Home, let me come home...
Era passato un anno. Anzi, un anno e cinque mesi.
In tutto quel tempo, Tina non aveva mai trascorso un giorno senza pensare a come sarebbe stato rivedere Newt quando, finalmente, sarebbe tornato in America per portarle la sua copia di Animali Fantastici e Dove Trovarli, come aveva promesso.
Quando sia erano salutati, quel giorno di novembre del 1926, Tina aveva sperato fino all'ultimo momento che Newt la baciasse e le dicesse che sarebbe rimasto con lei. Non era successo, ovviamente. Ma lui le aveva detto che sarebbe tornato per consegnarle personalmente una copia del suo libro.
Durante quel lungo periodo di lontananza, si erano scritti spesso. Nella maggior parte delle lettere, Newt parlava del suo libro e Tina raccontava la sua giornata lavorativa. Nessuno dei due aveva mai parlato di quell'imbarazzante saluto al porto.
Poi, una mattina di ottobre, Tina aveva ricevuto una lettera in cui Newt le comunicava di aver finito il libro.
[...] Ovviamente, devo revisionarlo e poi mandarlo in stampa. E Albus Silente vuole che faccia una conferenza a Hogwarts per presentare quello che diventerà uno dei libri di testo delle prossime generazioni di studenti. Al termine di questi impegni, prenderò la prima nave disponibile per New York. [...]
Da quel momento, erano passati sei mesi.
Tina aveva aspettato pazientemente notizie dell'arrivo di Newt, ma ogni volta che riceveva una sua lettera rimaneva delusa. C'era sempre qualche intoppo che lo costringeva a rimandare la partenza: un capitolo che andava riscritto, un ritardo nella pubblicazione, addirittura una tempesta che aveva costretto il ragazzo ad annullare la partenza.
Tina ormai aveva perso le speranze. Poi, tutto era cambiato una sera di fine marzo.
Un gufo dall'aria vecchia e stanca era entrato nella sua cucina lasciando cadere una lettera sul tavolo. La ragazza aveva riconosciuto subito la calligrafia di Newt sulla busta e si era affrettata ad aprire la lettera.
Mia cara Tina,
so che negli ultimi mesi ho promesso tante volte che sarei venuto a New York e poi ho sempre disdetto all'ultimo momento, ma questa volta non sarà così.
Ho comprato un biglietto per un viaggio sulla prossima nave per New York. Non rimborsabile, così non avrò scuse per rimandare la partenza.
Arriverò tra due settimane.
Non vedo l'ora di rivederti.
Tuo,
Newt
E così, eccola al porto, ad aspettare un uomo di cui nemmeno lei si era ancora accorta di essersi innamorata.
Quando lo vide scendere dalla nave, non riuscì a non sorridere. Si fece largo tra la folla per farsi notare, ma lui l'aveva già vista ancora prima di mettere piede sulla banchina del porto.
Quando si ritrovarono l'una davanti all'altro, l'imbarazzo dell'ultima volta li colpì nuovamente. Newt, in particolare, abbassò lo sguardo per cercare di nascondere il rossore sulle guance.
"Ciao"
Il sussurro di Tina fu talmente debole da costringere Newt a rialzare lo sguardo per assicurarsi che avesse parlato davvero e che non fosse solo frutto della sua immaginazione.
"Ciao" le rispose semplicemente. La guardò per un attimo, meravigliandosi di trovarla ancora più bella dell'ultima volta che l'aveva vista.
I suoi capelli erano leggermente più lunghi, segno che non li aveva tagliati da quando si erano salutati quasi un anno e mezzo prima. Indossava un vestito verde, lungo fino al ginocchio e con le maniche corte.
Newt non seppe dire se la colpa fosse di quell'incantevole vestito, dell'aria della primavera o se semplicemente si era invaghito di lei come un adolescente alle prese con una cotta, ma non riusciva a smettere di pensare che fosse la donna più incantevole che avesse mai visto.
"Com'è stato il viaggio?" domandò lei, riacquistando un po' di autocontrollo.
"Lungo!" rispose semplicemente lui.
Lei si lasciò scappare una risata, più dettata dall'imbarazzo che dalla battuta di Newt, e propose al ragazzo di andare a casa.
Lui aveva insistito per andare in albergo, ma Tina non gliel'aveva permesso. Newt Scamander era suo ospite e come tale sarebbe rimasto a casa sua.
"Immagino che sarai stanco." disse Tina, quando entrarono in casa.
Newt la seguì e abbandonò la valigia accanto alla porta. "Un po', in effetti."
