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Autore: _ Arya _    09/12/2016    6 recensioni
Killian Jones, 29 anni, vive a Londra con suo fratello Liam ed è co-proprietario di un pub. Un incidente ha rovinato la sua vita portandogli via la fidanzata, la loro bambina non ancora nata e una mano. È seducente e di bell'aspetto, ma dietro la sua maschera da duro nasconde un'anima profondamente ferita, che cura impegnandosi a limitarsi ad avere soli relazioni occasionali.
Emma Swan, 18 anni, vive coi suoi genitori e suo figlio Henry. Ufficialmente lavora alla boutique di moda della sua amica Regina, ma in realtà segue una cacciatrice di taglie per imparare il mestiere. Ha avuto un'infanzia difficile segnata da malattie e prese in giro: quando la sua vita è migliorata ci ha pensato il suo primo ragazzo a ributtarla nel baratro. Pur soffrendo ancora di depressione, è una ragazza forte e indipendente e non mostra mai le sue debolezze.
Quando Liam convincerà il fratello a provare ad unirsi ad un gruppo di supporto, i destini dei due ragazzi si incroceranno: saranno troppo diversi o riusciranno ad unirsi e rimettere insieme i pezzi delle loro anime?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Liam Jones, Neal Cassidy, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Haunted by the past











