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Autore: LadyStark    25/12/2016    2 recensioni
Dal testo:
"L’urlo dell’uomo sovrastò quella di Molly e non appena ebbe terminato la frase il silenzio che calò nell’appartamento fu così denso e pesante che quasi era possibile toccarlo. La rabbia di Molly svanì in un secondo, lasciando il posto a un misto di sensazioni che non capiva appieno neanche lei.
Sherlock Holmes, si girò verso di lei solo per afferrare la maniglia della porta e chiuderla, ritrovandosi da solo in camera sua, mentre imprecava silenziosamente. "
Piccola storia per augurarvi un Buon Natale.
[Sherlolly]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Orbene eccomi di nuovo! Volevo scrivere una cosa totalmente diversa, ma, come al solito le dita hanno preso il sopravvento e hanno scritto da sole.
Una piccola one shot, senza impegno e senza pretese, per augurarvi un Buon Natale!
LD
 
 
 
- Non credo sia la cosa più sensata. Anzi non credo sia proprio sensata in senso assoluto –
- Perché evidentemente la tua mente non ha ancora elaborato la cosa nella maniera più opportuna. – biascicò Sherlock Holmes, in evidente stato confusionale.
- Potreste chiamare Greg o… -
- Fuori su un caso –
- John perché non puoi restare tu? Tu sei il suo migliore amico –
- Che al momento è incazzato nero con lui, con una moglie che ha appena partorito e che potrebbe uccidermi prima ancora che metta piede in casa se oso perdermi i primi regali di Nataledi mia figlia… e proprio perché sono il suo migliore amico ho chiamato te. Noi saremo di ritorno per il brindisi con tutti gli altri –
- Perché non suo fratello? –
- Seriamente? – chiesero in coro i due uomini.
- Mrs. Hudson potrebbe… –
- Cerca di immaginare la scena -
- Ma io…. –
- Molly, il tuo gatto starà bene dal veterinario per un altro paio d’ore, potrai andarlo a prendere più tardi, non passerà il Natale in gabbia. – mugugnò il consulente Investigativo mentre si stendeva sul divano dando le spalle ai due ospiti.

John Watson guardò Molly Hooper con un’implorazione muta negli occhi.  Ci furono dieci secondi di silenzio assoluto, poi Molly sospirò e John la abbracciò – Grazie Molly. Metterò una buona parola per il ruolo di madrina della bimba -  le sussurrò all’orecchio prima di distanziarsi da lei e avviarsi verso l’uscita
- Sherlock, cerca di riprenderti e di non essere… troppo te stesso – urlò mentre scendeva le scale.
Molly sentì la porta d’ingresso aprirsi e richiudersi e un’occhiata alla finestra le confermò la fretta del dottor Watson di raggiungere sua moglie.  Sospirò, tirando fuori dalla borsa un libro e dirigendosi verso una sedia, dove avrebbe pazientemente aspettato che il padrone di casa riprendesse la lucidità che lo contraddistingueva. Non fece a tempo ad aprire il libro che sentì l’unico consulente investigativo al mondo saltare giù dal divano, mentre rideva sonoramente.

- Stai bene? – chiese Molly appoggiando il suo libro sul tavolo.
Sherlock si voltò a guardarla e per un momento lei trattenne il respiro: da quando l’uomo che aveva sempre uno splendido aspetto era ridotto così?
La barba era sfatta, di almeno tre o quattro giorni, i capelli spettinati ricadevano sul viso, chiaro segnale di aver bisogno di uno shampoo, la maglietta e i pantaloni del pigiama, pieni di pieghe e con qualche macchia di the qua e là, apparivano da sotto la vestaglia di seta, l’unico indumento che sembrava non richiedere un viaggio in lavatrice.

