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Autore: Breed 107    05/04/2005    40 recensioni
Lei è una schiava, la sua schiava... lui è un principe, il suo padrone. Due vite che si incontrano, due destini che si intrecciano... Capitoli dal 1° all'11° revisionati
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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It takes me higher

Di Breed 107

Prologo

La donna strinse la bambina al petto, mentre le lacrime le annebbiavano la vista. La piccola tra le sue braccia piangeva sommessamente mentre le altre due bambine, anch'esse molto piccole, si tenevano nascoste dietro di lei tenacemente aggrappate alle sue vesti, angosciate.

Il soldato sorrise divertito da quell’immagine così straziante ed avanzò ancora di un passo. “Le ho già detto che non voglio ucciderla, sua grazia” l’ironia era palese nelle sue ultime parole.

Dov’è mio marito? Cosa gli avete fatto?!

“Il nostro signore gli sta parlando adesso. Avanti, le ho già detto che non posso ucciderla, venga con me” lei esitava, spaventata non solo dalla spada sfoderata da quell’uomo, ma anche dai suoni che invadevano il castello, rumori di una battaglia ancora nel pieno. “Mi è stato ordinato di portarla via, ma delle bambine non mi è stato detto nulla, non contano nulla. Tre inutili femmine…”

La regina sgranò gli occhi, stringendo ancor di più la bambina più piccola a sé. “No! Ti seguirò, ma non fare del male alle mie figlie!” lo implorò, sgranando i begli occhi castani. L’altro sorrise glaciale e si scostò in modo che la regina Ami potesse uscire dalla camera dove l’aveva scovata e quando tremante lei si incamminò verso la sala del trono, la seguì, la spada sempre sguainata come monito a non commettere sciocchezze.

Il sovrano di Nerima, intanto, era a cospetto dell’uomo che tramando nell’ombra per garantirsi la sua fiducia, lo aveva tradito e stava usurpandogli il regno. Lo fissava con disgusto, mentre questi, seduto sul trono che aveva appena conquistato e circondato da alcuni dei suoi soldati, rideva beato. “Ah Soun, a vederlo si sarebbe detto un trono molto più comodo di quanto sia in realtà! Lo migliorerò… proprio come farò con il resto del regno!”

“L’unica cosa in cui riuscirai sarà di far decadere un regno florido, Kuno. Cosa intendi fare di me e la mia famiglia?”

“Mmm, vediamo… la soluzione più comoda sarebbe eliminarvi – l’uomo si adagiò completamente contro lo schienale ligneo del trono – anche per dare un bell’ammonimento a quei pochi sciocchi che ti resteranno fedeli. Ma se l’idea non ti piace, puoi sempre darmi qualche consiglio, sono sempre aperto ad ogni suggerimento.

Soun strinse le labbra, come aveva fatto a fidarsi di quell’uomo? Ora gli appariva com’era in verità: un folle, spietato, ambizioso traditore… e pensare che lo aveva voluto lui a corte! Con astuti raggiri e false lusinghe, quell’essere abietto si era conquistato i favori del suo esercito e lo aveva convinto a rivoltarsi, mettendosi alla sua guida e nominandosi signore di Nerima, uno dei regni più floridi dell’Assaar, la terra tra i mari.

“Uccidimi pure, ma risparmia mia moglie e le mie figlie. Lasciale libere.”

“No, no, non farò affatto così – l’ex consigliere scosse la testa, poi il suo sguardo si illuminò come quello di un fanciullo – Libere hai detto? Oh, che bella idea! Sì, davvero, Soun, mi hai dato un’idea meravigliosa!” si alzò dal trono con slancio ed infervorato cominciò a passeggiare avanti e dietro, sotto lo sguardo ansioso dell’uomo che attendeva di scoprire il destino proprio e della sua famiglia. “Vedi, ciò che più ti ha rammaricato negli ultimi tempi è stata la mancanza di figli maschi, non è vero? Un bel bimbo da nominare tuo erede… E convengo che questo è stato davvero un problema per un sovrano, ma io lo risolverò! Ascolta la mia meravigliosa idea: farò di tua moglie e di due delle tue bambine delle schiave e l’altra bambina la crescerò qui a corte, perché un domani sposi mio figlio Tatewaki. Non è un’idea meravigliosa?!” Kuno lo guardò con occhi da folle e Soun comprese che l’uomo dinanzi a lui era davvero un pazzo.

Non parlò, temeva che se si fosse opposto, quel maledetto avrebbe potuto uccidere le bambine o Ami. Almeno così sarebbero sopravvissute, anche se in schiavitù. Abbassò lo sguardo, in segno di resa. Detestava il doversi sottomettere a quell’uomo, ma il bene delle sue figlie e di sua moglie veniva su tutto, orgoglio e dignità compresi.

“Bene, vedo che apprezzi! In effetti sono stato molto generoso a escogitare una simile soluzione. Oh, però forse dovrei spiegarti per bene come intendo dividervi…”

Soun lo guardò allarmato “Dividerci?”

