Fumetti/Cartoni americani > TMNT / Tartarughe Ninja
Segui la storia  |       
Autore: LaraPink777    06/03/2017    6 recensioni
Puoi solo sperare che ti trovino in tempo.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La trappola di vetro 2

 

“I hope that someone gets my

Message in a bottle”

Machine Head, Message In A Bottle

 

 

 

Ciò che vedeva sul monitor del computer stava facendo a pezzi il cuore ed i nervi di Raffaello, un brandello alla volta.

“Può trattenere il fiato a lungo… Più a lungo di tutti noi,” mormorò il rosso, con la voce un po’ rauca, anche se non era necessario ribadirlo, poiché lo sapevano tutti, avevano fatto tutti allenamenti sulla respirazione e lavorato sull’apnea; inoltre il loro maestro gli stava insegnando ormai da tempo la difficile tecnica che consisteva nel rallentare le funzioni corporee tramite il controllo della mente.

“Se entra in meditazione, quasi venticinque minuti” confermò Leonardo, annuendo. Se riesce a calmarsi… Deve calmarsi… Sapeva che Michelangelo li aveva battuti tutti in resistenza ogni volta che era riuscito a raggiungere il giusto stato mentale: il problema era che questo non succedeva spesso, poiché il mutante mascherato in arancio solitamente faticava ad entrare in uno stato meditativo, anche nel silenzio confortante del loro dojo. Il blu non riusciva a staccare gli occhi dall’immagine di suo fratello che lottava per cercare di tenere la parte superiore del viso fuori dall’acqua.

Michelangelo tendeva il collo, la testa ormai sommersa a metà. Aveva smesso di battere con i pugni, ma continuava a premere le mani ai lati della vasca. Le dita graffiavano inutilmente la superficie liscia; tossendo ed ansimando, tentava spasmodicamente di ingurgitare le ultime boccate d’aria schiacciando il viso contro il tetto di vetro.

Poi, fu completamente sott’acqua.

Per qualche secondo continuò a muoversi forsennatamente, a sbattere i palmi delle mani contro il vetro.

Calmati, Mikey. Calmati. Leonardo ripeteva la preghiera silenziosa nella sua mente, col cuore che batteva furiosamente nel petto. Raffaello respirava rumorosamente, quasi l’aria stessa intorno a lui fosse divenuta più rarefatta, e Donatello sentiva le proprie dita, tese sulla tastiera, rigide e legnose. L’angoscia nel laboratorio, nei quattro mutanti raccolti davanti ad un monitor, era tangibile, quasi corporea, nera e gommosa come la pece.

Infine, la tartaruga con le lentiggini si fermò. Chiuse i grandi occhi azzurri e restò completamente immobile.

Davanti al computer, tutti rimasero in silenzio assoluto, congelati da quello a cui stavano assistendo; solo Donatello continuava a digitare freneticamente sui tasti.

Leonardo e Raffaello, attoniti, mantenevano lo sguardo fisso al monitor: Michelangelo aveva gli occhi strettamente serrati, il viso innaturalmente privo di ogni espressione; braccia e gambe galleggiavano a mezz’acqua, ciondolando sotto il carapace a contatto con il tetto della vasca. Ugualmente paralizzato era Splinter, che solitamente allenato a vincere con la disciplina mentale ogni manifestazione del proprio corpo, adesso non poteva evitare al proprio battito di rimbombare nella testa, nell’amaro silenzio del laboratorio. L’abisso nero della crudeltà del suo nemico sembrava non avere limiti: costringerlo a guardare impotente un figlio che lottava per la propria vita era un atto di una spietatezza che solo un cuore duro come quello di Horoku Saki poteva ideare.

Splinter ed i suoi figli avevano capito che Michelangelo era riuscito ad autoimporsi la totale immobilità, per preservare l’ossigeno, e che stava tentando in questo momento di entrare in uno stato metabolico ridotto. Adesso, era solo una lotta contro il tempo.

