------Crema di Riso------
"Che
colore è?"
Domandò,
quando le divenne impossibile ignorare l'odore acre e pungente della tintura...
"Eh?..."
"Il
colore...quello che sta preparando....che colore è?"
"Ah!
E' un biondo! Una tonalità che su di lei starà davvero d'incanto!"
"...biondo?...."
"Sì!
La tonalità ha un nome....francese o fiammingo credo. Non lo ricordo
bene."
"Perchè
biondo?"
"Cosa?"
"Perchè
proprio bionda??"
"Non
credo sia possibile utilizzare il nero....non le si addice affatto..."
"......"
"Non
esistono giapponesi dai capelli biondi di natura....."
Rise.
"Non
ne esistono neanche con i capelli azzurri, di natura....."
Aggrottò
la fronte.
Un
sarcasmo davvero fuori luogo, per essere apprezzato.
"Vorrei
i capelli neri."
Decisa.
La
parrucchiera poggiò una mano sotto il mento.
"mmmm...non
credo le si abbini molto...."
"Vorrei
i capelli neri. Come tutti gli altri."
Sorrise
con un sorriso di compatimento.
Lei
odiava un simile atteggiamento.
Lo
aveva ricevuto per troppo tempo, e adesso, non lo sopportava più da nessuno.
Scosse
la testa.
"Non
glielo consiglio proprio. Il nero contrasterebbe troppo con il colore della sua
pelle...."
"Cos'ha
la mia pelle che non va?...
"Nulla,
per carità. Ma la crema di riso non si sposa affatto con il nero di
seppia...senza offesa, le darebbe un aspetto un pò malaticcio..."
"Crema
di riso?"
"Si....la
sua pelle è troppo chiara....si verrebbe a creare un contrasto troppo elevato
se i suoi capelli fossero tinti di nero..."
"..........."
Sospirò
impercettibilmente, lei.
"..........."
"Ed
il biondo invece?"
"Il
biondo le starebbe d'incanto....le darebbe quell'aspetto nordico e delicato che
tanto va di moda ultimamente...."
Sospirò.
Ancora una volta.
Questa
operazione si stava rivelando molto più seccante di quanto avesse immaginato.
Non
sopportava che la sua parola venisse messa in discussione.
"Che
sia..."
Tanto
sapeva che i suoi capelli sarebbero stati tinti di biondo, con o senza il suo
consenso...
Ad
ogni modo, la parrucchiera aveva ragione.
Il
risultato finale fu meraviglioso.
Quei
capelli chiari, simili ai raggi di un pallido sole invernale, le stavano
meravigliosamente bene.
Le
ricadevano lungo la schiena, adesso.
Erano
diventati lunghetti, sebbene ci avevano messo un bel pò per raggiungere quella
lunghezza.
Era
bella.
Molto
bella.
Si era
abituata a sentirselo dire da lui, più che a pensarlo da se realmente...
Toccò
con una mano quei capelli lisci e sottili, adesso tinti di biondo, che le
ricoprivano la testa.
Non si
era mai immaginata bionda, prima d'allora.
Veramente,
non si era mai immaginata con un aspetto diverso dal solito.
Non ne
aveva mai avuto nè il bisogno, nè l'occasione.
"Gliel'avevo
detto che il biondo le sarebbe stato benissimo!"
Lei
non commentò.
Continuava
a fissare allo specchio il risultato finale su di lei.
Effettivamente,
doveva riconoscere che erano veramente molto belli...
Si
lasciò scappare un piccolo sorriso.
Uno
per se stessa.
"Gia'..."
Fu
la sua unica, inavvertita, risposta.
Ci
sarebbero cascati tutti, come degli allocchi....
Se
il colore originario dei suoi capelli avesse potuto in qualche modo far sorgere
dei dubbi, quel biondo le avrebbe spianato anche questa, di strada...
E'
più "normale" una giapponese con i capelli tinti di biondo,
Che
una che afferma, ed insiste, che l'azzurro dei suoi capelli è naturale...
******
Ci
mise un pò ad abituarsi ad attribuire a se stessa, l'immagine che si presentava
ai suoi occhi tutte le volte che si trovava dinnanzi ad uno specchio.
