Ciao,
questo
testo contiene tematiche delicate. È un viaggio psicologico
dentro l'anima di una persona che, a causa di varie delusioni, giunge
al punto di non ritorno.
Dedicato a tutti coloro che
nonostante le difficoltà della vita, combattono senza mai
arrendersi.
Oblio.
Quanto può essere profondo l'oblio?
Non lo so, ma di certo l'ho raggiunto anni fa quando il mio mondo si ruppe come un vaso di cristallo scagliato contro un muro.
Sono
sempre stata una ragazza semplice, sognatrice, romantica e ingenua.
Nella mia ingenuità, credevo di vivere in un mondo roseo e
sempre in fiore dove il bene trionfava e il male poteva essere
sconfitto con la bontà d'animo e la sincerità.
La
realtà fatata fu spazzata via da ostacoli insormontabili che
non credevo potessi mai incontrare nella mia vita.
Colui che amavo
più di me stessa giocava con la mia anima, manovrava la mia
esistenza con promesse solide come un castello di carta in balia del
vento. I baci e le carezze che ricevevo erano trappole silenziose
pronte a colpirmi il cuore in qualsiasi momento.
E quel giorno
decise di scoccare la prima freccia.
Il primo colpo mi colpì
al petto non appena sentii quelle due fatidiche parole.
"Dobbiamo
parlare".
Sentii il mio cuore fermarsi per un attimo, le
lacrime riempirono i miei occhi e con la vista appannata mi voltai
verso Seiya. La sua espressione affranta fu la conferma dell'incubo
che mi ha accompagnato per un lungo e difficile anno. Il mio sogno
d'amore era giunto al capolinea.
Ricordo di non aver mai provato
un dolore così forte, ho trascorso tre giorni reclusa nella
mia stanza a piangere soffocando le mie urla premendo la bocca contro
il cuscino. La mente era vuota, un ronzio aveva preso violentemente
posto nella mia testa e la mente...non ricordo più i miei
pensieri, la mia attività cerebrale era totalmente confusa.
Mi
sentivo colpevole, credevo nell'avergli donato troppo poco amore o di
averlo dimostrato male.
Le
mie giornate senza di lui erano prive di significato, cercavo di
reagire ma le forze avevano abbandonato il mio corpo.
Fu allora
che Seiya cominciò il suo macabro gioco. Come il burattinaio
di Saw l'enigmista, cominciò a muovere i fili del mio
corpo trasformato ormai in una marionetta.
Ogni mattina ricevevo
sul cellulare un sms dolce e romantico che mi donavano una
speranza illusoria.
Buongiorno piccina.
Come stai,
principessa?
Perchè hai tardato a rispondere? Non mi
vuoi più bene?
Quei messaggini dolci erano spilli
che penetravano nella mia carne come una bambola di pezza per un rito
Voodoo. Più le illusioni aumentavano e più mi
avvicinavo all'inferno.
Seiya era diventato la mia droga
quotidiana, la dose di eroina che mi dava una forza minima per
sopravvivere. Ho cercato di disintossicarmi, ho osservato più
volte la mia immagine allo specchio e mi ripetevo "Usagi,
reagisci! Troverai un ragazzo che ti ama, che non ti tradirà"
ma puntualmente pensavo al blu profondo dei suoi occhi, alle parole
zuccherine intrise nell'arsenico che mi sussurrava nelle lunghe
telefonate notturne.
Seiya ascoltava i miei singhiozzi, le mie
suppliche per ricucire il nostro rapporto e mi addossavo colpe che
non avevo mai avuto mentre lui mi rispondeva con amore, con dolcezza
e con frasi di incoraggiamento.
"Se mi ami
dimostramelo. Riprendi a mangiare, stai dimagrendo a vista d'occhio.
Tutti noi ti vogliamo bene e io per primo. Sei la persona più
importante della mia vita. Se lo farai tornerò da te."
Ho
ripreso a nutrirmi con enorme fatica, inizialmente vomitavo parte del
pasto ma la forza di riconquistare il mio amore perduto era tale da
superare quell'ostacolo. Fiera di me stessa, ero felice di aver fatto
un passo in avanti verso la mia felicità ignara di percorrere
l'oscura strada dell'abisso.
Mantenevo le promesse che mi
estorceva Seiya: se volevo riconquistarlo dovevo riprendere a
mangiare, dovevo riprendere i miei hobby, curare la mia persona.