“Niente, non posso localizzarlo! Il segnale rimbalza in migliaia di server in tutti il mondo, ci vorranno ore per risalirne all’origine!” sbottò d’improvviso Donatello, con un tono acuto di panico nella voce.

“Che facciamo? Non possiamo restare qui!” sbraitò Raffaello, alzando gli occhi a Splinter e poi girandoli a Leonardo. Il rosso però sapeva benissimo anche lui che non c’era nessun posto, nessuno, dove potessero andare in questo momento: Michelangelo poteva essere ovunque, anche a miglia di distanza! Strinse i pugni fino a sentire le unghie premere dolorosamente contro i palmi: il senso d’impotenza era feroce, la rabbia che gli stava montando dentro, alimentata dalla paura, iniziava ad offuscargli i sensi in un calore rosso.

Donatello e Leonardo alzarono a loro volta lo sguardo al padre, in attesa di un ordine, un’indicazione, qualunque cosa. Ma il topo mutante che era stato Hamato Yoshi si limitò a continuare a fissare lo schermo ed il suo penoso spettacolo.

Lentamente, Leonardo tornò anche lui a guardare il monitor.

Non sapeva cosa fare. Non c’era niente che potesse fare. Un milione di idee, piani, progetti, scintillavano in embrioni nella sua mente, per poi annichilirsi quasi istantaneamente. Se non riuscivano a capire dove fosse tenuto prigioniero, non aveva senso allontanarsi dal monitor. Iniziò ad ispezionare ogni particolare dell’immagine, dalla teca di vetro, al pavimento insignificante, alle ombre sullo sfondo. Al corpo di suo fratello, che dava come unico segno di vita un piccolo movimento con una mano, con le tre dita che si chiudevano lentamente. Nessuna caratteristica rilevante nel vetro né nel piccolo rialzo sotto la vasca: non c’erano segni, né scritte visibili da questa angolazione. Niente che gli desse un indizio di dove suo fratello potesse essere tenuto rinchiuso. E lui al momento poteva solo continuare a guardare.

Donatello si alzò in piedi, sopraffatto anche lui dalla necessità di fare qualcosa. Corse verso un armadio, tirò fuori una cartina arrotolata della città. Si avvicinò al tavolo degli esperimenti, prese un pennarello rosso e lo stappò tra i denti, gettò tutto il resto a terra spazzando il tavolo con l’avambraccio e stese la cartina. Provette e bicchieri di vetro si frantumarono sul pavimento, dove acqua ed altri liquidi inzupparono i fogli di appunti minutamente scritti, ma il viola non ci fece neppure caso.

“Dunque… lui è stato preso qui…” Iniziò a ragionare a voce alta, segnando la cartina con il marcatore. “In circa un’ora e mezza non possono averlo portato più lontano di questa zona, presupponendo che non abbiano usato un elicottero…” Tracciò un cerchio sulla mappa. “Dove… dove…” Alzò una mano a stringere le tempie, alla disperata ricerca di un’intuizione, di un’idea. Acqua… Mentalmente focalizzò la rete dell’acquedotto di New York, tutti i canali, la baia, il porto… Quella linea di pensiero non lo portava da nessuna parte. La vasca di vetro non aveva nulla di particolare. Era situata in uno spazio molto ampio. “Probabilmente un magazzino,” mormorò ancora. Anche questo non restringeva la ricerca.

Intanto quanti minuti erano passati?

Raffaello si avvicinò alla cartina, a passi lenti e pesanti, e si pose vicino al fratello. La disperata impotenza lo pressava come una morsa; lo sguardo era scuro, la respirazione rumorosa dalla rabbia. Poggiò il pugno chiuso sulla mappa. L’area cerchiata con il pennarello dal fratello era vastissima. Ci sarebbero voluti giorni per ispezionare tutta la zona.

“Un faro!”

Il grido di Leonardo lo strappò dai suoi pensieri facendolo involontariamente sobbalzare.

Il blu si voltò verso di loro, gesticolando davanti al monitor.

“Donnie! Cerca un faro!”

“Un faro?” Il viola sbatté le palpebre.