“Certo, non crederai che vi lasci insieme? Sciocco.… -  si lasciò sfuggire una risatina genuinamente divertita – Spedirò ognuno di voi in un luogo diverso, ai quattro angoli del continente o anche più lontano, chi lo sa… Nessuno oltre me saprà la destinazione finale, nessuno di voi saprà che fine ha fatto il resto della vostra bella famigliola. Le tue figlie cresceranno come schiave, senza l’amore e la protezione dei loro genitori, compresa ovviamente la piccola che resterà qui. Lei sarà anche una specie di garanzia per me: se tu provassi solo a ripresentarti ai confini di Nerima, beh la sua vita varrebbe meno di niente… e lo stesso per le altre: darò ordine di ucciderle in men che non si dica. Ora apprezzi ancor di più la mia idea, vero? E’ geniale!”

Perché tanto odio? Ti ho accolto come un fratello in casa mia! Ti ho dato onori, fortuna e un posto accanto a me! Perché mi odi tanto?!

Il volto di Kuno si indurì, il sorriso folle di poco prima disparve per lasciar posto ad un’espressione terribile. La sua pelle innaturalmente abbronzata parve divenire quasi cinerea ed i suoi occhi piccoli e scuri sfavillarono di rancore. “Mi chiedi perché ti odio? Dici di avermi dato tutto, ma non consideri ciò che mi hai tolto! Ami era destinata a me! La tua bella moglie era destinata per nascita a me! E tu e le tue sciocche idee romantiche me l’avete portata via… Bene, ora non la rivoglio più, ma tutto ciò che ti appartiene sarà mio, alla mia mercè. Sai Soun, è vero quel che dicono: la vendetta va gustata a freddo. Per tutti questi anni ho atteso questo momento sublime, la tua caduta!”

“Sei pazzo…”

“Credi? Può darsi, ma non temere, ben presto sarai sottoposto a tali e tanti orrori che la pazzia diverrà per te l’unico modo per rifuggirvi. La tua destinazione saranno le miniere del Golath… Mmm, sì, credo proprio che ti manderò lì. Ma prima che tu parta, sarò costretto a privarti della lingua, mio caro. Non voglio che tu ti metta a raccontare in giro chi sei… o meglio, chi eri. Guardie! Portatelo nelle segrete e preparatelo per la partenza! Vedrai Soun, dopo un paio di mesi in quelle terribili miniere, mi maledirai per la mia generosità: preferirai la morte. La desidererai!”

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Capitolo primo

Akane strinse i pugni e abbassò lo sguardo, per far fronte all’umiliazione che provava; la morte sarebbe stata una via d’uscita onorevole, ma Akane non poteva morire, non ancora.

“Stammi vicina, piccina mia e ricorda sempre quello che ti ho detto dal primo momento: tu sei una principessa, accada quel che accada. Un sussurro appena udibile si levò dal suo fianco dalla vecchia che le sorrise fieramente, la dignità palese nei suoi piccoli occhi scuri.

La ragazza annuì, riuscendo persino a trovare il coraggio di sorriderle “Spero solo che stavolta non ci dividano, Obaba…”

La vecchia annuì e fiduciosa prese le sue mani tra le proprie, più piccole e raggrinzite, facendo tintinnare le catene che le imprigionavano i polsi “Vedrai figliola, niente ci dividerà. Sono stata la tua nutrice ed insegnante in tutti questi ultimi anni, non lascerò che ci separino.

“Lo so… Obaba, sei la sola persona al mondo di cui mi fidi, l’unica.

Ed è giusto così. Mai fidarsi, Akane, mai! Ricorda che fu la fiducia del re tuo padre a permettere a quell’uomo abietto di impadronirsi del tuo regno e del vostro futuro! Non fidarti mai di nessuno, per nessun motivo!”

La ragazza annuì, era più che convinta delle parole della vecchia Obaba e non tanto perché non passasse giorno che lei non le ripetesse questo monito, ma perché conosceva bene la vicende che l’avevano condannata alla schiavitù, all’oblio, alla solitudine.

Il re Kuno aveva mantenuto i suoi propositi, separando la famiglia nei quattro angoli più disparati dell’Assaar, tranne per sua sorella maggiore, la secondogenita, scelta per diventare la sposa dell’erede al trono, Tatewaki. Più grande di lei di un solo anno, la bambina era cresciuta ignorando la verità, convinta fin dalla tenera età di essere stata scelta tra il popolo per diventare un giorno regina. Aveva solo due anni e mezzo il giorno che era stata strappata dalle braccia di sua madre e probabilmente non aveva alcun ricordo di quei momenti terribili, così come ignorava completamente di avere ancora due sorelle e dei genitori.

Anche Akane sarebbe stata destinata all’oblio se il destino non le avesse affiancato la vecchia Obaba: istitutrice presso il regno dove la piccola era stata destinata, la vecchia schiava l’aveva cresciuta come una figlia e le aveva raccontato la verità sulle sue origini e sul triste destino della dinastia Tendo.

