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Autore: Kurama16    07/04/2017    3 recensioni
Lance si interruppe; il ricordo dell’ultima volta che vide la sua famiglia prima di partire per l’accademia riaffiorò nella sua mente, facendosi largo tra i pensieri.
Il suo sorriso si spense ancora una volta e Pidge cominciò a credere che il Lance che conosceva non fosse affatto il vero lui.
«È tutto okay, Lance?»
[...]
Pidge era sconvolta. Non aveva mai visto Lance piangere. Sapere che qui, ora, davanti a lei si era dimostrato per ciò che era veramente, la fece sciogliere e sentir male allo stesso tempo; guardarlo in quello stato le aveva spezzato il cuore.
E anche agli occhi di Pidge due lacrime fecero capolinea.
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Una chiacchierata notturna e una vecchia canzone estiva metteranno a soqquadro i sentimenti di due paladini di Voltron, legandoli in maniera profonda anche più dell'Universo in cui stanno viaggiando.
[Pidgance]
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gunderson Pidge/Holt Katie, McClain Lance, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Un piccolo avvertimento. All’interno di questa storia è presente una canzone, eccone la legenda:
Verde: Pidge
Blu: Lance
Viola: Entrambi
Nero: Voce della canzone
Vi consiglio di ascoltare la canzone durante la lettura, fermandola ogni volta che ripartono le descrizioni, vi garantisco che ne verrà fuori un effetto fantastico.
https://youtu.be/goLz5q_9ryk
Buona lettura!                                                                       
                                                                                 Kaleidoscope

Nel castello regnava il silenzio. Tutti i paladini erano nelle proprie stanze, tra le braccia di morfeo, sognando il giorno lontano in cui sarebbero ritornati a casa. Allura aveva deciso di sostare in un pianeta vicino per recuperare le energie perse nell’ultima battaglia e risolvere dei problemi meccanici del castello, per cui Hunk si era felicemente offerto. I paladini si erano precipitati nelle loro camere senza farsi troppe domande, troppo stanchi e scombussolati dall’ennesima battaglia contro armate di Zarkon. Ma forse non tutti erano addormentati. Nelle rispettive stanze, i paladini del Leone Verde e del Leone Blu non sembravano riuscire a riposare per nulla.

Pidge era sdraiata sul letto mentre guardava il soffitto, la foto di suo fratello stretta in una mano e l’altra posta dietro la nuca. Succedeva ogni notte, tutti si congedavano nelle proprie stanze e lei, ormai sola, non poteva fare a meno di farsi travolgere dai pensieri. Dov’erano suo padre e suo fratello? Che cosa staranno pensando di lei al Garrison? Che abbia fatto la loro stessa fine? E sua madre? Oh, sua madre.
Avrebbe tanto voluto parlare con lei. Le avrebbe spiegato di come si è ritrovata ad essere un paladino, un difensore dell’Universo, di come sta cercando disperatamente il resto della sua famiglia e di come pian piano ci stia riuscendo. Le informazioni su Matt, anche se minime, le aveva; suo fratello era ancora vivo e c’era ancora speranza. Avrebbe voluto parlarle per farle sapere che stava bene, che non aveva perso l’ultimo pezzettino di famiglia che le restava, e invece era lì, a chissà quanti anni luce di distanza dalla sua piccola realtà, senza poter fare nulla.

Pidge sospirò, pensando che una boccata d’aria le avrebbe fatto schiarire le idee e che, chissà, magari sarebbe anche riuscita a riposare quella notte. Si avviò silenziosamente lungo il corridoio del castello mentre guardava l’esterno attraverso le vetrate, notando con amarezza che il pianeta su cui si erano fermati era molto simile alla Terra, diventando via via più sconsolata.

Dall’altra parte del corridoio, Lance era in piedi davanti alla porta della sua stanza. Anche lui, come la tenace paladina, era sommerso dai pensieri. Per quanto riuscisse a nasconderlo davanti agli altri, gli mancava davvero tanto casa, e sapere che forse non sarebbe mai tornato indietro lasciando tutti senza nemmeno dire addio, non poteva fare altro che farlo sentire ancora più angosciato.