“Guardate.” Leonardo puntò un dito sullo schermo. Tutti si riaccostarono al monitor. “Qui, c’era un riflesso…”

Aspettarono qualche secondo. Come Michelangelo, anche loro adesso stavano trattenendo il respiro.

“Ecco!” fece Leonardo, continuando ad indicare un punto sulla teca di vetro. “Lo vedete?”

Le altre due tartarughe ed il ratto si sforzarono di scorgere ciò che il mutante mascherato in blu stesse indicando, ma a primo acchito non notarono niente. Poi lo videro, proprio dove la punta del dito sfiorava il monitor. Un piccolo riflesso, che apparve e scomparve subito. Un’altra manciata di secondi, ed eccolo di nuovo. Talmente tenue da essere appena distinguibile, da essere notato solo se si sapeva dove guardare, e che sarebbe potuto sembrare una rifrazione della telecamera. Ma la minuscola traccia di luce andava e veniva ad intervalli regolari.

È certamente un faro!” esclamò Donatello e corse nuovamente alla cartina, riacceso dalla speranza di una pista.

“Quanti fari ci sono nella zona?”

“A decine.” La tartaruga mutante mascherata in viola corrugò la fronte. “Quattro solo a Mahanattan, poi il Blackwell, quello della Statua della Libertà, e il Nantucket, ed a Coney Island…” Iniziò a segnare i punti sulla mappa. “Okay, okay, potremmo cominciare limitando la ricerca solo a quelli che hanno dei complessi di magazzini nelle vicinanze…” Si sbatté un paio di volte il fondo del pennarello contro il mento, riflettendo.

Donatello conosceva praticamente a memoria la posizione di tutti i principali luoghi di deposito di New York. Nella sua mente erano archiviate meticolosamente tutte le zone della sua città. La studiava da anni, prima per pura curiosità verso il mondo superiore a loro nascosto, poi sapendo che le sue conoscenze sarebbero potute tornare utili. Anche senza utilizzare il computer, era riuscito a identificare almeno sette zone come possibili luoghi dove poteva essere tenuto prigioniero suo fratello. Ma era mestamente consapevole che stava ragionando sulle probabilità e che il fatto che Michelangelo si trovasse in un magazzino non voleva necessariamente dire che fosse in un’area di stoccaggio. Poteva trattarsi di uno qualsiasi dei migliaia di magazzini in giro per la città, anche solo il deposito di un grande negozio o di una fabbrica. Il fatto quindi ampliava nuovamente la possibilità a tutte le zone dove fosse presente un faro. Praticamente, tutta la baia di New York.

Dopo il momento di euforia, lo sconforto si stava riappropriando di lui. Non aveva senso tentare a caso. Il tempo a loro disposizione sarebbe bastato a malapena per raggiungere solo uno dei possibili punti. Inutile per lo stesso motivo mobilitare i loro amici. Doveva restringere ancora la ricerca, ma come?

Strinse gli occhi, sforzandosi di concentrarsi. Tra l’altro, una spiacevole sensazione si sommava all’ansia ed all’urgenza: qualcosa di fastidioso ed inafferrabile, come il non aver fatto caso ad un particolare importante, o l’essersi dimenticato qualche passaggio. Oppure, più semplicemente, la consapevolezza di sentirsi inadeguato, incapace di usare le proprie capacità per salvare il fratello; capacità che evidentemente aveva sempre sopravvalutato, se nel momento in cui serviva veramente, il suo tanto decantato cervello non riusciva a funzionare come avrebbe dovuto.

Raffaello, al monitor, in piedi dietro a Splinter che si era adesso seduto sulla sedia della scrivania, lanciò uno sguardo da sopra la spalla al fratello alla cartina. Lesse la sua espressione, capì la situazione. Si erano avvicinati a capire dove fosse il loro fratello minore, ma non sarebbe bastato a trovarlo in tempo.

