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Autore: Mary_loveloveManga    22/05/2009    8 recensioni
Un'altra One-Shot, che tratta di un argomento diverso.
Le protagoniste sono Kagome e Sango e l'amicizia. NON è una Yuri.
- Quello che rende indissolubili le amicizie e ne raddoppia l'incanto, è un sentimento che manca all'amore: la sicurezza - Honoré De Balzac
- Non è vero che un amico si vede dal bisogno. Un amico si vede sempre - Roberto Benigni
- Non sfuggire all'amicizia: è l'unica speranza della tua vita - Anonimo
- Amico mio, non pensiamo al domani e cogliamo insieme quest'attimo di vita che trascorre - Kyyam
Dedicata al Giuly_chan, con tutto il mio affetto.
Spero vi piaccia! Mary-chan
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kagome, Sango
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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*Note dell’autrice che continua a sfornare One-Shot*

Un. Parto.

Questa storia è stata un parto.

Mi ronzava in testa da molto, forse troppo tempo.

È stato difficile svilupparla su carta. Ci ho messo giorni, tante ora al giorno, in cui scrivevo poche righe.

Ma alla fine ho avuto quello che volevo e ne sono orgogliosa.

Sono orgogliosa di questa storia. Sono orgogliosa di ciò che ho scritto. Sono orgogliosa del messaggio che ho cercato di mandare. E, più di tutto, sono orgogliosa della persona a cui ho pensato in ogni momento, mentre la scrivevo.

Una persona che conosco solo da un paio d’anni, ma che mi sembra di conoscere da sempre.

Un persona di cui mi fiderò ciecamente anche se dovesse tradirmi.

Una persona che mi conosce meglio di me stessa, e di cui non riuscirei a fare a meno.

Dedico questa storia a Giuly_chan, la mia migliore amica. [Ti voglio tanto bene, Love!]

Bene… oh… è stata dura scriverla, ma rileggendola mi vengono le lacrimucce.

Spero che piaccia anche a voi, anche se non parla di InuYasha e Kagome, ma di un altro tipo di rapporto.

Un bacione, fatemi sapere cosa ne pensate!

 

Mary-chan

 

 

 

 

 

Tutto è nato da Me e Te

 

 

 

 

Quello che rende indissolubili le amicizie e ne raddoppia l’incanto, è un sentimento che manca all’amore: la sicurezza

Honoré De Balzac

 

Non è vero che un amico si vede dal bisogno. Un amico si vede sempre

Roberto Benigni

 

 

 

 

 

Si rigirò tra le mani la sigaretta spenta, che aveva appena sfilato dal pacchetto, rovinato successivamente in terra.

La osservò per alcuni secondi, poi estrasse, dalla tasca dei jeans che indossava, un accendino rosso, con cui la accese. 

Aspirò una boccata di fumo, continuando a guardare il cielo ricoperto da nuvole scure. Stava per piovere e lei non aveva un ombrello. La solita fortuna che l’abbandonava.

Rivolse uno sguardo veloce alla figura che le stava accanto, seduta a cavalcioni sul muretto al quale lei era semplicemente appoggiata. Le scritte, fatte dai ragazzi con pennarelli indelebili, ne rovinavano la superficie bianca, dandogli un’aria usata. Di fronte a lei la spiaggia deserta e il mare, sporco. Il colore che tendeva sul verdognolo la schifava, facendole ripromettere di non metterci mai piede dentro. Un aspetto che sicuramente non le faceva cambiare idea, erano i rifiuti abbandonati sulla riva della spiaggia e che galleggiavano sull’acqua salata. Uno spettacolo disgustoso.

Eppure quel muretto non l’avrebbe mai abbandonato.

Guardò nuovamente la figura al suo fianco, buttando fuori il fumo dalle labbra carnose, leggermente screpolate. La sua fonte di attenzione, si guardava le mani posate alla superficie fredda del muretto. I capelli castani, saldamente legati in una coda di cavallo, le ricadevano su una spalla, mentre gli occhi nocciola e l’espressione concentrata le davano l’aria di una bambina.

Una bambina sofferente, ma pur sempre una bambina.

Socchiuse leggermente le palpebre, poi spostò la sua attenzione su una bottiglia di birra vuota, abbandonata a poca distanza da loro. Si lasciò sfuggire un sospiro appena accennato, ma abbastanza rumoroso da distogliere l’altra dai suoi pensieri e iniziare a fissarla con uno sguardo indecifrabile.

