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Autore: Urban BlackWolf    05/04/2017    3 recensioni
Michiru è determinata. Determinata a riprendersi ciò che le appartiene, che è suo dalla nascita. Ne va della sua stessa sopravvivenza, del suo benessere fisico e mentale.
E questa volta quella meravigliosa bionda che è la sua compagna, anima nobile, essere irrequieto, fortezza per il suo spirito e gioia della sua vita, non potrà aiutarla. Dovrà addirittura essere ferita, lasciata in disparte, relegata all'impotenza, perchè questo genere di lotte si debbono combattere da soli.
Ma la donna amante delle profondità oceaniche, non sa di avere un piccolo angelo custode venuto dal passato che la guiderà nei percorsi intrigati e dolorosi dei sui ricordi; Ami, giovane specializzanda in medicina, tenterà in tutti i modi di restituirle la libertà di sogni perduti. -Sequel dell'Atto più grande-
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Ami/Amy, Haruka/Heles, Michiru/Milena, Nuovo personaggio | Coppie: Haruka/Michiru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Il viaggio di una sirena

 

Sequel dell'Atto più grande

 

I personaggi di Haruka Tenou, Michiru Kaiou e Ami Mizuno appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf


 

 

 

Stringimi forte amore

 

 

 

Inarcando la schiena chiuse gli occhi respirando profondamente. La giornata era magnificamente limpida, dall'aria quasi trasparente e tutto intorno sembrava presentarsi alla sua percezione visiva in forma più nitida e brillante. Riaprendo le palpebre, strinse leggermente le mani serrate dietro la schiena sorridendo alle onde. Se avesse creduto nella reincarnazione avrebbe sicuramente additato l'amore per il suo immenso padre blu ad una vita pregressa consumatasi tra le sue spire. Non si spiegava altrimenti quel viscerale rapporto. Con le caviglie immerse nell'acqua provò a muovere le dita dei piedi immobilizzate dalla sabbia, lasciando che il vento le facesse ondeggiare le pieghe della gonna premendole il tessuto del vestito color pesca al grembo ed al seno. Un altro respiro e lo avvertì quietarsi a poco a poco abbandonando la morbidezza dei riccioli dei suoi capelli.

“Michiru, perché sei in piedi?” Sentì la voce materna alle spalle ed alzando gli occhi al cielo intuì la ”paternale” appena dietro l'angolo.

Girando il busto sorrise alla donna che la stava raggiungendo sul bagnasciuga. “Me l'ha ordinato il medico.” Disse divertita dalla realtà del consiglio di Ami.

Ormai del tutto sfebbrata era, inutile che rimanesse ad incupirsi dentro le quattro mura di una camera quando fuori il suo elemento la chiamava a se. La febbre che l'aveva colpita, se pur violenta, era durata solo poche ore e non aveva nulla a che vedere con virus o ricadute fisiche, perciò un po' d'aria non avrebbe potuto che farle del bene.

Flora puntò gli occhi alle caviglie della figlia scuotendo la testa. “Potrei anche crederci, ma quelli?” Chiese indicando i piedi a mollo con un leggero movimento del mento.

“L'acqua non è affatto fredda come si direbbe per la stagione, tranquilla.” Ma uscì comunque non sfidando la madre.

Flora sembrava di buon umore ed era sempre meglio farla rimanere in quello stato di grazia quando si stava per affrontare una conversazione.

“Sei stata di parola. Sei venuta. Ti ringrazio.”

“Lo sai che cerco sempre di mantenere gli impegni.” La raggiunse posandole una mano sulla fronte per accertarsi che fosse fresca.

“Lo so, ma con la musica... non si sa mai. Hai avuto modo di saggiare l'acustica del teatro?”

“Naturalmente. E' perfetta. Mi ha impressionata, anche se molti colleghi me ne avevano già parlato un gran bene.” E con stupore della figlia, Flora la invitò a fare quattro passi lungo la linea del bagnasciuga.

Michiru prese le scarpe con la sinistra e la seguì in quell'insolita situazione.

“Ti farebbe piacere assistere alla prima? Posso invitare anche la famiglia Mizuno se vuoi.”

Anche Khloe? Avrebbe voluto osare pungolandola, ma non se la sentì. Era ancora troppo stanca per affrontare una probabile, ulteriore, logorante, lotta.

“Certo che mi farebbe piacere mamma. E' da tanto che non ti ascolto dal vivo.”

Flora si fermò afferrandole rapida le dita della destra e rivolgendo il palmo della mano all'insù, con occhio critico domandò da quanto avesse ricominciato a suonare. Michiru deglutì aspettandosi il peggio, ma non negò l'ovvietà dei segni che le quattro corde stavano tornando a regalarle sui polpastrelli.

