Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Stella94    10/01/2017    2 recensioni
Dal primo capitolo:
"─Dove andrai?
Gli domandò con voce gracile, quasi con timore. Perché non voleva pensarlo nuovamente lontano, non voleva pensare che stava per perderlo ancora, non voleva pensare che non poteva più raggiungerlo, che lo aveva riabbracciato solo per dirgli addio.
Jon si voltò verso di lei. Il fuoco gli illuminò il profilo del viso più maturo di come ricordava. Aveva occhi grandi e profondi, due cerchi oscuri ricolmi di ombre nelle quali ci si specchiava vedendosi fragile, vulnerabile, un fuscello nella balia della tempesta.
─Dove andremo semmai."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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                                                           Bello come essere liberi

 
 
 






Quando ebbe finito di vestirsi, trovò Jon ad aspettarla fuori dalla porta, come aveva promesso. Gli abiti erano ancora umidi sulla pelle, ma Sansa nascose comunque la testa sotto il cappuccio del mantello.
I suoi capelli rossi erano una particolarità troppo evidente da nascondere.
─Vieni qui, moglie mia.
Sansa sentì le guance andare in fiamme. Non era ancora abituata a sentirsi chiamare a quel modo da suo fratello, ma accettò comunque l’invito del ragazzo, e con grazia gli strinse la mano, lasciandosi guidare.
La locanda doveva essere già affollata, nonostante fossero solo le prime luci del mattino.
 I chiacchiericci che provenivano dalla sala comune erano incessanti, risate e imprecazioni che suggerivano un locale gremito di quelli che sembravano gente semplice e contadini dall’insaziabile appetito.
Non si sbagliò. Le venne naturale nascondersi dietro la schiena di Jon, nel momento in cui si rese conto di quanti uomini fossero stipati nella locanda, dietro i tavoli già cremiti di latte, vino e pane nero.
Alcuni nel vederli, gli lanciarono occhiate di curioso scetticismo, altri semplicemente non si accorsero della loro presenza, le bocche piene e avide di cibo.
Jon accostò le labbra al suo orecchio.
─Ho detto a Liana di chiamarmi Sam. ─ Le fece sapere sussurrando ─Se dovesse chiedere il tuo nome, inventatene uno.
Annuì non troppo certa di essere capace di dire addio a Sansa ancora una volta. Interpretare Alayne era stato un gioco addirittura semplice, ma ora non era più la figlia bastarda di un ereditario intrigante e astuto. Ora era una moglie, amabile, taciturna, attenta moglie di un uomo che le stava stringendo la mano, e che sembrava del tutto diverso da qualsiasi uomo le si era presentato davanti facendole promesse e concedendole sorrisi.
A Jon non interessa il mio aspetto, e neppure le mie terre. A Jon interessa la vera me, quella parte rotta che posso rendere di nuovo pura, limpida, per lui.
─Oh ecco i miei pulcini ─ gracchiò Liana dall’altra parte del bancone. Quella mattina sembrava particolarmente allegra, nella sua tunica di lana scura e un grembiule pasticciato di farina e impasto secco ─Vieni, Tristifer, voglio farti conoscere la moglie di Sam.
Tristifer, che fino a quel momento era stato di spalle, seduto ad un tavolo occupato da tre brutti ceffi, si girò con svogliato interesse, prima di mettersi diritto impugnando un corno di birra.
Nonostante Sansa se lo fosse immaginato come un tipo grassoccio, dalla barba lunga e ispida e labbra sottilissime come due vermi viscidi, si rivelò in realtà un ragazzo giovanissimo e addirittura di gradevole aspetto.
Con i suoi capelli corti di un biondo bruciato come il miele, ed occhi chiari e piccolissimi, Tristifer assomigliava ad  un affascinante contrabbandiere che pareva nascondere segreti intriganti e avventure dall’oscura natura. Dal modo in cui avanzò verso di loro, con le spalle dritte e la testa inclinata verso l’alto, Sansa capì che doveva fare quell’effetto a quasi tutte le donne, aspetto di cui ne era fieramente certo.
Venne così vicino che Sansa riuscì a distinguere alla perfezione le sfumature cristalline dei suoi occhi di cielo, e la forma obliqua di una piccola cicatrice sulla fronte, che gli conferiva un’aria seducentemente selvaggia.
Bevve un sorso di birra dal suo corno prima di alzare un sopracciglio. Dietro le spalle di Jon, improvvisamente rigido e guardingo, Sansa sperò di scomparire, diventando quasi invisibile.
Ma nonostante i suoi sforzi e il cappuccio che le celava gran parte del viso, Tristifer la vide lo stesso, osservandola a lungo, quasi come se fosse riuscito a liberarla di quell’rimbombante indumento solo con lo sguardo, e lei fosse li, ferma davanti a lui, con il viso ben in vista e i capelli rossi sciolti sulle spalle.
Non le piacque il modo in cui alzò un angolo della bocca.
─E così questa è tua moglie? ─ Anche il suo tono ostentata una sfaccia sicurezza ─E ha un nome?
Sansa si schiarì la voce, la mente improvvisamente vuota.
─Jeyne.
Mormorò con un tono gracile, la prima cosa che le passò per la testa. Non seppe perché scelse proprio Jeyne, c’erano tanti nome che conoscevano, più nobili e meno comuni di quello. Ma Jeyne era un ricordo prezioso di un passato fatto di ballate e di canzoni, sussurri dolci e risate gioiese. Forse le avrebbe portato ancora fortuna.
Oh Jeyne…
─Sei stato davvero gentile ad offrirci un passaggio sul tuo carro per Porto Bianco ─ Ringhiò Jon nascondendo Sansa ancora di più dietro la sua schiena. Se lei non aveva gradito il modo in cui Tristifer si era soffermato ad osservare il suo viso, Jon doveva aver provato un fastidio addirittura maggiore, a giudicare dal suo tono solenne e grave ─Ma abbiamo fretta, preferirei che partissimo al più presto.
─Tranquillizzati, compagno ─ Disse Tristifer bevendo dal suo corno di birra, se è possibile il suo ghigno divenne ancora più irritante ─Tristifer ha osservato e ha capito. Fuggiaschi non è così? Vi terrà nascosti per bene tra le sue merci in cambio del doppio della somma pattuita.
Era troppo impegnato a guardarsi le unghie per accorgersi della mano di Liana, che come un fendente d’accio si abbatté dietro la sua nuca facendogli perdere l’equilibrio, gocce di birra che stillarono dal suo corno.
─Maledetto farabutto! ─ Liana, rossa in viso, gli urlò contro facendolo arretrare ─Non ti dovranno un bel niente. Li accompagnerai a Porto Bianco e ti assicurerai che  arrivino sani e salvi, dopodiché dirai a tuo padre che Sam è disposto a lavorare per lui in cambio di una cabina sulla sua nave. Sono stata abbastanza chiara?
 
