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Autore: AliceMiller    19/12/2016    2 recensioni
"Emma guardava Regina mentre finiva di lavare i piatti, di schiena, immersa in chissà quali pensieri, le mani bagnate, coperte di schiuma. Le aveva proibito di aiutare, doveva riposare, domani sarebbe stato il suo “grande giorno”, ma nella testa di Emma era “un lungo giorno” e basta.[...] Eppure Emma non riusciva a riposarsi, non riusciva a stare tranquilla. Riusciva solamente a restare in silenzio, appoggiata allo stipite della porta della cucina di casa Mills, mentre guardava Regina."
Emma Swan sta per sposare Killian Jones, ma trascorre la notte prima delle nozze a casa della sua testimone, Regina Mills.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il matrimonio di Emma Swan.
 

“You say space will make it better
And time will make it heal
I won't be lost forever
And soon I wouldn't feel
Like I'm haunted, oh, falling”
- Jess Glynne, Take me home.
 
 
 

Senza saperlo Snowhite e David avevano trovato il regalo di nozze perfetto per la figlia. Non si trattava del vestito e neppure dell’intrattenimento per la cerimonia, ma di una notte. Una cena, una sera, a casa di Regina Mills, sole, senza Henry. Snow e David avevano pensato che non sarebbe stato giusto costringere loro due, il piccolo Neal e Henry a svegliarsi alle cinque del mattino. Regina probabilmente si svegliava a quell’ora comunque e in quanto testimone sarebbe stata ben contenta di aiutare Emma a prepararsi.

La futura sposa si godeva ogni minuto delle ore che mancavano alla fine del suo regalo. Emma guardava Regina mentre finiva di lavare i piatti, di schiena, immersa in chissà quali pensieri, le mani bagnate, coperte di schiuma. Le aveva proibito di aiutare, doveva riposare, domani sarebbe stato il suo “grande giorno”, ma nella testa di Emma era “un lungo giorno” e basta. Doveva svegliarsi alle cinque, per essere pronta prima delle dieci. Regina da brava testimone l’avrebbe aiutata a prepararsi, accompagnata in chiesa e avrebbe firmato i documenti che sancivano il suo matrimonio con Killian Jones, Capitan Hook. Eppure Emma non riusciva a riposarsi, non riusciva a stare tranquilla. Riusciva solamente a restare in silenzio, appoggiata allo stipite della porta della cucina di casa Mills, mentre guardava Regina, che ignara di essere osservata continuava a passare violentemente la spugnetta su un bicchiere indifeso. Solo quando Emma le poggiò una mano sul fianco Regina si fermò. Quanto si sarebbe potuta abituare a questo, alle mani di Emma che le accarezzano i fianchi e la calmavano. Quanto già ci si era abituata. Quanto il suo corpo, la sua mente, la sua anima, bramavano la presenza di Emma Swan, il contatto con Emma Swan, le discussioni con Emma Swan. Emma Swan. Da domani probabilmente Emma Jones. Quanto strideva quel nome accanto a quello di Emma, un moto di gelosia le stritolò il petto. Fece quasi cadere il bicchiere che aveva in mano.

Emma non riusciva a smettere di chiedersi cosa avesse fatto sussultare in quel modo Regina, ma non osò domandare.

 «Andiamo in salotto, quel bicchiere resterà ad aspettarti! Ed è già pulito! Non ci sarebbe nemmeno bisogno di lavarlo ancora, anche perché poi lo metti in lavastoviglie e˗».

Emma si interruppe bruscamente. La mano di Regina ancora un po’ umida aveva preso la sua e la stava guidando verso il salotto. Emma si perse nell’attimo. Non poteva fare a meno di domandarsi se dopo il matrimonio le avrebbe più preso la mano, o messo in ordine i capelli, o pulito il naso dal ketchup… Si chiese se l’avrebbe più sfiorata, anche per sbaglio. Se la confidenza, la complicità che si era creata tra loro sarebbe svanita, come per magia. Poi Emma si ricordò che a Storybrooke la magia esisteva, non solo era reale, ma era la realtà, e nemmeno la più potente delle maledizioni avrebbe potuto far svanire quello che c’era tra lei e Regina. Una cosa, senza nome e che doveva restare innominata. Allora perché in testa continuavano a risuonare le parole di Shakespeare “Cosa c'è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo”? Emma scrollò la testa e mentre si sedeva sul tappeto davanti al divano, si costrinse a non pensarci.