I primi anni erano stati quasi felici per la piccola Akane, destinata a fare da compagna di giochi alla giovane principessa del regno, la quale trattava la piccola come una sorella; provava sempre una fitta di nostalgia rammentando il giorno in cui aveva dovuto lasciare la bambina, sua coetanea e con dolore ricordava le sue lacrime e le ultime parole dette. “Vedrai Akane, un giorno ti ritroverò e sarai ancora la mia compagna di giochi!”

“Lo spero tanto, principessa Ukyo…”

Così erano cominciati i suoi pellegrinaggi di regno in regno, da palazzo in palazzo, dove aveva subito angherie ed umiliazioni di ogni specie; l’unica consolazione di quella triste vita era la presenza costante di Obaba al suo fianco ed i suoi preziosi insegnamenti. La vecchia amazzone era un’espertissima combattente, abile quanto e più di un uomo e l’aveva addestrata e allenata con scrupolo. “Un giorno combatterai per il tuo regno Akane, per questo ti preparo, a questo ogni nostro sforzo deve essere destinato. Sarai tu quella che sconfiggerà quel tiranno usurpatore” le ripeteva quando, piegata dalla sofferenza e dal dolore fisico per quegli allenamenti, la ragazza veniva assalita dallo sconforto e subito quelle parole avevano il potere di accenderle il fuoco dentro, il fuoco dell’odio e della vendetta. Il responsabile avrebbe pagato… Non sapeva ancora come, ma credeva ad Obaba. Era l’unica cosa in cui credeva.

Il carro sobbalzò, facendo sbattere gli schiavi stipatevi uno contro l’altro. Erano diretti al mercato di schiavi di Augusta, capitale del regno omonimo, uno dei più floridi del continente. Qui, due giorni dopo, si sarebbero recati da ogni parte dell’Assaar per acquistare schiavi sia sovrani che signori. Akane era stata venduta molte volte, l’ultima ad un ricco signore che l’aveva destinata alla compagnia della sua viziatissima figlia, ma quell’ultima residenza era durata pochissimo: gelosa per la bellezza della sua schiava, di gran lunga superiore alla propria, la giovane rampolla l’aveva prima destinata alle cucine, poi alle stalle ed infine aveva implorato il padre perché se ne liberasse. E così ora tutto cominciava da capo, si disse Akane, sospirando.

“Credete che manchi ancora molto? Fuori sta albeggiando…” a quelle parole di uno degli schiavi anziani, tutti volsero gli occhi verso il cielo, visibile dal retro del carro, lasciato aperto.

“Non mancherà molto, saremo lì tra un’ora circa e dopodomani saremo venduti. Sono stato altre due volte ad Augusta e stavolta spero solo che non mi comprino per mandarmi alle miniere di Golath. Mi piacerebbe tanto occuparmi delle cucine di qualche ricca famiglia.

“Per poterti rimpinzare, eh?" risero tutti a quelle parole scherzose di un altro degli schiavi.

“Chissà cosa ci aspetta? Io non ero mai stata venduta prima d’ora” commentò una giovane, seduta accanto a Obaba. Il grazioso visino era cosparso di efelidi e i lunghi capelli castani erano raccolti in una fluente treccia.

Una delle schiave più anziane rise amaramente “Che sciocca! A cosa credi che sarai destinata? Sei giovane e graziosa, diventerai il trastullo di qualche giovane nobile! E’ a quello che sono destinate le giovani come te…” il silenzio calò nel carro e tutti gli sguardi si posero sulle uniche due giovani, Akane e la ragazza con la treccia che si morse le labbra.

Anche Obaba temeva che fosse quello il destino della sua giovane protetta; era così bella che già in passato aveva dovuto difendersi dalle avances dei suoi padroni. Uno l’aveva quasi uccisa, frustandola a sangue; portava ancora qualche traccia sulla schiena a ricordo di quel giorno infausto.

La vecchia si volse verso la ragazza e sospirò; sapeva che piuttosto di farsi solo sfiorare da un uomo, la ragazza si sarebbe fatta uccidere. Sperò che non fosse quello il suo destino, ma erano speranze vane: era giovane, bella, orgogliosa quel tanto da stuzzicare la voglia di conquista di qualche viziato ricco signore…

Il sole sbucò improvviso dietro di loro, inondando il carro di una fievole luce dorata. Akane lo guardò, e senza quasi rendersene conto, pregò quell’astro, pregò che il suo destino non fosse già scritto.

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Il principe Ranma sorrise, guardandosi in giro. Nessuno sembrava far caso a lui e ai suoi due compagni. Bene, la loro fuga procedeva per il meglio.