2 anni e mezzo prima

-Ryan, ti ho detto di lasciarmi dormire! Se non la smetti torno a casa.- si lamentò Emma, tirando via la mano del ragazzo da sotto la sua maglietta per l'ennesima volta. Entrambi avevano bevuto parecchio alla festa dei 18 anni di lui, così la giovane aveva mentito ai suoi genitori dicendo che sarebbe andata a dormire da un'amica. Invece era rimasta con Ryan, solo che non aveva previsto che sarebbe stato tanto incontenibile. Anche lei lo voleva, stavano insieme da 9 mesi ormai, ma non così. Non quando avevano litri di alcol in corpo.
-Dai, amore... avevi promesso che sarebbe stato il mio regalo di compleanno... e oggi sei così bella!
-Sono le 5 del mattino... sarà il tuo compleanno per altre 19 ore, ti prego. E poi di là sta dormendo Simon, è imbarazzante.
-Ha bevuto così tanto che dormirà almeno 10 ore...- ribatté, avvicinandosi per l'ennesima volta alla bionda per lasciarle un bacio sulle labbra. Quella ricambiò controvoglia, poi si girò dalla parte opposta nella speranza che il ragazzo avrebbe smesso di infastidirla. Se non avesse avuto paura di far scoprire la bugia ai genitori, sarebbe tornata volentieri a casa. Ryan da ubriaco non le piaceva per niente, era decisamente intrattabile.
-Ok... mi va bene anche questo lato.
-Ehi!- esclamò sorpresa, quando le palpò il fondoschiena senza tanti complimenti, alzandole addirittura la maglia che le aveva prestato come pigiama. -Ma la smetti? Cosa ti costa aspettare quando ci saremo svegliati... è domenica, saremo tutto il giorno da soli.
-Certo che sei proprio noiosa... l'avevi promesso!
-Sì, ma non pensavo che ti saresti ubriacato così tanto! Puzzi. Non mi va ora, dai. Domani.
-Certo, prima ti metti quel vestitino da zoccola e poi pretendi che non ti tocchi!
-Farò finta di non aver sentito.- biascicò mantenendo la calma, nonostante la rabbia le stesse ribollendo dentro -Sei ubriaco fradicio e non sai quel che dici. Dormi, ne parliamo domani.
-No...
-No? Bene, vado a dormire in un'altra stanza!- esclamò decisa, alzandosi dal letto. Non avrebbe potuto prevedere che il giovane l'avrebbe tirata per un braccio, per poi sistemarsi a cavalcioni su di lei in modo da bloccarla nel letto.
-Sei impazzito?! Toglimi subito le mani di dosso!
Lui non sentì oppure fece solo finta, e si gettò sulle sue labbra esalando uno spiacevole odore di alcol, tanto forte da farle salire la nausea.
-Ryan, basta!- gridò esasperata e furiosa tirandogli uno schiaffo, ma ottenne l'effetto opposto rispetto a quello desiderato. Il neo diciottenne le bloccò i polsi con le mani e il bacino col suo. La sua espressione furiosa le fece paura: gli occhi arrossati la guardavano con ferocia.
-Non devi neanche permetterti di colpirmi, puttana.
-Ryan... levati. Te lo sei meritato. Lasciami.
In risposta la colpì sulla guancia, facendole cacciare un urlo per il dolore, che dopo un istante silenziò con un bacio.
Emma cercava di divincolarsi, ma più provava ad allontanarlo, più la sua stretta su di lei si rafforzava. Percepiva perfino la sua erezione contro il basso ventre, e questo le fece venire le lacrime agli occhi. Non poteva andare così... doveva convincerlo a fermarsi in tempo, in fondo era solo ubriaco, non cattivo. Forse sarebbe stato più facile se avesse ricambiato e accettato di fare sesso, ma non ne aveva alcuna voglia. In quel momento, aveva solo voglia di vomitare e fuggire via, a casa sua, per dormire nel suo letto caldo e sicuro.
-Ryan...
-Fa' silenzio- ordinò, poi le sollevò la maglia fino a scoprirle il seno, che strinse con forza. Ancora una volta le tappò la bocca con un bacio violento, mentre lei non riusciva più a trattenere le prime lacrime di dolore. Le stava facendo male e non se ne rendeva conto. Dov'era il ragazzo romantico che ogni giorno andava a prenderla per andare a scuola con un mazzo di fiori e un cornetto? Era la prima volta che vedeva quel lato di lui, sembrava quasi fosse un'altra persona.