“Da qualche giorno. Vedi, non sono calli ancora del tutto formati.” Sorrise dolcemente a quello che un tempo per la donna più grande era stato un affronto al decoro artistico. Suonare con la destra... Che eresia!

Inaspettatamente la madre non disse nulla, anzi continuando a tenere il palmo della figlia tra le mani iniziò a toccare delicatamente quei piccoli segni ricordando quanto entrambe una volta ne andassero fiere.

“Li ho visti ieri, quando ti tenevo la mano, ma francamente volevo che fossi tu a dirmelo. E stai trovando fatica?”

Non aspettandosi una tale domanda, Michiru rimase interdetta per qualche secondo per poi ammettere che il riprendere a fare una musica, quanto meno scolastica, si stesse presentando molto più arduo del previsto.

“Il problema cara è che sei stata un talento e, lasciatelo dire, anche molto caparbio. Non eri mai contenta, provando e riprovando fino a quando il tuo ego ti urlava di aver raggiunto la perfezione, il che ti costava non poca fatica. Se come credo il tuo spirito è rimasto lo stesso, farai una fatica doppia nel tentare di riappropriarti del ritmo musicale.”

“In realtà mamma, la maturità mi ha resa ancora più testarda. - Rise sommessamente a quello che per lei era spesso un punto d'orgoglio. - Perciò ti lascio immaginare come riesca ad affrontare quotidianamente gli esercizi. Però credo anche di essere diventata più paziente e meno perfezionista, il che bilancia le cose.”

Lasciandole la mano, Flora tornò a camminare. “Posso chiederti come ti sia venuta l'idea?”

“In verità è stato Alexios. - La vide fermarsi nuovamente con un'espressione più che stupita sul volto. - Mi ha fatto dono del violino della sorella ed anche se non mi ha detto nulla riguardo ad un suo utilizzo, il fatto che abbia modificato lo strumento spostando la mentoniera a destra mi ha spinto a credere che volesse chiedermi tacitamente di riprendere, una cosa che Ami stessa afferma essere importante al pari di una cura.”

“Molto giusto. La signorina Mizuno ha un dono e sarà un eccellente psichiatra, ma da Alexios... Non lo facevo tanto sensibile.” Sorrise guardandosi intorno.

Era veramente una bella spiaggia, nonostante le navi crocieristiche mostruose che s'intravedevano all'orizzonte e la nauseante caoticità di un porto grande come quello del Pireo a due passi.

“Hai sempre amato il mare, proprio come tuo padre. Forse sono le lontane origine nipponiche.” Confessò lei, svizzera doc.

“E' vero. Tu invece ami la montagna proprio come...” Si bloccò appena in tempo distogliendo gli occhi da quelli della madre. Nuovamente qualche passo verso il bagnasciuga.

“Come chi?” Inquisì intuendo il soggetto dal lampo di gioia intravisto per un istante nelle iridi della figlia.

“Non importa mamma.”

Flora respirò profondamente rimarcando mentalmente il suo proposito. Non voglio più che debba sentirti rifiutata da tua madre. Ricordò per poi chiederle come stesse la signora Tenou.

Michiru si volto' corrugando leggermente la fronte. Quanto sarebbe durata questa specie di conversione?

“Meglio. Molto. L'autunno scorso ha affrontato un trapianto di midollo ed in pratica stiamo aspettando solo l'ultima visita di controllo di maggio per lasciarci tutto alle spalle.”

Facendo una leggera smorfia con la bocca, Flora affermò convinta la sua ammirazione. Doveva essere una donna molto tenace se aveva avuto la forza per sconfiggere un cancro del sangue in età adulta.

Lentamente sua madre stava cercando di muovere qualche passo di riconciliazione e Michiru gliene fu grata. “Sei stata gentile ad avermelo chiesto, grazie.”

“Sa cosa sei venuta a fare qui?”

Oddio le sembrava Ami. “Si.”

“E perché non è qui con te?”

“Perché sono... In pratica sono scappata mamma. L'ho lasciata sola credendo fermamente che il riappropriarmi del sonno e dell’integrità fisica, dipenda soltanto da me e dalle mie capacità di lotta.”

“E' tanto che sei partita. Lo credi ancora?”

“Si.”

“E lei lo ha accettato?”

Michiru illuminò allora il viso con un sorriso marcatissimo. “E' testarda. Testarda e protettiva. Non è stato facile, ma non è stupida e mi ama.”

“E per amore si cerca di accettare tutto.” Concluse la madre riprendendo a camminare quando una domanda la colpì a bruciapelo.

