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Autore: suni    28/05/2009    14 recensioni
“Faccio sparire le prove di quanto sei imbranato, otouto,” spiegò limpido.
“Io non sono imbranato!” protestò Sasuke scandalizzato, alzando la voce e tingendosi d’un bel rosso amaranto, acceso. Lo scrutò ostile assottigliando gli occhi e corrucciò le labbra bizzoso, prima di voltargli le spalle. “Sei cattivo,” puntualizzò, facendo per allontanarsi.
Ovviamente, la gamba della credenza sembrò non approvare la sua idea di andarsene e, perfida, ostacolò il suo piede. Itachi lo arpionò al volo mentre precipitava tirato in avanti, afferrando il collo della sua maglietta.

Auguri, cia'.
Genere: Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Dimmi, otouto

Bene.

Sono riuscita a conservare l’assoluto silenzio, ho scritto custodendo gelosamente il segreto senza parlarne ad anima viva, così da essere sicura di non tradirmi, ho occultato questa cosetta per giorni attendendo questo momento…

Ed ecco, infine, il 28 maggio 2009, alle tre di pomeriggio circa.

Tutta per te, e vedici un po’ quel cavolo che ti pare.

Auguri, cia’. 25 anni di donna straordinaria.

Tivibi.

suni

(Ho scoperto che non sei l'unica a compiere gli anni oggi. Informati e gioisci *grin*.)

 

 

 

 

 

 

Imbranato

 

 

 

 

Faceva un caldo boia.

Itachi Uchiha non era il tipo da badare a cose del genere – che ci fosse un’afa torrida o un freddo polare, lui faceva quel che doveva fare senza significative variazioni – ma quel pomeriggio, inginocchiato davanti al tavolo della cucina a rileggere la pila di dossier degli incarichi ANBU svolti da tutta la sua squadra nei tre mesi precedenti, dossier che andava riletto, sottoscritto e mandato a Danzousama entro tre ore, il giovanissimo neocapitano cominciava ad avere qualche problema di torpore.

Gli occhi gli si incrociarono nel girare l’ennesima pagina e la faccia della foto segnalitica si fece sfumata e nebbiosa sul foglio. Itachi strizzò le palpebre un paio di volte, scrollò impercettibilmente la testa e si accigliò con gravità, esercitando un lieve sforzo di concentrazione. Raddrizzò anche signorilmente le spalle e riprese a leggere con più attenzione, serio e cupo.

E in quella la porta di una stanza al piano di sopra sbatté, risuonarono qualche passetto incespicante, un leggero mugugno, un tonfo, un sinistro colpo e l’inconfondibile suono della ceramica in frantumi.

“Ahia!”

Itachi sospirò silenziosamente tra sé, prima di accennare un sorriso.

Che razza di piccolo imbranato.

Continuò a leggere come se niente fosse, poggiando il mento nel palmo di una mano. Nel corridoio, di sopra, si udivano un ripetuto fruscio e lo stridio dei cocci trascinati sul pavimento, insieme a un sommesso borbottio solenne. Sicuramente Sasuke si stava lamentando con se stesso dell’osare di quello stupido vaso che s’era rotto al suo passaggio.

“Otouto?” si rassegnò pazientemente a chiamare Itachi, e il silenzio regnò immediato. “Tutto a posto?”

“Niisan? Sei in casa?” trillò Sasuke sorpreso e, evidentemente, vergognoso di essere stato colto in flagrante delitto.

“Già” commento Itachi noncurante.

Lo scalpiccio riprese di lena, poi si avverti il balzellare di Sasuke giù per le scale e infine la sua sagometta minuta comparve sulla soglia.

“Non stavo facendo niente, ” si affrettò a chiarire il bambino, maestoso.

“Naturalmente,” confermò Itachi senza alzare lo sguardo dalla pagina, annuendo condiscendente.

“Il vaso è caduto. Non so come sia successo, ” cinguettò ancora Sasuke con decisione, sgranando enfatico gli occhioni neri.

“Certo,” concordò Itachi impassibile.