-E' quasi un anno che ti aspetto pazientemente, ragazzina. Sono romantico, faccio di tutto per te... e tu ancora mi chiedi di aspettare! Adesso basta.
-Vuoi... vuoi costringermi?
-Non è costrizione. In fondo lo vuoi anche tu, ma sei una codarda. La mia prima ragazza aveva due anni meno di te e non si è fatta problemi a darmela!
-Ma non parlare così...- singhiozzò, mentre la lacrime continuavano a sgorgare. Tentò di spingerlo per l'ennesima volta, ma senza risultato: le mancavano le forze. E aveva paura, tanta paura. Neanche quando era stata operata aveva avuto così paura.
-Prova solo a darmi un altro schiaffo e ti farò male sul serio. E non sarà piacevole.
Detto questo, infilò la mano nelle sue mutandine e le dita direttamente nella sua intimità, lasciandola urlare quanto voleva. Non li avrebbe sentiti nessuno, a parte il suo amico erano soli in casa... e in fondo, non stava facendo nulla di male: era la sua ragazza e glielo doveva.
Emma, dal canto suo, gridava e piangeva sempre più forte, accecata dal dolore ma, soprattutto, dal terrore. Sapeva cosa sarebbe successo, e non aveva le forze per fare nulla.
Ritrovò un piccolo spiraglio di speranza quando la porta si aprì, e nonostante la vista annebbiata riuscì a distinguere Simon davanti ad essa.
-Cosa succede qui?
-Simon... digli di smetterla...- singhiozzò, cercando di divincolarsi con le poche forze che aveva.
-Ehi, aiutami a tenerla che non vuole stare ferma.
-Ah no? Ma scusa, avevi detto che ti aveva promesso avreste fatto sesso stanotte.
-Esatto. Invece vuole tirarsi indietro... mi prendo solo ciò che mi spetta! Cioé dai, una così gnocca è ancora vergine! Mi ringrazierà, le insegnerò a smetterla di fare la santarellina.
-Simon... ti prego...
-Zitta, tesoro. Avanti amico, aiutami e ce ne sarà un po' anche per te.
A quella promessa, gli occhi del ragazzo si illuminarono, e sbatté forte la porta per raggiungere il letto, afferrando subito le caviglie di Emma: lei riprese a piangere ancora più disperatamente. Sapeva di non avere davvero scampo, adesso.
La mente le si annebbiò, e successivamente ricordò solo di essere stata spogliata, toccata in malo modo... poi ricordò di aver sentito un dolore lancinante in mezzo alle gambe. Sapeva di avere gridato, di avere gridato forte, ma quel dolore invece di cessare era aumentato.
Da lì in poi non aveva quasi più memoria. Solo dolore. Un dolore ancora più forte dietro, tanto che per un attimo aveva temuto di essere stata spezzata in due, poi di nuovo davanti. E poi insieme, coi due possenti corpi a dominarla senza lasciarsi sfuggire nemmeno un angolo del suo corpo giovane. Si sentiva soffocare, non riusciva neanche a respirare a causa della loro pesantezza.
Non aveva idea di quando avesse perso i sensi, ricordava solo di essere stata svegliata di nuovo, per subire lo stesso trattamento. Poi si era addormentata ancora, e poi di nuovo era stata svegliata.
Non avrebbe mai saputo dire quante volte si era ripetuto il tutto, ma ad un certo punto si era sentita estraniata dal suo corpo, come se avesse smesso di appartenerle. Aveva continuato a sentire dolore, ma da lontano... come se avesse assistito alla scena dall'alto.
Poi si era svegliata un'ultima volta, aveva indossato velocemente i suoi vestiti ed era corsa via da quella casa senza guardarsi indietro, inciampando e cadendo più volte a causa della debolezza.
Da quel giorno non era stata mai più la stessa. A parte suo padre, non aveva mai lasciato che un uomo si avvicinasse a lei, almeno non senza timore e, spesso, disgusto.
Fino al giorno in cui Killian Jones l'aveva stretta dolcemente e le aveva posato sulla guancia un bacio che aveva scaldato il suo cuore, rimettendone a posto il primo tassello del suo cuore spezzato.