Fece un passo fuori la porta, decidendosi sul da farsi, quando vide Pidge uscire fuori dal castello. Valutò quale fosse la migliore cosa da fare e alla fine, vinto dalla curiosità, il paladino decise di seguirla.
Pidge camminava a rilento verso il suo Leone, arrampicandosi fin sopra il muso con fatica. Una volta sistemata, tirò fuori dalle tasche un piccolo Mp3 con le sue grandi cuffie verdi, che posizionò sulla testa prima di far partire la musica.

Lance la seguì fuori al castello e si fermò ad osservarla: aveva l’aria spenta e sembrava che qualcosa la turbasse. A quel punto, il paladino decise che sarebbe andato fino in fondo alla faccenda; se si trattava di Pidge, non si sarebbe fermato per nessun motivo al mondo. Cercò di fare meno rumore possibile arrampicandosi sul Leone, fino a quando giunse trionfalmente in cima, alle spalle di Pidge, alla quale cominciò ad avvicinarsi lentamente a gattoni. Alzò delicatamente una cuffia dal suo orecchio e sussurrò.

«Hey.»
Presa dall’enorme spavento, Pidge balzò in piedi in posizione di difesa lasciandosi cadere le cuffie alle spalle, con una mano volta a prendere il bayard che aveva portato con lei sul Leone.
«Lance?» la paladina lo guardò con un’espressione mista ad incredulità e rabbia.
«Ma che ti salta in mente?!»
A Lance brillarono gli occhi, e non poté fare a meno di farsi scappare una risata alla vista di Pidge che andava su tutte le furie.
«Cos’hai da ridere?!» Pidge stava perdendo la pazienza, considerando il brutto scherzo che le aveva fatto e il momento di privacy che le aveva rovinato.
«Nono, aspetta posso spiegare.» ridacchiò Lance «è come quella notte al Garrison… l’ultima, notte al Garrison.» finì, con il sorriso che si faceva via via più spento.

Pidge ricordò subito, ripercorrendo l’inizio della loro grande avventura; L’arrivo di Shiro, il ritrovamento del Leone Blu, il salto nel wormhole, l’arrivo al castello di Allura e la partenza verso lo spazio.
«Oh... già.» Pidge si rilassò e sforzò un sorriso davanti al suo compagno, tentando a tutti i costi di reprimere i pensieri che pochi istanti prima la stavano tormentando. Non si sarebbe mai mostrata debole agli occhi dei suoi compagni, fatta ad eccezione di Shiro, che vedeva come una figura paterna con cui potersi sfogare liberamente. Infondo, chi più di Shiro poteva comprendere la sua situazione?
Era proprio qui che Pidge si sbagliava.

Davanti al sorriso malinconico della ragazza, Lance sentì una fitta dal profondo. Odiava vedere i suoi amici soffrire e ancor di più quando a farlo era Pidge. Dopo di tutto insieme ad Hunk lei era la persona con cui aveva legato di più nel gruppo; si conoscevano da molto ormai, e in quegli ultimi tempi stava diventando inspiegabilmente molto più protettivo nei suoi confronti.
«C’è qualcosa che non va?» Lance era visibilmente preoccupato e osservava la sua compagna in cerca di risposte; sarebbe stato disposto a fare di tutto pur di farla sorridere.

Pidge, arresasi alle sue preoccupazioni, sospirò alzando le spalle, sedendosi e portando lo sguardo altrove per non incrociare quello di Lance.
Il paladino si sedette, appoggiando di poco il peso sulla spalla di Pidge, che sussultò al contatto improvviso girandosi di scatto verso il ragazzo. Accanto a Lance, Pidge si sentiva stranamente al sicuro, protetta, sentiva una sensazione di calore che portò il suo stomaco a fare le capriole, le sue mani a sudare e lo sguardo ad incollarsi ai suoi occhi color oceano. Non riuscì però ad elaborare tutte quelle sensazioni in tempo, siccome Lance distolse lo sguardo e iniziò a parlare, cogliendola alla sprovvista.

