Anyone but you
Aveva
già memorizzato tutto.
Ogni riga, ogni cancellatura, ogni sbavatura. Le parole, ormai, si
erano ben impresse nel suo cuore, un coltello le aveva segnate una ad
una, o almeno così gli era parso.
“Chiunque,
tranne te.”
Aveva perso il conto di quante
volte aveva letto quella lettera, non riusciva neanche a spiegarsi
perché continuasse a farlo. Quelle parole non sarebbero
svanite
improvvisamente nel nulla, non sarebbero mutate in altri pensieri
più
gentili o meno sofferti. Non gli avrebbero fatto meno male. Ma forse
il punto era proprio questo. Forse lui pensava di meritarsi tutto
quel dolore, se non di più.
“Chiunque,
tranne te.”
Un'altra lama andò a
conficcarglisi nel cuore.
“Non
ho bisogno del tuo
aiuto. Non ne abbiamo
bisogno, né io e né mia
figlia.
Penso che tu abbia già fatto
abbastanza, non credi?
Non tornare, per fav-
Preferisco non vederti.
Al momen-
Mary
è mor-
Ci
penseranno i nostri amici,
a noi. In caso ne avessi bisogno. Preferirei l'aiuto di chiunque, al
tuo. Chiunque, tranne te.
Non farti vedere qui intorno,
di nuovo. Non cercarmi.
Per la prima volta nella tua
vita, cerca di tener conto di quello che dico. (Io so di cosa ho
bisogno. Non di- Per ades-)
Non
voglio vederti.
Davvero, non cercarmi più.
JW”
Sherlock
gli aveva dato il
permesso di mettere in ordine la maggior parte della sua roba,
probabilmente si era reso conto da solo che il caos in cui vivevano
da un paio di giorni non era l'ambiente più consono per una
bambina
che aveva appena cominciato a muovere i primi passi.
Per prima cosa, aveva pulito,
lucidato e, soprattutto, disinfettato la cucina. Aveva, poi, riposto
in uno scatolone fogli vari, foto e ritagli di giornale riguardanti
l'ultimo caso che avevano affrontato e risolto. Si domandò
da quanto
tempo la loro libreria non venisse spolverata; non riuscendo a
ricordare si rimboccò le maniche e cominciò a
togliere ogni libro
dagli scaffali.
Afferrò un volume piuttosto
pesante, uno scrittore tedesco che non conosceva, e nel tirarlo via
lasciò cadere un piccolo pezzo di carta, ripiegato
più volte. Posò
il libro e si abbassò per raccoglierlo, curioso. Non appena
lo aprì,
riconobbe subito la sua calligrafia; gli bastò leggere la
prima
parola per sentirsi sprofondare.
Non aveva più pensato a quella
lettera, era arrivato addirittura a sperare di non averla mai davvero
scritta. E, invece, Sherlock l'aveva tenuta per tutto quel tempo, e
riletta chissà quante volte.
Si voltò a guardarlo, era
seduto davanti al portatile e gli dava le spalle.
Accartocciò quel
misero pezzo di carta, trattenendo il desiderio di ridurlo a
brandelli, così come doveva essersi sentito Sherlock allora,
lasciandolo cadere, prima di avvicinarsi a lui e abbracciarlo da
dietro, il volto colpevole nascosto contro il suo collo.
«John?»
Non disse niente, non osò
aggiungere una singola parola. Aveva già parlato tanto,
riteneva,
troppo. Gli aveva già inferto abbastanza sofferenza.
“Chiunque,
tranne te.”
Lo strinse ancora più forte,
cacciò indietro qualche lacrima.
Non lo avrebbe fatto mai più
soffrire.
Angolo dell'autrice:
499 parole,
a momenti supero il limite massimo. Sono decisamente troppo
logorroica.
Comunque, non so neanche io cosa
sia questa cosa. Ogni tanto trovo persone che mi ricordano
dell'esistenza di questa lettera e lì partono due domande:
Cosa
c'era scritto? Voglio davvero saperlo? In realtà no, non
credo di
voler conoscere il reale contenuto, anche se credo sarebbe stato
giusto “rivelarlo”. Anche in un'intervista, che ne
so. Almeno
possiamo farci un'idea.
In ogni caso, ho provato a
buttare giù qualche riga, pensando a quello che la rabbia e
il
dolore potrebbero aver fatto scrivere a John. Non so quanto io possa
essermi avvicinata, fatemi sapere cosa ne pensate.
Ora sparisco, torno a scrivere e
a cercare di non pensare a quella lettera. Che vitaccia. Grazie a
chiunque abbia letto :)
A presto (moooolto presto,
vedrete),
Sà