamo i tempi passati: pensiamo al momento in cui il nostro gruppo si è formato e tutto ciò che abbiamo dovuto affrontare per poter ottenere il nostro lieto fine.

È davvero bello poter riportare in vita questi ricordi, se non fosse che una delle due gemelle ha iniziato a posizionarsi di fronte al mio volto, vietandomi la vista degli altri: le chiedo gentilmente di scendere dalle mie spalle, ma non mi ascolta e rimane ferma nella sua posizione. Anche l'altra, volendo copiare la sorella, tenta di darmi fastidio e di prendere il suo posto, senza però riuscirci. Il tutto sfocia in una discussione che le fa strillare, e le mie orecchie non ne possono già più: mentre gli altri continuano a ridere (ho la sensazione di essere appena diventato lo zimbello del gruppo), sul mio volto si legge quasi la disperazione, almeno fino a quando Sango non decide di intervenire e di separare le gemelle, prendendone in braccio una e lasciando a me l'altra.

È ora di cena e gli altri sono già andati via da un po': diamo da mangiare ai bambini e li mettiamo a letto. Fortunatamente hanno esaurito tutta la loro energia durante il giorno.

Do loro il bacio della buonanotte e raggiungo Sango, già pronta per dormire: mi sdraio accanto a lei e le cingo le spalle con un braccio, stringendola forte a me.

• Finalmente questa giornata è finita – dico.

• È vero, ora riposati caro papà – mi risponde lei, per poi addormentarsi.

Ha chiuso gli occhi: mi limito a darle un bacio sulla fronte e ad osservarla dormire.

Cavoli, quanto è bella.

Ringrazio il cielo per avermi fatto incontrare una donna così perfetta come lei e per avermi fatto avere ciò che non avrei mai pensato di avere, ovvero una famiglia.

Ma quanto è difficile la vita da padre.