«A volte ci pensi a quanto siamo veramente distanti dalla Terra? Se anni fa qualcuno mi avesse detto che avrei viaggiato in giro per l’Universo, probabilmente avrei riso senza pensarci due volte e la cosa mi sarebbe completamente scivolata di dosso.»
Pidge lo osservava attenta gesticolare, mentre guardava un punto non preciso di quello strano pianeta voltandosi di tanto in tanto a darle qualche sguardo.
«È per questo che sei ancora sveglio? Ti manca casa?»
«Non immagini quanto. Credo sia lo stesso per te. Ti ho vista uscire dal castello ed ho pensato di farti un po’ di compagnia.»
Pidge sorrise appena, non aveva mai visto questo lato di Lance; forse non lo conosceva ancora così bene come credeva.
«Non mi hai mai parlato della tua famiglia, so che sei di Cuba e siete in tanti ma più di questo, il vuoto.» Pidge lo guardò speranzosa, inconsapevole del fatto che l’argomento provocasse in Lance tanto dolore quanto il parlare della sua famiglia lo provocasse in lei.

Lei lo conosceva solamente come Lance, il latin lover che passava il tempo a far colpo su ragazze e a scherzare in qualsiasi situazione, sfoggiando quel sorriso luminoso che più volte era rimasta a guardare incantata.
Aspetta, lei, che guarda Lance incantata? Doveva assolutamente essersi sbagliata, mai e poi mai avrebbe potuto guardare Lance in quel modo.
O almeno credeva.

«La mia famiglia è molto più numerosa di quanto pensi. E rumorosa, anche. Sono il secondo di cinque fratelli e insieme a mia sorella maggiore aiutiamo i miei a prenderci cura di tre piccole pesti. La più piccola è Helena, ha 3 anni. E non ti ho nemmeno parlato delle mie zie e dei miei cugini.» Lance fece una piccola pausa e lanciò uno sguardo su Pidge, che adesso era girata verso di lui a gambe incrociate, sostenendo il peso del corpo sulle mani che teneva salde ai polpacci.
Lance non poté negare di trovarla carina, ma non ci diede tanto peso, abituato ad essere infatuato della prima ragazza che passava, umana o non.

«Ogni mattina cantavo insieme ai miei fratelli, dopo averli tirati giù dal letto e costretti a prepararsi per scuola; la maggior parte delle volte eravamo in ritardo e costretti a passare per una scorciatoia sulla spiaggia pur di non perdere le lezioni.» Lance ricordò quest’ultimo particolare con una risata, suscitando lo stupore di Pidge che subito dopo prese parola.
«Tu sai cantare?»
Lance volse un sorriso fiero alla sua compagna, incrociando le braccia al petto e alzando di poco la testa.
«Fin da quando ero piccolo, quasi tutti nella mia famiglia ne sono capaci.»
«Con tutto il tempo da cui ci conosciamo non me l’hai mai detto…»
Il ragazzo assunse un’espressione sconsolata, con le spalle verso il basso e un leggero broncio sul viso.
«Non abbiamo mai parlato così tanto, nemmeno al Garrison.»
Pidge lo guardò concordando in silenzio, avvicinandosi di poco al ragazzo.
Lance sospirò e alzò la testa guardando il cielo scuro; delle stelle cadenti fecero capolinea nell’atmosfera del pianeta.
A qualcuno doveva pur dirlo.
«La persona con cui parlavo di più era mia madre, ogni sera al Garrison mi chiamava e mi raccontava di cosa succedeva durante la mia assenza, di come mio padre era fiero di me e di quello che stavo facendo… poi i miei fratelli mi salutavano ed Helena mi chiedeva di cantarle la buonanotte…»
Lance si interruppe; il ricordo dell’ultima volta che vide la sua famiglia prima di partire per l’accademia riaffiorò nella sua mente, facendosi largo tra i pensieri.
Il suo sorriso si spense ancora una volta e Pidge cominciò a credere che il Lance che conosceva non fosse affatto il vero lui.

«È tutto okay, Lance?»
Il ragazzo guardò in basso, non avendo il coraggio di guardarla negli occhi, mentre le sue labbra presero a fremere debolmente.
Pidge gli portò una mano sulla spalla tentando di guardarlo negli occhi, in cerca di una risposta dall’ormai non più vivace paladino blu.
«Lance.»
Stavolta il tono della paladina era più calmo, dolce, il tanto che servì al ragazzo per alzare la testa e guardarla negli occhi, rivelando delle lacrime ai bordi dei suoi occhi blu.
Pidge era sconvolta. Non aveva mai visto Lance piangere. Sapere che qui, ora, davanti a lei si era dimostrato per ciò che era veramente, la fece sciogliere e sentir male allo stesso tempo; guardarlo in quello stato le aveva spezzato il cuore.
E anche agli occhi di Pidge due lacrime fecero capolinea.