- Mai stato meglio – rispose lui guardandola per un secondo e notando il suo sguardo indagatore e preoccupato.  – Puoi andare a prendere il tuo gatto, ma ti consiglio di non fermarti a prendere quella birra con la tua amica – continuò mentre si dirigeva verso il bagno – no, Molly, non ti ho spiata, ma le tue dita sulla tastiera del cellulare hanno scritto ‘Meena’. Non ho ancora capito se era un “Mi dispiace, Meena” o un “Non mi piace, Meena”, ma non ha importanza –
Molly si alzò di scatto, seguendolo fin sull’uscio della porta, iniziando a parlare fin dalla sala
- Mentre stavo scrivendo avevi gli occhi chiusi e ti stavi lamentando, come sarebbe possibile…? -  lascò la domanda a metà, impossibilitata nel continuare senza balbettare davanti alla vista di uno Sherlock Holmes davanti allo specchio del bagno, i capelli umidi riavviati sulla testa, il petto nudo e la schiuma da barba sulle mani, pronta per essere applicata sul volto.
- Il suono dei tasti sul tuo telefono. Dovresti toglierlo, almeno per aumentare di qualche punto percentuale la tua privacy personale – si voltò a osservarla, non riuscendo a fermare un leggero sorriso nel vedere la faccia della donna cercare di rimanere impassibile, mentre la rabbia  e l’imbarazzo facevano a gara per mostrare i propri segni sulle sue guance. – Ora se non ti dispiace, per la mia privacy, chiuderesti la porta e mi aspetteresti in salotto mentre mi faccio una doccia e mi rendo presentabile? –

Molly chiuse in fretta la porta, ma rimase dietro di essa, per qualche secondo, in silenzio. Si sentiva decisamente sollevata dal fatto di non dover sostenere una conversazione con uno Sherlock Holmes mezzo nudo, ma non era del tutto convinta che l’uomo fosse completamente lucido.
- Molly, ho detto in salotto – arrivò dal bagno la voce profonda dell’uomo.
- Fino a due minuti fa eri a malapena in grado di riconoscere casa tua, non sono convinta tu sia nelle condizioni adatte per poter stare chiuso in una stanza da solo – ribatté la donna, la voce leggermente acuta per la preoccupazione e l’imbarazzo.
Dal bagno non arrivò nessuna risposta, se non quella dell’acqua che veniva aperta.
Molly sospirò rassegnata - Hai cinque minuti, capito? Se tra cinque minuti non esci, chiamo Greg. Intesi? – urlò prima di accomodarsi sul divano e riprendere in mano il suo libro.

Si lasciò trasportare dalla lettura e solo quando arrivò alla fine del capitolo si rese conto di quanto poco la sua minaccia nei confronti di Sherlock era poco verosimile.  Sospirò alzandosi e fece per bussare alla porta del bagno, ma rimase con la mano a mezz’aria, pronta a bussare, mentre la porta si apriva e dall’altra parte del bagno compariva uno Sherlock totalmente diverso rispetto a quello che aveva visto pochi minuti prima. Avvolto in un accappatoio, con i capelli ancora gocciolanti e la barba fatta, Sherlock la guardava con il solito sguardo che lo contraddistingueva dagli altri uomini. Molly sorrise impercettibilmente notandolo.

Era tornato lucido e presente a se stesso.  Poi il suo sguardo seguì una goccia che dai capelli era scivolata su una guancia seguendo i lineamenti dell’uomo, scivolando sul collo, creando una scia umida che creava non pochi problemi nell’autocontrollo di Molly.
La donna ebbe bisogno di chiudere gli occhi e prendere un profondo respiro per togliere dalla sua mente l’immagine del collo di Sherlock e mettere invece insieme i pezzi. Quando li riaprì il desiderio di schiaffeggiare l’unico consulente investigavo al mondo si fece incredibilmente grande.

- Tu non sei mai stato male! – urlò indignata.
- E ti ho risparmiato un aperitivo noioso con un’amica che ti avrebbe presentato qualche altro uomo con cui avresti intrapreso una relazione che si sarebbe basata su una conversazione che avrebbe più congiuntivi sbagliati a causa dell’alcool che sorrisi sinceri – fu la risposta dell’uomo, mentre la superava dirigendosi in camera sua.
Molly, infuriata lo seguì – Tu hai finto di stare male e mi hai costretto a perdere tempo mentre tu ti facevi una doccia, per non farmi uscire? –
Sherlock la osservò attentamente: il petto di lei si alzava e abbassava velocemente, le guance rosse e le mani serrate sul libro erano segnali chiari di una rabbia che sarebbe solo peggiorata se non le avesse chiesto scusa. Questo lo aveva imparato.
- Manderò qualcuno a prendere il tuo gatto dal veterinario  - disse mentre afferrava il suo cellulare – e anche a prendere a casa tua i regali che hai comprato e un cambio d’abito per il brindisi, non vorrai sicuramente scambiare gli auguri di Natale con qualcosa di non elegante –
Molly lo fissava sbalordita. Non riusciva a capire se Sherlock fosse davvero sotto l’effetto di qualche droga o se semplicemente avesse deciso di rovinarle il Natale, ancora una volta.