Riportò gli occhi al monitor. La visione di Michelangelo, così tranquillo ed immobile, era qualcosa di sbagliato in ogni modo possibile. Era un’offesa alle leggi stesse della natura. Nella rifrazione dell’acqua, il corpo del giovane mutante appariva diverso, più chiaro, più fragile. La luce che illuminava la teca, infrangendosi, copriva di sinuosi e cangianti riflessi azzurrognoli il corpo inerte. Se non fosse per il lentissimo contrarsi di una mano, sarebbe potuto sembrare… no, Raffaello si rifiutò anche di pensare, quella parola. Mikey sarebbe stato bene. L’avrebbero trovato in tempo. Donnie, Leo e Splinter avrebbero trovato qualche altro indizio. Lui, nel frattempo, poteva fare solo l’unica cosa di cui fosse capace: agire. Adesso aveva una pista, avrebbe potuto iniziare a cercare, anche se era il proverbiale ago nel pagliaio.

Guardò per l’ultima volta il fratello nella vasca, poi si voltò e si avvicinò anche lui alla mappa, memorizzando la posizione dei fari cerchiati da Donnie: avrebbe deciso per strada se tentare di raggiungere il più vicino per iniziare ad ispezionare la zona, oppure se rivolgersi direttamente verso il covo di Shredder, per farsi dire a suon di pugni da quel bastardo in persona dove aveva portato Mikey. O, più probabilmente, per farsi ammazzare nel tentativo.

Fece un paio di passi verso la porta, per lasciare, quando si fermò di colpo ad un’intuizione improvvisa. Riportò lo sguardo al monitor.

Michelangelo adesso aveva iniziato a tremare; ma una contrazione più evidente della mano del fratello minore fece accendere una lampadina in testa al rosso.

“Perché muove la mano così?”

Lui era il campione mondiale di apnea statica nella categoria tartarughe mutanti. Ben ventiquattro minuti e quarantacinque secondi, quasi un minuto più di Leo, che però riusciva a focalizzarsi subito nella meditazione. Certo, questa volta non si era ossigenato abbastanza, il freddo dell’acqua pungeva la pelle e faceva rabbrividire in continuazione tutto il corpo: non riusciva a liberare la sua mente per rallentare i battiti del cuore, come gli aveva insegnato Sensei. Inoltre non poteva farlo bene, se una parte del suo cervello era concentrata a muovere la mano.

Quindi, magari questa volta avrebbe resistito un po’ di meno…

Non era del tutto sicuro se Shredder volesse annegarlo a morte o solo fargli prendere un bello spavento per poi liberarlo in extremis, ma nonostante il suo proverbiale ottimismo, al momento si sentiva più orientato per la prima ipotesi. Quindi, l’unica possibilità di cavarsela consisteva nel fatto che i suoi fratelli arrivassero a tirarlo fuori da lì entro una ventina di minuti. Anzi, ormai un po’ di meno.

Doveva anche sperare che tutte le sue supposizioni fossero giuste. Che la telecamera che lo stava inquadrando stesse trasmettendo le sue immagini in tempo reale e non solo registrando; che i suoi fratelli stessero, chissà come, guardando queste immagini; che comprendessero il messaggio. Una montagna di se, decisamente troppi, per i suoi gusti.

Michelangelo non era il tipo da farsi sopraffare dalla paura e dallo sconforto. Ma in fondo alla sua mente, il pensiero della morte iniziò a prendere forma. Era così orribile, che il giovane mutante mise tutti i suoi sforzi per non focalizzarsi su quel pensiero. Ma c’erano, nella sua unica speranza di salvezza, troppe ipotesi, troppe variabili. Probabilmente, non sarebbe servito a niente. Ma lui non poteva fare altro.

Restare immobile, cercare di rallentare il cuore e muovere la mano.

“Sì, l’avevo notato, una specie di tic nervoso…”

Raffaello si riaccostò per l’ennesima volta al monitor. “No, Leo, sembra…” Indicò, stringendo leggermente gli occhi, in concentrazione.

Splinter si voltò un attimo per dare un’occhiata ai figli in piedi accanto a lui e tornò a guardare il monitor.