Avevano lasciato il castello per recarsi a caccia, ma invece di recarsi nelle immense tenute del re, i tre giovani avevano presto lasciato il resto del gruppo e contravvenendo agli ordini del sovrano Genma si erano recati in città. Al principe era vietato recarvisi, almeno fino a quando non avrebbe compiuto la maggiore età, ma il suo carattere ribelle lo portava spesso a disubbidire agli ordini paterni. Era curioso di osservare la città, in fondo quella era la sua città, si diceva, mentre vestito con semplici abiti si aggirava con i suoi compagni tra i banchi affollati del mercato.

“Taro, perché sei voluto venire qui? Ci siamo stati anche una settimana fa…” il ragazzo, compagno di armi e amico del principe oltre che capitano delle guardie di palazzo, sorrise a quella domanda.

“Stamani sono arrivati gli schiavi” spiegò, ma lo sguardo interrogativo dell’altro indicava che non aveva ancora compreso; sospirò, scuotendo la testa. “Ryoga spiegaglielo tu a questo sciocco…” ma lo sguardo confuso dell’altro suo compagno, oltre che cugino del principe, era persino più sconcertato.

Siete proprio degli idioti… Allora, domani è il compleanno del re, no? – i due annuirono all’unisono – E il giorno del suo compleanno, gli schiavi vengono portati al suo cospetto perché vengano acquistati durante il banchetto in suo onore, vero?” ancora cenni d’assenso “Ora, mi sono detto perché scegliere a scatola chiusa?” lo sguardo degli altri due continuava a restare vacuo. Scoraggiato Taro allargò le braccia “Ma siete davvero degli stupidi! Andiamo a dare un’occhiata e se c’è qualcuno che ci interessa, domani potremo prenderlo! Avete capito ora?” urlò spazientito, i grandi occhi verdi spalancati. Quei due erano proprio irrecuperabili!

Il principe abbassò lo sguardo a disagio “Non mi piace questa storia… Non mi piace il pensiero che delle persone si possano comprare come se fossero delle cose.”

“Già, anche a me – Ryoga annuì – zia Nodoka, ce lo ripete sempre… La prima cosa che farà Ranma una volta diventato sovrano sarà abolire la schiavitù.”

Taro scosse la testa “Se, se, belle parole, ma nel frattempo la schiavitù c’è, perciò se proprio dobbiamo sottostarvi, facciamolo con un po’ di furbizia. Magari tra questi ci sarà qualche bell’esemplare.

Ranma fece una smorfia, carezzando la testa del suo cavallo nero “Uhm, ne dubito. E’ difficile trovare qualche buon combattente tra gli schiavi, di solito sono riservati all’esercito.

Ryoga annuì "Già, sono anni che non capita a corte uno capace di tenerci testa nelle arti marziali…” commentò, poi lui e suo cugino sospirarono delusi: non gli restava che allenarsi tra loro, visto che non c’era davvero nessuno altrettanto abile.

Taro era sempre più basito: perché aveva amici così stupidi? E pensare che uno dei due sarebbe stato il futuro re! “Ma che cavolo dite?! Chi stava parlando di combattenti?! Io parlavo di donne, ragazze, femmine!” lo sguardo stupito dei due fu impagabile. Quello sciocco di Ryoga arrossì perfino: che smidollati!

“Donne? E che ce ne facciamo delle donne? Sono deboli…”

Tu sei senza speranze, Ranma. Che credi di doverci fare con una donna?! Ne fai la tua amante, no? Possibile che debba dirti tutto io? Hai 16 anni ormai, non sei un moccioso! Uff, ma perché perdo il mio tempo con due come voi? Andiamo, o arriveremo tardi!” Taro si avviò trascinando il suo cavallo baio per le briglie, mentre dopo i primi istanti di sbigottimento, i due lo seguirono, borbottando tra loro che quel ragazzo era proprio un pervertito…

Akane si massaggiò i polsi finalmente liberi dalle catene che aveva portato per tutto il viaggio; il suo venditore li aveva liberati per evitare che l’indomani si presentassero a corte con i segni ai polsi: ciò avrebbe danneggiato la merce e non poteva permetterselo, soprattutto perché sarebbero stati al cospetto del sovrano.

Erano stati sistemati in uno dei serragli appena fuori città e nonostante fossero liberi dalle catene fuggire era impensabile, non solo per i numerosi soldati che si aggiravano tra i vari carri, ma anche per le alte mura che circondavano il serraglio, sulle quali coppie di guardie si davano regolarmente il cambio. Akane si guardò in giro, valutando ogni possibilità di fuga; liberarsi delle guardie non sarebbe stato un problema per lei ed Obaba, ma il vero ostacolo era un altro. Non era mai stata in quel posto prima e non lo conosceva per nulla: se fossero scappate, lei e la vecchia istitutrice avrebbero dovuto vagare in quei luoghi sconosciuti inseguite da molti uomini, di certo avvantaggiati dalla conoscenza del territorio. Una fuga così era inutile oltre che pericolosa, le avrebbero catturate e punite. No, per ora la fuga era da escludere, ma appena possibile, sarebbe scappata.

