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Autore: Phoenix Mars Lander    07/12/2016    1 recensioni
Le vene di Ian riconoscono Mickey prima che possa farlo il cervello: hanno il suo sangue dentro.
[SPOILER 7x10]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Zero positivo






C'è una bomba davanti al vialetto di casa Gallagher.
Squilla una, due volte e poi Ian la raccoglie, se la spinge contro il timpano e Mickey la fa detonare, gli brucia le vene, gli ustiona il cuore. E poi gli lascia un indirizzo, vieni a fare il kamikaze da me, pensa, dice, ansima, vieni a farti esplodere.
Ian non risponde, deglutisce e si spinge giù la scintilla che gli sta risalendo la trachea, se la pigia nello stomaco, fra la birra e i succhi gastrici, e si ferma a sentirsi la vita fra le dita. Ha i polpastrelli intatti, quando riprende a camminare sulla strada asfaltata.
Ha il respiro quasi intatto quando entra nella stazione dei vigili del fuoco e ha una crepa sul polmone sinistro quando decide di andarsene, subito, con una mano sul viso e l'altra sullo sterno.
Mickey è bellissimo.
Le vene di Ian lo riconoscono prima che possa farlo il cervello: hanno il suo sangue dentro, il suo zero positivo che stride col gruppo sanguigno di Ian e lo scortica mentre sono entrambi in circolo nell'organismo.
Mickey ha tutti i lineamenti che gli occhi di Ian vogliono, ha tutta la forza che le falangi di Ian pretendono.
E poi sorride, così, dal nulla, dal tutto, come se il sole non fosse abbastanza per quel giorno.
Sei sotto la mia pelle, dice, confessa, trema, e Ian si sente Mickey nell'aorta, nella colonna vertebrale, sotto la scatola cranica. Si sente le ossa far violenza sulla sua forza di volontà per raggiungere l'altro, per ritrovarlo, per tenerlo. Non lo fanno, però.
Poi c'è il vuoto.
Poi c'è Fiona. E l'insicurezza e la paura. Cos'è un film dell'orrore in confronto a una bomba lasciata davanti al vialetto di casa.
Ma se non c'è nient'altro al mondo che ti dà quell'emozione, chiede Ian, urla, si spezza, allora che si fa? Che si fa?
Quando Mickey arriva, Ian si ferma a sentirsi la vita fra le dita. E i suoi polpastrelli bruciano, vanno a fuoco, gli ustionano il palmo.
Jack Daniel's e succo d'arancia esplodono.
Schizzano dappertutto e non si riesce a separarli, non si riesce a distinguerli perché ormai sono uno dentro l'altro e Ian e Mickey spingono e ansimano e non hanno più un contorno. Non hanno più i bordi. Si stringono con i muscoli, i globuli rossi, i gruppi sanguigni diversi.
Il mattino dopo Ian si perde nell'odore di Mickey, quell'odore che esiste tra il suo collo e la sua spalla, solo lì, un unico posto di due centimetri cubi in tutto il mondo ed è proprio in America, nel South Side di Chicago, davanti al viso di Ian.
Prima di uscire dal furgone torna indietro a salutarsi, a baciare quel pezzo enorme di sé che ha lasciato fra i denti di Mickey, sulla sua lingua, sotto le sue gengive. Le sue labbra sono più cancerogene della sigaretta che gl'infila in bocca e lui lo sa, lo sanno entrambi, ma va bene così.
Quella sera, quando Mickey arriva, in macchina, Ian capisce che quell'automobile è un campo minato, che se fa un solo passo più in là del dovuto le sue cervella insudiceranno l'asfalto.
È un addio?
Ian si sente l'esplosivo sul palato e lo ingoia e poi apre la portiera.
È a settantatré millimetri da una mina non esplosa.
Fra settantatré millimetri saltano in aria e Ian sorride e dice guida, Mickey. Guida.





 
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