- Mi hai obbligata a rimanere qui a fare niente, mentre tu non stavi male! Si sono preoccupati tutti per te! John, Mary, io mi sono preoccupata per te! Diamine e tu saresti quello intelligente? Non solo hai rovinato i miei piani della giornata, ma hai causato preoccupazione ai tuoi amici! I tuoi amici, Sherlock! –
Molly urlava.
Sherlock Holmes non aveva idea di come poterla farla smettere. Non stava forse facendo qualcosa di carino per rimediare? Perché continuava ad avere quell’espressione infuriata?
- Molly – disse lui con voce calma, profonda,mentre apriva l’armadio dandole le spalle, per scegliere un completo da indossare.
- Diamine Sherlock! Guardami e dimmi di grazia perché hai deciso di fare questa farsa ai miei danni anche questo Natale!  - la sua rabbia era fuori controllo.
- Per proteggerti! –

L’urlo dell’uomo sovrastò  quella di Molly e non appena ebbe terminato la frase il silenzio che calò nell’appartamento fu così denso e pesante che quasi era possibile toccarlo. La rabbia di Molly svanì in un secondo, lasciando il posto a un misto di sensazioni che non capiva appieno neanche lei.
Sherlock Holmes, si girò verso di lei solo per afferrare la maniglia della porta e chiuderla, ritrovandosi da solo in camera sua, mentre imprecava silenziosamente.
Molly, da parte sua, era rimasta in piedi, a metà tra il bagno e la camera da letto, incapace di muoversi o di formulare un pensiero sensato. Sentiva che le gambe iniziavano a cederle e un leggero senso di tremore pervaderla. Stava per tornare in salotto, alla ricerca di un appoggio come il divano ma le sue gambe si rifiutavano di ubbidirle.  Non sapeva ancora definire cosa la stava spaventando di più, se l’urlo di Sherlock o l’idea di essere in pericolo, in ogni caso sapeva che quello di cui aveva bisogno ora era sicuramente sedersi e magari avvolgersi in una coperta calda, come era solita fare a casa sua, ogni volta che aveva una giornata pesante.
Quasi non si accorse della porta che si apriva  e di uno Sherlock Holmes, vestito di tutto punto che le prendeva il libro dalle mani, e la conduceva lentamente sul divano in salotto.

- “Cime Tempestose” – disse Sherlock osservando la copertina, nella speranza di stemperare la tensione – probabilmente è uno di quei libri che John mi rimprovera non conoscere –
- Proteggere da cosa, Sherlock? – domandò Molly fissando un punto davanti a lei.
Sherlock la guardò, constatando con fastidio quanto lei fosse impaurita. Il perché fosse infastidito lo colpì con una tale violenza e un pizzico di ironia, che per un attimo si rifiutò di accettarla.

- Da qualcuno che potrebbe farti del male. Non so ancora di preciso chi sia, Molly, per questo ho deciso che farti rimanere qui sarebbe stata la scelta più logica. In questo modo potevo essere certo che tu non fossi in pericolo – terminò a fatica la frase e la cosa non passò inosservata alla donna, che sembrò riscuotersi dai suoi pensieri. Si alzò di scatto, e fissò l’uomo con fare accusatorio.