Ma
si abituò.
Al
contrario di quelle lentine a contatto colorate, che riuscì a reggere un paio
di giorni prima che i suoi occhi si irritassero....
Giusto
in tempo.
Non
si sarebbe potuta ripresentare con quegli occhi scuri un giorno di più.
Per
lui, lei era bellissima.
Come
sempre.
Iniziò
a pensare che, anche rapata a zero, per lui sarebbe stata sempre tale.
Non
era riuscita a terminare di leggere per tempo i documenti che le erano stati
consegnati.
Non
li aveva ancora neanche firmati.
La
metropolitana di Neo Tokyo si era fermata, e la voce metallica dello speaker
annunciava il nome della stazione.
Lanciò un occhiata al di fuori del finestrino,
confermando ancora una volta il nome della fermata raggiunta.
Era
la sua.
Doveva
scendere.
Scostò
la schiena dalla parete del treno sotterraneo dove si era appoggiata lungo
durante il viaggio, e si affrettò ad uscire.
Una
folata di vento fresco segnò come al solito il suo ritorno in superfice.
I
lunghi capelli, da qualche mese biondi, svolazzarono all'impatto con l'aria
all'uscita della metropolitana.
Lasciò
che la sua mano scorresse come un pettine attraverso di essi, sistemandoli
svogliatamente dopo che l'aria li aveva scomposti.
Casa sua
non distava molto dalla fermata della metro.
Giusto
due isolati, e sarebbe arrivata.
Chissà se
lo avesse trovato in casa....
Sentì il
cellulare vibrare: due chiamate senza risposta.
Tutte e
due, della stessa persona.
Doveva
dirle qualcosa.
Decise di
richiamarlo, sostando sul marciapiede dinnanzi alle strisce pedonali,
attendendo il segnale del semaforo.
"Sono
io. Scusami, ma sono appena uscita dalla metropolitana. Cosa c'è?"
Lui
l'avvisava che aveva dimenticato le chiavi in casa.
"D'accordo,
sto per arrivare."
Sorrise.
Le disse qualcosa di carino.
Sicuramente.
"Certo
che sì."
"........"
Rise
silenziosamente.
"Ho
detto di sì! Sono per la strada, non farmi alzare il tono più del dovuto!"
Attraversò
le strisce pedonali continuando a parlare al telefono.
La
conversazione le ricordò improvvisamente un impegno che aveva dimenticato.
"Ah!
E' vero! Me ne ero completamente dimenticata!..."
Sarebbe
dovuta tornare a casa.
Ma quella
telefonata deviò il suo percorso, improvvisamente.
********
Era
lucido.
Talmente
lucido che si ci poteva quasi specchiare.
"Come
nuovo!"
Il
vecchio panciuto tirò fuori da sotto il bancone un violino.
Uno di
legno di ebano, di qualità non particolarmente pregiata....
Erano in
molti a domandarsi come mai non si fosse ancora decisa a cambiarlo con un
modello più interessante...
"Ha
gia' pagato tutto suo marito stamani. Non mi deve nulla!"
Si
affrettò a dire, prima che lei potesse tirar fuori dalla borsa la sua carta di
credito.
"Ho
anche sistemato l'archetto...era un pò consumato...."
Sorrisero
entrambi.
Lei,
ovviamente, con il suo solito contenimento.
"La
ringrazio."
Lo stesso
che,un paio di anni fa, lui con le lacrime le aveva insegnato....
"Grazie
a lei."
Sotto i
suoi occhiali rotondi, l'anziano violinista arrossì.
Portò una
mano dietro la nuca, come un imbarazzato studente liceale che ha appena ricevuto
il bentou da una ragazza....
"A
che punto..."
Stava per
andarsene, quando lui irruppe il silenzio, imbarazzato.
Lei gli
rivolse l'attenzione.
"A...a
che punto sono i nuovi lavori?"
"Per
il momento...tutto tace..."
Fu
confuso dalla sua risposta.
"Uh?"
"Per
ora..."
Strinse i
fogli di carta che ancora teneva poggiati al petto.
"...per
ora ho altre cose a cui pensare...."
Salutò,
ed andò via.
Senza
attendere una risposta dall'uomo.