Seduta davanti al fuoco, Obaba osservava la sua protetta, sempre più preoccupata: anche vestita con quella semplice tunica scura, rimaneva troppo bella. La scrutò con timore: i capelli lunghi fino alla schiena erano lucidi e scuri come la notte; i suoi occhi grandi e vividi erano luminosi come stelle, per tacere del suo viso… Era bella, troppo bella. E nonostante avesse vissuto fin da bambina come schiava, aveva una dignità regale ed una fierezza che affascinavano tutti coloro che non ne venivano intimiditi. Era davvero un guaio, si disse. Aveva infatti già notato gli sguardi che i vari soldati di guardia al serraglio le lanciavano…

“E’ un problema…” sospirò, meditabonda, mentre la giovane ignara continuava a guardarsi in giro, curiosa.

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Ranma sbuffò a disagio. Erano arrivati in quel serraglio da poco e mentre Taro sembrava divertirsi, lui e Ryoga erano notevolmente in imbarazzo. Non gli piaceva il pensiero che le persone che stava guardando l’indomani sarebbero state vendute come oggetti, proprio nel suo palazzo per giunta.

Coperto dal cappuccio del suo mantello per evitare di essere riconosciuto, si domandava perché si fosse lasciato convincere da Taro a recarsi in quel posto…Perché in fondo sei curioso…’ gli rispose una vocina interiore che lo stizzì parecchio, ma che proprio non poteva smentire.

Alcune guardie li avevano fermati all’entrata del serragli, ma Taro si era fatto riconoscere e i due ossequiosi li avevano fatti passare, pur chiedendosi perché il capitano delle guardie reali fosse in quel posto con quei due strani tipi incappucciati.

“Senti, io non vedo nulla di interessante, perché non ce ne andiamo?” provò Ryoga, a disagio almeno quanto suo cugino, ma Taro scosse la testa.

“Siamo appena arrivati. Avanti, non fate i guastafeste, guardatevi intorno… e prendi nota per domani Ryoga!” sconsolato Ranma scosse il capo: era assurdo che un principe come lui dovesse sottostare a quel tipo, solo perché era un suo amico… e poi lui non avrebbe nemmeno potuto comprarlo uno schiavo, che ci faceva lì!?

“Ehi, bella! Me lo dici quanto costi?”

Akane guardò appena il soldato che le si era avvicinato e sdegnata tornò a fissare il fuoco “Mmm, che smorfiosa… Probabilmente crede di costare troppo per uno come te, eh?” disse il compagno del primo soldato, sgomitandolo leggermente.

“No, è solo timida. Allora, bella, come ti chiami?”

Obaba scosse la testa: guai in arrivo. “Lasciatela stare…”

“Fatti gli affari tuoi, vecchia mummia! Mi domando che ti vendano a fare, chi vuoi che ti compri? Sei così vecchia che al massimo possono farci del cibo per le bestie con una come te.”

Obaba sospirò, notando il luccichio negli occhi della ragazza sedutale accanto “Io lo dicevo per te, giovanotto. Pazienza…” mormorò, tornando a dedicarsi alla zuppe di erbe che aveva sul fuoco.

Akane si alzò e si mise di fronte al soldato “Chiedile scusa” gli intimò, la voce ferma e lo sguardo determinato.

“Allora ce l’hai la lingua, bellezza…”

“Ti ho detto di chiederle scusa” ripeté la ragazza, ma lui rise sguaiatamente e le afferrò il mento con una mano.

Se non che mi fai, schiava? Però, che pelle morbida hai… Mi piacerebbe provare la merce…” fu l’ultima cosa che disse prima che un pugno lo colpisse sotto al mento, spedendolo a gambe all’aria.

“Ehi… brutta sgualdrina!” il compagno del soldato ormai incosciente le si avventò contro sguainando un piccolo pugnale, ma fu atterrato con eguale semplicità con un pugno assestato in pieno petto, che lo mandò a terra e gli mozzò il fiato per alcuni istanti: quella maledetta era forte, oltre che veloce!

La rissa scoppiò improvvisa, alcuni soldati che avevano assistito alla scena si lanciarono contro la ragazza che però sembrava capace di tener testa ad ognuno di loro senza eccessivo sforzo. Obaba, tranquilla, continuava a condire la sua zuppa “Akane, figliola, sbrigati, tra poco sarà pronto da mangiare!” le urlò, mentre una decina di soldati si avventavano su di lei.

“Ehi, laggiù sta succedendo qualcosa, andiamo a vedere!” Taro infatti aveva notato molte persone accalcarsi in un punto e da ciò che udiva non aveva dubbi: qualcuno stava battendosi. Ryoga e Ranma lo seguirono veloci e spintonando la folla che ormai si era radunata ed infilandosi tra le molte persone che assistevano, riuscirono a mettersi in prima fila. E ciò che videro li stupì: una ragazza sola stava suonandole di santa ragione a uomini grossi il doppio di lei… e senza sforzo apparente!