Quasi d’istinto, la ragazza si alzò sulle ginocchia e lo strinse forte in un abbraccio, affondando la testa nell’incavo del suo collo.
«Lance, non aver paura di piangere davanti a me. Ti capisco.» La paladina si stringeva con forza al suo compagno, lasciando le lacrime cadere e bagnarle prima le guance, poi la maglietta di Lance, che aveva preso a singhiozzare lievemente.
Lance la strinse a se, strizzando gli occhi e tentando di calmare il suo respiro, mentre le lacrime gli rigavano il volto silenziose.
I due rimasero abbracciati per qualche minuto, non volendo perdere il contatto che avevano creato, trovando conforto l’uno nelle braccia dell’altra.
«Grazie..» le parole uscirono dalla bocca del paladino quasi come un sussurro, mentre scioglievano l’abbraccio e guardavano l’uno lontano dallo sguardo dell’altro, troppo angosciati per dire qualcosa.
Pidge tirò su con il naso e alzò lievemente la montatura dei suoi occhiali, strofinandosi un occhio con la manica della maglia mantenendo basso lo sguardo.

«Sono venuto a farti compagnia e quello che viene consolato alla fine sono io.» ridacchiò Lance guardandola finalmente negli occhi; una scia di lacrime ancora sul suo viso.
Pidge sorrise di rimando, cogliendo l’occasione per smorzare la tensione di quella situazione.
«La prossima volta verrò io da te, così saremo sicuri che quella ad essere consolata sarò io. Ci stai?»
“È un appuntamento?» Lance riprese la sua tipica espressione beffarda, anche se più debole rispetto al solito, insieme a quell’aria di sfida solita presentarsi nei suoi occhi color oceano.
«Nei tuoi sogni, cubano.» rispose Pidge, tirandosi in piedi e appoggiando le mani sui fianchi vittoriosa, mentre squadrava il ragazzo con fare altezzoso.
«Oh andiamo tappetta, non puoi resistere a tutto questo.» fece Lance, indicandosi il volto col pollice con aria di presunzione.
«Abbiamo appena finito di piangere. Non vorrei ricominciare sentendo le tue battute squallide Lance.» e qui Pidge poteva senza dubbio essere considerata la vincitrice di qualunque strana gara di battute fosse in corso in quel momento.
Stranamente, Lance restò in silenzio a guardarla, finchè pian piano non scoppiò in una risata leggera, spensierata, che coinvolse subito Pidge riempendo l’atmosfera di allegria.
«Siamo senza speranze...»
«Parla per te, la mia battuta era originale!»
Intanto, dalle cuffie lasciate cadere a terra prima, iniziava a diffondersi Don’t let me down.
Pidge si ghiacciò all’improvviso, diventando rossa dall’imbarazzo.
Lance sgranò gli occhi sorpreso, alzandosi a prendere l’Mp3 e leggendo più volte il titolo della canzone, quasi come se la situazione non fosse reale.
Il ragazzo si portò una mano al petto e sul suo viso crebbe un’espressione a metà tra il sorpreso e l’emozionato.
«Aww Pidge è una romantica!»
«Dammi qua!» Pidge strappò via l’Mp3 dalle mani di Lance, cercando disperatamente di mettere in pausa la canzone senza risultati.
«Pidge?»
«Cosa?!»
«Anche io ascolto queste canzoni, non hai motivo di vergognarti.»
«Uhm...» Pidge guardò verso il basso imbarazzata, incapace di formulare una frase.
«Sono solo sorpreso, ti facevo più una tipa da rap.» ridacchiò Lance.