 

KILLIAN POV

Probabilmente non avevo mai avuto un mal di testa così potente, non riuscivo neanche a tenere gli occhi aperti, figurarsi alzarmi in piedi.
Quella di allontanarmi da Emma era stata la decisione più sofferta di sempre, eppure, allo stesso tempo, era stata automatica. A quel “mi hanno violentata” appena sussurrato, mi era mancato il fiato.
Avevo ascoltato le parole successive in apnea e la testa, pian piano, aveva iniziato a pulsare sempre più forte. Mi era salita la nausea, tanto che era un miracolo non avessi ancora vomitato. Il solo pensiero che qualcuno l'avesse ferita in quel modo, mi spezzava il cuore. La mia mente non riusciva a concepire che qualcuno avesse osato sfiorare contro la sua volontà quella ragazza così dolce, che nella vita aveva già sofferto fin troppo. Se avessi scoperto l'identità di quel mostro, poco mi importava che fossero passati anni: sarei andato a cercarlo e gli avrei rotto la testa.
Per quanto riguarda Emma, avevo sentito l'impulso di allontanarmi prima di poterle chiedere qualsiasi cosa, addirittura prima di chiederle come si sentisse ora. Prima di chiederle scusa per la maniera in cui mi ero posto inizialmente con lei. Ovviamente era stato tutto un gioco, un divertente flirt per attaccare bottone, ma se avessi saputo dei suoi trascorsi, non l'avrei mai fatto. Probabilmente, non mi sarei neanche avvicinato a lei... per il suo stesso bene.
Quando i suoi occhi si erano riempiti di lacrime mi ero sentito mancare, ma non aveva idea di quanto potessi essere sbagliato per lei. L'unico uomo che l'aveva toccata prima di me, l'aveva violentata e l'aveva messa incinta, inferendole una ferita la cui cicatrice non sarebbe mai guarita del tutto. Non ero la persona giusta con cui ricominciare, riprendere ad avere fiducia nelle persone e lasciarsi andare. Aveva bisogno di un ragazzo dolce, più giovane... uno che, come lei, avrebbe iniziato una relazione genuinamente: aveva bisogno di una storia d'amore adatta ad una ragazza della sua età. Quella violenza le aveva rubato l'adolescenza, si era presa un'intera fase della sua vita, ed era giusto che la recuperasse. Era passata dall'essere una bambina all'essere adulta, un'adulta fragile – checché potesse dire a riguardo. Io ero un uomo imprevedibile, un uomo che non sapeva cosa voleva dalla vita, e non potevo permettermi di fare esperimenti con lei.
Avevo accettato la sua malattia, era vero. Avevo accettato perfino che avesse avuto un figlio a 16 anni, perché in fondo di ragazze madre ce n'erano molte... ragazze che non avevano fatto attenzione e che erano state mollate dal fidanzato codardo, incapace di assumersi le proprie responsabilità. Avevo interpretato la sua decisione di tenere il bambino come forza... ma ora non potevo fare finta di nulla. Che fosse una ragazza forte era indubbio, ma il suo lato fragile era più spesso di quanto avrei mai potuto immaginare.
Non ero l'uomo per lei.
Aveva pianto, lacerandomi dentro, ma avevo preferito farle un po' male adesso che rischiare di ferirla molto peggio in futuro. Cosa sarebbe successo se ci fossimo messi insieme e un giorno avessi capito di non volere una relazione seria? Non l'avrei mai violata fisicamente, ma ciò non voleva dire che non l'avrei fatto psicologicamente, a modo mio. Le donne più grandi erano in grado di concepire il fatto di voler semplicemente provare, ma lei? Lei aveva bisogno di stabilità. Era giovane, certo, e probabilmente avrebbe avuto altre delusioni amorose... ma se a mollarla fosse stato un ventenne, l'avrebbe presa in maniera diversa. Oppure, sarebbe stata lei a mollarlo. Avrebbe vissuto le sue esperienze, com'era giusto che fosse, fino a che non si fosse sentita pronta.
Ovviamente esisteva la possibilità che sarebbe stata lei a stancarsi di me e lasciarmi, e magari a soffrire sarei stato io. Tuttavia era solo una possibilità. Com'era una possibilità il fatto che la lasciassi dopo averle fatto credere di volere una vera relazione. E da parte mia, non potevo permettere che delle “possibilità” e dei “se” guidassero il nostro rapporto. Non volevo essere io quello che avrebbe potuto farle ancora una volta del male.
Quando mi ero allontanato, ero rimasto nei paraggi per potermi assicurare che stesse bene, e avevo scritto a Robin di chiedere a Regina di andarla a prendere. Non mi ero mosso fino a che la ragazza non era arrivata, poi mi ero diretto a piedi verso il parco, vagando fino a che lo sfinimento non mi aveva costretto a sedermi sulla prima panchina lungo la strada.
Ero un vigliacco.
Non potevo negare di avere paura di ferire anche me stesso, oltre a lei. Ovviamente non era il sesso il problema, non era lei il problema... come le avevo spiegato, ero io. Temevo di affezionarmi, innamorarmi, e poi perderla.
Principalmente, tuttavia, temevo di non riuscire a gestire una ragazza così, un fiore delicato che aveva bisogno di scoprire che alcune mani si limitavano a sfiorare, non a strappare i petali con la forza. Aveva bisogno di qualcuno che sapesse dimostrarle cosa fosse l'affetto, quello vero, e anche l'amore. E quel qualcuno, non potevo essere io.
La vita mi aveva fatto troppi torti, torti che mi avevano reso l'uomo che ero. Un uomo imperfetto, pieno di insicurezze nascoste dietro alla sfacciataggine; un uomo guasto, danneggiato.
Per fortuna, Emma mi piaceva. Mi piaceva così tanto che per il momento preferivo rinunciare a lei piuttosto che farla soffrire a causa delle mie stesse ferite, ancora piene di spine. Sarebbe stato così, almeno fino a che non fossi riuscito a schiarirmi le idee e capire se avrei potuto farcela.
Con una fatica immensa estrassi il cellulare dalla tasca e toccai lo schermo per leggere l'ora: l'1.29. E faceva freddo, così freddo che il mio corpo stava tremando senza che neanche me ne accorgessi. Dovevo trovare un modo per tornare a casa, evitando ovviamente di chiamare Liam. Stavo troppo male per parlare con lui, per riuscire a spiegargli l'accaduto... stavo troppo male per essere giudicato, in quel momento. Me lo meritavo, certo, avevo ferito una ragazza meravigliosa, l'unica che fosse riuscita a farmi battere il cuore dopo che avevo deciso di spegnerlo.
Mi alzai quindi barcollante, imboccando la prima stradina e sperando che fosse quella giusta. Non appena mi fossi trovato in strada, avrei chiamato un taxi.
Quando le gocce di pioggia iniziarono a bagnarmi il viso, mi limitai a sospirare, troppo stanco per riuscire ad arrabbiarmi anche per quello. In fondo, era solo la ciliegina sulla torta del terzo peggiore giorno della mia vita.
Non volevo neanche pensare al fatto che, se le cose fossero andate diversamente, sarebbe stato perfetto.

