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Autore: FairyCleo    11/04/2017    4 recensioni
“Vedo che la signora ha buon gusto…” – aveva detto il commerciante, avvicinandosi maggiormente a lei.
“Come?” – Bulma era trasalita, persa com’era nei suoi pensieri – “Ah, sì… Certo”.
Sollevando il capo, aveva avuto modo di osservare meglio l’uomo che aveva davanti. Era uno strano figuro, alto, dinoccolato ed estremamente magro, con la pelle color dell’ebano, la testa pelata e un singolare pizzetto azzurro che terminava in un ricciolo accuratamente acconciato che gli dava un’aria del tutto singolare. Persino la voce di quell'uomo era bizzarra, così come i suoi occhi gialli con le iridi allungate simili a quelle dei gatti. La cosa veramente strana, però, era che lei non lo avesse notato sin dall’inizio. Era come se fosse sbucato dal nulla, ma non era il caso di fare tanto la sospettosa e di farsi tutti quei problemi per un semplice mercante, no?
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 28

Questione di sguardi

 
Goku non pensava che Vegeta fosse pazzo, no. Goku pensava che Vegeta, diventando re, avesse perso completamente il senno, che fosse un folle, un avventato e anche parecchio sciocco nel credere per prima cosa che non lo avrebbe considerato tale e per pensare che avrebbe acconsentito a seguirlo in quello che più che un piano era un’ autentica missione suicida.
Non sapeva bene come reagire, come prenderlo per evitare che potesse offendersi o peggio ancora, compiere qualche gesto inconsulto.
Goku temeva che, durante il breve periodo trascorso nel suo maniero, Vickas avesse fatto qualcosa al suo amico. Era già la seconda volta che quell’individuo agiva in modo subdolo sul corpo e sulla mente di Vegeta, e temeva che quella che per il re risultasse come l’ultima spiaggia fosse invece frutto di un piano ben studiato dal nemico.
Tra tutti coloro che avevano avuto il privilegio di trovarsi ancora insieme dopo il risveglio dalla cena che Goku e i suoi figli avevano organizzato per Chichi, Vegeta era stato l’ultimo ad aprire gli occhi. Tra tutti aleggiava il sentore che qualcosa di sovrannaturale fosse la causa di quel torpore, e che laddove si fosse ridestato, ci sarebbero state delle conseguenze imprevedibili e per nulla piacevoli né per il diretto interessato né per chi aveva avuto la fortuna di trovarglisi accanto.
Per questo e per tutta un’altra serie di pensieri che continuavano ad accavallarsi, Goku non aveva né dato conferma di adesione a quel folle piano, né smentita, sperando che nel mentre potesse venirgli qualche idea meno complicata e soprattutto meno suicida di quella che era saltata in mente al re dei saiyan.
“Tsk. Sarebbe gradita da parte tua una qualsiasi risposta, Kaharot”.
“Sì, lo so… Ma…”.
“Ma cosa?”.
“Vegeta… Io non voglio offenderti ma… Insomma, questo piano è un po’…”.
“Mi sembrava di averti detto che non avrei gradito risposte scontate o scortesi da parte tua”.
“Lo so, ma…”.
“Sì, Kaharot, il piano è folle. Lo so perfettamente. Ma dimmi che alternative abbiamo. Non sappiamo niente. Non riusciamo a capire, non riusciamo a sapere e di conseguenza ad agire! Re Kaioh e gli altri sono irraggiungibili persino da te. Junior e il supremo sono spariti nel nulla. L’aura di quel bastardo è ovunque, e ora Trunks… Ora lui…”.
La voce di Vegeta si era rotta, e non era stato in grado di continuare. Aveva chinato il capo, chiudendo gli occhi e stringendo con forza i pugni.
Nel vedere quella reazione, a Goku si era stretto il cuore, invece. Più volte lo aveva visto in difficoltà, ma mai fino a quel punto. Vegeta era disperato. Era disperato e gli sembrava di non avere più i mezzi e la forza di proteggere chi amava e contemporaneamente guidare tutti verso la vittoria contro quella belva spietata che li aveva attaccati senza dargli neanche la possibilità di capire che ciò stesse effettivamente accadendo.
Se fosse stato un altro, lo avrebbe abbracciato. Se fosse stato un altro, gli avrebbe almeno messo la mano sulla spalla in segno di conforto. Ma Vegeta non era un altro. Vegeta era sempre lui, nonostante gli anni trascorsi sulla Terra accanto alla sua famiglia lo avessero completamente cambiato. Vegeta era lui e sarebbe rimasto lui fino alla fine: orgoglioso e schivo quanto bastava per essere riconosciuto sino all’ultimo come ultimo erede purosangue di una stirpe finita sull’orlo dell’estinzione.
