Le creste delle montagne, mentre la nave si dirige a Kanto, sono onde che lambiscono il mare; si susseguono negli occhi meravigliati di Lillie per poi abbandonarla. Lillie sa che quell'addio si congiunge a partenza.
Se ripensa velocemente alla sua grande avventura, in cui vi si possono riflettere numerose nuove esperienze, sente gli occhi inumidirsi – forse di un pianto di cui si vuole liberare una volta per tutte, un pianto che non si addice più alla rinnovata lei. Lillie aveva pensato a lungo a quel cielo in cui instancabilmente si susseguivano le tonalità del giorno e della notte; pensava che nulla in quel cielo si addiceva a lei, le nuvole erano vestiti che non riusciva ad indossare. Ora può guardare direttamente il cielo, apprezzandone i bagliori, desiderando di poterlo avere fra le mani; è soddisfatta di poter essere felice senza alcun vincolo.
Lillie porta una particolare riconoscenza ed un forte affetto in quell'Allenatrice speciale che ha ottenuto il titolo di Campionessa. La ammira con una purezza mista a devozione che le trasmette tanta gratitudine. Lillie aveva pensato a lungo, nel suo letto freddo, a sua madre e a suo fratello. Lillie chiude gli occhi e dice addio a tutte le brutte cose che l'avevano inseguita per tutti quegli anni – si libera dalla sua stessa staticità. Lillie porta ali senza piume.
Il rumore dolce del mare è una culla per i suoi pensieri, ma la riporta al contempo alla realtà. La sua realtà è in movimento, la terra si smuove, le onde la proiettano verso l'orizzonte svuotato da tutti i pensieri. La Kanto che sogna è quella che l'Allenatrice ha vissuto e Lillie spera di poter rivivere le emozioni passate in quella nuova regione stranamente familiare. È l'avventura ad asciugare tutte le sue domande, è l'avventura a risponderle nel momento del bisogno: le dice di partire, di non voltarsi indietro, di crescere.
Lillie non è sfrontata, anzi, è un po' preoccupata e non si lascia trasportare da false speranze. Eppure si affida a ciò che non è, ad il «devo credere in me stessa», alle belle frasi che ha sentito dall'Allenatrice o da Hau – o dalla sua famiglia tanto tempo addietro. Sorride anche di fronte alla testardaggine di Cosmog, il suo piccolo eroe, un Pokémon maestoso. Ed è tutto ciò la sua culla, il suo scoglio. Una culla dal fresco odore del mare, che s'insidia lungo i cattivi pensieri e li purifica, una culla materna. Un addio dura intensamente, ma non è senza fine; è un addio che diventa arrivederci proprio quando ci si stacca dallo scoglio. È proprio l'azione a sconfiggere lo statico.