"Puoi riposarti un po'. Ti ho preparato la solita stanza." disse la donna alludendo alla camera in cui si erano sistemati Newt e Jacob l'unica volta in cui erano stati lì.
"Non ci vediamo da più di un anno. Vuoi davvero che mi metta a dormire?"
Tina abbassò lo sguardo indecisa su come rispondere. Era ovvio che non voleva che lui andasse a riposare. Non lo vedeva da quello che per lei era stato un secolo. Tutto ciò che voleva era guardarlo negli occhi e parlare con lui, raccontargli tutte le cose che si era dimenticata di menzionare nelle lettere, ridere con lui.
D'altro canto, però, non poteva nemmeno pretendere che lui restasse a chiacchierare con lei dopo aver attraversato l'oceano.
"Tina?"
La ragazza sollevò lo sguardo. "Sì?"
"Vuoi davvero mandarmi a dormire? Così, senza nemmeno fare due chiacchiere?" chiese lui sorridendo.
Tina ricambiò il sorriso. "Magari prima di andare a riposare, potresti prendere una tazza di tè con me."
"Mi farebbe molto piacere."
Tre ore più tardi, i due giovani erano ancora seduti a tavola. Tra le mani, le tazze di tè ormai erano diventate fredde e nessuno dei due ne aveva bevuto un solo sorso.
Avevano passato tre ore semplicemente a parlare.
"C'è una cosa di cui vorrei parlarti." disse Tina, a un certo punto. Prima o poi doveva comunicare a Newt la novità, tanto valeva farlo subito.
Prese un respiro profondo e poi disse: "Ho chiesto un trasferimento."
Newt la guardò sorpreso. "Un trasferimento? Non farai più l'Auror?"
"No, continuerò a fare l'Auror. È il mio lavoro, è l'unica cosa che so fare. Però non lo farò più qui, a New York."
"Oh, capisco. Cambi città. Dovrai ricordarti di scrivermi il tuo nuovo indirizzo allora."
"Non esattamente. Sarebbe più giusto dire che cambio continente."
"Continente?" chiese Newt aggrottando le sopracciglia tanto da farle sembrare unite. Tina dovette trattenersi dal ridere di fronte alla sua espressione.
"Mi trasferisco a Londra."
Eccola. La bomba era esplosa.
Tina non aveva idea di quale sarebbe stata la reazione di Newt a quella notizia. Sperava fosse positiva, ma non poteva esserne certa.
"Che vuol dire che ti trasferisci a Londra? Come mai? Tu ami New York!" esclamò il ragazzo.
"Sì, ma questo non vuol dire che io sia incapace di vivere in un'altra città." replicò lei titubante.
La reazione di Newt l'aveva colta di sorpresa. Sembrava quasi che lui non fosse contento.
"Ma la tua vita è qui! Tua sorella, il tuo lavoro, i tuoi amici..."
"Tu però non sei qui!"
Quando Tina si rese conto di ciò che aveva detto ormai era tardi. Newt l'aveva sentita, non poteva essere altrimenti visto che l'aveva quasi urlato.
Prima che l'uomo seduto di fronte a lei dicesse qualcosa, si affrettò ad aggiungere: "Ma non è solo per quello. Queenie ha deciso di trasferirsi e senza di lei sarei davvero sola."
"Queenie ama questa città più di te, se possibile. Che sta succedendo?" chiese Newt, cercando di non pensare a ciò che la ragazza aveva detto poco prima.
"È incinta."
"E quindi?"
"Il padre del bambino è Jacob."
"Jacob? Il nostro Jacob? Jacob Kowalski?" chiese Newt. Era l'unico Jacob che conosceva, ma una parte di lui continuava a dire che non era possibile che Tina si riferisse proprio a lui.
"Assurdo, vero? Queenie è andata a trovarlo nella sua pasticceria, poco dopo la tua partenza. Hanno iniziato a frequentarsi come una coppia normale fino a quando un giorno Queenie l'ha baciato e Jacob ha ricordato tutto!"
"Tutto?"
"Ogni cosa. Ricordava la prima volta che ha visto Queenie, la prima volta che ha visto te, la tua valigia... Tutto. È un caso senza precedenti. Non era mai successo che un no-mag obliviato riuscisse a recuperare i ricordi. Mia sorella dice che forse era destino che andasse così, forse erano davvero fatti l'uno per l'altra e quindi sono riusciti a ritrovarsi."
Newt sorrise. Era un bel modo di vedere le cose.
Tuttavia, non sempre le cose vanno per il verso giusto e Newt iniziava finalmente a capire il senso di quella conversazione.