Le
campanelline rosse, appese alla porta del negozio,suonarono al momento in cui
lei, la richiuse alle sue spalle.
Lasciando
all'interno di esso, solo il loro echeggiare nel silenzio.
Era una
zona molto trafficata, quella.
Per
quanto cercasse di estraniarsene, il rumore della strada violava i suoi sensi.
Vi era un
ingorgo, ed i clacson ricoprivano ogni cosa con i loro fastidioso strombazzare.
Lei, per
la seconda volta in quel dì, si ritrovava accanto ad un semaforo.
Tra le
mani, il violino all'interno della sua custodia...
e
nell'altra, stretti al suo petto, i documenti....
Si piegò
in avanti, cercando di intravedere aldilà dell'ingorgo che occupava l'intera
carreggiata, ma le fu impossibile vedere oltre quel serpentone infinito...
Sbuffò.
Le
persone in attesa come lei di attraversare la strada, si andavano man mano
accumolando...
Celando
l'azzurro dei suoi capelli, aveva anche celato il lato che la distingueva
maggiormente dal resto della massa.
E con
esso, anche quella sensazione di disagio, di estraneità, che sentiva nei
riguardi degli altri si era in qualche modo affievolita....
Nonostante
non avesse i capelli neri, come tutti gli altri.
<<E'
più normale incontrare una giapponese dai capelli tinti di biondi, che una che
afferma che i suoi capelli sono azzurri per natura.>>
Da quel
giorno, questa frase era come diventata il suo motto.
Nell'attesa,
riprese a leggere quei documenti custoditi gelosamente.
Ma
neanche in quell'occasione potè terminare la sua lettura.
Avvertì
un auto appostarsi accanto al suo marciapiede.
Classico
teatrino dei semafori di NeoTokyo-3
"Non
ho bisogno di un taxi."
Non lo
guardò neanche. Vi era abituata.
Figuriamoci
se in quell'ingorgo avresse preferito prendere un taxi, piuttosto che andare a
piedi.
Ma l'auto
non si mosse.
A
differenza delle altre volte. I secondi scorrevano lenti e pesanti come lo
sguardo del conducente su di lei...
Sebbene
non avesse distolto gli occhi dalle sue letture, lo avvertì in maniera
particolare.
Le diede
fastidio.
"Ho
detto che non ho bisogno di un taxi."
Infastidita.
Ancora,
colui che era a bordo di quell'auto non smise di fissarla.
"Lo
so..."
Fu la
risposta finale, che riuscì a far staccare gli occhi di lei da quei fogli e
finalmente, degnarlo della sua attenzione visiva...
Solo
allora capì perchè continuava a fissarla in quel modo....
Non tardò
a riconoscerlo.
Quel
viso...
Quell'espressione...
Quegli
occhi...
....anche
senza occhiali, non le furono difficili da riconoscere.
"Tu....."
La sola,
unica risposta di lei.
Si limitò
a dire solo quello.
Anche se
lui l'aveva conosciuta sin troppo bene per non immaginare che dentro la sua
mente, le parole non erano matematicamente numerabili...
********
In tutte
le case, vi è nell'aria un odore predominante,che in qualche modo le distingue
dalle altre.
Naturalmente,
esso può essere più o meno gradevole....
Chi vi
vive, di solito, non avverte l'odore della propria casa perchè ne ha le narici
assuefatte.
Ma se un
estraneo dovesse entrarvi, nel momento in cui varca la soglia, noterebbe
immediatamente la fragranza di quella casa...
E in
quella di lei, negli ultimi periodi, vi era un forte odore di latte....
Che non
passò inosservato al naso dell' Estraneo.
"Tea
o caffè?"
Non si
scompose più di tanto.
Non si
seppe spiegare nemmeno il perchè.
Era sola.
Con un
Estraneo in casa.
Sarebbe
dovuto bastare per mettere a disagio chiunque.
Ma non
lei.
A
differenza di quanto avesse potuto immaginare.
Sentiva
il suo sguardo ancora addosso, mentre di spalle, stava armeggiando con qualcosa
in cucina...
Lui era
seduto sul divano nel soggiorno accanto alla cucina.