 
E chiara lo era stata, senza ombra di dubbio. Dopo aver lasciato la locanda, Tristifier condusse Jon e Sansa sul suo carretto, trainato da due palafreni in buone condizioni. Con il figlio del capitano del Sorriso della Fanciulla, viaggiavo altre tre uomini. Due restarono nascosti tra le merci dentro al carro stipati di carne secca, pelli d’animale, frutta, verdura quasi tutta già andata a male e pesce sotto sale, uno viaggiò con Tristifer accanto al loro signore, così come lo chiamavano.
Il cammino non fu piacevole e comodo. Sansa era costretta a stare piegata, dietro a una colonna di casse da cui proveniva un forte odore di rancido. Jon le era accanto, e per quello che poteva la teneva stretta, rendendole più confortevoli gli urti contro le buche e i sassi delle strade disastrate e fangose.
Durante il tragitto, Jon scorse Spettro che li seguiva, mantenendosi ad una debita distanza. A Sansa non sfuggì il sospiro rammarico di suo fratello, i suoi occhi che persero la lucentezza, diventando profondi e scuri come tenebre senza fondo.
Sa che dovrà lasciarlo andare.
Cercò di confortarlo stringendolo per un braccio. Ma Jon si allontanò ancora di più nella sua frustrazione e per tutto il pomeriggio non aprì bocca.
Dormivano poco e male, accampati come meglio potevano sotto querce e pini, a ridosso di caverne vuote, dove la strada lasciava spazio ad una radura resa bianca dalla neve, e lì cercarono di scomparire, sotto cumuli di pellicce riparati dalle casse.
Più passavano i giorni e più Jon diventava irrequieto, e la presenza di Tristifer sembrava olio colato sulla sua irascibilità già tutta fuoco e fiamme.
C’era qualcosa nel modo in cui si rivolgeva a quel ragazzo e ai suoi scagnozzi, che a Sansa faceva venire in mente un lupo feroce dalle zanne grondanti di bava dalla fame.
Tristifer era un tipo aitante, sicuro del suo aspetto e con numerose disdicevoli storie da raccontare, che secondo il suo parare, facevano crollare ai suoi piedi qualsiasi donna a cui le rivelava.
Sia a Sansa che a Jon non era sfuggito il modo in cui le si rivolgeva, né le occhiate languide che sembravano metterla a nudo ogni qual volta Jon fosse distratto, e neppure i suoi sorrisi, così sempre troppo aperti, o troppo sottili, da spingerti a riflettere su quale sarebbe stata la sua prossima mossa o quale fosse realmente il suo intento.
Ed era in quei momento che Jon diventava più feroce.
La teneva continuamente stretta, al suo fianco. Le imponeva di tenere sempre la testa nascosta quanto più possibile sotto al cappuccio, e di notte non chiudeva occhio, neppure per un misero secondo.
Si stendeva al suo fianco, dietro la schiena. Le afferrava la vita con un braccio premendosela contro. E restava così fermo, senza muoversi, senza quasi respirare, come un abbraccio di granito che neppure mille uomini sarebbero stati in grado di frantumare.
Ed era in quei momenti che Sansa sentiva e si sentiva colpevole. C’era una sorta di intimità in quella stretta, quasi come un voler ribadire al mondo che gli appartenesse e che avesse sfidato chiunque fosse stato abbastanza stolto da ribadire il contrario.
Ci si sentiva davvero. Sua. Ed era quasi bello. Anche Sansa voleva restare sveglia in quei momenti, ma cadeva quasi subito in un sonno profondo, cullata dal rumore dei suoi respiri, quelle braccia forti che la tenevano fino a renderle impossibile capire dove iniziasse uno e finisse l’altro.
E al risveglio era ancora lì, immobile con gli occhi aperti, solo l’ombra di un sorriso quando Sansa gli scostava i capelli dalla fronte.
─Ancora oggi, ti chiedo di fidarti di me.
Le sussurrava, e lei si fidava. Si fidava ogni giorno.
Arrivarono a Porto Bianco all’alba del sesto giorno di cammino. Il cielo di un grigio pallido colorava le acque del Mare Stretto di un blu intenso, carico di ombre, quasi senza fondo.
