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Autore: Sghisa    19/05/2009    2 recensioni
A qualche anno di distanza dalla fine del college, a Neptune si incrociano nuovamente i sentieri di vecchi amici. Un mistero sembra celarsi dietro alle loro ordinarie e serene vite. Un mistero che li riunirà.
Genere: Romantico, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Giallo limone

 

Keith Mars era seduto a uno dei tavolini dello Java de Hut, spazientito: aspettava già da mezz’ora. Mezz’ora di lavoro perso, mezz’ora in meno di guadagno. Certo, la gente ricca di Neptune era da sempre nota per lo scarso rispetto che portavano per chi stava su livelli inferiori della scala sociale, ma lui non era un giardiniere che si sottomette senza rispondere. Quella donna l’avrebbe scoperto presto. Era immerso in irosi pensieri, quando la sua attenzione fu attratta dall’ingresso della donna che aspettava. Solo qualche capello bianco in più la faceva sembrare più vecchia, ma il trench giallo e la camminata fluida e sicura di se tradivano la sua vera età. Avrebbe riconosciuto Celeste Kane anche cent’anni dopo: l’altezzosità e la superbia sono cose che non migliorano con l’età.

“Ciao Keith”

“Celeste… Accomodati. Posso ordinare qualcosa per te?”

“Un caffè, per cortesia.” Disse con disinvoltura la donna, mentre sfilava il soprabito e si accomodava di fronte all’ex sceriffo di Neptune. “Vedo che la storia è destinata a ripetersi. Ormai sono cinque anni che hai perso il tuo posto da sceriffo. Ma Vinnie non è paragonabile a Lamb. La vita a Neptune si è fatta davvero pericolosa. Non pensavo l’avrei mai detto, ma tu avresti dovuto vincere le elezioni. Concorrerai l’anno prossimo?”.

“Non penso di farlo. La città ha chiarito come io non sia adatto a rappresentarla. In effetti Vinnie ricorda più il modello del corruttibile e truffaldino difensore degli interessi propri e di chi lo paga, in linea con la gente di Neptune, non trovi?!?” ribadì Keith, in tono provocatorio.

“Lasciamo perdere i convenevoli. Non siamo qui per chiacchierare, e direi che ci siamo abbastanza punzecchiati a vicenda. Ti ho chiamato perché so che mi posso fidare.” Celeste era evidentemente poco interessata alla chiacchiera. Era chiaro che qualcosa la tormentava. Si girava e rigirava le mani in grembo, il suo sguardo vagava da un angolo all’altro del locale, come fosse in cerca di qualcosa, o di qualcuno. “Keith,” proseguì “una madre può sopportare tanto. Che la propria figlia venga uccisa, che il colpevole venga scagionato, che il proprio adorato erede metta in cinta la figlia dei puritani della città, che abbia una relazione con tua figlia, ma non può accettare di vivere il resto dei propri giorni senza sapere dove lui si trovi. Ho cercato di rintracciarlo, e Clarence è misteriosamente sparito assieme a lui. Sospetto che mio marito sappia qualcosa, ma voglia tenermelo nascosto. In fin dei conti su Duncan pesa ancora una denuncia per rapimento, nonché l’accusa di omicidio. Ma so che non è stato lui a uccidere Lilly, come so che sta crescendo la mia nipotina senza che io l’abbia mai vista. Per questo motivo ti chiedo di rintraccialo.”

Keith sospirò. Poteva immaginarsi tutto ciò. Molto vividamente. “Celeste, sai che se io lo trovassi e ciò fosse reso noto, tuo figlio dovrebbe rispondere di due gravissimi crimini? Se fosse all’estero, potrebbe addirittura essere presentata la richiesta d’estradizione. Non posso darti né la certezza di trovarlo, né quella di non essere rintracciato o pedinato da qualcuno. Però posso assicurarti che, se accetterò questo caso, farò il possibile per entrambe le questioni.”

“Apprezzo la tua franchezza. Forse è l’unica cosa che ho sempre apprezzato di te.” Rispose la donna abbozzando un sorriso. Keith rifletté che non la credeva capace di ciò. Con solennità disse: “Concedimi un paio di giorni per rifletterci su. E’ una questione molto delicata. A che numero posso rintracciarti?”. In quel mentre la loro conversazione fu interrotta dall’arrivo della cameriera con i caffè e i pasticcini.“Prego signori…”.

 

 

 

Guidare a quella velocità non era una buona idea, ma la mascolina voce della cantante dei Guano Apes faceva da catalizzatore per le emozioni provate nelle due ore precedenti. Ira, agitazione, ansia, gioia, stupore. E la bella Mustang rossa che guidava le dava la carica giusta. Veronica Mars era un fiume in piena, come se l’avessero svegliata mettendole la mano sui carboni ardenti; si sentiva offesa, usata, grata, appagata. Non sapeva nemmeno lei chi era in quel momento. Era tornata per brevi istanti la diciottenne innamorata di un tempo. Si era rivista l’anno della morte di Lilly, rifiutata e ignorata anche da chi, come lui, prima le era amico. Aveva indossato nuovamente i panni della giovane donna arrabbiata e vendicativa, per poi dismetterli e sentirsi l’anima affine del giovane uomo che le stava davanti. Quell’incontro l’aveva davvero scombussolata.