Poco distante dai tre ragazzi, un uomo piccolo e tarchiato piagnucolava, torcendosi le mani disperato “Così me la sciupate! E’ il mio pezzo migliore!” urlava, ma nessuno dei soldati sembrava dargli ascolto.

Stupefatto, Ranma osservava le movenze della ragazza: era incredibilmente veloce e se lui stesso non fosse stato un abile combattente probabilmente molte non le avrebbe nemmeno notate! Come poteva essere tanto forte una donna così esile e giovane?

Ryoga al suo fianco lo guardò, altrettanto stupito “Riconosci la sua tecnica, cugino?” Ranma annuì, sempre più perplesso: come poteva una schiava conoscere le arti marziali indiscriminate?

Taro sorrise, incrociando le braccia al petto “Uhm, interessante… Quegli idioti hanno deciso di attaccarla tutti insieme.”

Ma è ingiusto! Sono almeno una decina contro una sola! Ranma dobbiamo fermarli!” il cugino annuì, ma proprio mentre stavano per intervenire il loro amico li fermò e con un gesto secco del mento gli indicò la ragazza, o meglio ciò che la ragazza stava per fare.

Muovendosi con passi rapidi, lei stava spostandosi e nessuno dei soldati sembrava capace di raggiungerla “Guardate, sta formando una spirale…” osservò Ryoga, notando quello che gli altri due avevano già visto.

Quando la spirale che lei stava compiendo si richiuse e Akane fu giunta all’ultimo passo, i vari soldati furiosi per la figura a cui erano stati costretti da quella ragazzina le si avventarono contro; lei sferrò un unico pugno, rivolto verso l’alto e fu allora che accadde.

Un tornado violentissimo si levò improvviso sul campo di battaglia e prima che tutti se ne rendessero conto, i soldati vi erano stati imprigionati e scaraventati lontano; finirono per disperdersi nei vari angoli del serraglio, privi di sensi. Il silenzio discese sul serraglio e tutti gli sguardi si volsero sulla ragazza, che non sembrava nemmeno troppo provata per quell’incredibile colpo che aveva lasciato tutti sbigottiti. Dopo un ultimo sguardo per controllare che nessun altro volesse aggredirla diede le spalle al pubblico silenzioso e lentamente fece per avvicinarsi alla sua compagna di viaggio.

Non meno sorpreso degli altri, Ranma restò a guardarla. Attonito, sentì appena le parole di Taro, l’unico forse a non sembrare eccessivamente stupito. “Una tecnica delle Amazzoni… Non mi pare che la ragazza sia una delle donne di polso” commentò il capitano.

Aveva riconosciuto il colpo del Drago nascente fin dai primi passi, egli stesso era nato nelle terre delle Amazzoni, ma la bella ragazza non aveva le fattezze somatiche delle donne dei villaggi a sud, fattezze che invece poteva scorgere nella vecchia seduta davanti al fuoco. Doveva essere lei la sua maestra.

“Taro, tu conosci quella tecnica così potente?” gli chiese Ryoga, ma il ragazzo scosse la testa.

“No, non sono mica un’amazzone. Sono tecniche che vengono tramandate da madre in figlia, da donna a donna. Non troveresti nessuna amazzone disposta ad insegnarla ad un uomo.” Ranma, che non aveva ascoltato per nulla il suo amico, strinse un pugno: era una tecnica straordinaria, incredibile. Doveva impararla, doveva farla sua!

Fu uno strano presentimento a farlo voltare; aveva infatti avvertito un pericolo incombente… Si volse e notò subito l’uomo che poco dietro di loro, nascosto tra la folla che stava disperdendosi, stava armando il proprio arco. Era un soldato, non uno di quelli sconfitti dalla ragazza e le sue intenzioni erano più che chiare. Visto che nessuno poteva vincerla con la forza, aveva pensato di usare una freccia.

Ranma agì senza riflettere come suo solito e, stupiti, i suoi amici lo videro spiccare una corsa velocissima verso la ragazza e prima che capissero che intenzioni avesse, lo videro spingerla a terra, proprio prima che una freccia sbucata dalle loro spalle la sfiorasse.

Taro sfoderò subito la sua spada e senza perder tempo rincorse il soldato, datosi alla fuga dopo che il suo colpo era andato a vuoto. Intanto Ranma ritto davanti alla ragazza stava porgendole una mano per aiutarla a rialzarsi. Akane lo guardò colma di ira e rifiutò il suo aiuto; scattò in piedi e prendendolo di sorpresa, lo colpì in viso con una violenza tale da mandarlo al tappeto.

“Bastardo!” gli urlò poi contro, rimettendosi subito in posa difensiva. Ranma si massaggiò il volto, quella lo aveva colpito violentemente, nemmeno Ryoga gli faceva così male quando combattevano insieme!

“Che ti piglia?! Ti ho salvato la vita!” le urlò di rimando, guardandola in viso.