“Anche di avere una figlia omosessuale mamma?” Michiru vide le spalle della madre irrigidirsi. Colpita e fine della tregua.

 

 

Haruka corrugò la fronte guardando le lettere rosse zancate alla facciata di quell'edificio dall'architettura strana. Ma porca miseria! Neanche si trovasse davanti un ideogramma. Quella lingua non l'aveva mai capita ed anche per questo aveva scelto il liceo scientifico invece che quello classico. Sbuffando rilesse sul Iphone le indicazioni estrapolate da Google per poi cercare dei punti di riferimento. Ma che! Le strade le sembravano tutte uguali; caotiche, caotiche ed ancora, caotiche!

All'improvviso il suo orecchio da meccanico venne però catturato da un suono agonizzante, tipo rantolo e tutto passò in secondo piano. Voltandosi a sinistra vide una BMW nera di grossa cilindrata ferma sul ciglio della strada con le quattro frecce accese, il cofano alzato ed un uomo dai capelli brizzolati, tagliati alla moda, con un completo scuro, che mani sui fianchi guardava all'interno con fare desolato. Rise intimamente avendo già intuito con quale problema quel tipo si stesse scornando. Tornando a guardare le lettere lo sentì parlottare con una donna che stava al posto di guida. Erano stranieri, dall'accento di lui, forse americani.

“Dovremo chiamare un taxi altrimenti rischiamo di fare tardi.” Disse l’uomo vedendo la compagna uscire dall'abitacolo.

“Non è possibile! Come possono macchine prese a noleggio avere tanti problemi?!” Ringhiò lei.

Questo inconveniente non ci voleva. La donna fulminò il compagno per poi togliersi gli occhiali da sole dal naso. Fu allora che inquadrò il bel giovane dai capelli dorati che li stava osservando di sottecchi a circa una decina di metri. Aveva stampato sulla faccia un sorrisetto per nulla utile a soffocare il nervosismo che le stava montando dentro.

“Perché non chiedi a quel ragazzetto di darci una mano? Magari ne capisce meglio di te di motori.” Consigliò lei e come tutti gli uomini lui fece finta di non aver sentito. Chiedere aiuto? Mai, soprattutto se riferito al mondo dei motori.

Esasperata prese il così detto toro per le corna facendo cenno al ragazzo di avvicinarsi.

“Visto che ti stiamo facendo tanto divertire, che ne diresti di darci una mano?” Disse il inglese intuendo dall'incarnato, dalla statura e dal colore dei capelli, che fosse uno nordico europeo.

Haruka si avvicinò mettendosi i Ray-ban sulla testa, rivelando così i due smeraldi che celava dietro le lenti. L'altra sbatté le palpebre impressionata, notando la delicatezza dei lineamenti del volto. Era una ragazza?!

“Cara, lascia perdere. Chiamo un taxi così la facciamo finita.”

“No aspetti. - Lo fermò la bionda con un gesto non riuscendo a staccare lo sguardo da quello della donna più grande. - Se mi permette ci penso io. Se mi trova un cacciavite a stella, un set di chiavi inglesi e mi da cinque minuti...” Lasciò cadere la frase.

Quella donna aveva un non so che di famigliare ed un colore delle iridi quasi identico a quello della sua dea, solo un po' più chiaro. Per questo e per l'amore che portava per i motori, aggiungendo un po' di superbia per la situazione ed un pizzico di spocchia, Haruka poggiò la borsa da viaggio accanto al parafango sfilandosi lo spolverino di pelle. Arrotolandosi le maniche della camicia nera, prese il cacciavite che l'uomo aveva estratto dal kit trovato nel portabagagli e mano poggiata sul cofano fece mentalmente il punto della situazione sentendosi osservata da entrambi. Ora che la rotondità del seno era evidente, per i due era oltremodo curioso vedere una donna tanto a suo agio davanti ad un motore.

“Allora, vediamo se ho ancora il tocco.”

“Come ancora. Ma sai cosa stai facendo ragazza?” Chiese ansioso l'uomo pensando ad un possibile danno ed alla conseguente multa da pagare al concessionario.

“Certo che si, non si preoccupi signore. Di norma lavoro con le moto, ma non mi tiro mai in dietro di fronte alla richiesta d'aiuto di una BMW. Sicuramente è il corpo farfallato e la valvola IAC che sono sporchi. C'è una spia accesa sul cruscotto, non è vero?” Chiese ed una volta controllato, lui confermò.

“Ok.” Haruka scollegò la batteria smontando poi il tubo d'immissione dell'aria del corpo farfallanto.

Due mosse, qualche bullone ed estrasse la piccola valvola IAC guardandola con aria sorniona. “Piccola carognetta, sempre tu a dar noia, vero?” Le disse pensando chissà perché alla sorella per poi guardare l'uomo fermo mano a “conca” intento a reggerle le viti ed i bulloni.

