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Autore: Letsforgethim    06/05/2017    0 recensioni
«Prenditi cura di lei, Harry.»
«Lo farò, Zayn.»
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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"A chi continua a credere,
nonostante tutto."


 


 

- Prologo -



 

"If you can dream it,

you can do it."


 

Louis camminava con le mani nelle tesche dei suoi jeans blu scuro con il solito risvolto in fondo.

Stava congelando dal freddo, sia per le caviglie scoperte sia per non essersi messo sopra nient'altro che un maglione di lana bianco.

Certo non era estate, ma prima di uscire di casa aveva gurdato fuori e vedendo il sole splendere alto in cielo non aveva pensato che facesse così tanto freddo.

Forse era stata anche un pò la fretta di uscire che gli aveva fatto scordare di mettersi un giubbotto.

Eleanor l'aveva chiamato dicendogli di incontrarsi il prima possibile perhé aveva una cosa molto importante di cui parlargli.

Era preoccupato, non aveva la minima idea di cosa potesse esserci di così tanto importante da farla venire a Londra, gli aveva detto che quella settimana l'avrebbe trascorsa con la sua famiglia a Manchester, quindi non riusciva a capire cosa potesse spingerla a venire lì.

Al telefono non gli aveva dato neanche modo di chiederle se stesse bene, subito dopo che le aveva detto che non aveva impegni e che si potevano incontrare, lei aveva riattaccato e si era limitata ad inviargli un messaggio con scritto dove, "Spread Coffee".

 

 

 

 

Dopo aver infilato le ultime cose, Emma chiuse la valigia e si sedette sul letto tirando un sospiro di sollievo, finalmente aveva finito di raccogliere tutto quello che le serviva, non ne poteva più.

Per giunta ci si era messo anche il caldo, quel caldo afoso e insopportabile che caratterizzava Rimini e tutto il resto dell'Italia durante la stagione estiva, che nonostante i vestiti leggeri, nonostante porte e finestre spalancate, non lasciava respirare.

Si alzò dal letto e andò a sedersi sul davanzale della finestra per cercare di prendere un pò d'aria.

Casa sua distava pochi metri dalla spiaggia e dalla sua camera, come da quasi tutte le altre stanze dell'abitazione, si poteva facilmente vedere il mare.

Non poteva fare altro che pensare che quella era l'ultima volta che affacciandosi poteva vedere la spiaggia.

L'indomani mattina sarebbe partita per l'Inghilterra assieme ad altri studenti provenienti da ogni parte della penisola.

L'anno prima si era iscritta ad Intercultura, un progetto che permetteva agli studenti, e in particolari a quelli delle scuole superiori, di trascorrere un periodo, solitamente estivo, bimestrale, semestrale o annuale, in un altro continente.

Quella mattina, notò Emma, il mare era calmo come non mai e la spiaggia piena di gente.

Nonostante abitasse così vicino al mare non si era mai stancata di andarci o di poterlo anche solo guardare dalla sua finestra.

Sin da piccola lo adorava, si metteva il costume da bagno e cominciava a girare per tutta la casa con il secchiello e la paletta in mano, cantando e urlando gaiamente fino a quando suo nonno non ne poteva più e si decideva ad alzarsi e accontentare la nipote.

Crescendo aveva cominciato ad andare al mare non solo d'estate, ma anche durante tutto il resto dell'anno.

Le piaceva camminare sentendo la sabbia sotto i piedi e magari, quando faceva meno freddo, camminare lungo il bagnasciuga e lasciare che l'acqua le raggiungesse i piedi.

Quando era lì le sembrava di essere come in una bolla, come se ci fossero solo lei e il rumore delle onde che s'infrangevano contro gli scogli, e come se tutto il resto, i problemi, i pensieri, le preoccupazioni, fossero esclusi, fossero fuori da quella bolla.

A volte chiedeva anche suo nonno di accompagnarla.