Anche lei lo osservò, ora che il cappuccio gli si era abbassato poteva infatti vedergli il volto scoperto “Chi te l’ha chiesto? L’avevo vista quella dannata freccia!”

“Ti avrebbe passato da parte a parte, stupida! Che razza di strega!”

Ryoga intanto gli si era avvicinato “Tutto bene cugino?” gli chiese e lui si rialzò, continuando a linciare la ragazza con lo sguardo.

“Quella stupida a momenti mi staccava la faccia! Avrei dovuto lasciarti colpire!”

“Così impari a impicciarti!”

Obaba sorrise e scuotendo la testa, si pose dinanzi alla sua protetta “Scusala, la mia Akane non ha un carattere docile. Ti sono molto grata per averla salvata, ragazzo.

Ma Obaba…” Akane provò a protestare indignata, ma la donna la zittì con un gesto deciso della mano.

Ranma sbuffò e scosse la testa “Non importa… dovresti insegnarle un po’ d’educazione.

Ryoga intanto aveva notato i molti sguardi che quel battibecco aveva attirato su di loro, ma soprattutto quelli che stavano posandosi su suo cugino; probabilmente più di uno fra i soldati avrebbe potuto riconoscerlo presto o tardi. “Ehm, sarà meglio che tu rimetta il cappuccio, cugino… E’ arrivato il momento di andarcene.

Ranma annuì e seguì il consiglio del ragazzo, poi dopo un’ultima occhiata a quella ragazza impossibile, si allontanò seguito a ruota da Ryoga; dovevano trovare Taro e ritornare immediatamente a palazzo, prima che qualcuno notasse la loro assenza.

Akane li guardò andar via e stizzita incrociò le braccia al petto “Che razza di impiccione!”

“Mmm… quel ragazzo non è uno qualsiasi.”

Se intendi nel senso che è odioso, altrochè!”

“Tu non l’hai visto arrivarti alle spalle, vero Akane?” ora che ci pensava…

“No, non l’ho avvertito…” ammise di malavoglia.

“Già. Veloce, deciso e silenzioso. E ti ha davvero salvato la vita.”

“Avrei evitato la freccia!”

“Forse, comunque resta il fatto che ti abbia buttato a terra nel momento giusto. Ora mangiamo, però… Akane, ho notato che il tuo colpo del Drago Nascente non era potente nemmeno la metà del solito” la ammonì dolcemente, lei le sorrise imbarazzata.

“Ecco, non ero molto concentrata… E nemmeno tanto fredda, quelli mi hanno fatto proprio arrabbiare!”

“Sì, l’ho capito. Su, ora mangiamo.”

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Ranma abbassò il capo, mentre il padre continuava a sbraitare contro lui e Ryoga, chiamandoli incoscienti e ragazzacci. Ma non stava nemmeno ascoltandolo. Non gli importava che la loro fuga fosse stata scoperta, né quali sarebbero state le conseguenze di quella bravata: ormai aveva un unico pensiero fisso. Davanti agli occhi la scena di quella ragazza che sferrava quell’attacco tanto potente si ripeteva di continuo.

Non riusciva a pensare ad altro, se non a come impadronirsi di quella tecnica. Voleva farla sua più di ogni altra cosa al mondo, perché nulla aveva per lui più importanza delle arti marziali. Le amava con tutto se stesso, e il pensiero di una nuova tecnica da imparare era talmente elettrizzante da far passare il resto in secondo piano, persino le sfuriate di suo padre.

“Almeno si può sapere cosa ti sei fatto alla faccia?! Sembra che tu abbia sbattuto contro un muro!” Genma era davvero irritato, suo figlio gli disubbidiva di continuo, che razza di principe e che re sarebbe stato!

Notando il silenzio di Ranma a quella domanda, Ryoga lo sgomitò, riportandolo alla realtà; aveva infatti intuito che la mente del ragazzo era altrove. “Cosa…?”

“Non mi ascolti nemmeno, figlio degenere! Cosa devo fare per raddrizzare questa tua natura ribelle? Mandarti alle miniere di Golath?!

La dolce regina Nodoka sorrise e con delicatezza sfiorò la mano del marito, stretta intorno al bracciolo del suo trono, nel tentativo di calmare l’ira dell’uomo. “Caro, non ti fa bene arrabbiarti così. Ranma, rispondi a tuo padre, cosa hai fatto al volto?”

Il ragazzo si sfiorò la guancia arrossata e prima di rispondere serrò le mascelle con uno scatto nervoso “Ho sbattuto contro un albero” mentì, abbassando di nuovo lo sguardo. Ryoga lo guardò con la coda dell’occhio, comprensivo: nemmeno a lui avrebbe fatto piacere confessare di essere stato malmenato da una femmina, una schiava per di più!

