Improvvisamente
ella sentì il bisogno di vedere il mare, non importava che fosse pieno inverno,
mollò la sua bicicletta accanto a un lampione e corse impaziente verso la
stazione dei treni.
Dopo
qualche ora di stasi all’interno del mezzo di trasporto, scese alla sua fermata,
in una località turistica in cui era possibile vedere quella sconfinata distesa
d’acqua. Si trattava di un luogo deserto con una superficie calma e piatta, ma
soprattutto era un posto tranquillo e silenzioso in cui poter fermarsi a
riflettere, a guardarsi dentro.
Perché
anche una ragazza estroversa, energica e volubile come lei ne sentiva la
necessità, specialmente quando tutto quello che desiderava era di far chiarezza
sui propri sentimenti. Per questo, Kushina Uzumaki decise di fare una
passeggiata in riva al mare, per capire come doveva comportarsi con Minato
Namikaze.
Le
suole delle scarpe affondavano nella sabbia fine lasciando solchi irregolari,
pesanti impronte dietro la sua camminata decisa. L’orlo della sciarpa legata
intorno al collo per ripararsi dalle correnti d’aria fredda oscillava a destra e
a sinistra, il tessuto era azzurro cielo, lo stesso degli occhi di lui. Un suo
regalo era il cappotto nero, allacciato stretto, che le scendeva lungo le gambe
coperte da un paio di jeans, fino alle ginocchia. Amati e odiati i suoi capelli,
quei fili lisci, lunghi, rossi come il sangue o come i peperoncini. Sulla
sommità del capo aveva un basco di lana, sempre nero.
Le
impronte sulla sabbia si facevano sempre più numerose, lasciavano una lunga scia
dietro la ragazza, si mescolavano a tutte quelle lasciate precedentemente da
altre persone, quasi cancellate. Esse si fermarono soltanto quando anche lei
arrestò i propri passi, chinandosi e mettendosi seduta a terra, gli occhi
assorti e rivolti verso l’acqua del mare.
Com’era
bello il mare!
Come poteva cambiare, trasformarsi, lo vedeva sereno, ma poi lo immaginava
sconvolto da una tempesta, agitato da un vento impetuoso, imprevedibile,
incostante, oh!
Era meraviglioso nei suoi continui mutamenti, le ricordava decisamente lo stato d’animo che l’avvolgeva quando pensava a Minato. Erano tre anni ormai che si conoscevano, certi momenti si sentiva perfettamente a proprio agio in sua compagnia, mentre alcune volte avrebbe voluto sotterrarsi per le figure di merda che la vedevano protagonista, oppure per l’imbarazzo che infiammava le guance di entrambi quando, per qualche motivo, dovevano stare a distanza ravvicinata. E come spiegare le farfalle nello stomaco, il tamburo al posto del cuore, braccia e gambe che le tremavano, un calore che la scaldava dalla testa ai piedi? Era questo l’amore? E lui ricambiava?
Non lo sapeva, Minato era perfetto ai suoi occhi, un vero cavaliere, lei invece una ragazza che si comportava da maschiaccio, talvolta irritabile. Perciò Kushina era lì, per capire come dichiararsi senza figuracce. E con il mento appoggiato sulle ginocchia, sperava che il silenzio perfetto di quella spiaggia meravigliosa e la presenza rilassante del mare, davanti agli occhi e nei suoi pensieri volti al biondo, a lui solo, potessero aiutarla, trasmetterle il coraggio necessario per confessare ciò che realmente provava.
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Note:
Flashfic di 500 parole esatte.
Quinta
storiella legata alla mia serie “Ci
vorrebbe un’altra vita per amarti nuovamente”.
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