Una
persona estranea ai fatti poteva fraintendere il suo operato vedendo
in lui un ex fidanzato premuroso nei confronti della ragazza che
aveva amato in passato ignorando la mente malata di Seiya.
I
giorni diventarono settimane, poi mesi e le mie promesse mantenute
fino in fondo non diedero frutti, ma solo un odore acro. Era la terra
bruciata che si era formata attorno alla mia persona, erba e fiori
divorati da fiamme alimentate da Seiya.
Da ragazza ingenua e
innamorata, ero divenuta una pazza senza controllo ossessionata dal
mio ex compagno, o almeno era questa l'immagine che lui divulgava tra
i nostri amici.
Amici... Rei, Ami, Makoto insieme ai loro compagni
avevano cominciato ad odiarmi e divulgare voci infondate sulla mia
persona sgretolando la mia già debole autostima.
Qualsiasi
cosa io dicessi veniva parafrasata dalle loro bocche al vetriolo,
ogni mio post su Facebook era oggetto di scherno.
Più
cercavo di allontanarmi da Seiya e più lui si avvicinava.
“non ti sento da due giorni, allora non è
vero che mi ami come dici!”
Sensi di colpa. Seiya si
nutriva del mio malessere e della profonda depressione causatami da
lui stesso.
“non è vero che mangi, sei una
bugiarda. Sei dimagrita”
“guardati, non ti fai
pena?”
“nessuno ti vuole bene ed è per
colpa tua.”
Naru, l'unica amica rimasta al mio
fianco, ascoltava i miei sfoghi e asciugava le mie lacrime. Nutriva
la mia anima con dolci parole, caldi abbracci e pacche sulla spalla.
Stupida ed ingenua: raccoglieva i miei sfoghi trasformandoli in
souvenir da distribuire ai miei carnefici.
Le mie lacrime furono
usate come armi per trafiggere ulteriormente la mia anima. Seiya
tendeva l'arco, Naru gli consegnava le frecce.
Dicono che la
malvagità umana sia sconfinata. Non so se sia vero, ma di
certo loro non conoscevano limiti.
I mesi scorrevano veloci, le
pugnalate ormai erano quotidiane e il mio corpo si muoveva per
inerzia, per spirito di sopravvivenza. Ogni mattina aprivo il mio
armadio e sceglievo quale maschera indossare. Un sorriso finto come
una banconota fotocopiata, uno sguardo severo ma deciso,
un'espressione frivola.
Coprivo le occhiaie con il trucco,
inventavo strane allergie per mascherare gli occhi rossi e gonfi dai
miei pianti notturni, indossavo i miei vestiti larghi di due taglie
per nascondere quell'impiegabile magrezza.
Uno, due, cinque,
dieci. Furono quasi quindici i chili che persi nel giro di soli tre
mesi nonostante mi nutrissi più del dovuto anche se, inutile
dirlo, non venivo creduta.
Sopravvivevo anche se il mio cuore
sperava di non svegliarsi più la mattina.
La vita decise di
giocare ulteriormente con la mia anima e lo fece tramite la
telefonata di un ospedale. Mi contattarono d'urgenza per aggiornarmi
sugli esiti di una biopsia effettuata per un semplice controllo.
Ho
vissuto settimane con la voglia di morire e inspiegabilmente volevo
vivere e combattere contro quella malattia che porta lo stesso nome
del mio segno zodiacale.
Il
lato ancora ingenuo del mio animo mi spinse a comunicare la notizia a
Seiya solo per dovere di cronaca, gesto che lui usò per
deridermi insieme alle ragazze, e in particolar modo con Minako.
Solo
una voce giunse alle mie orecchie infondendo quel calore e amicizia
che da tempo non provai.
Mamoru, quel ragazzo che conobbi al
matrimonio di Rei e Yuichiro, mi tese una mano per aiutarmi ad uscire
dall'oblio in cui ero caduta da oltre un anno.
“Come
stai? Raccontami tutto.”
Gli
aprii il mio cuore, usai l'ultima briciola della mia dignità
sfogando tutto il dolore e l'oscurità che albergavano nel mio
petto. Lui ascoltò senza proferire alcuna parola come un prete
confessore con un peccatore pentito.
“Devi essere
forte ma per te stessa. Fottitene di loro, non gliene frega un cazzo
se muori lo vuoi capire? Rimettiti in forze per domani, voglio che tu
superi l'intervento, Usa!”