Le
pesava;
Il suo
sguardo sulla schiena le pesava come un fardello.
Si voltò.
Con
Decisione.
"Tea
o caffè?" Ripetè la domanda.
L'Estraneo
inclinò la schiena in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia ed
intrecciando le mani.
Il solito
sorriso sarcastico dipinto su quel volto scavato dal tempo.
"Tea..."
Avuta la
risposta desiderata, si voltò nuovamente, nella speranza di scrollassi di dosso
quello sguardo...
"....Immagino
tu abbia imparato a farlo...."
Aggiunse.
Lei mise
due bollitori sul fornello, accendendo il gas.
"Ho
imparato a fare tante cose....."
"Anche
a parlare, vedo...."
"Di
quello, mi mancavano le basi...."
Iniziava
ad innervosirsi di sentirsi osservata. Ma non glielo avrebbe detto.
Anche se
lui lo sapeva, e di certo, lo stava facendo apposta.
Preparò
il tea, portandolo su un vassoio sino al tavolinetto del salotto, tra il divano
e la televisione.
Fece
attenzione a non inciampare su di una pecorella di peluche lasciata incustodita
sul tappeto.
Lo poggiò
su di esso, assieme alla zuccheriera.
Glielo
servì senza fare una parola.
Solo con
uno scambio di sguardo.
Si sedette sul divano di fronte a lui.
Prendendo
il suo tea.
L'Estraneo
infilò le mani nelle tasche della sua giacca di renna, estraendo
silenziosamente un qualcosa....
Era uno
Compact Disk.
Di
musica.
"Ho
ascoltato tutti i tuoi pezzi....è notevole..."
Con un
gesto della mano, poggiò il CD sul tavolino accanto al vassoio.
"Ti
ringrazio."
"Una
violinista....non vi era mestiere più azzeccato per te."
"............."
Non capì
il motivo di questa sua affermazione.
"Farai
qualcos'altro?"
Perchè
tutti le porgevano questa domanda?
"Non
credo. Almeno, non per ora...."
Non diede
ulteriori spiegazioni alla sua risposta. Il proprietario del negozio di violini
non era più estraneo di lui.
E lui non
ne volle...
Ciò a cui
lui sembrava aspirare maggiormente, era continuare ad ammirarla...
Così
diversa ma così simile all'ultima volta......
"Perchè
mi fissi...?"
Smise di
bere il suo tea, lei.
Ebbe il
coraggio di dire, non potendo sopportare oltre quegli occhi invasivi...
"Ti
stavo osservando...."
Capì a
cosa si riferiva.
Lasciò
che le sue dita toccassero la punta dei suoi capelli dorati che poggiavano
lungo le spalle.
"Ho
dovuto tingerli di biondo....non è stata una mia scelta...."
L'Estraneo
tacque.
Lei posò
la tazza semivuota sul tavolino, e si rialzò.
Si
riavvicinò alla cucina, rimosse il secondo bollitore dal fuoco e vi versò il
contenuto in un biberon di plastica.
Latte.
Questo
gesto non passò inosservato neanche a lui.
Lo sorprese,
ma non più di tanto...
"Hai...."
Si fermò.
Indicò
con un movimento del viso verso di lei.
"Hai
un......"
Lei lo
interruppe.
Immaginava
che il biberon in mano avrebbe richiamato la sua attenzione.
"Si,
abbiamo una bambina. Si chiama Miwa."
"............."
"Sta
con noi da due mesi. Stavo valutando la possibilità di mettermi in aspettative.
"
Lui non
continuò subito.
Si fermò.
"Una
bambina...."
Il suo
tono non era nè sorpreso, nè meravigliato.
I suoi
occhi inespressivi non lasciavano trasparire nulla, se non rassegnazione....
Lei
ripose il biberon dentro al bollitore, per mantenerlo al caldo.
"Non
è fattibile che tu abbia avuto una bambina."
Si voltò
a guardare l'estraneo con cui conversava.
"Tu....conosci
i miei limiti meglio di me. Sai che non è possibile...."
Lei
confermò le sue idee.
Si autocontraddiceva da sola.
Lei era
sterile. Non avrebbe potuto avere figli.