«Seriamente signorina Swan? Domani ti sposi e preferisci ancora sederti sul tappeto piuttosto che sul divano?» chiese Regina sedendosi sul tappeto a sua volta. Emma sorrise, «Stare per terra mi rilassa, lo sai.» Regina annuì, mentre si sistemava di fianco alla bionda.

 Dopo alcuni momenti di silenzio, Emma chiese a Regina

«Secondo te cosa dovrebbero provare due persone l’una nei confronti dell’altra per decidere di restare insieme per sempre?»

«Non lo so… Non è che io sia così esperta…»

«Stai mentendo! Io so sempre quando menti!»

Regina stava mentendo, solamente l’anno prima non avrebbe saputo rispondere, ma ora le bastava solo pensare a Emma per sapere esattamente cosa dire. Deglutì e respirò prima di iniziare a parlare.

«Vedi Emma, credo che alla base di tutto debba esserci il rispetto, dei sentimenti dell’altro, del suo essere diverso, delle sue idee… Poi la conoscenza. Una conoscenza che reciproca che può essere costruita attraverso mesi o addirittura anni di parole scambiate, urlate, male interpretate e che allo stesso tempo sia sempre stata lì. È complicato da spiegare, una sorta di empatia che ti porta a sentire quella persona più delle altre…» Gli occhi di Regina erano fissi nel vuoto, ma dentro avevano il volto di Emma.

«Capisco cosa vuoi dire». Sussurrò Emma accarezzandole una guancia e costringendola a guardarla negli occhi. Quegli occhi, specchio dei suoi, pieni di lacrime che entrambe ricacciarono indietro con un respiro.

«Non ho finito. Insomma signorina Swan, prima mi chiedi la mia opinione e poi non mi fai finire di parlare?! Ecco… Credo poi che due persone che decidono di sposarsi debbano superare quello che io chiamo “il momento”.»

«Il momento?»

«Swaaan!»

«Scusa, scusa Gina!»

Regina fece finta di non aver sentito, un po’ le piaceva che Emma la chiamasse Gina, forse anche più di un po’, e riprese a esporre la sua teoria.

«Il momento. Ho visto il film Il matrimonio del mio migliore amico almeno una ventina di volte, da quando è uscito fino ad ora, un po’ per la storia, un po’ perché Julia Roberts è Julia Roberts e ho visto tutti i suoi film-»

Emma quasi soffocò all’ammissione di Regina.

«Tu…Julia Roberts...»

«Cosa credevi Emma, che avessi perso il senso del bello arrivando in questo mondo? Non erano mica i miei occhi il prezzo della maledizione!» disse con una risata amara.

«No, hai ragione. Piace moltissimo anche a me».

«Bene. Ora però non interrompermi più. Ne Il matrimonio del mio migliore amico Michael dice a Jules che se ami qualcuno devi dirglielo subito, altrimenti poi il momento passa. Eppure Michael ha detto a Jules subito di essere innamorato di lei, ma alla fine sceglie Kimmy. Non ha aspettato, non ha saputo aspettare Jules, non ha saputo rispettare i suoi tempi. Certe cose, come i ti amo, non possono essere dette subito, in maniera quasi egoistica, ma vanno dette al momento giusto. Con la consapevolezza che quel momento potrebbe non arrivare mai. Mettere la felicità dell’altro davanti alla propria. E quando, e se, quel momento poi arriva sarà infinito. Un insieme di passato e futuro che si incontrano in un attimo di presente in cui nulla è più importante della persona con cui si vuole condividere quel tutto. Sono la luna e le stelle che perdono importanza e acquistano un significato nuovo, così come il sole, e perfino il cielo. Così, credo ci si senta a voler passare tutta la vita con una persona.»