“Ritirati nelle tue stanze, non vi uscirai fino a domani e non ti sarà servito né il pranzo né la cena… Almeno spero che imparerai qualcosa.” Ranma s’inchinò e senza protestare per quella punizione del padre, si allontanò. Ryoga s’inchinò a sua volta e fece per seguire il cugino, ma aveva fatto pochi passi quando fu richiamato dal re. Alzò gli occhi al cielo, sospirando: sarebbe stato troppo bello cavarsela con una semplice ramanzina!

Si voltò e attese la sua punizione. “Anche tu resterai confinato nelle tue stanze. Con Ranma vi vedrete solo per allenarvi. Ora va’… e non ricomparirmi davanti almeno fino a domani, nipote.

“Sì, maestà…”

Non gli era andata male, pensò sollevato: in realtà lui e Ranma non si allenavano più tanto insieme. Non avevano più molto da imparare e poi, anche se gli spiaceva ammetterlo, il cugino riusciva sempre a batterlo…

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Ranma sospirò e accomodò meglio il capo sulle mani intrecciate; era sdraiato sul suo ampio letto e il suo sguardo grigio-blu vagava per la camera immersa nel buio di quella notte calda. Seduto a terra, ai piedi del letto, Ryoga osservava da una piccola finestra posta al lato della stanza, la luna che splendida si levava nel cielo.

Naturalmente aveva disubbidito all’ordine di restarsene rinchiuso nella sua stanza e appena era stato sicuro che tutti dormissero, era sgattaiolato via, raggiungendo il cugino. Come aveva supposto, Ranma era ancora sveglio e lo stava aspettando.

“Non fai che ripensarci, vero?” gli chiese, abbandonando il capo sul bordo del letto, fissando ora il soffitto alto completamente immerso nella penombra.

“Già… Sai, credo di aver capito come funziona quella tecnica.

“Davvero?”

“Sì, almeno la parte iniziale, la spirale… era una spirale perfetta… Se solo potessi vederla ancora! Sono certo che la imparerei.”

Ryoga sospirò e distrattamente si carezzò il mento “Rassegnati cugino, non la rivedrai mai più. Certo che era proprio bella.”

“Già, una tecnica bellissima” asserì Ranma desolato.

Il cugino si volse a guardarlo, perplesso: forse Taro aveva ragione dopotutto… “Io parlavo della ragazza.

Che? Bella quella? Scherzi?! Che gusti che hai! Io l’ho guardata appena, ma mi è bastato!”

“Sarà, ma a me è sembrata molto bella… Aveva dei gran begli occhi, soprattutto. Erano scuri, vero?”

“Sì, castani.”

E meno male che l’hai guardata appena…” Ranma avvampò e si sdraiò su un fianco borbottando di lasciarlo in pace. Ryoga si strinse nelle spalle “Uhm, sarà meglio che vada a dormire ora, domani ci saranno i festeggiamenti per il compleanno di tuo padre…”

Infatti. Buonanotte cugino.”

“Buonanotte a te…”

Quando restò solo, il principe si mise seduto. Era agitato e un’idea gli andava maturando in testa… Non gli piaceva, ma non c’erano altri modi. “Io imparerò quella tecnica, a tutti i costi!” sussurrò, determinato più che mai.

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Salve a tutti! Allora, prima di tutto devo chiarire una cosa: non sono l'autrice di questa fic appena iniziata. O meglio, non lo sono del tutto. Facendola breve, qualche giorno fa mentre ero in compagnia della mia Simoncika (nomignolo che ho affibbiato alla mia dolcissima nipotina decenne) e ci stavamo gustando l'ultima puntata di Inuyasha per la quinta volta (le registro tutte), commentando le diversità rispetto al manga (è follemente innamorata di Sesshomaru ^_^; ), quando lei comincia a raccontarmi questa storia che ha immaginato su una schiava che in realtà è una principessa e di questo principe che la conosce, ma non sa che è una principessa come lui  e le mie rotelline hanno cominciato a girare vorticosamente… E così ecco come è nata questa fic.  Da una sua idea, in pratica. Certo, io l’ho raffinata per così dire, aggiungendo una storia all'idea iniziale, ma vi assicuro che il plot primario è tutta farina del suo sacco… così come quasi tutti i nomi dei personaggi e delle varie città che ho preferito farmi suggerire da lei, vista la mia scarsa fantasia per queste cose. Al principio lei aveva immaginato i protagonisti come Kagome ed Inuyasha, ma poi man mano che ragionavo sulla storia e sui vari fatti che in questa avrei voluto far accadere, io ci vedevo sempre più Akane e Ranma, la mia magnifica ossessione >_^. Così ho buttato giù un paio di capitoli; l'ho fatto di getto e per puro svago, per questo credo che troverete lo stile di scrittura molto meno curato rispetto ad altre mie storie e magari questa stessa fic non sarà un granché, ma vi assicuro che io mi sono divertita molto a cominciarla. Certo, non ho la più pallida idea di dove prendere il tempo per portarla avanti, ma questa è un'altra storia… per ora ringrazio tutti quelli che vorranno leggerla. Io e Simoncika vi siamo davvero molto grate U_U

  
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