 Non riusciva a capire cosa le stesse rimescolando lo stomaco, e decise che non voleva saperlo. Per quanto ci provasse, sembrava che il passato non le si volesse scollare di dosso, anzi, che le fosse estremamente affezionato. Ma non si poteva dire altrettanto, o meglio, Veronica ricordava con affetto quei momenti, ma aveva anche deciso di voltare pagina, di andare avanti, perché guardarsi in dietro e ripercorrere le strade già note si era rivelato a dir poco fallimentare: con Logan era proprio finita male. Era arrivata a detestarlo. Anche per questo motivo, e per la terribile esperienza presso l’FBI, appena aveva potuto, fatti armi e bagagli, aveva lasciato Neptune.

Ma no, il suo passato doveva tornare ricorrente, rovinandole i piani. Ma come si fa a dire di no a una persona cui hai voluto tanto bene, si domandava? Una persona che forse hai amato, che ti ha offerto emozioni  forti e sentimenti sinceri? “Non si può! Si deve dire di sì…Va bene, hai vinto. Lo farò, e mi dedicherò solo a questo. Senza considerare chi sei e perché lo fai, ma… perché proprio lui??? Questa cosa mi manda fuori dai gangheri…”era immersa in questi pensieri, quando le squillò il telefono. Era un numero conosciuto, che le strappò un sorriso malizioso.

“Ciao Leo… avevo proprio voglia di sentirti!” in quel momento, in quel preciso momento, i cristallini occhi di Veronica brillarono nella buia notte di Los Angeles.

 

 

Wallace Fennel stava parcheggiando quando un’agitata figura bionda si sporse dalla finestra, mestolo in mano, gridando: “Wallace, ti fermi a cena? Dimmelo subito, ho giusto in mente un paio di piatti niente male. E poi, uno in più non può che rallegrare la serata! Dimmi di sì, ti prego!!!”.

Scendendo dalla macchina Wallace pensò: “Poveretto, non lo invidio proprio. Chi avrebbe detto che Dick Casablancas sarebbe finito in queste condizioni?”.

“Ciao Dick. Se proprio insisti…”continuò, con l’aria di chi si concede gentilmente alle suppliche. “Perfetto, allora dico a Margareth di apparecchiare per uno in più. Ti porto qualcosa da bere?”.

“Grazie Dick, quello che bevi te.” Rispose il ragazzo, e si avviò verso la porta d’ingresso. Ad aspettarlo c’erano due bellissimi bambini, che non appena lo videro, gli saltarono addosso. Avevano solo due anni, ma se la cavavano già bene con i placcaggi… Un maschietto dai capelli corvini, ed una piccola principessa bionda come il sole. Una voce femminile con tono di rimprovero precedette la bella figura della madre: “Kathleen, Jasse, mannaggia a voi… non potete aggredire le persone.” Poi rivolgendosi a Wallace, la giovane donna mora disse: “Ciao Wallace, qual buon vento? Problemi col PC?”. Mac non era cambiata: il suo sorriso era sempre aperto e sincero. E nemmeno l’aver messo al mondo due figli l’aveva cambiata: infatti, a occuparsene, era per lo più Dick, mentre sua moglie portava a casa il pane. Mac aveva, infatti, scalato i vertici della Kane Software, e, quando le proposero un ruolo di prestigio, pretese la propria liquidazione. Dopo la fusione di questa con il fondo di Dick, i due fondarono una ditta di progettazione software che, da quel giorno, fu la più detestata concorrente dei Kane. Il lavoro la portava molto in giro, ma essendone il co-presidente, poteva prendersi il tempo che voleva. Non aveva rinunciato a Neputne, anche se si era trasferita poco fuori: il contatto con la natura le ricordava la sua infanzia, che forse da adolescente aveva disprezzato, ma i cui ricordi ora custodiva con tenerezza. La LikVer inoltre collaborava con la ditta di Wallace, e finanziava progetti nei paesi in via di sviluppo. Certo, la commistione tra ingegneria dei trasporti, pallacanestro e informatica ai più inizialmente suonò strana, ma si dovettero ricredere. I ragazzi sapevano il fatto loro. E presto avevano cominciato a raccogliere i frutti, anche se il college era finito solo da un paio d’anni. La partecipazione di Max si era rivelata assai utile; anche quando Mac aveva rotto con lui, erano rimasti in buoni rapporti, e avevano fondato questa enorme impresa, della quale loro quattro erano tutti presidenti.