“Io stavo soltando passando,” proseguì inarrestabile il bambino, distogliendo lo sguardo con un leggero arrossarsi delle gote. Itachi trattenne a viva forza un sorriso di scherno, assottigliando le labbra. “E lui…” continuò il minore, accigliandosi indispettito.

Itachi si alzò in piedi senza una parola, sospirando lieve. Sasuke lo guardò disorientato, con aspettativa, mentre lui girava intorno al tavolo e gli s’avvicinava per poi oltrepassarlo.

“Dove vai?” chiese Sasuke, contrariato da quella scarsa considerazione. “Niisan!” aggiunse piccato, trotterellandogli dietro. “Ti sto parlando, tu non fai mai caso a me e sei…” aggiunse recriminatorio, con tono acuto e lacrimevole. La sua accusa s’interruppe quando Itachi, voltandosi di scatto, gli sfregò vigorosamente la mano tra i capelli, dispettoso, facendolo sussultare irritato.

“Stai un po’ zitto, otouto,” suggerì bonario, anticipandolo prima che l’altro iniziasse a protestare.

Sasuke spalancò la bocca con sorpresa, indignato, poi scrollò la testa guardandolo salire per le scale.

“Cosa fai?” riprese a martellare, riavutosi dall’evento.

“Occulto le prove,” rispose Itachi, spalancando la porta dello sgabuzzino.

Occosa?” lo inseguì la vocetta di Sasuke che, come da regolamento, balzellò su per i gradini senza mollarlo.

Itachi accennò un sorriso stanco, gettandogli un’occhiata non scevra d’una lieve esasperazione. Ma Sasuke era in cima alle scale con quegli occhi enormi, il nasetto storto di lato e le piccole dita delle mani intrecciate con impazienza. Anche desiderando particolarmente dedicarsi ad ogni costo alla sua rilettura delle missioni ANBU, sarebbe stato difficile resistere al piccolo sgorbio.

“Faccio sparire le prove di quanto sei imbranato, otouto,” spiegò limpido.

“Io non sono imbranato!” protestò Sasuke scandalizzato, alzando la voce e tingendosi d’un bel rosso amaranto, acceso. Lo scrutò ostile assottigliando gli occhi e corrucciò le labbra bizzoso, prima di voltargli le spalle. “Sei cattivo,” puntualizzò, facendo per allontanarsi.

Ovviamente, la gamba della credenza sembrò non approvare la sua idea di andarsene e, perfida, ostacolò il suo piede. Itachi lo arpionò al volo mentre precipitava tirato in avanti, afferrando il collo della sua maglietta. Lo recuperò penzoloni e se lo caricò in spalle mentre il bimbo protestava un minaccioso « Niisan!», scoppiando poi genuinamente in una composta risata quando i dentini di Sasuke si chiusero sulla sua scapola.

“Cosa credi di fare?” chiese, scrollandolo.

“Liberarmi!” rispose Sasuke con voce strozzata, impegnato nel divincolarsi.

“Ma non volevi che ti dessi retta?” ribatté Itachi compassato, schernendolo discreto.

“…Sì,” borbottò Sasuke, smettendo di dimenarsi.

Itachi lo calò a terra lentamente, poi recuperò ramazza e paletta e radunò i cocci alla veloce, mentre il fratellino si riassestava gli abiti stropicciati e osservava in terra contrito.

“Giochi con me?” frignò infine Sasuke, speranzoso.

“Adesso non ho tempo, otouto,” ribadì Itachi impassibile, accoccolandosi per raccogliere i cocci nella paletta.

“Niisan!”

“Ho da fare, Sas’ke,” ribadì lui, fermo e benevolo, prima di posare la paletta e, con un gesto fulmineo che Sasuke non riuscì minimamente ad anticipare, picchiettargli il dito indice sulle fronte, tra gli occhi. “La prossima volta,” concluse, rialzandosi.

“Niisan!” ripeté per l’ennesima volta Sasuke, irritato, mentre lui già si allontanava. “Mi annoio e papà ha detto che devo stare in casa perché sono stato malato, ma poi è andato via,” mugugnò poi corrucciandosi, avvilito.