Adesso l’attenzione di tutti era focalizzata su quella mano verde, che muoveva le dita lentamente, aprendole e richiudendole leggermente, per quattro o cinque volte di seguito, poi le serrava del tutto ed ancora ricominciava ad aprirle e chiuderle a metà, alcuni movimenti lentissimi, altri un po’ più veloci.

“Vero.” Leonardo piegò un po’la testa di lato. “È come...”

La mano a tre dita, sott’acqua, si contrasse quattro volte, poi una quinta volta più adagio.

“Codice Morse!” esclamò Splinter, alzandosi di scatto dalla sedia.

Anche Donatello era ormai davanti allo schermo, e tutti presero a contare nella loro mente i segni del codice che avevano imparato da bambini. Ogni tre chiusure complete della mano, il pugno si soffermava chiuso un po’ di più: il codice si ripeteva.

Una linea, tre punti… tre punti, due linee… quattro linee, un punto.

“Bi trentanove,” decifrò Leonardo, in un sussurro.

“B39? Cosa significa B39?” chiese Raffaello, rivolto verso il fratello genio.

“Credo sia il contrassegno del magazzino!” esclamò Donatello tornando di corsa al tavolo con la cartina. “Mikey può vedere il numero! Forse è stampato sulle serrande o sulle pareti.” Il viola afferrò il suo portatile da un carrello, l’accese e lo poggiò sul tavolo, quindi si sedette sull’altra sedia girevole ed iniziò a digitare svelto. “Posso capire dove si trova!”

“In che modo? Ci saranno centinaia di magazzini con quel codice!” chiese Raffaello posizionandosi alle sue spalle insieme a Leonardo.

“Così!” Sul monitor del portatile si visualizzò l’immagine azzurrina della piantina della città; poi alcune zone si illuminarono di rosso. “Se c'è un numero, innanzitutto siamo sicuri che ti tratta di uno dei magazzini di una zona di stoccaggio, e non un semplice deposito. Io avevo individuato sette di questi agglomerati vicino ai fari. Adesso dobbiamo solo cercare in queste zone i magazzini con quel codice.” Varie finestre si aprirono sul monitor del computer; proiezioni tridimensionali di vari edifici spiccavano in diversi colori. La tartaruga mascherata in viola muoveva le dita sulla tastiera in modo così veloce che l’occhio faticava a seguirle.

“E conoscendo loro…” Alcuni edifici nelle rappresentazioni sul monitor si evidenziarono in giallo. “E la luce dei fari…” Altre finestre, che mostravano riprese scure da telecamere in diversi punti della città, si soprapposero sullo schermo, rapidamente.

“In che senso la luce dei fari?” domandò il leader in blu.

“Ogni faro produce una luce caratteristica; non ho gli strumenti per esaminare lo spettro luminoso, ma posso misurare l’intervallo di tempo in cui il fascio si ripresenta in un determinato punto. Anche se c’è un ritardo nella trasmissione delle diverse telecamere, a me basta calcolare il periodo tra i due passaggi di ogni fascio luminoso, che è diverso per ogni faro anche solo di poche frazioni di secondo.” Stringhe numeriche e grafici si aggiunsero ai filmati delle telecamere sparse per la baia di New York e all’immagine, in un angolo del monitor, di un particolare della vasca dove si trovava rinchiuso Michelangelo. “Ed appena il computer troverà il faro che coincide col riflesso sul vetro, sapremo quale magazzino, tra i vari nella baia con contrassegno B39, sarà quello giusto.”

Durante la spiegazione concitata di Donatello, i suoi fratelli,  coinvolti dalla sua eccitazione, gli si erano stretti ancora più vicini davanti al computer, e seguivano attenti il frenetico scorrere e sovrapporsi di numeri ed immagini che il monitor rifletteva nei loro occhi. Con un suono, improvvisamente una finestrella si evidenziò sulle altre, lampeggiando.

È qui! È in questo magazzino!” Donatello schizzò in piedi, indicando il monitor. “L’abbiamo trovato!”