Però
adesso l'aveva. Aveva avuto una figlia.
E
quell'odore di latte che regnava all'interno della casa faceva presagire che il
gesto di lei era un qualcosa di abituale....
"Ci
hanno consigliato di presentarci agli assistenti sociali nel modo più discreto
possibile. Il colore dei miei capelli e dei miei occhi non andava affatto
bene...."
"................."
Non
aggiunse nulla alla sua spiegazione.
"Non
potendo cambiare il mio DNA, ho cambiato i miei capelli....."
"................"
"Rimediare
a questo almeno, sarebbe stato nelle mie possibilità...."
Si sentì
in colpa.
L'estraneo
avvertì una strana sensazione di pentimento.
Ingiustificato.
"............"
Il suo
silenzio perdurò ancora un pò....
Lui capì.
Non volle
sapere nient'altro.
"Rei...."
Non si
voltò al suono del suo nome.
Rimase
lì, immobile di fronte alla cucina.
Continuò
a dare le spalle al suo ospite.
Incurante
completamente.
Sentì lo
sbattere del cucchiaino sulla porcellana delle tazze.
Si voltò
solo allora.
Lui gli
stava porgendo la tazza di tea vuota.
Lei si
avvicinò.
La
raccolse con una mano.
Ma fu
incapace di allontanarsi. L'estraneo le prese il polso.
Non si
scompose.
Forse si
sarebbe dovuta preoccupare, ma non lo fece.
Lui non
la guardava in viso. Guardava quel suo braccio piccolo e bianco, fortemente in
contrasto con il suo...
Lei non
capì le sue intenzioni.
Rimasero
così per alcuni secondi...
Lui
sorrise. Un sorriso triste, quasi ironico...
"Crema di riso...."
"..............."
Era la
seconda volta che sentiva gli altri appellarsi alla sua pelle in quel modo...
"Puoi
cambiare ciò che vuoi, ma la tua pelle rimarrà sempre dello stesso colore...."
"..............."
Si
domandò cosa si stesse celando dietro le sue parole.
Era così
importante dopotutto, il colore della sua pelle?
"La
riconoscerei tra mille....è una tonalità unica al mondo, la tua...."
Capì
finalmente a cosa stava alludendo con quelle parole.
"Lo
so. Ci sarà sempre qualcosa di diverso in me, che mi differenzierà dalle
persone lì fuori...."
"...................."
Lei
sorrise.
Anche
questo, un sorriso deciso
"..........e
sarà proprio questa diversità a rendermi uguale a tutti gli altri."
La
risposta di lei fu spiazzante.
Di certo,
per lui inaspettata.
Riflettè
sulle sue parole. Riconobbe che suonavano tutt'altro che insensate.
Essendo
differente, sarebbe stata uguale a tutti gli altri....
Poichè
nessuno essere umano è uguale ad un'altro.....
Aveva
capito....
E lei lo
aveva preceduto.
Era stata
in grado di spezzare la barriera che da sempre l'avevano separata dalla
normalità.
Ogni
limite era stato raggiunto. La stessa natura che loro avevano forzato, lei era
riuscita a farla sfociare nel suo essere...
Continuò
a non rispondere, lui.
Forse,
sarebbero rimasti all'infinito in quella posizione.
La porta
d'ingresso si aprì.
Si era
dimenticata di non averla richiusa a chiave, prima.
"Tadaima!!"
Una voce
maschile.
"TADAIMAAA!!"
Una voce
di bambina.
Si aprì
anche la mano dell'Estraneo, che liberò il braccio di lei.
Entrò
lui.
Teneva in
braccio una bimba vestita di velluto rosso.
Miwa
aveva quasi due anni e mezzo.
Non si
sapeva molto sul suo passato, se non che era stata ritrovata un anno fa a
vagare da sola per la metropolitana di Kyoto.
Un
classico caso di abbandono.
Nessuno
venne mai a riprendersela.
Da due
mesi, era stata adottata da loro.
Una
coppia incapace di avere figli.
Aveva
gia' cominciato a formulare le prime frasi complesse.
Non aveva
mai dato alcun problema.
"Rei,
la porta era apert...."
Si bloccò
nel notare che la moglie non era da sola.