 

***


EMMA POV

Non solo non ero riuscita a chiudere occhio, ma avevo negato il riposo anche a Regina, e mi sentivo terribilmente in colpa per questo. Era venuta a prendermi a mia insaputa, dato che quell'idiota aveva contattato Robin . Con quale coraggio osava preoccuparsi per me dopo il modo in cui mi aveva trattata, non riuscivo davvero a concepirlo. Non ne aveva il diritto.
Lei, invece, si era rivelata come sempre la migliore amica che potessi desiderare. Mi aveva abbracciata e riportata a casa, lasciandomi piangere sulla sua spalla e sopportando il mio sfogo fino alle 5 del mattino. Aveva concordato sul fatto che Killian Jones fosse una grande testa di cazzo e mi aveva aiutata ad insultarlo a dovere, tra una tazza di tè e una di cioccolata calda. Fortunatamente Henry aveva il sonno pesante ed ormai dormiva tutta la notte, avrei odiato disturbare anche lui per colpa di quello stronzo.
Dopo le 5 mi ero messa a letto per sfinimento ma, nonostante la stanchezza, non ero riuscita a dormire. Mi ero appisolata almeno una decina di volte, per poi svegliarmi dopo non più di 10 minuti. Alle 8, quindi, avevo convenuto che fosse inutile perdere tempo, e mi ero alzata a preparare una torta al cioccolato per potermi sdebitare.
Tuttavia, nulla aveva potuto distrarmi dal controllare il cellulare ogni 5 minuti, anche se sapevo bene che quel “mi farò sentire io” non voleva dire “ti chiamerò domani mattina”. Avrebbe potuto impiegarci giorni. Una settimana. O forse due. Oppure avrebbe potuto non richiamarmi mai più, perché esisteva chiaramente anche quella possibilità. Avrei dovuto fregarmene di lui e mandarlo a quel paese, ma ero troppo stupida per riuscirci.
Idiota. Ero stata una grande idiota a fidarmi e credere che avrebbe potuto accettare una persona tanto danneggiata. Avevo fatto il possibile per andare avanti, per non essere etichettata come “la povera ragazzina violentata”, eppure avevo fallito proprio con l'uomo che avevo creduto mi avrebbe capita meglio di chiunque altro.
-Emma! Non dirmi che hai passato qui tutta la notte, ti prego.
-Regina, buongiorno... No, mi sono alzata un'ora fa. Diciamo. Torta? Caffè?
-O... ok. Grazie. Hai una cera orribile. Non ne vale la pena per quello stronzo.
-Si vede che ho qualcosa che non va, mi piacciono sempre gli stronzi.- scrollai le spalle, correndo ad inserire la capsula nella macchinetta del caffè. Se non altro, questa volta mi ero scelta uno stronzo non violento... in compenso, però, era un codardo. Oppure un superficiale. Non ero tanto convinta di quel suo “il problema non sei tu”. Forse la spiegazione era la più semplice del mondo, nonostante avesse negato: forse temeva che non avrei mai voluto andare a letto con lui.
-Ecco qua.- esordii infine, posando la tazzina e la fetta di torta davanti a lei, che non aveva smesso di seguirmi con lo sguardo neanche per un secondo. Forse pensava che da un momento all'altro avrei sciolto la maschera di freddezza che avevo indossato e sarei scoppiata di nuovo. Non l'avrei fatto, per il semplice motivo che non ne avevo più le forze.
-Tu vuoi che ti scriva.
-Cosa?- borbottai, sedendomi a tavola con la mia colazione, con un doppio caffè forte. Non mi piaceva particolarmente berlo, ma stavolta ne avevo un gran bisogno.
-Oh, avanti... tieni il cellulare sempre sul tavolo, mentre hai fatto avanti e indietro per portare la colazione l'avrai guardato almeno una decina di volte.