Pidge sospirò e si decise a lasciar andare l’Mp3, scollegando le cuffie e lasciando che la canzone riempisse il silenzio creatosi tra i due, finchè non decise di prendere parola.
«Insomma siamo pari uh? Io ho scoperto il tuo lato sensibile e tu hai scoperto che mi piacciono le canzoni d’amore.»
«Anche a me piacciono! Se vuoi che sia un segreto non aprirò bocca, promesso.» Lance alzò una mano e pose l’altra sul petto in corrispondenza del cuore, guardando la paladina dritta negli occhi.
Pidge lo guardò incerta, rilassandosi solo quando incontrò il suo sguardo sincero, prendendo un respiro profondo. Voleva che il loro legame si rafforzasse ancora di più, e non solo perché non le sembrava giusto che fosse stato solo Lance a confidarsi quella notte. Voleva davvero farsi conoscere per quello che era, uscire dal guscio.

Avrebbe condiviso con lui un pezzo di se stessa, una canzone che spesso e volentieri si ritrovava ad ascoltare ad alto volume nella sua stanza, nella sua casa, molto prima della partenza di suo padre e suo fratello e dell’incidente di Kerberos. Avrebbe condiviso con lui uno degli ultimi ricordi felici che aveva della sua vita,prima di “diventare” Pidge Gunderson.

«Okay…devo farti sentire una canzone. Si chiama Kaleidoscope
A Lance brillarono gli occhi e prese di nuovo posto accanto alla ragazza. «La conosco!»
Lance le sorrise entusiasta e anche se Pidge non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno a se stessa, lo trovò adorabile.
La canzone partì e Pidge accompagnò il ritmo battendo una mano sul muso del suo Leone.
Poi fece una cosa che lasciò Lance di stucco: cominciò a cantare.

«My life
My life was black and white and I believed it
I believed it»
Pidge guardò Lance invitandolo a cantare con lo sguardo, curiosa di sentire il potenziale della sua voce.

«My eyes
My eyes looked at the world but couldn't see it
I couldn't see it
»
A detta della paladina, Lance rivelò avere una voce angelica.

«You're like the thing that makes the universe explode
Into the colors of a world I've never known»
I due si guardarono negli occhi sorridendo, pensando a quanto bene quella canzone potesse rispecchiare la loro situazione.
«You keep turning, keep turning my life around»

«Violets and purples
Diamonds and circles
You're my kaleidoscope
»
Lance si alzò in piedi e le porse una mano.

«I love every minute
You've got me in it
You're my kaleidoscope
»
E Pidge la afferrò senza timori.

«Hey la nah nah oh»
Lance prese Pidge per i fianchi facendola girare, mentre la ragazza scoppiava a ridere e si lasciava trasportare.
«You keep turning, keep turning my life around
Hey la nah nah oh
You keep turning, keep turning my life around»
Lance si fermò per le troppe risate, ritrovandosi Pidge tra le braccia che lo guardava con il sorriso più bello che abbia mai visto. Poi i loro sguardi si incrociarono e tutto sembrò fermarsi.
«Tonight
The stars are in your eyes and I surrender
I surrender»
Una sensazione strana pervase i loro stomaci.
«Tonight
Our hands against the wind, we are forever
We are forever»

Le guance di entrambi presero a diventare furiosamente rosse, sciogliendo la presa senza staccarsi gli occhi da dosso.
«It all looks better when I see it with you here
You keep turning, keep turning my life around»

Poi Pidge ridacchiò e riprese a cantare.
«Violets and purples
Diamonds and circles
You're my kaleidoscope»

La risposta di Lance non tardò ad arrivare, ripresosi dallo shock.
«I love every minute
You've got me in it
You're my kaleidoscope
»
E stavolta fu Pidge ad offrire la mano.

«Hey la nah nah oh
You keep turning, keep turning my life around»
E ripresero a girare, cantare, ballare, usando passi che non esistevano e sorridendo spensierati come non facevano da ormai troppo tempo.
«Hey la nah nah oh
You keep turning, keep turning my life around»

I due si fermarono per un istante, ascoltando la canzone in silenzio.
«I closed my eyes to the orange skies
Living all of my days the same
Then you came along, and you sang your song
And the whole world around me changed»
I due paladini diventarono ancora più rossi di prima, lasciando scorrere la canzone evitando di guardarsi.

«Violets and purples
Diamonds and circles
You're my kaleidoscope»
Poi, entrambi presero coraggio e si alzarono la testa.