Lui fumava da quando era adolescente e ora che era invecchiato i problemi causati dal fumo delle sigarette avevano cominciato a farsi sentire.

Negli utlimi mesi era stato due volte all'ospedale, i medici gli avevano trovato un enfisema polmonare, cioè una dilatazione delle cavità alveolari dei polmoni, che comportava una diminuizione della quantità di ossigeno che raggiungeva il sangue e portava quindi a difficoltà nella respirazione e frequenti complicazioni ai bronchi, che erano appunto le cause per cui era stato costretto a recarsi così spesso all'ospedale.

I dottori non facevano altro che ripetergli che doveva smettere di fumare, perché quando si è in presenza di un enfisema pomonare le possibilità terapeutiche sono molto limitate, una di queste era appunto desistere dal fumare.

Per lui, però, era difficile smettere, sia perché fumava ormai da tutta una vita e sia perché, come Emma, era un gran testardo.

Quando lei lo incitava a smettere, ripetendogli quello che gli dicevano i medici, lui sbottava dicendo che loro non ne sapevano niente, che spettava a lui decidere se fumare o no.

E per un periodo di circa tre mesi aveva smesso, anche grazie a delle medicine che gli avevano prescritto i dottori e che lo avevano aiutato, aveva cominciato a stare meglio, non soffriva più di dispnea e aveva cominciato a tossire sempre più raramente.

Purtroppo dopo aveva ricominciato ed era per questo che Emma lo costringeva ad accompagnarla a passeggiare con lei in riva al mare, sperava che l'aria di mare potesse aiutarlo a respirare meglio.

Una volta aveva letto su internet che l'aria di mare aiutava chi aveva problemi di sinusite e aveva pensato che magari potesse fare bene anche a lui camminare un pò con lei in spiaggia.

Suo nonno era sempre rimasto al suo fianco, rimaneva sveglio tutta la notte accanto al suo letto quando lei aveva la febbre o stava poco bene, riusciva sempre a rubarle un sorriso anche quelle volte in cui non riusciva a trovare un motivo per cui sorridere, e lei ora si comportava da egoista, partendo e lasciandolo a casa da solo, proprio nel momento in cui per una volta era lui ad aver bisogno di lei.

Era stato proprio suo nonno ad incoraggiarla a partecipare a quel progetto, sapendo quanto lei avesse sempre desiderato avere l'opportunità di andare in Inghilterra.

Questo non contribuiva di certo a farla sentire meno egoista e meno in colpa, perché avrebbe anche potuto decidere di non iscriversi, invece l'aveva fatto.

Era talmente immersa nei suoi pensieri che quando suonò il campanello sobbalzò.

Dopo aver preso il telefono dalla scrivania, corse giù per le scale di legno che collegavano il piano terra al primo piano della casa.

Doveva sicuramente essere Francesca, si erano messe d'accordo per passare un pò di tempo insieme quel pomeriggio, prima che Emma partisse, anche perché dopo non si sarebbero più riviste per un anno, la durata del programma scelto da Emma.

E infatti, una volta aperta la porta, la ragazza si ritrovò davanti la sua migliore amica con il suo solito bellissimo sorriso dipinto sul volto.

Era stato proprio quel sorriso raggiante la prima cosa che Emma aveva notato in Francesca quando si erano conosciute, uno di quei sorrisi che erano capaci di far sorridere a loro volta coloro che anche solamente per caso lo incontravano.

«Ciao Emma.»

«Ciao Fra, dammi due secondi che vado a dire a mio nonno che esco.»

Francesca annuì, mentre Emma corse da suo nonno in salotto.

«Nonno» lo chiamò.

Suo nonno smise di guardare la tv e si girò verso la nipote.

«Chi è?» le chiese.

«Francesca. Volevo dirti che noi usciamo un attimo.»

«Va bene.» Sorrise.

Emma gli diede un bacio sulla guancia prima di raggiungere la sua amica fuori casa, e le due cominciarono a camminare una accanto all'altra sul marciapiede.