Non ricordo con quale
stato d'animo entrai in sala operatoria, volevo vivere ma lo volevo
per me stessa o per dimostrare qualcosa al mondo? I miei pensieri si
offuscarono per effetto dell'anestesia totale, uno stato in bilico
tra la vita e la morte.
Buio, un'intensa luce bianca accecante
e voci ovattate di medici in allarme.
“Respira Usagi!
Respira, respira!”.
Urla soffocate, la sensazione di un
oggetto sfilato dalla mia gola e ancora buio.
Non voglio
ricordare le ore successive al risveglio ma l'impellente bisogno di
usare il bagno cambiò la visione totale della mia
esistenza.
Mi guardai allo specchio e vidi il fantasma di me
stessa. Una ragazza cadaverica, i capelli scompigliati e il tubo del
drenaggio attaccato al mio corpo. Furono i miei occhi a
spaventarmi.
Non ero io, non potevano essere miei quegli occhi
privi di vita che trasmettevano un dolore profondo e intenso come un
buco nero.
Non volevo altre cicatrici oltre a quella ancora aperta
sulla mia pelle.
Non volevo essere l'ombra di me stessa.
Risvegliai
in me una guerriera che non sapevo fosse sopita nel mio cuore,
iniziai una lunga e silenziosa guerra per riconquistare il mio ego,
la dignità e orgoglio.
Per ricostruire la mia vita.
Fu
un percorso lento, difficile e doloroso.
Seiya, con Minako che si
rivelò essere poi la sua amante e causa della nostra rottura,
continuarono a infierire contro la mia anima. Nemmeno la malattia
fermò il loro sadico gioco ma quella volta non ero più
da sola.
Mamoru, il mio unico e vero amico era al mio fianco.
Il
mio cuore riprese a battere quando me lo ritrovai sul pianerottolo
del mio condominio con un enorme mazzo di rose bianche e uno
splendido sorriso.
Piansi lacrime di gioia per una festa a
sorpresa in mio onore, per aver superato l'intervento.
Provo
ancora il calore del suo abbraccio quando mi disse che lui e tutti i
presenti mi volevano bene.
Sento ancora il sapore delle sue labbra
quando, due settimane dopo, ci ritrovammo abbracciati per poi unirci
in quel bacio dando inizio ad una semplice relazione.
Un'infatuazione
nata nel dolore maturata in un profondo amore.
Un sentimento che
ha resistito alle cattiverie e vessazioni di Seiya e Minako, un amore
che mi ha donato la forza di superare terapie e altri interventi.
Un
legame profondo che, inaspettatamente, mi ha donato un'emozione unica
e immensa.: un minuscolo cuore pulsante dentro di me, una nuova vita
in attesa di venire al mondo a pochi giorni dal mio compleanno.
Un
amore indescrivibile che rivoluziona completamente la propria
esistenza, mia e di Mamoru. Paura, smarrimento, timore di non essere
pronti e voglia di accelerare lo scorrere del tempo per abbracciare
quell'esserino.
Per conoscere quel fagiolino che hai visto
muoversi tramite un monitor.
Per stringere al petto tuo
figlio.
Una gioia sconfinata azzerata da una breve ma pesante
frase: “non c'è più battito”.
In
pochi istanti pensai agli anni bui del mio passato: la depressione e
la malattia erano niente rispetto al dolore di perdere un figlio al
terzo mese di gravidanza.
Ci si sente derubati, un pezzo di vita
strappato via con violenza dal proprio cuore.
Tanti interrogativi,
sensi di colpa. Tanti perché che non avranno mai
risposte.
“Usako, non colpevolizzarti ti
prego.”
“Amore, devi reagire. Fallo per noi.”
“Non
ti meritavi un dolore così grande. Non tu, amore mio.”
Credevo
di non vivere più nel dolore e nel buio della depressione. La
vita è un campo di battaglia minato e senza che possiamo
accorgercene ci mette di nuovo alla prova.
Anche se ora sono
di nuovo sul fondo del baratro so che ritroverò la forza per
rialzarmi. Mi arrampicherò sulle pareti rocciose e non mi
importa se impiegherò mesi, se mi si spezzeranno le unghie
fino a sanguinare. Riemergerò dalle tenebre.
Per me, per
Mamoru e per la speranza di riaprire in futuro quella scatola che
custodisce tutine e scarpine ricevute in dono per Natale.
Per dare
forza al mio corpo e alla mia anima.
Quanto
può essere profondo l'oblio?
Non
lo so ma per quante volte io ci cada, mi rialzerò e combatterò
perché finalmente ho capito chi sono.
Una guerriera.