Preferii ignorarla, e in risposta afferrai il telefono e lo lanciai sul divano, per dimostrarle che potevo perfettamente farne a meno... nonostante avesse ragione, come suo solito. Ma aveva ragione anche il mio istinto che mi diceva che quel giorno non avrebbe sicuramente chiamato, quindi era inutile stare lì ad ossessionarmi.
La mora si limitò quindi ad alzare gli occhi al cielo, e senza aggiungere altro si concentrò sul suo dolce. Non ero stata scontrosa con lei di proposito: dopo tutto ciò che aveva fatto per me, il minimo che meritava era la mia gentilezza, ma proprio non riuscivo a essere carina. Per quanto cercassi di non pensarci, mi tornavano in mente tutti i migliori momenti spesi con Killian, durante quelle poche settimane in cui mi aveva fatta sentire speciale... e normale. Mi aveva fatto credere che forse, avere una relazione non sarebbe stato poi così male. Mi aveva fatto battere il cuore come nessun altro, ed era arrivato a convincermi ad uscire con lui per un vero appuntamento. L'avevo baciato, e volevo baciarlo ancora... e per questo mi odiavo. Mi odiavo tantissimo.
-Emma... vuoi venire a lavoro con me stamattina? Per distrarti? Possiamo portare Henry...
-Ok. Grazie... penso sia meglio...- sospirai, cercando di ricacciare indietro le lacrime: ne avevo già lasciate uscire abbastanza la sera precedente.
-Senti, se provi a ricominciare a piangere ti do' una sberla. Se vuoi ancora avere a che fare con lui... abbi pazienza. Non dico in eterno, ma puoi aspettare qualche giorno. Magari dopo che avrà assimilato la cosa si farà sentire. Ieri non volevo dirtelo perché avevi bisogno di sostegno... e no, non voglio difenderlo, ha sbagliato e su questo non ci piove. Ma hai lanciato una pietra piuttosto pesante... e lui non era perfetto come credevi, non è stato capace di andare oltre fin da subito. Da una parte credo possa capirlo anche tu...
Così, Regina diede voce a ciò che non avevo avuto il coraggio di ammettere da sola. Ovvero, che in fin dei conti, la reazione di Killian non era poi così strana. La colpa era anche un po' mia, che mi ero fatta aspettative troppo alte nei suoi confronti. Ma lui era un uomo. Era solo un uomo e non poteva essere perfetto, nessuno lo era. Io di certo non lo ero.
Questa consapevolezza, però, non riusciva a farmi sentire meglio. Se solo avesse aspettato ancora un po', se solo mi avesse lasciato finire il discorso... forse sarei riuscita a fargli capire che quell'esperienza devastante non era che un ricordo, ormai. Anche grazie a lui.
-Vado a cambiarmi... e a preparare Henry. Ti dispiacerebbe scaldargli il latte con un po' di cacao?
-Lo faccio subito, tranquilla. Ma se tra 10 minuti non torni vengo a controllarti, e se ti becco a piangere...
-Ho capito! Non vado a chiudermi a piangere in bagno, non ti preoccupare.- borbottai, lasciandomi scappare un lieve sorriso. Meno male che c'era lei, con me. Odiavo aver litigato coi miei genitori per quello stronzo, ma loro non sarebbero stati in grado di consolarmi come sapeva fare lei. Per andare avanti a testa alta avevo bisogno di una spinta, e Regina era l'unica in grado di darmela.
Entrai quindi in camera di Henry leggermente più sollevata e lo trovai sveglio, in piedi nella sua culla a guardarmi coi suoi bellissimi occhioni scuri.
-Mamma pappa!
-Buongiorno anche a te, eh?- risi -Sei proprio come la tua mamma, pensi sempre alla pappa! Vieni qui... ti prepariamo e andiamo a mangiare!
Sollevandolo, mi resi conto di quanto peso avesse preso, e di quanto alto stesse diventando. Era proprio vero che i bambini crescevano a vista d'occhio, ogni giorno mi sembrava sempre più grande.