Vi era un
Estraneo in casa.
Un
Estraneo che lui conosceva.
Non ebbe
il tempo di poterlo neanche osservare.
L'estraneo
si alzò di colpo dal divano, prese la giacca e senza neanche infilarla, si
scagliò contro la porta.
Velocemente.
Passò
davanti a Lui.
"Pa....."
Lo
spostamento d'aria fece vibrare i suoi capelli castani.
Ed anche
i capelli di Miwa.
"Padre!..."
Gridò.
Quel richiamo
non lo scalfì.
Anche
perchè nella sua vita, non ebbe molto l'occasione ad abituarsi a sentirsi
appellare in quel modo.
Rimase
però sulla soglia della porta, adesso aperta.
"PADRE!!!"
Il suo
richiamo fu ancora più forte.
Gli corse
incontro raggiungendo la breve distante che lo separava da lui.
Nei suoi
occhi si leggeva un misto tra determinazione e rabbia.
Lui non
disse niente. Non si voltò neanche.
Si limitò
solo a guardarlo con la coda degli occhi.
Per
qualche istante.
Vide quel
filo di rancore presente nello sguardo di lui: all'anagrafe, suo figlio.
Voleva
dirgli tante cose.
Ma in
quel momento, non riuscì a proferire alcuna parola.
"Stammi
bene, Shinji."
Chiuse la
porta dietro di se con queste sole, uniche parole.
Stammi
bene, Shinji.
Lo aveva
chiamato per nome.
Non lo
rincorse.
Sarebbe
stato inutile.
Lo sapeva
a priori.
Lei era
rimasta ferma lì, esattamente come lui l'aveva lasciata.
Sentiva
ancora la sua mano sul suo polso.
"CHE...DIAVOLO
CI FACEVA QUI'!?"
Non
riuscì a contenersi. Si rivolse alla moglie con un tono alterato.
Lei lo
guardò per qualche istante, e subito dopo chinò il capo.
"ALLORA!?"
Miwa fu
spaventata dal tono del padre.
Iniziò a
singhiozzare silenziosamente.
Lei si
spostò. Raggiunse il marito.
"Nulla...."
Lui cercò
di riacquistare la calma.
Guardò la
moglie.
Non ebbe
il tempo di commentare.
Si fermò.
Anzi,
Lei lo
fermò.
Lei
accostò la sua mano a quella del marito.
Notò la
differenza.
La mano
di lui era bianca.
Ma la sua
lo era di più. Era crema di riso.
"Crema
di riso."
"Eh?"
Non capì
il nesso con la discussione.
"Mi
ha detto...che la mia pelle è color crema di riso... che l'avrebbe riconosciuta
tra mille..."
Shinji
Ikari non parlò. Non capì.
Lei poggiò una mano sul viso preoccupato della bimba.
Anche lì,
notò la differenza....
"Se
solo ti ha fatto qualcosa io...."
"No."
Lui
apparve confuso.
Lei,serena.
Prese la
piccola dalle braccia del marito.
Sorrise.
Prima
alla bambina, poi al marito.
Ed
infine, a se stessa.
Fiera.
Orgogliosa.
"Ha
solo confermato una cosa, che io sapevo gia'...."
Sapeva
che questa frase non gli avrebbe chiarito le idee,
Ma di
farlo, se ne sarebbe occupata più tardi con più calma.
Quella
frase doveva risplendere, in tutta la sua intensità.
Alla
fine,
Aveva
vinto lei.
FINE
Questa fanfiction nasce da un commento di uno dei miei prof
delle superiori
per quanto riguarda la mia pelle, come sempre bianca,
nonostante fosse
luglio (periodo di esami di maturità). Tutti quanti erano
abbronzati, mentre
io come al solito (sono di carnagione piuttosto chiara) ero
bianca come
sempre, questo mi guarda e mi fa: "Tsk! Crema di riso!
Tu con il sole ci hai
litigato."
Ora, a distanza di quasi un anno, ci ho scritto una FF:)
Chissa' se lui potrà mai immaginareche dalla sua frase,
decisamente
sarcastica, avrei tratto spunto per una nuova FF :D
I commenti sono i benvenuti!!:)