Regina sapeva che era così. Era quello che provava per Emma, non poteva dire da quando, ma ad un certo punto tra un viaggio a Neverland e uno a New York, era successo qualcosa, qualcosa che le aveva fatto mettere Emma davanti a tutto, un amore che le aveva permesso di ignorare le strette sempre più forti alla bocca dello stomaco ogni volta che vedeva l’anello, pacchiano e di cattivo gusto, ma pur sempre di fidanzamento di Emma. E l’indomani l’avrebbe vista attraversare la navata, verso di lui, verso il pirata. Lei avrebbe sorriso, avrebbe augurato agli sposi una vita felice, perché per quanto detestasse Hook voleva con altrettanta forza che Emma fosse felice, con e in questo caso senza, di lei.
Emma restò senza parole. Avvicinò il volto a quello di Regina, avrebbe voluto baciarla, ma non poteva, non in quel momento, perciò si limitò ad appoggiarlo sulla spalla della donna e cominciò a piangere. Pensò che aveva detto ti amo a Hook solo perché era certa di morire subito dopo, che aveva accettato la sua proposta di matrimonio per lo stesso motivo. Per non renderlo troppo infelice dopo la sua morte. Perché si sentiva in dovere di amarlo, perché lui aveva detto di amarla. Non era quello che voleva, ma era abbastanza, o almeno lo era stato prima di Regina. Henry l’aveva riportata a Storybrooke, ma Regina aveva reso quel posto casa sua. Si erano prese cura a vicenda l’una dell’altra, delle ferite, quelle visibili e quelle invisibili. Veramente pensava che lo spazio, che la distanza che il matrimonio avrebbe messo tra loro due sarebbe bastata? Che il tempo avrebbe aggiustato le cose con Hook e che improvvisamente sarebbe diventato il suo principe azzurro? Cercò di balbettare qualcosa tra i singhiozzi, ma Regina le accarezzò i capelli. «Shhh…Lo so.» disse. Quando Emma sentì una delle calde lacrime di Regina sul collo capì cosa sapeva Regina. Sapeva quanto sarebbe stato difficile per lei andare contro Snow e David, deluderli, lei era la Salvatrice… Eppure non era in grado di salvare sé stessa.

***

I primi raggi del sole e il suono della sveglia sorpresero Regina e Emma abbracciate sul tappeto. Una delle due a un certo punto doveva aver fatto apparire una coperta. Regina svegliò Emma e dopo aver tracciato col pollice i segni lasciati dalle lacrime l’aiutò a prepararsi. Si vestirono in silenzio, come se le parole della notte prima non fossero mai esistite, insieme a quell’abbraccio, alle lacrime. Eppure nessuna delle due riusciva a pensare ad altro.

***

Arrivarono appena in tempo davanti alla chiesa di Storybrooke. Regina nel suo abito blu aiutò Emma, a scendere dalla macchina. Le sistemò le pieghe del vestito meno ampio scelto da Snow. Henry si avvicinò a loro, avrebbe accompagnato lui Emma all’altare.

Abbracciò entrambe. Regina gli sistemò la cravatta. Entrambe le madri gli sembravano strane. Emma era pallida, non sembrava felice, ma piuttosto rassegnata. La stessa espressione che c’era sul viso dell’altra sua madre.

«Signorina Swan, ci vediamo dentro!» salutò Regina.

«Non potrai sbagliarti, sarò quella in bianco!» rispose Emma, mettendo un braccio sulla spalla di Henry.

Leroy gridò «Saluta la signorina Swan, perché tra poco non sarà più signorina né Swan!»

Herny ringraziò le sue lezioni di scherma, senza di quelle non sarebbe mai stato abbastanza veloce per buttarsi davanti a Leroy e evitargli una sfera di fuoco in faccia e un pugno sui denti. All’improvviso gli era chiaro quello che stava succedendo: nessuna delle sue due madri voleva che Emma sposasse Hook. A dirla tutta nemmeno lui faceva i salti di gioia al pensiero di Hook costantemente nella sua vita.

Regina si ricompose e dopo un cenno di saluto a Emma, entrò in chiesa.

Henry tentò di parlare a sua madre, ma Emma non lo ascoltava. Improvvisamente sentirono la musica ed entrarono. La chiesa era gremita. Il matrimonio tra Emma e Hook era un evento a Storybrooke paragonabile al matrimonio di una celebrità. Tutti si voltarono verso la sposa e tutti si accorsero che qualcosa non andava. La sposa non guardava lo sposo, ma guardava la sua testimone. Guardare poi, un eufemismo! Emma aveva gli occhi incatenati a quelli di Regina, e Regina a quelli di Emma. La chiesa si riempì di mormorii.

«È ubriaca!» sosteneva qualcuno.

«È impazzita!» sussurrava qualcun altro.

È innamorata. Sono innamorate. Pensò Henry.