 

-Arrivederci signora, buona giornata!- salutai, per poi lasciarmi andare sfinita nella poltrona, vicino alla carrozzina di Henry. Era stata una mattinata pesante, i clienti erano stati molti, ma mi aveva fatto bene. Ogni volta che la mia mente cercava di spostarsi su di lui, qualcuno si avvicinava a farmi domande o chiedere consigli. In più dovevo anche tenere d'occhio Henry, nonostante si fosse divertito a scarabocchiare su dei fogli dietro alla cassa finché non si era addormentato. Come avesse fatto con tutto il baccano, era un mistero.
-Stanca, Swan? Ho appena ordinato hamburger e patatine, 15 minuti e ce li portano.
-Fantastico! Birre? Anche se i miei dicono che bevo un po' troppo ultimamente...
-Anche birre. Ti sei mai ubriacata “ultimamente”?
-No...
-Sei finita al bagno per vomitare per l'alcol?
-No...
-Allora non hai problemi di alcolismo, tranquilla. I tuoi sono solo... iperprotettivi. Un po' come tutti i genitori, d'altronde...
-Non puoi capire, Regina... tu sei sempre stata una ragazza... sai, normale. Io ho passato cose che... che hanno reso i miei... esagerati. Gli voglio bene, non mi lamento. È solo che mi ero stancata. Chiariremo, prima o poi... ma per il momento non ne ho voglia. Se mi facessi sfuggire qualcosa sull'accaduto, odierei i loro “te l'avevo detto”. Ho bisogno di tempo.- la guardai, per cercare di capire se stesse riuscendo a seguire il mio discorso contorto. Quella annuì seria, poi mi diede una pacca sulla schiena, con un leggero sorriso.
-Oh, senti. Ho invitato Neal a cena, ti dispiace?
-Neal? Oh... ok. No, non mi dispiace, certo, anzi.
Non mi dispiaceva, ma ero abbastanza sorpresa. I due si conoscevano bene ma non erano grandi amici, avevano davvero poche cose in comune per frequentarsi. Quindi, ovviamente, l'aveva fatto per me: avrei potuto parlare a Neal di Killian. Certo, ora che i suoi sentimenti erano chiari, forse non sarebbe stato il massimo... ma ci eravamo lasciati allegri, entrambi certi di voler rimanere amici. Forse sarebbe stato in grado di farmi capire qualcosa della mentalità del suo vecchio amico dato che, a quanto pare, lo conosceva da anni. E a giudicare da come la prima volta aveva cercato di mettermi in guardia da lui, conosceva molto bene almeno qualche lato della sua personalità.
-Mi sa che stanno arrivando i panini. Vai tu?
-Vado io, hai faticato abbastanza per stamattina...
-Già. Spero di riuscire a dormire stanotte che domani mi vedo con Cleo. Ha un caso...
Quella annuì arricciando le labbra, poi prese dei soldi dal portafoglio e si diresse verso il ragazzo delle consegne. Ovviamente non aveva ancora accettato il mio lavoro da cacciatrice di taglie, ma forse si sarebbe ricreduta quando le avrei esposto le mie intenzioni. Certo che ero proprio stupida... avevo parlato a Killian dei miei piani per entrare in polizia, e non alla mia migliore amica. Se almeno se lo fosse meritato, mi sarei sentita meno in colpa. Quella sera, però, non l'avrei annoiata coi miei discorsi... piuttosto, avrei cercato di strapparle qualche informazione sulla sua relazione con Robin e per quando avevano previsto di recuperare l'appuntamento saltato.

 