Itachi si voltò di nuovo a guardarlo – ma come faceva ad essere tanto piccolo? – lì annegato nella sua maglietta tutto mogio. Era una lenza, Sasuke, e sapeva come muovere a compassione anche i blocchi di granito, ma aveva passato l’ultima settimana chiuso in casa a tossire con la sola compagnia di Mikoto che, da parte sua, aveva tante altre cose da fare. Osservò le sue braccia abbandonate tristemente lungo i fianchi, le labbra arcuate verso il basso e le spalle cadenti, ed emise un lieve sbuffo.

“Vieni,” cedette, atono.

Sasuke sollevò la testa di scatto, illuminandosi di un sorriso come un’oasi in mezzo al deserto. Il nero degli occhi riprese luce, le labbra si distesero come pieghe di tessuto e Itachi pensò che, a dispetto dell’avvenire inquietante che gli si prospettava, poteva ancora essere qualcuno di buono – poteva essere un uomo meritevole, se era capace di far nascere un sorriso come quello con una sola parola.

Sasuke gli s’incollò alle scarpe seguendolo al piano di sopra e lo tallonò persino mentre svuotava i cocci nella spazzatura. Lo osservò curioso mentre riempiva due tazze di tè e poi si andava a sedere in terra davanti al tavolo, a gambe incrociate, e si rabbuiò, deluso, intuendo che doveva lavorare e non avrebbe giocato con lui; ma Itachi lo richiamò.

“Vieni qui,” suggerì, battendosi la mano sul ginocchio. “Bevi il tè con me.”

Sasuke gli s’avvicinò e lui lo abbrancò per la vita, piazzandoselo in braccio come un piccolo panda. Sasuke, dapprima rigido di stupore, espulse un altro sorriso stupefacente e s’accoccolò soddisfatto nel nido umano.

“Chi è questo signore?” trillò allegro, indicando la foto segnaletica.

“Un amico del mio capo,” rispose Itachi vago, tentando invano di leggere.

“E questo?” E Sasuke rise di cuore, cristallino. “Guarda quello che capelli!” aggiunse impietoso, scattando su con foga ed indicando un’altra foto. Nel tendere il braccio urtò la tazza e quella si ribaltò sul tavolo, colando un po’ tè sui fogli prima che Itachi li sollevasse tempestivamente.

“Ops!” trillò Sasuke costernato. “Non volevo, non volevo!”

Itachi rimirò il piccolo disastro a denti stretti, prima di inspirare profondamente per non perdere la calma e lasciarsi sfuggire un’imprecazione.

“Otouto…” iniziò, vagamente truce.

“Non sono imbranato!” si difese Sasuke accorato scuotendo vigorosamente la testa, prima di tuffarsi contro il suo torace. “Non pensare anche tu che sono imbranato, niisan,” aggiunse a voce bassa e sottile, con quel tremolio infantile.

Itachi serrò le labbra con lontana amarezza, poggiando la mano sulla sua spalla e stringendola delicatamente.

“Non lo penso, otouto,” rispose grave, prima di accennare un sorriso ironico. “Penso tu sia solo un mocciosetto buffo.”

“Niisan!” protestò vigorosamente Sasuke sollevando la testa di scatto, ma gli occhi gli brillarono d’allegria quando il fratello gli rifilò un buffetto sul naso prima di schiacciarselo addosso di nuovo. Itachi lo strinse a sé e sentì le sue labbra arcuarsi in un altro sorriso contro il proprio collo, mentre annegava il viso in nere ciocche di capelli morbidissimi, inspirando a fondo e lungamente.

Sasuke profumava di serenità.









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(Otouto: fratellino. Niisan: contrazione affettuosa, fratellone.)
(E la disgustosa pucciosità OOC è tutta colpa di cia'. Toh)
(Un'ultima precisazione: questa fic è ambientata nel ciaraverse. Il ciaraverse è la visione di ciaraz della famiglia Uchiha, sviluppata in infinite speculazioni. Non conoscendolo, alcune cose potrebbero sfuggirvi. Abbiate pazienza.)

 

 

 

 

 

 

   
 
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