- Hai finto di esserti drogato per fare in modo che io venissi qui con la scusa di badare a te e rimetterti in sesto prima che arrivino gli altri? -  domandò
- Sì – rispose Sherlock sostenendo il suo sguardo
- Hai fatto in modo che nessun altro potesse essere libero e hai convinto il tuo migliore amico che tenermi qui fosse la cosa più logica da fare, mettendo su tutta questa farsa? –
- Stai cercando di rubarmi il lavoro, Molly Hooper? – domandò Sherlock aprendo distrattamente il libro che lei stava leggendo, sfogliando qualche pagina
- Non potevi semplicemente avvisarmi? Avvisare qualcuno? –
- Molly ti considero una donna intelligente, non farmi cambiare idea –
- Prego? –
Il tono di voce di lei era nuovamente arrabbiato. Sherlock chiuse il libro poggiandolo sul divano, alzandosi a sua volta. Avanzò nella direzione di Molly, a passi lenti, mentre lei, come intimorita da quella calma glaciale che accompagnava l’uomo, si ritrovava a indietreggiare, fino a quando non avvertì lo stipite della porta che dava sulla cucina contro le sue spalle.

Gli occhi nocciola di lei si erano incatenati a quelli azzurri di lui, incapaci di staccarsi.
- Se ti avessi avvisato -  mormorò Sherlock con una lentezza estenuante per entrambi - ci sarebbe stato il rischio che chiunque sia che stia progettando di farti del male lo avrebbe saputo. In questo modo invece siamo riusciti a mantenere le apparenze. E soprattutto ho avuto modo di avvisare la mia rete di senzatetto per ottenere qualche informazione in più, mantenendoti al sicuro –
Molly trattenne il respiro.

- Mi interessa relativamente correre rischi per la mia vita ma trovo estremamente importante non mettere in pericolo quella degli altri – allungò una mano per accarezzare lievemente il viso della patologa – non mettere in pericolo la tua –
Molly chiuse gli occhi, sospirò beandosi del tocco della mano di Sherlock sulla sua guancia e quando li riaprì si sorprese nel vedere un sorriso dipinto sul volto dell’unico consulente investigativo al mondo. Fece un piccolo passo in avanti e si protese sulle punte dei piedi. Per un attimo fu indecisa sulla direzione da prendere, ma poi piegò la testa, andando a sfiorare con le labbra la guancia dell’uomo.

Fu quando fece per ritrarsi che incrociò nuovamente lo sguardo di Sherlock, leggermente sorpreso, e sentì il suo respiro mischiarsi con il proprio. Cercò di imporsi di rimanere presente a se stessa, mentre il suo cervello e il suo cuore battagliavano.
Ci volle meno di un secondo perché il cervello si dichiarasse sconfitto.

Molly afferrò il colletto della camicia di Sherlock e colmò la distanza tra le loro labbra. Non si aspettava che lui la ricambiasse, non si aspettava neanche che lui la cingesse e le dichiarasse amore eterno, ma non aveva resistito. Non voleva più resistere. In fondo era solo un bacio, uno sfiorarsi di labbra.
Non si aspettava che Sherlock Holmes sospirasse contro le sue labbra e cercasse di approfondire quel contatto con dei piccoli morsi, mentre le sue mani erano scivolate sulla schiena di Molly, premendo il suo corpo contro il proprio.
Fu provvidenziale l’udito di Sherlock, che si staccò di malavoglia dalle labbra della patologa, un attimo prima che Mary e John e la piccola nuova Watson entrassero in casa.

 - Abbiamo fatto prima del previsto e siamo venuti ad assicurarci che tu non stia combinando danni – Disse John – ah, mi spieghi perché il gatto di Molly è nell’appartamento della signora Hudson  e non qui? –
Mary guardò Sherlock, poi Molly e infine suo marito.
- Probabilmente per la bimba, giusto Sherlock? Molly sarà stata così cara da non voler rischiare che i peli del gatto possano irritare la bimba. Non c’è problema, andiamo noi a portarlo su, giusto John? –

Il medico militare la fissò dubbioso per un attimo, poi senza possibilità di replica seguì la moglie giù per le scale. Alla domanda del perché fossero scesi in due lei lo guardò sorridendo sorniona.
- John, non hai visto che erano sotto il vischio che ti ho fatto mettere sotto la cucina? – domandò.

Al piano superiore, Sherlock Holmes e Molly Hooper ridevano l’uno sulla spalla dell’altra. 
 
  
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