“E’ bello mettere piede in una casa dove a risponderti non è l’eco delle tue parole, credimi Mac” rispose il giovane in tono compassionevole. Wallace aveva avuto diverse relazioni, legate alla sua fama come imprenditore, progettista e dirigente di una delle migliori squadre di Basket del paese. Ma nessuna si era rivelata seria abbastanza da reggere più di sei mesi. Quindi il giovane, nonostante fosse bello, ricco e intelligente, viveva da solo in una villetta in centro a Neptune. Non amava ostentare la propria ricchezza. Preferiva spendere il proprio denaro in modo meno superficiale. E le ragazze le portava al Neptune Grand.

Raggiunto il salotto, i tre si sedettero sui divani, mentre i due vivaci bambini giocavano tra di loro.”Allora Wallace, come vanno gli affari?” chiese Dick, porgendo all’amico un aperitivo. “Alla grande fratello: ho ottenuto quel finanziamento, oltre alla firma del contratto per gli sponsor della prossima stagione! Va proprio alla grande!”. “E’ un notevole passo avanti, non c’è che dire. Anche con il nuovo programma stiamo vendendo bene, quindi se tutto va secondo le previsioni di Max, per l’autunno prossimo dovremmo avere i fondi per quelle borse di studio”, concluse Mac.

Dopo la cena, accompagnata da buon vino italiano e ottime chiacchiere, mandati a letto i bambini, i tre amici si ritrovarono a parlare di Veronica. Anche Mac, come del resto tutti, di recente aveva come sola interlocutrice la segreteria telefonica, che a dirla tutta non era proprio interattiva. Aveva lasciato decine di messaggi, ai quali nessuno aveva risposto. Stava iniziando a preoccuparsi.

“Ronnie se la sa cavare! Dai Cindy,” a sentir pronunciare il suo nome di battesimo, Mac assunse un’aria irritata e diede una possente gomitata tra le costole al marito. Ignorandola Dick andò avanti: “ la tua amica è peggio di un gatto. Sarà semplicemente invischiata in qualche pedinamento. Mogli tradite, frodi fiscali…magari peggio.” E rasserenò tutti con un malizioso sorriso.

“Era proprio per via di Veronica che sono venuta a trovarvi, ragazzi. Avete mica un paio di giorni liberi? Pensavo di andare a cercarla…” Wallace stupì tutti con queste parole. “Non ne posso più dei suoi silenzi: anche miss Mars deve rendere conto agli amici! Noi tutti le vogliamo bene, e siamo stufi che lei ci ignori.” Il tono era risoluto, e gli sguardi che incontrò furono sufficientemente confortanti. I tre giovani si scambiarono idee e progetti per tutta la notte. Di lì a pochi giorni sarebbero partiti.

 

 

Logan Echolls era spossato dalla dura giornata. Troppe emozioni. Aveva bisogno di staccare, di rilassarsi. Chiamò la cameriera e le chiese di portargli “il solito, ma questa volta in piscina, grazie”. Uscì dallo studio, si recò in guardaroba, dove abbandonò con svogliatezza i propri abiti su una sedia, indossò il costume e l’accappatoio, per poi recarsi in piscina, dove, poco dopo, la giovane Jen, la cameriera, gli portò uno Scotch ghiacciato, e lo lasciò ai suoi pensieri. “E il passato t’insegue, senza lasciarti mai tregua”, pensò sconsolato il bell’attore. Il tempo passava, ma le cose ciclicamente tornavano, come per prenderlo in giro. Era un pensiero triste, ma allo stesso tempo dolce come il miele. L’aveva atteso e temuto quel momento, ma era certo sarebbe arrivato, prima o poi. Semplicemente lo aspettava dietro l’angolo.

Molte cose erano cambiate nella sua vita in quei cinque anni. Dopo la tragica fine del primo anno di college, quello che era successo con Veronica, Parker e il Castello, aveva deciso di lasciare Neptune per dedicarsi alla carriera cinematografica. Aveva iniziato come produttore, mentre finiva gli studi, e poi si era lentamente avviato alla carriera d’attore. Aveva iniziato col teatro, per passione, o meglio per amore. Aveva conosciuto una bellissima e intelligentissima attrice di Los Angeles, Mary, che lo aveva introdotto al mondo del teatro. Finita la loro relazione, data la sua storia e il suo nome, Logan era stato invitato a fare l’attore. E aveva trovato la sua strada, che lo aveva reso ancora più ricco e famoso di prima. Aveva continuato a vivere con lo stesso stile, in una sontuosa villa, dove le feste abbondavano di champagne e belle ragazze.

E poi, proprio mentre pensava di essersi lasciato tutto dietro le spalle, ciò che era stato gli aveva assestato un bel dritto in pieno volto, svegliandolo dal torpore: il passato, col suo dolce profumo, lo perseguitava.

Si lasciò cullare sull’acqua, assorto nei suoi pensieri.

 

 Ringrazio chi ha già letto il primo capitolo e addirittura postato un commento. Pubblico il secondo perchè è bello pronto, i successivi arriveranno quanto prima!

  
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