Fuoco e nuova guerra
Mi sento quasi in dovere di scusarmi, con Omero, con i suoi ammiratori e con tutti i miei professori che credevano di avermi insegnato qualcosa sull’epica, per le gravi contraddizioni che posterò. Ma suppongo che visto che si tratta di un film, che per altro non si attiene molto al “best seller” da cui è tratto, possa permettermele.
Sbuffò,
e
cacciò un urlo che cambiò e divenne un grugnito
esasperato di sforzo. Strabuzzò
gli occhi ed urlò di nuovo, tenendosi su un gomito in un
bagno di sudore.
Elena la
guardava inorridita e dispiaciuta mentre si reggeva con la mano libera
il
ventre gonfio dalla pelle tesa ed urlava. Le sembrava una lotta
faticosa per
esistere che il bambino stava
conducendo all’interno di lei.
Erano
otto ore che Andromaca la assisteva senza miglioramenti e lei
continuava a
contorcersi e ad agitarsi cercando di spingere fuori suo figlio.
-Fa
male!- urlò in lacrime, battendo il pugno al suolo,
stringendo l’erba come per
aggrapparvisi e mordendosi il labbro per impedirsi di urlare ancora.
Elena
sapeva di non potersi rendere partecipe fino in fondo del suo dolore,
Briseide
per lei non significava ancora nulla sebbene la incuriosisse la sua
disavventura nel campo Greco, e tanto meno aveva mai provato il dolore
che le
era dovuto per partorire un figlio.
Andromaca
andò a riempire di nuovo la brocca. Da mesi temporeggiavano
per arrivare al
mare accompagnati dal fiume, assicurandosi che le celebrazioni funebri
fossero
finite per ogni morto Acheo e che tutti avessero rinunciato a cercarli.
Ormai
avevano preso Troia, credevano di aver vinto, invece avevano perso nel
momento in
cui Briseide aveva immerso il coltello nel collo di Agamennone. Quasi
subito si
accorsero del suo corpo putrefacente accoltellato. E così,
infine, non era rimasta alcuna ragione per aver combattuto, senza che
la vendetta di Menelao avesse potuto compiersi o che i sogni ambiziosi
di controllo marittimo di Agamennone si fossero realizzati.
Andromaca
tuffò la brocca nella corrente del fiume che lambiva le sue
dita tremanti. Non
ricordava che il suo parto fosse stato duro come quello di Briseide.
-Come
sta?-
Si voltò
verso Paride, con l’arco a tracolla sul petto nudo, un
accenno di peluria sul
mento di solito perfettamente rasato.
Si alzò
riservandogli uno sguardo involontariamente odioso.
-Non lo
senti da te?-
Da quando
suo marito era morto, aveva avuto sempre meno parole gentili per i suoi
parenti
acquisiti, specialmente verso Paride.
Inconsapevolmente,
aveva iniziato a maturare la sotterranea convinzione che lui,
l’artefice, il
diretto interessato, il colpevole, sarebbe dovuto morire, non Ettore,
non suo
marito. Aveva anche scoperto di essere gelosa! Perché in
questa guerra per
l’amore le uniche perdenti erano lei e Briseide, che ora
stava cercando di
partorire un figlio Acheo soffrendo come un cane.
Mentre Paride aveva perso una
guerra ed il rispetto legittimo ad un principe di Troia, ma aveva vinto
Elena.
Ritornò
da lei vedendola più in difficoltà di quanto lo
fosse prima e pensando ostile al
modo perverso con cui i nemici Achei distruggessero un popolo da fuori
e da dentro.
In tutti i sensi.
Briseide
roteò gli occhi gemebonda.
-Cosa ha
che non va? Cosa ha che non va mio figlio!-
Andromaca
la smosse trovando che il dolore la stesse facendo sragionare e
massaggiandole
la pancia, odiava la creatura cattiva che aveva maturato il ventre di
Briseide
per come ora le stesse facendo male.
-Nulla,
nulla che non vada- la incoraggiò -La levatrice sta andando
a prendere dei
panni, ha detto che si è girato, ma che…che si
dibatte molto-
Briseide
ebbe di nuovo la reazione di chi ha ricevuto un calcio nel basso ventre
e per
quanto glielo permettesse l’ingombro si piegò in
due.
-Sta
sdraiata e fa quello che ti diciamo di fare-
L’intrusa
voce del cugino mormorò.
-Se non
fosse stato per quel figlio di…-
Andromaca
non si era accorta della presenza di Paride, anche lui aveva perso le
parole
dalla morte del fratello, tra se e se, dopo molto tempo, gli rivolse un
pensiero gentile e solidale, sentiva di aver con lui in comune
l’odio di quel
bambino.
-Per
cosa?- urlò Briseide, che non riusciva a modulare la voce.
-Se non
ti avessero catturata questo non sarebbe mai accaduto.- concluse
cambiando un
frase molto più impropria, non doveva mancare di rispetto
agli dei genitori di
Achille.
Briseide,
con la faccia contratta e sciupata dal dolore, si tirò su
facendo leva sui
gomiti, sporgendosi verso Paride.
-Non pensare
mai più…- ruppe
un gemito -…mai più così
di lui-
Paride rimase
a fissarla senza lasciare che lo impressionasse; vide che
l’espressione della
cugina era contratta di inerme risentimento, e che tra le ciglia lunghe
le
scorrevano lacrime di natura diversa.
Ricordava
perfettamente di aver ucciso la causa del suo male presente, e non
ostante
tutto il rancore che si sentiva rivolto da lei (come da tutti
dall’inizio della
guerra), lui non riusciva a pentirsi di aver ucciso Achille. Briseide
sapeva
che Paride era fatto di tutt’altra materia del defunto suo
Achille, lui si era
pentito, aveva pianto sul cadavere di colui che aveva ucciso per
vendetta,
l’aveva restituito al padre nel rispetto del suo avversario,
e aveva restituito
lei alla sua casa.