“Muoviamoci” ordinò Leonardo, poggiando un attimo una mano sulla spalla di Raffaello e incrociando lo sguardo del suo maestro.

Splinter annuì la sua conferma al primogenito, sforzandosi di trattenersi dal raccomandare ai suoi ragazzi di prestare attenzione, perché sapeva perfettamente che ormai di simili avvertimenti i suoi ninja non ne avevano più bisogno.

Donatello fu l’ultimo ad uscire dal laboratorio, poiché si era attardato ad afferrare il suo borsone degli strumenti. Nei secondi di silenzio che seguirono la partenza dei suoi figli, Hamato Yoshi avvertì un brivido gelido lungo la colonna vertebrale. Aveva girato abbastanza New York, quando era ancora un uomo, da conoscere la distanza che separava il punto dove era tenuto prigioniero Michelangelo dalla loro tana. Se tutto andava bene, se lo Shellraiser non incontrava ostacoli e volava come il vento, ci sarebbe voluto più di un quarto d’ora per raggiungere quel magazzino. Poi bisognava entrare nel locale, aprire la vasca…

Riportò per l’ennesima volta gli occhi al monitor. Il suo ragazzo era sempre lì. Da quanto tempo tratteneva il fiato? Non voleva pensarci. SI rifiutava di pensarci.

La gola gli si strinse in un nodo nero e spinoso d’oppressione, la preoccupazione superò anche la rabbia verso l’essere infame che, non contento di avergli portato via una famiglia, si stava divertendo a far soffrire anche il più giovane, il più innocente dei suoi figli.

Allungò la mano verso lo schermo. Accarezzò il vetro con la punta delle dita mutate; stupito, osservò gli artigli smussati tremare leggermente contro l’immagine del giovane mutante.

Si chiese se non avesse sbagliato, questa volta, a non andare con i suoi figli.

Per essere con loro, quando avrebbero aperto la trappola di vetro.

 

 

A/N Ciao gente!

Chiedo infinitamente scusa per aver ritardato tanto per il secondo capitolo della mia storia. Non era mia intenzione, perdono! Purtroppo ho avuto un po’ di casini con i miei piani per la conquista del mondo…
Mi avete letto in tanti e sapere di avervi lasciato in attesa mi fa sentire un vermino strisciante (seppure un gran bel vermino, eh eh!) Prometto che il prossimo capitolo sarà pubblicato in tempi più ragionevoli. Ringrazio di cuore chi ha letto la prima parte e in modo particolare Cartoonkeeper (so che tu sai che io so che sei favolosa…), NightWatcher96 (sentirti e sapere che sei ancora uno dei pilastri del fandom è davvero una gioia, Imoto!), piwy (bello risentire anche te! Sei sempre gentilissima, grazie) e Mellybonf (grazie per la soffiata! Non ho mai visto “The Cell” ma sembra interessante. Adoro la fantascienza! Sono contenta che tu abbia apprezzato la gabbia con l’acqua, a me l’idea ha sempre intrigato; oltre che ovviamente dagli spettacoli dei prestigiatori, credo di essermi lasciata conquistare dal macabro ed affascinante strumento anche grazie al film “The Prestige” che, se non hai visto, mi sento di suggerire per ricambiare il favore: è stupendo, pur essendo decisamente inquietante.)

Nella terza ed ultima parte vedremo se i nostri arriveranno in tempo per salvare il fratello o se dobbiamo tirare fuori la scorta di fazzoletti. A proposito, ne avete usati molti nel finale di stagione Nickelodeon? Io una camionata… Ma ancora di più ne ho consumati quando è stato reso ufficiale che quella che inizierà a giorni sarà l’ultima stagione e che il prossimo anno vedremo un reboot dai toni più leggeri. Beh, sempre meglio così piuttosto che un'eventuale minestra riscaldata, e poi per mantenere in vita a tempo indeterminato l’universo 2k12 ci saranno sempre le nostre ff!

Un abbraccio a tutti, tartapopolo :*

 

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > TMNT / Tartarughe Ninja / Vai alla pagina dell'autore: LaraPink777