Snow a bocca aperta, sarebbe svenuta se David non l’avesse sorretta. Pensino Spugna si accorse dell’intensità del momento. Se ne accorse anche il suo Capitano, che incredulo lanciava sguardi minacciosi prima ad Emma e poi a Regina.

Henry guidò Emma da Regina. Faccia a faccia, occhi negli occhi, si svegliarono come da un sogno.

«Sei bellissima.»

«Anche tu lo sei.»

Emma prese la mano di Regina e la strinse. Forte. Aveva bisogno di coraggio e senza saperlo stava dando un coraggio del tutto nuovo a Regina.

«Non posso sposarti» disse rivolta a Hook.

Si sfilò freneticamente l’anello di fidanzamento e lo posò sull’altare dietro di lei.

Regina istintivamente le riprese la mano.

Hook, sotto shock, non riusciva a capire cosa stesse accadendo. Rimase immobile, come pietrificato.

«Scusatemi» disse a Snow e a David. Inaspettatamente entrambi sorrisero. David prese in braccio Neal e cominciò a fargli agitare le manine, come se facesse il tifo per lei.

Emma rivolse lo sguardo a Henry. Il ragazzo sorrideva come non aveva mai sorriso prima, alzò i pollici in segno di ok verso sua madre.

Emma lasciò la mano di Regina, strinse i pugni, chiuse gli occhi e inspirò.

Dopo qualche momento di silenzio, il respiro di Emma riempiva la chiesa, la sposa si voltò di scatto verso Regina.

«Regina non posso sposarlo. Non voglio sposarlo. Quello che hai detto ieri, io provo tutte quelle cose per te. Insieme a te non mi importa di nulla perché ho tutto. Tu hai reso questo posto casa mia, tu per me sei tutto quanto.»

Parlava velocemente, troppo velocemente, a qualcuno degli ospiti più anziani sfuggì qualche parola, ma Regina aveva ascoltato, aveva capito.

«Anche tu per me sei tutto» mormorò Regina. Il battito del suo cuore accelerato, il nodo alla gola le davano la certezza che non fosse un sogno.

Fu Emma questa volta a sorridere, tese la mano verso Regina, in un gesto che pensava non avrebbe fatto mai più, e nel loro attimo infinito Regina si aggrappò alla mano di Emma. Corsero lungo la navata, tra gli sguardi increduli dei presenti.

«Il pranzo si terrà comunque, potete andare a mangiare!» disse Emma agli invitati e allo sposo mentre si chiudeva alle spalle la porta della chiesa.

Fu allora che Emma e Regina si guardarono negli occhi e iniziarono a ridere. Emma avvicinò il volto a quello di Regina, come aveva fatto tante volte, come avevano fatto tante volte. Avvicinò la fronte, il naso, le labbra. Un bacio, uno solo. Le mani di Regina sul volto di Emma. Un altro bacio, più lungo. E un altro. Si fermarono quando sentirono la porta aprirsi. Ci sarebbe stato tempo, tutto il tempo del mondo, per i baci. Per quelli che non si erano mai date fino a quel momento e quelli che si sarebbero date da quel giorno in poi. Senza fine.

«Torniamo a casa?» chiese Regina ad Emma.

«Sì.»

Sparirono abbracciate in una nube di fumo viola. Avevano tante cose da dirsi, tanti baci da darsi. Chiusero Storybrooke fuori dal 108 di Mifflin Street.

Il resto del mondo, il resto di Storybrooke, rimase a chiedersi come fosse possibile che Emma Swan, la Salvatrice si fosse innamorata della ex Regina Cattiva, per arrivare a comprendere, dopo un pranzo abbondante e qualche bicchiere di vino, che la loro storia non sarebbe potuta finire, o meglio iniziare in nessun altro modo.
 
 
“Non m'importa della luna
Non m'importa delle stelle
Tu per me sei luna e stelle
Tu per me sei sole e cielo
Tu per me sei tutto quanto”
- Gino Paoli, Senza Fine.
 
 
NdA Il presunto spoiler del matrimonio tra Emma e Hook, Take me home di Jess Glynne, Senza Fine di Gino Paoli e Alice di De Gregori sono stati indispensabili per la “nascita” di questa fanfiction, così come Julia Roberts e Il matrimonio del mio migliore amico.
Grazie a chi ha letto, ad Alu e Robs (come al solito). Grazie a Mara (Trixie) per essere molto più che una beta, guadagni altri 10 punti per Serpeverde!
  
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