«I love every minute
You've got me in it
You're my kaleidoscope»
I due si guardarono con aria di sfida, prima di ricominciare a cantare con più potenza di prima.

«Hey la nah nah oh
You keep turning, keep turning my life around
(You're my kaleidoscope)
Hey la nah nah oh
You keep turning, keep turning my life around

(You're my kaleidoscope)»
Lance afferrò le mani della ragazza, riprendendo a girare.

«Woah
Woah
Woah
You're my kaleidoscope
Hey la nah nah oh
(Woah)
Woah»
Sfortunatamente, Lance inciampò e cadde all’indietro, trascinandosi Pidge addosso.

«You're my kaleidoscope! »
«OH MI DIOS»
«LANCE ATTEN-»

Pidge scoppiò a ridere, battendo ripetutamente la mano sul petto di Lance, che aveva attutito la sua caduta.
«Ahi ahi piano leone!» Lance si ritrovò ancora una volta a ridere conquistato dal sorriso della ragazza, mentre la aiutava a rialzarsi.
«Dobbiamo passare più tempo insieme io e te, mi sono divertita da matti stanotte.»
«Ehy, finchè non c’è nessun robot a tentare di ucciderci, io sono libero.»
«Forse avevi ragione… è un appuntamento.»
Lance si fermò per un momento e cominciò a sudare nervosamente.
«…lo è?»
La ragazza esitò per un momento, poi rispose con un sorrisetto malizioso.
«Lo è.» Più tardi, la paladina si sarebbe decisamente pentita di questa risposta.
Pidge ci stava provando o cosa?
Cosa. Decisamente cosa. Stavano solo scherzando, giusto. Cosa vai a pensare Lance.

Recuperato anche il bayard, Pidge fece cenno al suo Leone di abbassare il muso, troppo stanca per arrampicarsi di nuovo.
Scesi dal Leone, si avviarono verso l’entrata del castello camminando fianco a fianco, canticchiando a bassa voce il motivetto della canzone ascoltata poco prima.
«Hai idea di che ore siano?» sussurrò Pidge.
«Dovrebbe essere già mattino, ma non so come gira questo pianeta.»
«Gioco di parole?»
«Forse.»
I due ridacchiarono e oltrepassarono l’entrata del castello guardandosi intorno: solo delle luci fioche illuminavano il buio corridoio che portava alle stanze.

«Cerchiamo di fare meno rumore possibile, non vorrei svegliare gli altri.»
«Sta tranquilla Pidge, sarò silenzioso come una… aspetta, hai sentito anche tu?»
D’un tratto, uno sbadiglio dalla sala comune fece ghiacciare i due paladini. Era Hunk, e stava avanzando a passo veloce verso la loro direzione.
Pidge afferrò d’istinto la mano del ragazzo, correndo e trascinandolo di forza infondo al corridoio.
«Muoviti o ci vedrà!»
Con uno scatto veloce, Pidge aprì la porta della sua stanza e ci si catapultò dentro trascinando Lance, ancora confuso dalla situazione.
«Qual è il problema se-»
«SHH!»
Pidge alzò la testa e ridusse gli occhi a due fessure, ascoltando in silenzio i passi di Hunk che ritornava nella sua stanza.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo e gettò uno sguardo su Lance, seduto a terra a gambe incrociate in attesa di una spiegazione.

«Cosa sarebbe successo di tanto grave se Hunk ci avesse visti insieme camminare per il-»
Lance si fermò a metà frase rendendosi conto della situazione, cominciando a sudare dal nervosismo.
«...corridoio? Insomma non c’è nulla di male giusto?» la sua voce non era affatto convincente.
Pidge realizzò subito dopo, facendo in modo di sembrare il più credibile possibile nonostante il rossore sulle guance e le macchie di sudore che pian piano si facevano sempre più visibili sui suoi vestiti.
«Oh g-già, non so cosa mi sia preso, perdonami Lance.»
I due rimasero a guardarsi per un istante che sembrò non finire mai, con un silenzio imbarazzante che li divideva e nessuna frase di senso compiuto capace di uscire dalle loro labbra.
«Uhm quindi... ora puoi tornare nella tua stanza okay? Ci vediamo domattina all’allenamento come sempre! Buona notte Lance!» e prima che Pidge potesse finire la frase, Lance era già stato trascinato fuori la porta, che la ragazza aveva sbattuto fin troppo forte in preda al panico.
«Buona… notte Pidge?»