***


KILLIAN POV

-Senti Killian, è da ieri quando sei tornato che stai così. È davvero ora di portarti al pronto soccorso.
-Shhh...- mi lamentai, affondando la testa nel cuscino -Non urlare o mi scoppia la testa. E al pronto soccorso non ci vado, passerà da solo.
-Non sei mai stato così male da riuscire a stento ad alzarti per andare al bagno. E non mangi niente.
-Senti, non rompere. Lasciami dormire in pace, per favore.
-Bene. Ma se domani mattina stai ancora così, ti ci porto con la forza. Se questa Emma ti fa stare così, magari non avresti dovuto mollarla in quel modo.
Non risposi più, e mi girai su un lato chiudendo nuovamente gli occhi: lui non poteva capire. Avevo provato a spiegargli come mai fossi andato via, ma non avendogli rivelato il “problema” di Emma, non era così facile. E ovviamente non potevo parlargliene, perché faceva parte di un passato che la ragazza cercava di nascondere e aveva deciso di rivelare a me. Sapevo di essere stato orribile, ma ormai era andata così e non c'era nulla che potessi fare per rimediare almeno un po'. Non potevo chiamarla e dirle “Ehi, lo so che ieri sera sono stato uno stronzo, ma ti va di rimanere amici mentre penso a cosa fare?”. Oppure “Scusami per essere stato una merda, ma possiamo chiacchierare ogni tanto, scriverci...”. Non esistevano alternative, dovevo cercare di fare mente locale e provare a capire se esistesse una minima possibilità che sarei stato in grado di gestire una relazione del genere. Con la testa che mi scoppiava ogni secondo, però, mi risultava piuttosto difficile pensare. Ma non avevo alcuna intenzione di andare a perdere tempo in ospedale: non solo odiavo quel luogo, ma sapevo cosa avevo e sapevo di non aver bisogno di essere ricoverato per quello.
-Va bene, per ora vado. Inutile chiederti se vuoi cenare, vero?
-Già. Buonanotte.
-'Notte...- borbottò, per poi lasciarmi finalmente solo.
Se Emma non avesse passato quel che aveva passato, o almeno non me ne avesse parlato, probabilmente saremmo stati insieme anche in questo momento. Io avrei appena finito di lavorare e, se avesse accettato, avremmo fatto una passeggiata in centro... magari fermandoci ogni tanto a scambiarci dei baci. Dio, avevo assaggiato le sue labbra solamente per pochi istanti , eppure avevo una gran voglia di tuffarmi su di esse. E volevo accarezzarla, stringerla per sentire di nuovo quel calore che mi infondeva quando era tra le mie braccia.
Poi, però, per l'ennesima volta mi tornarono in mente i suoi grandi occhi verdi, tristi e colmi di lacrime per colpa mia. Era un tormento. Avevo una dannata voglia di gridare tutta la mia frustrazione e di spaccare qualcosa... invece non avevo neanche le forze per tenere gli occhi aperti.
Forse mia madre aveva ragione, dopotutto. Non per le ragioni che pensava lei, ma comunque sarebbe stato meglio non avvicinarmi a una ragazza così giovane. Non a lei. Avrei reso la vita più semplice ad entrambi, ma ormai era chiaramente troppo tardi. Mi ero preso per Emma qualcosa che andava oltre una semplice cotta, e sembrava che il sentimento fosse reciproco. Sarebbe stato tutto più facile se io fossi stato un uomo migliore, più stabile e con abbastanza certezze da poter essere sicuro di poter rendere felice una donna forte e fragile come lei.
Allungai esausto una mano verso il comodino per prendere l'ennesimo antidolorifico, nella speranza che facesse effetto almeno un po'. Mandando giù la pastiglia con un po' d'acqua, pensai che un mal di testa, in fin dei conti, non poteva durare per sempre. Prima o poi sarei stato abbastanza bene da avere la lucidità per riflettere seriamente sul da farsi con Emma.
E poi sentii bussare alla porta. Certo che Liam aveva proprio rotto: perché non si limitava a lasciarmi in pace e basta?! Ci voleva poi così tanto? Se avesse continuato mi sarei spostato in un hotel, mi sembrava l'unica soluzione adeguata.
-Che vuoi!
-Cosa voglio? Penso tu possa arrivarci da solo!
-Neal?- esclamai incredulo, scattando perfino a sedere quando mi ritrovai il ragazzo alla soglia- Poi si avvicinò a passo svelto senza tante cerimonie.
-Io mi sono fidato, Killian. Io sono innamorato di Emma ma le sono stato di supporto quando mi ha detto di essere interessata a te. Ho pensato che, in fondo, sei un bravo ragazzo, anche se sei un po' complicato... ad aver saputo che l'avresti trattata così, vi avrei allontanati a costo di farmi odiare! Sei un grande idiota, Jones! Emma non merita di soffrire così!
Poi, prima che potessi fare qualsiasi cosa per schivarlo, lo guardai colpirmi in viso con un pugno. Feci appena in tempo a sentirmi accecato dal dolore, prima che tutto diventasse nero.










 

Angolo dell'autrice;
Ciao, I'm back xD Siccome sono tornata da poco, ho postato qui perché avevo il capitolo pronto... solo da revisionare, diciamo. Nei prossimi giorni recupero le storie con cui sono rimasta indietro e vado avanti a scrivere il capitolo dell'altra ff, che posterò sabato o domenica.
La prima parte penso sia stata abbastanza "dura", ma non ho cambiato rating perché non ho voluto renderla più esplicita di così. Ma penso fosse questo il momento giusto di scoprire cosa ha passato Emma, ma soprattutto che genere di trauma è finalmente riuscita a superare... o quasi. Spero non sia stato "troppo", ho cercato principalmente di descrivere ciò che lei provava, più che l'accaduto di per sé...
Poi c'è Killian, che dopo averla lasciata lì si tormenta per come si è comportato. Sa di farla soffrire e questo lo fa stare malissimo, ma pensa anche che per il momento è meglio così... per evitare danni peggiori in futuro. Deve capire cosa fare, come comportarsi.
Emma, come credo sia normale, ha praticamente pianto tutta la notte... con Regina che le è stata accanto a consolarla. E' riuscita a tirarsi un po' su, ma non riesce a odiare Killian... sa che Regina ha ragione in fin dei conti, perché non è facile accettare su due piedi una cosa del genere. 
E poi... beh, Neal è arrabbiato per come Killian ha trattato la ragazza di cui è innamorato ma con la quale ha fatto un passo indietro perché vuole possa essere felice con l'uomo che davvero le piace. So che l'avete prima amato, poi odiato, poi "accettato"... sono curiosa di vedere cosa ne pensate ora ^^"
A presto, un abbraccio! :*

PS: Ovviamente recuperare OUAT è stata una delle prime cose che ho fatto. Ora come si aspetta fino a Marzo? ç_ç
   
 
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