“Ha un panno pulito o un fazzoletto?”

“Ci penso io.” Intervenne l'altra donna sporgendosi nell'abitacolo per armeggiare con la sua borsa.

“Ho solo un pacchetto di fazzoletti usa e getta.”

“Ottimo signora, grazie. Attenta a non sporcarsi.” Disse prendendoli delicatamente dalla mano dell’altra ed iniziando a pulire l'interno cilindrico di alloggiamento.

”Avrei bisogno di uno spray adatto per togliere le impurità, ma ci dobbiamo accontentare.” Ricollegando tutti i connettori, Haruka chiese all'uomo di provare ad accendere il motore e mentre si puliva le mani, ascoltò il rombo della BMW con goduriosa soddisfazione.

“La spia non lampeggia più!” Disse lui sporgendosi all'esterno con fare sollevato.

“Bene. Tutto fatto. Mi raccomando però, andate da un meccanico appena possibile, perché questa è un'operazione da farsi massimo ogni trentamila chilometri o si rischia di rimanere a piedi.“ Concluse chiudendo il cofano per riprendere poi spolverino e borsa.

“Grazie, ci ha salvati.” Disse lei studiandone i lineamenti. Bella. Davvero una gran bella donna.

“Di nulla, anche se... Beh vede, il taxista che mi ha accompagnata ha provato a farsi capire, ma...”

“Sta cercando la pensione il Re del mare?” La bloccò l'altra notandone la faccia stupita. Come età avrebbe potuto essere sua figlia.

“In verità si, signora.” Ammise vedendosi indicato l'edificio bianco a più piani con un fronte di piante molto curato a circa cinquanta metri da loro.

Sulla facciata la scritta che non era riuscita a decifrare che presumibilmente riportava il nome della pensione in ellenico.

“E pensare che ce l'avevo proprio davanti. Grazie.” Fece per accomiatarsi quando la donna più grande le chiese se fosse italiana.

“No, svizzera, signora. Il mio accento inglese è terribile, lo so, ma le assicuro che con il tedesco me la cavo molto meglio.” Ci scherzò su e tornando a calarsi gli occhiali da sole sul naso fece per voltarsi.

Fu allora che la donna la stupì. E non poco. “Lei è la signora Tenou, non è vero? Haruka Tenou.”

Togliendosi lentamente i Ray-ban li lasciò abbandonati nella mano destra mentre aggrottava leggermente la fronte.

“Mi perdoni... ci conosciamo?” Per assurdo che fosse, Haruka non aveva mai visto foto recenti della signora Kaiou. Michiru non ne aveva.

“La troverà in spiaggia.” Disse e voltandosi raggiunse l'uomo rimasto nell'abitacolo ed arpionando la cintura di sicurezza gli intimò di partire.

Si staccarono velocemente dal marciapiedi e mentre Paul guardava fisso la strada, Flora tornò ad inforcare gli occhiali.

“Come hai fatto a riconoscerla?” Chiese pensando ancora una volta a quanto la compagna fosse intuitiva e dotata di una spiccatissima capacità d'osservazione.

Ma Flora non rispose, forse perché intimamente neanche lei sapeva come avesse potuto riconoscere in quel bellissimo viso d'angelo, una donna che non aveva mai visto. Una cosa l'aveva colpita in Tenou, una cosa che spiccava più del colore pazzesco degli occhi, del viso regolare, dei capelli ribelli o della postura dritta e fiera dalle proporzioni pressoché perfette, ovvero lo sguardo; una limpida purezza, rara da trovarsi negli adulti.

Era stata gentile e disponibile con due perfetti estranei ed anche se l'aveva spinta l'amore per i motori, un po’ di superbia e, perché no, anche il gusto di una sfida, a Flora quella donna intimamente le era piaciuta. Apparentemente diversissima dalla figlia, avrebbe però anche potuto completarla.

Interessante. Si disse rendendosi conto di quanto fosse stata errata l'idea che si era fatta di lei in tutti quegli anni. Non era un mostro disconosciuto da Dio ed allontanato dagli uomini, una persona viscida, sgradevole, o licenziosa, anzi, Haruka le era apparsa una gran brava ragazza, ed improvvisamente provò sincero piacere nel saperla finalmente tornata in salute. Fu così che l'ennesimo pezzettino della reticenza di Flora Kaiou nei riguardi della compagna della figlia, scomparve.