"La legge americana sui rapporti tra maghi e babbani non è cambiata, vero?" chiese, pur sapendo già la risposta.
Tina scosse la testa. "Se si scoprisse Jacob verrebbe nuovamente obliviato, probabilmente con un incantesimo più potente e con conseguenze più gravi, e Queenie verrebbe arrestata. L'unica soluzione è trasferirsi in un luogo in cui le leggi non siano così rigide."
"Beh, noi inglesi siamo rigidi quasi in tutto ma abbiamo superato lo scoglio dei matrimoni misti un paio di decenni fa. Certo, la società non sempre accetta le coppie miste ma almeno non è qualcosa di illegale."
"Tu vivi a Londra e ,ora che anche Queenie e Jacob si trasferiranno, io resterò davvero sola. E non voglio!" disse Tina. Poi, dopo aver afferrato la mano di Newt sul tavolo, aggiunse: "Mi sei mancato terribilmente. Non c'è stato giorno in cui non abbia pensato a te e al momento in cui ci saremmo rivisti. Queenie era l'unica cosa che mi teneva legata a questo posto."
Newt deglutì rumorosamente. Aveva capito l'implicazione delle parole di Tina e poteva dire con certezza di non essere mai stato così tanto spaventato e felice allo stesso tempo.
Si era innamorato di Tina nel momento in cui l'aveva vista, anche se in realtà se n'era accorto solo quando l'aveva salutata prima di tornare in Inghilterra.
Aveva pensato a lei ogni giorno, cercando di finire il suo libro il più in fretta possibile per poter tornare da lei, ma ogni volta sembrava che il destino ce la mettesse tutta per tenerli lontani. E ora, che finalmente era riuscito a rivederla, lei gli confessava che stava per trasferirsi a Londra.
Queenie era l'unica cosa che mi teneva legata a questo posto.
Erano state quelle le parole di Tina. Parole con cui, forse inconsapevolmente, aveva fatto capire a Newt che se non fosse stata così tanto legata a sua sorella si sarebbe trasferita a Londra molto tempo prima.
"Stai bene?"
Newt sollevò lo sguardo. Non si era nemmeno accorto di essersi bloccato e essersi perso tra i suoi pensieri.
"Sì. Sto bene."
"Sei sicuro? Sembri strano. Più del solito, intendo. Non che tu di solito sia strano, o meglio lo sei ma in senso buono! Ok, forse è meglio se sto zitta."
Il ragazzo esplose in una risata sincera. Era divertente vedere Tina in difficoltà. Una difficoltà dettata dall'imbarazzo che l'aveva colpita dopo aver inavvertitamente confessato a Newt quanto lo considerasse importante.
"Tina, sono molto felice."
"Davvero?" chiese lei rilassandosi contro lo schienale della sedia.
"Londra è sempre stata la mia casa. Non importava dove andassi, ogni volta che tornavo a Londra mi sentivo felice. Era la stessa sensazione che provavo da ragazzo, quando tornavo a casa durante le vacanze di Natale. Ma da quando sono tornato, dopo la mia breve avventura qui, non è più stata la stessa cosa. Londra non era più casa mia. Paradossalmente, mi sento più a casa in questo momento, con te."
Verso la fine del discorso, Newt era arrossito e aveva distolto lo sguardo, ma la sua mano era rimasta stretta tra quelle di Tina e non sembrava avere intenzione di spostarla.
"Forse è questo il problema. Consideriamo casa un luogo senza renderci conto che in realtà la vera casa è una persona. Inizio a pensare che tu potresti essere la mia casa, Newt."
Un anno dopo
"Tienile la testa. Ecco, così."
Newt guardò preoccupato la piccola Daisy, di appena quattro mesi, che stava tra le sue braccia.
Queenie, dopo avergli dato indicazioni su come tenerla nel modo giusto, si era messa a fissarlo sorridendo.
"Queenie, non credo di essere tagliato per queste cose. Ho paura di romperla."
"È una bambina, non un vaso di porcellana! Per la barba di Merlino, Scamander, prima o poi toccherà a te quindi è il caso di fare pratica."
Sentendo l'affermazione della donna, Newt puntò lo sguardo verso la sua fidanzata. "Tina? C'è qualcosa che dovrei sapere?"
"No! Niente. Sai com'è fatta Queenie. Straparla." disse lanciando un'occhiata alla sorella.
"Non guardarmi così. Daisy vorrebbe un cuginetto con cui giocare quindi dovreste sbrigarvi." replicò la bionda con un sorriso, prima di sparire in cucina.
Newt e Tina si scambiarono uno sguardo imbarazzato.