Fuori da quel carro la realtà pareva immensa e troppo grande da essere contemplata. Sansa si guardò intorno cominciano a respirare un’aria nuova, che sapeva di libertà e promesse. Quasi si concesse addirittura di credere che questa volta sarebbe stata davvero diversa, e per un attimo fu di nuovo quella ragazzina ingenua che piena di sogni superò le porte di Grande Inverno diretta verso quello che credeva il suo sfavillante futuro.
Forse questa volta…
Si guadò intorno rendendosi conto di essere sola. Con lo sguardo trovò Jon poco lontano, nascosto in un angolo, dietro a casse e a vecchi sacchi pieni, la struttura di una vecchia casa decadente a fornirgli da riparo.
Nonostante il sole non fosse del tutto sorto, c’era già grande fermento al porto. Alcune navi, pronte a salpare, stavano per essere riempite di viveri, metalli preziosi, oro e gioielli, vino di Arbor prezioso e frutta matura, dierette dove sarebbero state svuotate e riempite di altri beni di prima necessità.
I loro equipaggi si spintonavano dandosi ordini. Pescatori in arrivo dal male trasportavano il loro carico in carretti sgangherati per le strade fangose della città, altri mercanti di preparavano a scambiare le loro monete in cambio di cibo e particolarità delle terre lontane da rivendere il doppio.
Sansa si fece largo tra la folla con il cappuccio ben calato sulla testa. Quando raggiunse Jon capì il motivo di tanta discrezione.
Spettro gli stava di fronte, la testa leggermente alzata per guardarlo negli occhi. Quando il ragazzo si accorse della sua presenza, stirò le labbra in un pallido sorriso, poi piegò le ginocchia per raggiungere l’altezza dell’animale.
─Sei stato un buon amico ─ gli disse con un tono che Sansa non aveva mai sentito tanto incerto. ─Ma le nostre strade devono separarsi qui.
Il meta-lupo parve comprendere ogni parola. Affranto colpì il suo braccio con il muso, quasi come a convincerlo a restare, a ricordargli quello che potevano essere insieme.
Jon gonfiò il petto. L’impugnatura bianca di Lungo artiglio riluceva di un flebile bagliore sotto il sole rosso. Sansa pensò che quello era molto più di un lupo per Jon, era un’estensione del suo braccio, quell’occhio sempre aperto che gli mancava, il senso del pericolo che lo faceva arretrare quando non poteva esserci via di scampo.
Le venne in mente Lady e la dolcezza con cui le faceva sentire il suo affetto, la certezza della sua protezione.
Sta dicendo addio ad una parte della sua anima
Nel momento in cui suo padre Ned Stark era stato costretto ad uccidere il suo meta-lupo, Sansa si era sentita spezzata, ed ora Jon aveva proprio l’aspetto di un uomo che sta andando in frantumi, le schiena leggermente piegata dallo sconforto.
Gli appoggiò una mano su una spalla, quando Jon alzò il viso scoprì i suoi occhi più lucenti di come li ricordava. Erano umidi.
─Potremmo trovare un modo per portarlo con noi. Nasconderlo.
Il ragazzo scosse la testa ─No. La sua presenza desterebbe troppo sospetti e solleverebbe domande. Inoltre Spettro appartiene al Nord. È questo il suo posto. Non può seguirci. Lui lo sa.
Accarezzò il suo pelo bianco e folto, l’animale mugugnò sconfitto e restò fermo quando Jon appoggiò la fronte tra le sue orecchie, gli occhi chiusi come a volersi impedire di piangere.
─Tornerò, te l’ho prometto. Questo non è un addio. Grazie per tutto quello che hai fatto per me.
Forse se Spettro sarebbe stato in grado di parlare, lo avrebbe implorato di non partire, di ritornare indietro e ricominciare a nascondersi, nel buio, nel bosco, tra le nubi gelide del Nord, a Castello Nero, a Grande Inverno, in una caverna, al freddo.
Ma tutto quello che uscì dalla sua bocca fu solo un ululato straziante e smorzato dal rancore. Jon si rimise in piedi e gli voltò le spalle. Aveva i pugni chiusi, le labbra piegate in una smorfia affranta.
Si era spezzato, pensò Sansa, eppure rimaneva ancora quella inespugnabile muraglia in cui desiderava rifugiarsi. C’era coraggio nella sua espressione impassibilmente dura, e determinazione che faceva muovere i suoi passi.
Jon era tutto quello che Sansa non sarebbe mai stata. Lei era quella che si illudeva di poter nascondere un meta-lupo su una nave, Jon preferiva dirgli addio affinché fosse felice nel luogo in cui era nato.
 