Haruka rimase ferma come uno stoccafisso per un minuto buono iniziando a provare una strana sensazione d'ansia. La troverà in spiaggia. Si riferiva forse alla sua Michiru? E mentre era in pieno trip mentale avvertì il cellulare vibrarle nella tasca posteriore dei jeans e sorridendo una volta riconosciuto chi fosse, rispose.

“Ciao Michi mia.”

Michiru si sedette sulla sabbia affondando i piedi nel tepore della tarda mattina. La madre era appena andata via e la conversazione non era stata delle più facili. Questa volta la colpa era stata sua. Non aveva voluto aspettare, non aveva voluto essere cauta come generalmente era, ed aveva sparato a zero senza controllo. Non era da lei.

 

 

“Allora non mi rispondi mamma? Hai detto che per amore si cerca di accettare, dunque?”

“Michiru non forzarmi la mano.” Un'imposizione più che un consiglio.

“Non sto forzando nulla. Credo di avere il diritto di poterti fare questa domanda!"

“Non posso accettarlo così su due piedi.”

“Sono Più di vent'anni che lo sai mamma. Vent'anni!”

Flora tornò a guardarla negli occhi, ma questa volta sembrava aver ceduto lo scettro del comando alla figlia. “L'unica cosa che posso garantirti è che ci proverò, anzi, ci sto già provando. Te l'ho detto, dopo la tournée avremo tempo per parlare di questo come di tuo padre. Altro non posso proprio fare. Cerca di capirmi.”

L'altra abbassò la testa. Aveva preso a desiderare che le cose potessero andare più velocemente, perché sentiva di non avere più tempo, perché voleva tornare a casa dal suo amore e tutti, incluso il suo corpo, sembravano volerle remare contro.

“Voglio ritrovare il mio equilibrio mamma, ti prego, aiutami.”

Flora allora si scoprì. “Io proprio non capisco Michiru, non ci riesco. Come puoi amare una donna e rinunciare a tutto quello che un normale rapporto di coppia potrebbe regalarti?” Finalmente! Non ci voleva tanto.

Scoppiando in una risata liberatoria Michiru allargò le braccia facendo a sua volta una domanda. “Ma cosa credi abbia instaurato con Haruka se non un normale rapporto di coppia?! Facciamo le stesse cose che facevate tu e papà, o che fanno tutte le coppie etero del mondo.” Iniziò ad enunciarne alcune usando le dita delle mani per contarle.

“La costringo ad andare dove non vuole come facevi tu con lui. Cerca di accontentarmi facendo le cose che mi piacciono e che non piacciono a lei, proprio come quel pover'uomo. Mi piego a vedere la casa devastata da pezzi di motore e modellini vari sparsi qui e la in un crescente casino rinfacciandoglielo quotidianamente, proprio come facevi tu per le sue canne da pesca. Ognuna di noi ha compiti ben precisi per la casa, la spesa, il cucinare, il pagare le bollette ed il presenziare alle riunioni di Condominio. L'unica differenza tra il vostro rapporto ed il nostro sta nel fatto che essendo due donne, abbiamo un modo di vedere la vita, le cose e gli spazi, abbastanza simile, ma per il resto...- Si fermò avendo un'intuizione scioccante, e se...- Mamma, non ti starai riferendo al sesso spero.”

“Michiru Kaiou, non essere volgare!” Voltando il viso altrove Flora rimarcò alla figlia la sua intenzione di non voler proseguire quella conversazione.

“E no, aspetta. La proseguiamo e come la conversazione. Non può ridursi tutto a questo!” Incalzò.

“Ho detto che non intendo proseguire questa...”

“Piantala mamma!” Quasi urlò e se ne stupì talmente da bloccarsi nel guardare gli occhi sbigottiti dell'altra.

“Credo di stare per ricredermi sulla metodologia di cura che la dottoressa Mizuno sta usando su di te cara. Sei cambiata. Dove le hai lasciate le buone maniere?”

A fanculo. Stava per dire, ma avrebbe provocato solo l'indignazione dell’altra non arrivando a nulla. Cercando di calmarsi tornò ad usare un tono di voce più pacato, ma altrettanto irreprensibile.

“Ascoltami, credo di capire. Forse pensare ad una figlia che fa l'amore con un'altra donna non sarà il sogno di ogni madre, ma non credere che per un figlio immaginarsi i suoi genitori fare altrettanto sia la cosa più fantasmagorica del mondo!”

“Michiru!”

“Il sesso è una cosa importante mamma, ma non è alla base del nostro rapporto. Tra me ed Haruka ci sono centomila altre sfaccettature che vorrei tu conoscessi. Non fossilizzarti su una cosa sola.”

“Non dovrei fossilizzarmi sul fatto che non potrà mai donarti la gioia di una gravidanza?!” Colpì giù duro e le carte si trovarono magicamente tutte sul tavolo.