Leggermente infastidita, fece finta di niente, portando lo sguardo su una lattina di Coca-Cola, appoggiata vicino alla bottiglia di poco prima.

<< Vuoi anche iniziare a bere? >>, le chiese la compagna, senza smettere di fissarla. Una domanda che irritò non poco l’altra, che si girò di scatto verso lei.

<< Non credo siano cose che possano interessarti, Sango >>, rispose, mentre un’altra nuvola si fumo grigio l’avvolgeva.

Sango ghignò, lasciandola perdere. Tossì leggermente, quando l’esalazione della sigaretta la colpì in pieno viso. Detestava quell’odore nauseante, ed era doloroso vederlo provenire da una persona che aveva sempre disdegnato quel prodotto così orribile.

Sigarette. A che cosa servono, con precisione?

Dopo aver osservato per qualche attimo l’orizzonte, in assoluto silenzio, la ragazza decise di porgere la domanda a cui tanto premeva dare una risposta, all’amica. << Pensi ancora a lui? >>

L’interrogata si bloccò. La sigaretta bloccata tra l’indice e il medio, vicino alla bocca. Poi continuò a fare ciò che stava facendo, indifferente. << … No >>

L’amica sì alzò in piedi sul muretto, cominciando a camminare, tenendosi in equilibrio. << Non sai proprio mentire, sai, Kagome? >>

<< Sì, lo so >>

Kagome sbuffò, aspirando nuovamente il fumo, che l’aiutava a rimanere calma.

Pensare a lui?

No, davvero, non era possibile.

Non doveva, essere possibile.

Ma, d’altronde, la fortuna non le andava mai incontro. Quindi, dopo un anno, poteva anche credere che sì, ci stava pensando ancora e ormai era una cosa naturale.

Dolorosa, certo, ma naturale.

<< È passato quasi un anno, oramai >>, constatò Sango, fermandosi per un secondo ad osservarla.

<< No! È passato un anno. Oggi. È passato un anno >>. La fumatrice lasciò la sigaretta stretta fra le labbra, per strofinarsi le mani infreddolite. Faceva fresco, là, ad inizio Primavera, vicino al mare. Non era un freddo esagerato. Ma lei era esageratamente freddolosa, quindi…

La compagna non si mosse, colpita da quella notizia rivelatale dall’amica. Lei ricordava ancora quel giorno. Lei contava i giorni. Lei viveva tutto, come se fosse successo il giorno prima.

Con un ricordo così fresco, si sarebbe mai potuta dimenticare di lui?

<< Roma. Ora è a Roma. Cosa ci faccia  un Giapponese a Roma, lo sanno solo i Kami >>. Un'altra boccata, un’altra nuvola di fumo, un altro dolore che tornava a galla, come tanti altri.

<< Sai com’è fatto >>.

<< Sì, so com’è fatto >>.

A lui piaceva viaggiare.

A lui piaceva la libertà.

Era tornato in patria, un giorno, e si erano incontrati.

Colpo di fulmine.

Lei sapeva che se ne sarebbe andato, un giorno o l’altro. Ma, vedendolo felice, con il tempo aveva iniziato a pensare che le sarebbe rimasto accanto, o che l’avrebbe portata con sé.

Quel giorno rise, quando lui le disse che sarebbe partito.

Rise, come ride una persona felice.

Rise, come se non lo facesse da anni.

Ci credeva ancora. Era certa: lui non l’avrebbe lasciata.

Lui la guardava triste, lei rideva.

Reagì così, quel giorno.

Non aveva intenzione di credere ad una sola parola del ragazzo, che l’aveva fatta sognare.

E poi, in fondo: meglio ridere che piangere, giusto?

Ed ora continuava a ridere.

Una risata amara.

Una risata triste.

Aveva perso un amico.

Aveva perso un amore.

Aveva perso una parte di sé.

La libertà era più importante di lei? Possibile.

<< Come ti senti? >>, le domandò Sango.

<< Cos’è, il momento delle confessioni? Sai meglio di me, come sto. Mi conosci >>. La risposta della ragazza fu dura, quasi difficile da ammettere.

Sango la conosceva da molto, forse da troppo.

A volte le dava fastidio. Le dava fastidio una persona che la conoscesse quasi meglio di se stessa. Niente segreti, niente sentimenti nascosti.

L’unica persona che le era rimasta accanto.

L’unica che avrebbe potuto mandare al Diavolo, ma che le sarebbe comunque rimasta vicina.

L’unica che, per disperazione, voleva eliminare, per poter rimanere completamente sola.