 
─Non vuoi soldi hai detto?
Chiese per la quinta volta Braiden spacca- ossa, capitano del Sorriso della Fanciulla, mentre con le mani sui suoi fianchi osservava entrambi, un cipiglio cinico sul viso paffuto.
Tristifer li aveva presentati a suo padre come cari amici di Liana. Braiden aveva obbiettato dicendo che quella baldracca di sua sorella aveva tanti amici e neppure uno disposto a definirla tale nelle chiacchiere da bordello. Poi imprecò contro la sua lingua lunga e infinite rimase ad ascoltare, per nulla interessato, quasi infastidito.
Braiden era un uomo grasso, ma abbastanza robusto da poter ridurre in poltiglia un otre pieno di vino di Arbor, stringendolo solo tra le sue grosse braccia. Tristifer le aveva raccontato che un tempo suo padre era stato un tipo avvenente, con folti e lunghi capelli color dell’ambra. Di quella sfumatura dorata non era rimasto più nulla, e neppure del suo bell’aspetto.
Sembrava solo lo sfuocato riflesso di quello che un tempo sembrava essere stato in incantevole dipinto. Gli erano rimasti lunghi riccioli bianchi e crespi legati in una lunga coda di cavallo, e le sue folte sopracciglia nascondevano occhi azzurri privi di lucentezza. Non era un giovane nel fiore degli anni, ma non era neppure un vecchio decrepito debole e deperito. Si manteneva in forma e gli uomini del suo equipaggio si rivolgevano a lui con timoroso rispetto.
Perfino Jon sembrava un gracile fanciullo al suo cospetto.
─No ─ Confermò suo fratello con la mano stretta sull’impugnatura di Lungo artiglio ─Solo una cabina per me e per mia moglie. Abbiamo un bisogno disperato di lasciare queste terre, e siamo sprovvisti di conio.
Braiden incrociò le braccia sul suo petto massiccio.
─Niente soldi e immagino anche niente domande.
Jon gli lanciò uno sguardo impassibile, ma nel modo in cui chiuse e aprì le palpebre c’era un severo assenso che non stupì il capitano.
─Sono disposto a lavorare tutto il giorno e a svolgere qualsiasi incarico tu mi assegnerai.
─Aye ─ Braiden si lisciò la sua lunga barba lanciano a Sansa uno sguardo di curioso interesse ─Non ho mai avuto donne a bordo. Tua moglie è una splendida fanciulla, e non ho idea di come reagiranno i miei uomini a vederla aggirarsi sulla nave. Si è deboli a volte di fronte a certi istinti. Non posso garantire la sua incolumità e neppure posso mozzare il cazzo al mio intero equipaggio. Dovrai pensarci tu a proteggerla. Se le dovesse succederle qualcosa, saranno solo problemi tuoi. Non voglio guai su questa nave.
Sansa sentì la morsa del terrore stringerle lo stomaco, e all’improvviso intraprendere quel viaggio le sembrava la cosa più sbagliata che potessero fare. Ma fu solo un attimo, prima di vedere digrignare i denti sotto le labbra, ridurre i suoi occhi a due fessura d’ombra.
─So tenerla al sicuro ─ ringhiò quasi come un lupo ─ Non devi preoccuparti.
Benjen lanciò un’occhiata curiosa a Lungo artiglio che penzolava dal suo cinturone.
─Lo vedo, Sam.
Pronunciò il suo nome quasi come un’accusa, e in quell’istante Sansa capì che il capitano sapeva, o che aveva già immaginato. Cambiare identità non significava cancellare chi erano, come aveva già dolorosamente verificato un tempo. Perfino i sussurri potevano avere la stessa intensità di un grido, e quelli che si portavo dietro erano parecchi rumorosi.
Tuttavia quando salirono a bordo, nessuno parve dare a loro più attenzione di quanto la si dedica ad una coppia di giovani sposi.
Sansa sentiva lo sguardo degli uomini su di se, ma non era una sensazione che le incuteva panico e terrore. Nel muoversi sul vecchio ponte di legno, scoprì di essere imbarazzata, sperduta e disorientata. Poteva quasi essere un moscerino, lasciato libero di ronzare in un mondo troppo grande e imponente per le sue piccole ali.
Ma era bello volare dopotutto, e quando la nave salpò e il porto cominciò a diventare un puntino indistinto all’orizzonte, si sentì finalmente come aperta, e il suo cuore respirò un’aria tutta nuova che sapeva di Jon, di promesse e di una voglia che la fece sorridere ancora.
 