Michiru sbatté le palpebre socchiudendo gli occhi mentre l'ascoltava continuare. “Vuoi veramente rinunciare alla bellezza di essere madre per un rapporto che potrebbe finire tra un anno o prima? I compagni se ne vanno cara, ma i figli rimangono legati a te per sempre.”

Toccandosi il collo sentendosi leggermente in imbarazzo, Michiru sorrise guardando altrove. “Oddio mamma, ma la credi realmente questa cosa?” No, perché il nostro rapporto non sarebbe proprio come te lo stai figurando. Aggiunse non dando però voce a quest'ultimo pensiero per non ferirla.

Ma come se fosse stata in grado di leggerle la mente, Flora la guardò tristemente. “ A parte rare eccezioni.”

“Mi dispiace mamma, ma non sono d'accordo.”

“Lo immaginavo.”

“Comunque vorrei che tu sapessi che se non ho dei figli è perché sono io a non volerne. Perciò almeno in questo, non dare la colpa alla mia Ruka, per piacere.”

 

 

“Come stai amore?” Chiese alla sua bionda scusandosi poi per averla disturbata sul lavoro.

“Bene. E' bello sentirti, mi mancavi. Qui tutto come sempre e tu cosa stai facendo?” Le respose Haruka scendendo alcuni gradini in pietra.

“Nulla di che. Ho appena avuto una conversazione al limite dell'assurdo con mia madre.”

"Con chi?” Si bloccò sentendo la gola restringersi guardando poi verso la strada.

“Mia madre è qui ad Atene per dei concerti ed io ho avuto la brillantissima idea di scambiare quattro chiacchiere con lei.” Sbuffò sonoramente.

L'altra riprese a camminare. “A si? Spettacolo!”

“Puoi dirlo forte! Abbiamo parlato di … sesso.”

“Di che?” Un'altra brusca fermata ed una nuova occhiata alla linea della strada ormai posta sopra di lei di circa sei metri.

“Hai capito benissimo amore. Del grande e peccaminoso sesso tra donne.”

O porca puttana. Pensò la bionda iniziando ad avere paura di avere appena fatto un casino. E se la donna dagli occhi tanto simili a quelli della sua compagna fosse stata... Ma perché era così poco fisionomista. Dannazione?!

“Ruka, ci sei?” Chiese Kaiou non sentendola più.

“Si, si. Ma... com'è che ci sareste arrivate a codesto tabù, Michi mia?” Domandò intravedendo la spiaggetta privata della pensione.

“Lascia stare, il discorso è lungo, tortuoso ed alquanto stupido, te lo assicuro Ruka. Comunque, sta di fatto che mia madre si è appena defilata con la scusa di un appuntamento importantissimo. E' venuto a prenderla il signor Maiers ed è schizzata via come inseguita da Cerbero in persona.”

“Il signor Maiers sarebbe il suo compagno, ricordo bene? E magari è un uomo dai capelli brizzolati, fascinoso, alla moda e che indossa eleganti completi Armani?”

“Bhè, non saprei se oggi indossasse un completo, perché non è sceso in spiaggia, ma in genere, si, veste Armani, ha i capelli brizzolati ed è un bell'uomo. Sei perspicace amore.” Concluse gioiosa mentre l'altra mandava un altro sfondone al cielo.

No, sono un'idiota! Penso accaldata.

Mi perdoni... ci conosciamo?”

La troverà in spiaggia.”

Haruka poggiò la borsa e lo spolverino sopra un muretto iniziando poi a togliersi le scarpe. Eccola li la sua dea, seduta sulla spiaggia a godersi il suo adorato mare.

“Michi, devo andare. Stefano ha bisogno di aiuto.” Disse cercando di essere convincente.

“O certo Ruka. Ci sentiamo presto. Ti amo.”

“Fai la brava e... Michi, non dar retta agli sconosciuti che potresti incontrare sulla spiaggia, intesi?” La sentì ridere mentre riattaccava. Un paio di grossi respiri per cercare di controllare i battiti del cuore e si diresse lentamente verso il bagnasciuga.

Michiru sorrise guardando la foto sullo schermo. Quanto mi manchi. Pensò infilandosi il cellulare nella tasca vedendo un ombra sovrastare la sua. Sentendo una voce provenire da un paio di metri dietro di lei s'irrigidì leggermente.

“A proposito Michiru... Ti amo anch'io.”

Spalancando gli occhi e girandosi di scatto si trovò contro sole una figura resa ancora più alta dal suo stare seduta, slanciata, in maniche di camicia e con un paio di jeans neri dalle tasche con i risvolti rossi che conosceva benissimo, perché era stata proprio lei a comprare. Difendendosi gli occhi dalla luce, si alzò lentamente non potendo credere che quella fosse la realtà.