<< Sono incinta >>.

Kagome la guardò, lasciando quasi cadere la sigaretta in terra. Spalancò gli occhi, per un secondo, poi il suo sguardo tornò normale.

Per loro era così: un momento di sorpresa, poi la continua quotidianità.

Si conoscevano bene, ma rimanevano sempre sorprese.

Per un secondo.

<< Miroku lo sa? >>.

<< Dice che ha sempre desiderato un figlio, ma ora è troppo presto. Frequenta ancora la scuola >>, spiegò Sango.

<< Vuole il bambino? >>.

<< No >>.

<< Ti ha lasciata? >>.

<< Sì >>.

<< Oh >>.

Gravidanza.

Sango non aveva ancora compiuto 18 anni. Quello era un concetto che ancora non avrebbe dovuto affrontare.

Gravidanza, da sola.

Quello, invece, non avrebbe mai dovuto affrontarlo.

La vita è ingiusta, a volte.

Anzi, ormai aveva le prove matematiche che, sì, la vita è sempre ingiusta.

<< Voglio tenere il bambino, Kagome >>, proferì l’amica.

<< Lo sapevo già. Ti conosco >>.

La ragazza in stato interessante tornò a sedere sul muretto. Ne accarezzò la superficie liscia, e guardò il mare.

Non era bello.

Non era pulito.

Non dava un senso di freschezza.

Non faceva sentire bene.

Ma per lei quei momenti erano indimenticabili.

<< Cambierà tutto >>, constatò.

<< Nah. L’abbiamo detto anche l’ultima volta. Sarà tutto uguale, come al solito. Si sa: noi cambiamo, le situazioni rimangono uguali. Siamo fatte così >>, rispose Kagome.

<< Già, forse hai ragione. Questo posto sarà il primo che farò vedere al bambino, sai? >>.

<< Mi sembra giusto >>.

La fumatrice gettò la cicca, ormai finita, a terra, per poi accenderne un’altra.

<< Fumi troppo >>, la rimproverò l’amica.

<< Vuoi fare un tiro? >>, le chiese, invece, senza badare alle sue parole.

Sango tentennò. Non le era mai successo. Ma, in quella situazione... forse sarebbe servito a qualcosa?

Allungò la mano leggermente tremante, per poi ritrarla. << No >>.

<< Brava >>. Aspirò l’ennesima boccata di fumo. Sapeva quanto facesse male. Ed era questo il punto.

Voleva farsi del male.

Lentamente.

Una lenta e rilassante tortura.

La fine, lo sapeva, era già scritta. Però le piaceva e il resto non contava.

Se l’avesse fatta star bene, avrebbe continuato fregandosene di tutto.

Era uno sfogo, nulla più. Come un pianto, come una risata.

<< Stavo pensando… >>, cominciò Sango.

<< Dimmi >>.

<< Questo posto… come è nata la storia? >>

Kagome rifletté per un po’, in silenzio.

Il rumore delle onde, il vento, l’odore sgradevole del fumo.

Era rilassante, in qualche modo.

E nessuno, l’avrebbe potuto trovare rilassante.

Tranne loro, naturalmente.

La nuvoletta grigia l’avvolse e lei sorrise, per la prima volta nella giornata.

Un sorriso malinconico, ma un sorriso.

Guardò la sua amica, l’altra parte di se stessa.

L’unica persona che le era rimasta accanto.

L’unica che avrebbe potuto mandare al Diavolo, ma che le sarebbe comunque rimasta vicina.

L’unica che, per disperazione, avrebbe sempre tenuto stretta, come si fa con un tesoro prezioso.

Perché senza di lei non sarebbe stata niente.

Perché senza di lei sarebbe caduta e non si sarebbe più alzata.

Perché senza di lei avrebbe perso se stessa.

Perché senza di lei, semplicemente, sarebbe veramente cambiato tutto.

E tutto le andava bene com’era.

Con i dolori.

Con le sofferenze.

Con le ferite che non si sarebbero potute rimarginare.

Con lei, che era l’unica cosa giusta che la vita le avesse regalato.

Continuando a sorridere, la guardò dolcemente.

<< La storia è nata da noi due, Sango. È nata solo da noi due. Me e te. Nulla di più semplice >>.

 

 

 

Non sfuggire all’amicizia: è l’unica speranza della tua vita

Anonimo

 

Amico mio, non pensiamo al domani e cogliamo insieme quest’attimo di vita che trascorre

Kyyam

 

 

  
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