“Se pensi che sia la cosa giusta da fare, verrò con te” – aveva detto Goku, alla fine, sorridendo senza sembrare troppo sdolcinato o preoccupato o disperato, cosa che, a dirla tutta, era più di quanto volesse ammettere a se stesso. E pensare che tutti lo consideravano il perenne ottimista, colui che riservava sempre un sorriso a tutti e che vedeva la luce alla fine del tunnel in ogni occasione! Peccato che, in quella situazione, lui non si sentisse affatto in quel modo – “Però, ascoltami. Io non penso che sia saggio arrivare sino al castello”.
“A no?”.
“Mi fa piacere vedere che non hai perso completamente il senso dell’umorismo!” – aveva provato a ironizzare Goku, ma vedendo affiorare uno sguardo assassino sul volto dell’amico aveva fatto immediatamente un passo indietro, mostrandosi molto più rispettoso – “Scherzi a parte, sono sicuro che c’è un altro modo per parlare con il tirapiedi di Vickas”.
“Tsk. PARLA”.
“Oh, lo  farò Vegeta, sta tranquillo. Ma prima devo occuparmi di una questione più importante”.
*
“Mamma… Mamma! È pronta la colazione? Sto morendo di fame, e anche Goten! Ti prego, fai presto o finirò col mangiare il tovagliolo e le posate!”.
“Sì… Anche io ho tanta fame, mamma… Ma davvero tanta tanta”.
Sembrava che le cose fossero tornate a essere più o meno normali, per quanto quella parola potesse avere ancora il senso di un tempo. I due piccoli saiyan avevano svegliato le rispettive mamme più con il brontolio dei loro stomaci che con le parole, e la gioia di entrambe era venuta fuori non solo mediante baci, lacrime e carezze, ma nel vederle indaffarate in cucina come avrebbero fatto in un qualsiasi giorno di quella vita che erano stati costretti ad abbandonare.
L’odore della pancetta che sfrigolava, delle uova e dei muffin che cuocevano in forno avevano svegliato tutta la combriccola che, quatta quatta, in punta di piedi, si era affacciata timidamente in cucina, con l’acquolina in bocca e lo stomaco brontolante, proprio come quello dei bambini.
Sarebbe superfluo dire che le due mamme non avevano badato a risparmiarsi, noncuranti del fatto che essendo in una situazione di emergenza, forse era il caso di non dare fondo alle seppur cospicue scorte presenti in quel ricovero che tutto era fuorché di fortuna. Ma pazienza: quel giorno era speciale per entrambe, anzi, era speciale per tutti, ed era il minimo che si prodigassero per festeggiare il ritorno e il risveglio dei presenti.
“Prendete posto a tavola” – aveva detto una Bulma con gli occhi rossi per il pianto, ma un pianto di gioia, stavolta – “E abbia un altro po’ di pazienza, tesoro. Presto avrai modo di saziarti”.
“Come stai, Trunks?” – gli aveva chiesto Videl, ancora un po’ pallida ed emaciata.
Gohan non l’aveva lasciata neanche per un istante da quando era rientrato dalla missione salvataggio. Era convinto che se si fosse allontanato da lei sarebbe accaduto qualcosa di terribile, e non voleva assolutamente che ciò si verificasse. Voleva starle accanto e proteggerla, per quanto ciò fosse possibile, e cercare di scoprire qualcosa in più sul nemico nella speranza che così facendo sarebbero riusciti a fermarlo. In ballo c’era la salvezza dell’universo intero, e lui, in una certa misura, si sentiva responsabile per via del sangue saiyan che scorreva nelle sue vene. Vickas doveva essere fermato, in modo o nell’altro. Peccato solo che non avesse idea di quali fossero le due opzioni tra cui dover scegliere.
“Meglio” – aveva risposto Trunks alla giovane mora, prendendo di nascosto la mano del suo migliore amico per donargli conforto e sostegno. Sapeva che quanto accaduto lo aveva profondamente turbato, e nonostante gli avesse più volte confermato che non lo riteneva responsabile, era difficile per Goten accettare una simile condizione – “Ho una fame da lupi, però. E non vedo l’ora che la colazione arrivi in tavola! Potrei mangiare un elefante intero!”.
“Bè, considerando che sei figlio di tuo padre, potresti farlo tranquillamente e potresti avere il coraggio di dire che hai ancora fame, dopo!” – era intervenuto mr. Satan, pentendosene un istante dopo: temeva che se Vegeta fosse stato nei paraggi lo avrebbe fulminato con lo sguardo.
Ma Vegeta non era nei paraggi, e questo Bulma lo sapeva benissimo, così come non era nei paraggi neppure il Son Senior.
“Ma dove si sono cacciati quei due?” – aveva sussurrato Chichi alla sua amica, sperando che nessuno l’avesse sentita.
“Non ne ho idea” – aveva risposto Bulma con tono glaciale.
“Purtroppo, sappiamo con chi abbiamo a che fare” – aveva provato a ironizzare Chichi, ma invano. La turchina aveva continuato a fissare con insistenza le uova che stava cucinando, impassibile, fredda come il ghiaccio, quasi come se non le interessasse quale sorte fosse toccata al marito, questo perché – ne era certa – Bulma era arrabbiata follemente con lui.