 
 
CONTINUA…

 
 
Innanzitutto mi scuso per il tremendo ritardo. Ma mi capirete, ci sono state le vacanze di natale, quindi ho avuto davvero poco tempo per scrivere, tra parenti, cene pranzi, amici. Sono stata impegnata parecchio, e non trovavo mai neppure un minuto per aggiornare, nonostante avessi finito di scrivere il capitolo da molto tempo. Inoltre ho dovuto accontentare altri miei lettori che mi stavano chiedendo da mesi la fine di una storia, quindi ho dovuto momentaneamente sospendere questa per completare un altro progetto.
Ma siamo qui! Come sono andate le vostre feste? Spero bene! Colgo l’occasione per augurarvi un buon anno (anche se leggermente in ritardo) e tante bellissime cose!
Tornando al capitolo… questo, anche se privo di eventi importanti, segna la fine della prima parte della storia. Ora siamo nel vivo, quindi inizierà il viaggio, la scoperta di questa nuova terra, le prime interazioni importanti tra i protagonisti. Ne ho inseriti alcuni nuovi, teneteli d’occhio perché avranno la loro parte nella storia, e nulla! Spero vi sia piaciuto. Non vedo l’ora di scrivere i prossimi capitolo ( e forse di farci leggere un progetto nuovo che sto scrivendo )
Grazie mille per essere ancora qui! Vi mando un grosso bacio!

 
 
 
   
 
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