“Sei vera?” Chiese quasi con paura perché era assurdo che si trovasse proprio li davanti a lei.

“O mammina, spero di si, altrimenti vorrebbe dire che siamo entrambe fuori come un balcone." Ammise Haruka allargando le braccia per accoglierla.

“Amore mio.” Michiru le saltò al collo aggrappandosi con tutta la forza che aveva.

“Hei Michi, fai piano.” Consiglio' ridendo per poi alzarla da terra per farle compiere mezzo giro in aria.

“Amore, amore, amore mio grande...” Mugolò Kaiou nell'incavo del suo collo respirandone l'odore.

Era talmente inebriante quel contatto, che Haruka trovò fatica a privarsene. Riuscendo finalmente a guardarla in viso, sorrise come non faceva da settimane, illuminandosi come se fosse la prova vivente della raffigurazione di una Madonna nordica. Quanto poteva essere bella la sua dea e solamente ora che se la trovava tra le braccia riusciva a capire quanto maledettamente le fosse mancata. Tutta quella frustrazione, quel disagio, il nervosismo, la distrazione, tutto rappresentava la faccia della stessa moneta; l'abbandono.

“Ma che ci fai qui?” Chiese Michiru non lasciandole pero' il tempo per rispondere.

Arpionandole i capelli attiro' alle sue quelle labbra per troppo tempo bramate. Che meraviglioso sapore avevano e quanto potere stavano esercitando sui battiti del suo cuore. Se con Khloe era stato come avvertire una brezza insignificante, con Haruka sembrava stare sul punto di cedere alla forza devastante di un uragano.

“Non sei arrabbiata?” La chiese la bionda una volta che la bocca di Michiru decise di lasciarla andare.

“Assolutamente no. Una parte di me sperava che tu compissi questo viaggio nell'istante esatto nel quale ti ho detto dov'ero.”

“Meno male. Ero già pronta ad uno dei tuoi micidiali scappellotti.” Ammise per poi ridere alla faccia contrariata di una Kaiou colta in castagna.

Guardandola attentamente sotto la luce del sole, Haruka notò in Michiru il viso abbronzato e gli occhi leggermente meno stanchi. Piegando la testa da un lato si gustò il sorriso di rimando.

“Vedo che la vacanza ti ha fatto bene. – Le strinse i fianchi sollevando le sopracciglia. - E noto con piacere che hai messo su anche un pò di ciccia buona.”

Lo scappellotto tanto agognato le arrivò prontamente fulmineo sul collo. Con una donna mai uscirsene con una frase sull'età o sul peso e questo alla bionda proprio non entrava in testa.

“Non è vero!”

“Si che lo è!” Strinse con più ardore.

“Stupida...”

“Anch'io ti amo.” E si persero nell'ennesimo bacio.

 

 

Michiru rise così di gusto che Haruka quasi se ne commosse. Da quanto non la vedeva tanto felice ed euforica. Se ne stavano sedute sulla spiaggia da ormai una ventina di minuti, accoccolate l'una nelle braccia dell'altra ed in quel lasso di tempo la bionda aveva cercato di spiegarle il “cosa” l'avesse spinta ad infrangere la tacita promessa di non raggiungerla sulle coste greche.

“E' stata Giovanna?!” Una nuova risata mentre continuava a stringere il pugno sul tessuto della camicia di Haruka come se avesse il timore che nel lasciarlo lei potesse dissolversi.

“Si... Ma che ne so! Mi ha detto “valla a prendere” ed era cosi' convinta che non ho battuto ciglio.”

“Ma le hai chiesto il perché?”

“Certo. L'ho sommersa di domande. Lei le ha ascoltate tutte e quando le ho intimato di parlare mi ha ripetuto ancora più decisa “valla a prendere!” A quel punto non ci ho capito più nulla e sono partita per la tangente. Ho chiesto un permesso in scuderia e ho prenotato il primo volo utile per Atene. Credo che necessitassi solamente di una scusa e di qualcuno da incolpare se ti fossi arrabbiata. E chi meglio di Giovanna?!”

“Ruka!”

“Tanto lo so che non te la saresti mai presa con lei. Vi siete coalizzate per farmi uscire fuori di testa, perciò non fare la protettiva, che quella rompipalle sa difendersi benissimo da sola.”

Michiru sorrise a quella piccola gelosia regalandole l'ennesima carezza. “Non mi inizierai a far domande in merito a quale delle due io voglia più bene, vero?”