Si sdraiò
di nuovo respirando profondamente, piangendo finalmente in silenzio,
mentre
accarezzava distrattamente il suo bambino attraverso il ventre.
“Non fa
poi così male” si ostinò “
Posso aspettare. Voglio mio figlio. Posso aspettarti
piccolo…” sussultò di nuovo di dolore
“ fa presto però”.
Dopo
un'altra ora Briseide era aggrappata con la mente ad ogni cosa o
ricordo le
impedisse di cedere e svenire. Voleva suo figlio più di se
stessa, e sperava
somigliasse al padre, come se qualcosa di Achille fosse potuto
rinascerle
accanto, come se qualcosa di lui non se ne fosse andato via. Di figli
non ne
aveva mai
desiderati, era una sacerdotessa di Apollo devota solo ed unicamente
agli dei.
Il suo amore doveva essere esclusivo a loro. Era un promessa che aveva
sfacciatamente
infranto con Achille. “Ti accorgerai che è un
amore senza scambio” aveva detto del
suo sacerdozio sorridendo enigmatico, gli aveva fatto una smorfia
“ Ti diverti
a provocarmi?”.
Rise
amaramente di quel momento, rise su quanto Achille avesse ragione e su
quanto
non potesse averla mai più con lei.
Come a
richiamarla all’ordine le doglie si intensificarono.
Era nella
fase finale del travaglio, la più dura e Briseide premeva
verso il basso, accovacciata,
con la mano che stritolava quella di Elena.
Spremette
il fiato fuori dai suoi polmoni quando Elena urlò.
-La
testa! Ho visto la testa di suo figlio!-
Andromaca
cullò il suo bambino, Astianatte, che frignava turbato dalle
urla della ragazza.
Briseide
urlò al passaggio e si affannò a respirare
furiosamente e veloce per trovare la
forza di spingerlo fuori.
D’un
tratto si alzò nell’atto di sgravarsi, ed esausta,
ansò mentre il bambino scivolava
nelle mani della levatrice.
Urlava,
rosso in faccia, ad un volume che sarebbe stato stupefacente anche per
il
figlio di Andromaca.
Briseide
tese le braccia smaniosa.
-Dammelo!
Dammelo!- ma il bambino non arrivava. Perché non
c’era? “Perché non me lo
danno? Perché non me lo danno?”.
-è un
maschio!- urlò la levatrice, tutta la comunità
superstite ora sapeva che un
Acheo viveva in mezzo a loro.
-Pirro,
Pirro Neottolemo- disse Briseide.
Impaziente
con le braccia rigide pronte ad accogliere il neonato,
dichiarò il nome di suo
figlio.
Finalmente
le venne consegnato avvolto in un panno bianco e lei se ne
impossessò
strappandolo aggressiva come un animale che difende un cucciolo dalle
braccia
della donna.
Scostò il
panno che gli copriva per metà il volto scoprendo i luminosi
occhi azzurri
paterni, alla vista il respiro di Briseide le morì in gola.
Sulla
testa aveva poche ciocche dei capelli castani materni.
-è bello
grosso- commentò Elena, ma Briseide non le prestò
attenzione, occupata come era
dall’amore adorante con cui cullava e guardava Pirro,
canticchiando una
canzoncina per farlo calmare.
Il
bambino smise di urlare ed a poco a poco desistette
dall’agitarsi.
-Bravo-
gli sussurrò mielosa ad un orecchio –mio piccolo
Achille, oh Pirro…- gli disse
commossa premendosi la sua piccola testa sul seno –So che gli
somiglierai,
tanto-
Non permise
a nessuno di toccarlo, sapeva quanto sarebbe stato duro
l’ingresso di suo
figlio in un mondo che lo odiava, ma che pericolo poteva mai venire da
una
creaturina tanto debole e delicata?
Sperava
che la sua patria non avesse l’idea di vendicarsi della sua
sconfitta su un
bambino.
La
neomamma si mise in disparte con il suo piccolo, era passato un mese e Pirro assomigliava ogni
giorno di più al
padre. Ogni volta che lo guardava vedeva i tratti Achei che ben
conosceva,
sebbene il colore dei suoi boccoli fosse il suo ed i suoi occhi
avessero un
taglio vagamente orientaleggiante.
Si
sistemò meglio contro un albero, lontana dai suoi sudditi, e
si mise a far
poppare Pirro, carezzandogli teneramente la piccola testa lucida e
castana.
*********
*Importante*
A questo
punto vi spiego il significato del titolo.
Pirro viene dal greco (lo scrivo in lettere italiane) "pùr" che vuol dire fuoco, mentre Neottolemo viene da due parole: "neo" cioè nuovo e "polemòs" che vuol dire guerra.
Fuoco e nuova guerra.
Nei poemi omerici Achille aveva un figlio di nome Pirro Neottolemo: descritto con un carattere fondamentalmente empio, irrispettoso degli dei, ma, come il padre, facile alle passioni violente.
Questo figlio non è stato avuto da Briseide nella storia originale, ma dalla figlia del re di Sciro (non ho idea di come si chiami o se abbia scritto correttamente il nome dell'isola dove abitava: Sciro)
Per amor di precisione c'è da dire che mi sono presa, tra le infinite altre libertà, quella di modificare l'età di Pirro, che nella storia originale partecipò alla distruzione di Troia, e non solo: perchè uccise sia Astianatte [il cui nome vuol dire Signore della rocca, ed è il dolce cosetto, figlio di Andromaca ed Ettore, che nel film ha la fortuna di sopravvivere] che Priamo.