Si conoscevano da quattro anni ormai, da quando erano capitate nella stessa classe in prima superiore.

Erano molto diverse l'una dall'altra, fisicamente, ma soprattutto caratterialmente, e nonostante questo erano andate d'accordo dalla prima volta in cui si erano rivolte parola.

«Allora, pronta per partire?»

Emma si girò verso di lei e non c'erano bisogno di parole, il suo sguardo rivelava tutta l'ansia e tutte le preoccupazioni che la stavano affliggendo in quel momento.

«Cioè... la valigia è pronta, ma io no.»

«Ma smettila! Sicuramente tra qualche mese troverò tue foto con Justin Bieber su tutti i giornali» disse per cercare di farla sorridere dandole anche una pacca sul braccio.

E infatti la reazione di Emma fu una spontanea e fragorosa risata.

Francesca la guardò mentre rideva, non potendo fare altro che chiedersi come avrebbe fatto un anno senza la sua migliore amica.

Non sarebbe rimasta da sola, certo, ma nessuno dei suoi amici era come Emma, nessuno avrebbe mai potuto, anche volendo, sostituirla.

Smise di pensarci, perché sapeva che sarebbe finita in lacrime proprio come la sera precedente mentre seduta sul letto in camera sua stava guardando delle loro foto.

Sua madre le aveva detto che era proprio una sciocca a piangere, d'altronde era solamente un anno e la sua amica sarebbe ritornata a Rimini.

E Francesca aveva cominciato a ripetersi: "In fondo è solo un anno, dodici mesi, trecentosessantacinque giorni", ma serviva poco.

Scacciò via il pensiero, non voleva passare quelle ultime ore che poteva trascorrere con Emma a pensare a come se la sarebbe cavata senza di lei, ma dovevano solamente divertirsi.

 

 

 

 

«Nonno, sono a casa!» gridò entrando.

Si affacciò alla porta del soggiorno ma la televisione era spenta e suo nonno non era lì.

Non poteva essere uscito, solitamente la avvertiva quando andava da qualche parte e infatti qualche secondo dopo sbucò fuori dalla porta della cucina.

«Hai fame?» le chiese.

Emma annuì, aveva mangiato solo un gelato mentre era fuori e per di più erano passate più di due ore, quindi stava morendo letteralmente di fame, così seguì suo nonno in cucina.

La tavola era già stata apparecchiata, si sedette al suo solito posto ad aspettare che la cena fosse pronta.

Guardare suo nonno trafficare tra i fornelli le ricordava quando era piccola che dopo scuola si sedeva sul tavolo a fare merenda mentre gli raccontava cosa le era successo in quella giornata.

Non era cambiato niente, lei era cresciuta, ma suo nonno continuava a trattarla sempre come la sua piccola, a viziarla.

Certo non mancava di rimproverarla qualora fosse necessario.

Gli era grata per quello che aveva fatto e per quello che stava continuando a fare per lei.

Sentì gli occhi pizzicarle quando pensò che la sera dopo si sarebbe seduto a tavola da solo, senza nessuno che li facesse compagnia, senza nessuno con cui potesse parlare.

«Ecco» le disse porgendole il piatto pieno di pasta, poi prese il suo e le si sedette di fronte.

La guardava mangiare e non potè trattenersi dal non ridere.

«Che c'è?» gli domandò lei.

«Non credevo che annuendo intendessi dire che avevi così tanta fame.»

Emma scrollò le spalle sorridendo per poi tornare sul suo piatto di pasta.

«Perché non hai chiesto a Francesca di rimanere a cena?»

«Volevo passare del tempo anche con te, nonno» rispose sinceramente facendolo sorridere.

Quando ebbero terminato di mangiare, lei lavò i piatti e poi lo raggiunse in salotto.