Ormai stavano insieme da quasi un anno, si sarebbero sposati in estate e avrebbero vissuto in un grazioso appartamento vicino a Hyde Park. La parte dell'imbarazzo ormai avrebbe dovuto essere passata, invece continuavo ad arrossire come due adolescenti ogni volta che Queenie, con il suo modo di fare irriverente e spudorato, lanciava qualche battuta su argomenti come i figli o quale biancheria avrebbe dovuto indossare Tina per la sua prima notte di nozze.
Newt abbassò lo sguardo sulla piccola Daisy. In effetti, doveva ammetterlo, non gli sarebbe dispiaciuto avere un figlio. Non subito, ovviamente. Era troppo preso a far funzionare la sua carriera da scrittore e lui e Tina stavano insieme da poco.
Certo, lui aveva già 32 anni e Tina ne aveva 28. Secondo gli standard delle famiglie magiche (e non solo) avrebbero già dovuto avere almeno un paio di figli, di cui almeno uno già grandicello.
Ma loro non erano mai stati normali, non avevano mai seguito gli standard.
"Tu vuoi dei figli, Tina?"
La ragazza si sedette sul divano, a fianco al fidanzato, e rimase in silenzio per un attimo. Poi disse: "Magari non subito. Insomma, la mia carriera come Auror è ancora all'inizio e le vendite dei tuoi libri stanno andando così bene..."
"Ehi, frena. Non ho detto che dobbiamo farlo ora." disse lui, arrossendo di nuovo.
"Allora, sì. Mi piacerebbe avere dei figli. Vorrei un maschio. Sono più semplici da gestire."
"Sai che non possiamo sceglierlo, vero?" chiese Newt divertito.
Tina allungò un dito verso la nipotina e lei lo afferrò con la mano. La ragazza sorrise e Newt la guardò rapito.
Sarebbe stato bello vedere quella scena tutti i giorni.
Rimasero in silenzio a giocare con la bambina per qualche minuto, fino a quando Tina disse: "Ricordi cosa ti ho detto l'anno scorso, quando sei venuto a New York?"
Newt la invitò a continuare il discorso non capendo dove volesse andare a parare.
"Ti ho detto che stavo iniziando a considerarti la mia casa. E ora lo sei davvero. Non me me frega niente dell'appartamento vicino a Hyde Park se non ci sei tu. Il punto è che, prima di avere dei figli, vorrei godermi la mia casa ancora per un po'."
Questa volta era stata Tina ad arrossire.
Newt le sorrise. "Sono tutto tuo. Lo sono sempre stato, da quando ti ho incontrata."
...home is wherever I'm with you.
NOTE:
Ciao a tutti!
Non so di preciso cosa sia uscito dalla mia mente. Ieri sono andata a vedere Animali Fantastici e Dove Trovarli (un po' in ritardo, lo so) e sono uscita dal cinema con questa cosa in testa.
Un paio di chiarimenti:
- la bambina di Queenie e Jacob si chiama Daisy e non è un nome scelto a caso. Stavo pensando al fatto che la storia è ambientata negli anni '20 e ho iniziato a pensare a qualche nome tipico di quel periodo. Da lì a pensare alla Daisy di "Il grande Gatsby" il passo è stato breve.
- anche la riflessione di Newt sulla sua età e su quella di Tina non è casuale. Una volta le coppie tendevano ad avere figli molto presto. Ho preso come esempio concreto il caso dei miei nonni che si sono sposati quando mio nonno aveva 19 anni e mia nonna 17 e hanno avuto la prima figlia due anni dopo. Nel mondo magico poi mi pare di capire che le cose siano rimaste così, tant'è che James e Lily Potter muoiono quando hanno 21 anni e hanno già un figlio. Insomma, mi è sembrato strano che negli anni '20 un uomo e una donna di 32 e 28 anni non avessero ancora messo su famiglia e credo che anche loro per primi avrebbero considerato la cosa un po' strana.
- il mini epilogo finale forse è un po' superfluo ma io amo questi piccoli siparietti ambientati dopo la fine della storia. Volevo ribadire il concetto del considerare una persona come la propria casa e volevo anche dare spazio a Queenie, personaggio che trovo davvero meraviglioso e che ho amato fin da subito, ed ecco cosa ne è uscito.
- la frase a inizio e fine della storia ("Home, let me come home. Home is wherever I'm with you") è presa dalla canzone di Edward Sharpe and the Magnetic Zeros.
Detto ciò, questa ff era un esperimento e non so davvero cosa ne sia venuto fuori quindi se vi va lasciatemi un commento