“Yamcha, per favore, potresti venire qui un istante?” – aveva cambiato improvvisamente e bruscamente discorso, facendole capire che quella parentesi era stata chiusa e doveva rimanere tale.
A Chichi non piaceva quell’atteggiamento. Così come non le piaceva quello strano attaccamento che Bulma stava dimostrando nei confronti di Yamcha. Se era un modo per far ingelosire Vegeta non era davvero il migliore. Ma provare a dirglielo avrebbe causato l’effetto contrario, e lei non voleva affatto che ciò avvenisse. Forse, quella di Bulma era semplicemente una fase, e poteva augurarsi solo che finisse al più presto.
Dal canto suo, appena arrivato in cucina, Vegeta aveva finto di non vedere quanto si palesava davanti ai suoi occhi. Chichi non riusciva a capire se lo facesse per puro orgoglio o per reale noncuranza. Stava di fatto che non si era degnato di reagire, limitandosi a dare una fugace occhiata alla moglie per poi tornare a discutere con suo marito. Cosa avessero di così importante e misterioso da dirsi, lui e Goku, non riusciva proprio a capirlo. Aveva il fondato timore che quei due stessero architettando in gran segreto qualcosa di estremamente stupido e pericoloso, e il solo pensiero l’aveva mandata in totale agitazione. Ma quando avrebbe avuto il tempo di parlare con loro? Erano entrambi così schivi, così misteriosi.
E poi, non voleva dare eccessivamente nell’occhio: lei, solitamente così plateale, così desiderosa di farsi ascoltare da tutti, in quella circostanza aveva pensato bene di mantenere un briciolo di pacatezza e di “contegno”, sperando che questo suo modo di agire potesse in qualche modo mantenere gli animi sereni tra i presenti.
La mora non era una sciocca: sapeva perfettamente che quell’isola felice non era niente di più che un sogno, l’illusione di una salvezza che presto sarebbe diventata un pericolo reale e vicino, ma era necessario per tutti che si fingesse il contrario, almeno in quell’istante. Era necessario un briciolo di tranquillità, uno spiraglio di sole in quel buio così opprimente in cui si erano svegliati loro malgrado.
“Mammina, daiiiii! Io ho fame. Davvero, ho tanta, tantissima fame” – Goten si era alzato da tavola e gli si era avvicinato, afferrandola per il grembiule che poi aveva dolcemente scosso per attirare la sua attenzione. Il piccolo Son era bellissimo, con le guance paffute, gli occhietti tristi e un po’ lucidi e il pancino che brontolava rumorosamente. Era la copia esatta di suo padre, la copia di quel Goku che l’aveva conquistata quando erano poco più che bambini e che aveva promesso di sposarla senza sapere realmente a cosa andasse incontro, ma che aveva mantenuto fede a quella promessa, giurando di proteggere lei e i loro figli a costo della sua stessa vita. Ed era proprio quello che terrorizzava la giovane mora: che Goku decidesse di fare qualcosa che potesse mettere a rischio la sua incolumità e la sua sopravvivenza.
“Mamma?”.
“Sì tesoro… Arrivo subito”.
E, nello stesso istante in cui aveva asserito che sarebbe subito arrivato tutto in tavola, Goku l’aveva raggiunta, mettendole entrambe le mani sulle spalle e guardandola dritto negli occhi. Tra i presenti era calato il silenzio, anche se avevano cercato di fingere indifferenza, che quella scena non si stesse verificando sotto i loro occhi.
“Io e Vegeta dobbiamo fare una cosa” – aveva esordito senza troppi preamboli. Era serio, ma in un certo qual modo sereno, se ciò era possibile – “Ma saremo di ritorno al più presto”.
“State attenti” – aveva risposto, scuotendo brevemente il capo in un primo momento. Era inutile provare a obiettare: aveva già deciso, e niente avrebbe potuto fargli cambiare idea – “E cercate di tornare tutti interi”.
Sarebbe stato bello poter descrivere una simile scena svoltasi anche tra il re dei saiyan e la sua umana consorte, ma il destino non aveva voluto che ciò avvenisse. Bulma aveva continuato a cucinare e suo marito, impassibile, aveva continuato a rimanere lontano, in disparte, fingendo di non vedere. Solo un attento osservatore avrebbe potuto scorgere nei suoi occhi un lampo di dolore immenso, dilaniante. Ma l’unica che avrebbe potuto vederlo, l’unica che nei suoi occhi era in grado di leggere sino alle profondità più recondite della sua anima tormentata, in quel momento stava guardando negli occhi qualcun altro. E solo Dio sapeva che questo gesto aveva piegato in due un re.

Continua…
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Ragazzi e ragazze,
eccomi qui. In ritardo abissale e ancora senza modem e senza connessione. Mi prendono in giro, è inutile. Ma non parliamone più. Quando arriverà farò festa.
Tornando a noi, questo può sembrare un capitolo di passaggio e anche un po’ ripetitivo, ma in realtà non lo è…
Vedremo presto per quale motivo!
Un bacino
Cleo
   
 
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