Si sedette sul divano e solo in quel momento si accorse di essersi dimenticata della sua chitarra e del quaderno di musica dove scriveva le sue canzoni proprio lì sul divano.

Si promise di ricordarsene prima di andare a letto.

Quella chitarra era stata un regalo di suo nonno per il suo settimo compleanno, era stato proprio lui ad averle trasmesso l'amore per la musica e, nonostante lei sostenesse il contrario, anche il talento.

Era una bellissima chitarra classica, Yamaha, la più bella che lui si era potuto permettere.

Inizialmente la bambina l'aveva guardata con gli occhi illuminati da una strana luce, poi si era seduta sul pavimento con lo strumento tra le mani e aveva cominciato a passare le sottili dita sulle corde, e tutte le volte che riusciva a produrre un suono qualsiasi, rivolgeva lo sguardo verso suo nonno, orgogliosa di se stessa.

Da allora non se n'era più separata e aveva cominciato a studiare, un pò con l'aiuto di suo nonno e un pò guardando dei video su YouTube.

Era stata davvero molto veloce nell'apprendimento, forse perché quando una cosa ci piace cerchiamo di imparare a farla il prima possibile e anche il meglio possibile.

Spostò lo sguardo dalla chitarra a suo nonno, sentendosi per l'ennesima volta in colpa.

«Mi dispiace, nonno» sussurrò.

Lui si voltò verso di lei e «Ti dispiace per cosa, Emma?» le chiese dolcemente non capendo.

«Mi dispiace di andarmene via da casa, di partire sapendo di lasciarti qua da solo» rispose tutto d'un fiato.

Suo nonno sorrise e andò a sedersi sul divano accanto a lei e la abbracciò.

Emma si sentì al sicuro tra quelle braccia, si sentì come quando da piccola dopo che aveva avuto un incubo lui la raggiungeva in camera sua e la abbracciava consolandola.

Si sentì proprio come si sentiva quando andava a passeggiare sulla spiaggia, come se fosse dentro ad una bolla e tutte le preoccupazioni fossero fuori.

«Emma, tu non devi pensare a questo» disse sciogliendo l'abbraccio e prendendo le mani della nipote tra le sue, «Hai sempre desiderato andare a Londra, no?»

Annuì.

«E allora devi andarci. Tu sei giovane, Emma, hai tutto il diritto di viaggiare, di fare nuove esperienze. Io sono solo un povero vecchio che ha già fatto viaggi, esperienze quando era giovane. Ora tocca a te. E guai a te se continuerai a sentirti ancora in colpa, eh!» L'abbracciò di nuovo, stringendola a sè.

Sapeva perfettamente che senza di lei la casa sarebbe stata vuota in tutti i sensi.

Non l'avrebbe più sentita cantare mentre cucinava o mentre suonava la chitarra, non l'avrebbe più vista arrabbiarsi mentre faceva i compiti e non avrebbe avuto più nessuno con cui parlare.

Gli sarebbe mancata, e tanto, ma era proprio perché le voleva bene, perché sapeva che lei teneva a quel viaggio, che non l'avrebbe mai trattenuta.

«E chissà che non incontrerai quello là che ti piace così tanto e non finirete parapazzati sui giornali.»

«Paparazzati» lo corresse lei ridendo sia per il suo sbaglio sia per l'affermazione in sè.

«E' uguale» sorrise lui.

Emma si staccò dall'abbraccio.

«Si vede che tu e Francesca passate troppo tempo insieme» gli disse ironicamente scuotendo la testa e facendolo ridere.

Si sedette meglio sul divano e prese il quaderno di Emma tra le mani, sfogliandolo.

«Puoi fare una cosa per me?» le domandò poi improvvisamente.

Annuì.

«Puoi cantare quella canzone che cantavi ieri?»

«Certo» rispose contenta, non avrebbe mai potuto rispondere di no a lui.

Dopo aver preso la chitarra si sedette a gambe incrociate e le prime note cominciarono a riempire la stanza.

   
 
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