Lance si incamminò lentamente verso la sua stanza, ripensando all’accaduto e alla terribile sensazione di imbarazzo che ancora dominava le sue guance. Una volta entrato lanciò la giacca sul pavimento e si sdraiò sul letto, chiudendo gli occhi in un tentativo di dormire. Un pensiero fisso però, lo teneva sveglio. Tutto quello a cui riusciva a pensare era il viso di Pidge a pochi centimetri dal suo, le loro mani saldamente unite, le piccole braccia della ragazza intorno alla sua vita e le sue a sorreggerla da terra...

«Oh no aspetta.»
Lance sbarrò gli occhi nell’oscurità e con uno scatto improvviso si tirò a sedere sul letto, colpendo accidentalmente con la testa la mensola sovrastante.
«OUCH»
Il ragazzo si portò una mano sulla fronte e massaggiandola sospirò, poi un leggero sorriso spuntò sul suo volto e si morse il labbro.
«Sono innamorato di Pidge.»
Il paladino tornò a stendersi e chiuse gli occhi tranquillo, finché non metabolizzò il pensiero e si alzò ancora una volta di scatto.
«Aspetta... SONO INNAMORATO DI PIDGE?!»

Dall’altra parte del corridoio, Pidge era seduta a terra, con la schiena sulla porta, fissando il vuoto tentando di ricostruire tutto ciò che era accaduto poco prima.
L’immagine di Lance che la stringeva tra le sue braccia continuava a ripetersi all’infinito nella sua mente, e quando toccò all’attimo in cui i loro sguardi si incrociarono, un sorriso spuntò sul suo viso e quella strana sensazione allo stomaco tornò ancora una volta, più forte di prima.
«Che mi ha fatto quell’idiota? Perché mi sento così?!»
Pidge alzò una mano a toccarsi le guance e le trovò infuocate, poi la passò tra i capelli e sospirò.

«Sono innamorata di Lance.»
Non appena finì la frase, Pidge si alzò in piedi di scatto e si portò le mani alla bocca, stupita delle sue stesse parole.
«Nope nonono è impossibile, completamente impossibile! Pidge andiamo, non farti film mentali, voi due siete solo amici! Niente di più!»
«… allora perché ho detto che avevamo un appuntamento? Gli amici vanno agli appuntamenti giusto? e perché ho questa sensazione allo stomaco... e soprattutto perché non mi dispiace averla?!»
Presa dalla foga, Pidge prese un cuscino e ci urlò contro tutta la sua frustrazione. Mai e poi mai avrebbe creduto che una cosa del genere le potesse capitare.
E avrebbe continuato a non crederci.
O almeno, ci avrebbe provato.
Si arrese dopo qualche minuto, troppo stanca per ragionare, così chiuse gli occhi e tentò di non pensarci, pregando che la sua insonnia non la tenesse sveglia proprio quella notte.
L’indomani si sarebbe completamente dimenticata dell’accaduto e tutto sarebbe tornato alla normalità. Giusto?
Oh quanto si sbagliava.
Il problema sarebbe sorto proprio al risveglio.


[3733] canzone esclusa.


Angolo note di fine capitolo: Se siete arrivati fin qui sarà passata come minimo mezz’ora da quando avete iniziato a leggere. Ho sempre avuto il … vizio (?) di scrivere tanto, arrivando a non farmi bastare nemmeno 3 ore per svolgere i temi in classe. Comunque! Ho deciso di gestire questa storia un po’ come la prima stagione di Voltron, il primo capitolo sarà lunghissimo mentre i prossimi saranno più corti, divisi meglio.
L’idea mi è venuta senza dubbio ascoltando questa canzone, ed ho pensato di fare un po’ di giustizia alla Pidgance (Dio solo sa quanti nomi diversi ha questa ship). È la prima storia che pubblico e voglio mettermi alla prova; scriverne il continuo e completarla come long. Spero che vi sia piaciuta, lasciatemi una piccola recensione per farmi sapere se volete leggere il continuo e... al prossimo aggiornamento!
  
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