L'altra tirò su con le spalle affermando sicura che qualche punto di margine ancora era certa di possederlo. “Perché Giò non potrebbe mai farti provare questo.” E la baciò con tale intensità che la sentì azzerare la forza nei muscoli abbandonandosi completamente tra le sue braccia.

Una volta riemersa da quell'estasi con l'addome stretto come in una morsa di calore, a Michiru non rimase altro che darle ragione tornando a respirare con regolarità. “D'accordo Ruka, hai vinto tu.”

“Vorrei ben vedere.” Concluse tronfia ghignando della sua performance.

“Ma siete all'inizio del campionato. Quanto puoi rimanere?” Le chiese iniziando a pensare seriamente di fare armi e bagagli per seguirla a casa.

“Ventiquattro ore. Tanto mi ha concesso Henry. Domani alle nove devo stare in ufficio.”

“Ma Ruka... è un'ammazzata! Avresti dovuto chiamarmi prima d’imbarcarti.”

“Per sentirti dire che va tutto bene, di non preoccuparmi e di avere ancora un po' di pazienza? No Michi. Questa volta no. Mi mancavi veramente troppo. Lo sai quanto mi sono sforzata per cercare di rispettare le tue scelte, ma... scusami.”

“Non importa amore, va bene così. Sono immensamente felice e grata che tu sia qui. E' che mi preoccupo per te. Non mi piace saperti in pista quando non dormi a sufficienza e poi lo sai che l'ora legale tu non la vivi in maniera, per così dire, sveglia.”

A proposito di preoccupazioni motociclistiche, Haruka sentiva di avere un peso sulla coscienza che necessitava di essere epurato dalla comprensione dell'altra. Aveva pensato cose non molto onorevoli sulla sua dea, soprattutto durante la prima settimana del suo allontanamento, arrivando addirittura a colpevolizzarla per la sua caduta in pista. Non era stato giusto. Cercò allora di spiegarsi ed una volta finita la confessione fu l'altra a chiedere scusa.

“Non ho pensato abbastanza alle conseguenze di questo viaggio. Avresti potuto ammazzarti su quella pista. Lo so che quando hai delle preoccupazioni acceleri per schiarirti le idee ed è per questo che ti nascondo sistematicamente le chiavi della tua Ducati per tutta casa.” Azione che faceva saltare i nervi alla bionda ancora di più.

“Bhe Michi, in questo frangente la colpa è stata mia. Sappi però che grazie a quel piccolo disarcionamento ho avuto modo di affinare la mia tecnica di nuoto.”

La risata incontrollata che ne seguì, la ferì. “Adesso perché ridi scusa?!” Chiese sapendo già la risposta.

“No Ruka mia, non sto ridendo di te, ma... con te...”

“Ti sembra forse che io stia ridendo?” Rimarcò fintamente seria.

Lo sapeva di far schifo in acqua, anche se quella piccola sirenetta avrebbe ben presto ricevuto una sonora lezione. Aveva solo bisogno di allenarsi un'altro paio di settimane.

L'ennesimo bacio. “Ruka, mi piace vederti annaspare prima di andare affondo.”

“A grazie, ben gentile.” Disse prima che la sua attenzione venisse catturata da una piccola barca dalla chiglia colorata a strisce bianche e blu che stava passando a pochi metri dalla riva con alcune persone a bordo.

Michiru la riconobbe subito prima ancora di scorgere Khloe saldamente ferma al comando. Stava rientrando da un'escursione con un gruppo di turisti francesi. Poco meno di dieci minuti e sarebbero passati di la per far ritorno alla pensione. Stringendo le labbra si alzò porgendo ad Haruka la mano.

“Vieni amore. Devo dirti una cosa.”

 

 

 

 

Note dell'autrice: Salve. L'ennesima frase lanciata a cavolo. Lo so. Scusatemi, ma se non faccio così poi la storia mi si fa appallante, no? A parte gli scherzi, è stato un capitolo di incroci, dove forse (e sottolineo il forse) Flora sta iniziando a cedere all'evidenza di un amore forte ed incondizionato come quello che ha trovato la figlia e chissà, magari un giorno potrebbe anche arrivare a gioirne come ogni genitore dovrebbe fare. E poi Haruka quando ci si mette è anche una personcina a modo.

Adesso vediamo un po', però, come la personcina a modo reagirà di fronte alla figura di Khloe. Ci sarà un incontro (di boxe) o Michiru deciderà di tenerle lontane? Non lo so ancora. Vedremo.

Per coloro che adorano quel piccolo fumetto dal nome di Giovanna Aulis, sappiate che comparirà ancora per dar noia alla nostra bionda e forse rimarrà con lei sino alla fine di questa storia, che sta via via per concludersi.

Un saluto e a presto.

   
 
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