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Autore: EdwardBella83    03/07/2017    1 recensioni
La storia narra le vicende di Bella, che passa tutto il giorno davanti alla finestra della sua camera ad osservare cosa succede fuori, sperando di trovare quel dettaglio che il giorno prima non aveva visto. Un giorno come un altro, accade un fatto del tutto nuovo. Che succederà?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film, Contesto generale/vago
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Hello… Non sono tanto brava con la scrittura, né tanto meno con le presentazioni. Prima one shot che scrivo e che pubblico su EFP. La storia narra le vicende di Bella, un’adolescente che passa le sue giornate a guardare fuori dalla finestra, quando, un giorno, accade qualcosa che non era mai successo.
 
 
 
 
 
POV BELLA
 
Odio me, la mia vita.
Mio padre pensa solo al suo lavoro e mamma la vedo due volte l’anno.
Ho pochissimi amici e passo quasi tutte le mie giornate chiusa in camera a guardare fuori dalla finestra, con le cuffie nelle orecchie, sperando di scovare qualche dettaglio che non avevo notato i giorni precedenti.
“Ancora dentro casa!? Perché non esci e vai a prendere il gelato con i tuoi amici” propone entrando in camera.
Aprire la porta no eh!?
“Bella non puoi stare tutti i giorni chiusi in camera. Esci, divertiti. La vita è anche divertimento” mi supplica.
“Preferiresti che tutte le sere tornassi a casa ubriaca come fa Jessica?” controbatto.
Sono stanca di sentirmi dire che devo uscire o che così facendo mi rovino l’adolescenza.
È una mia decisione quella di rimanere in camera e vorrei che fosse rispettata, anche perché non mi sembra di fare del male a nessuno. Ma evidentemente Charlie preferisce che io beva fino a sentirmi male come fanno la maggior parte degli adolescenti.
“Uscire non vuol dire ubriacarsi, puoi anche prendere un gelato, un caffè o anche un succo di frutta… perché non chiami una delle tue amiche e andate a fare shopping?” propone in una supplica.
“Non lo so” dico seria.
“Bella per favore, non voglio vederti chiusa in casa tutto il giorno” mi scongiura.
Sbuffo.
“E va bene. Ora chiamo Angela e sento se è libera, contento?” borbotto.
Fortunatamente gli suona il cellulare.
“Devo andare, ma quando torno voglio vederti con un sacco di buste piene di vestiti”.
Accenna un sorriso e se ne va, finalmente.
Torno a guardare dalla finestra notando rapidamente un furgone davanti alla casa in fianco alla nostra. L’osservo bene. Sembra un furgone dei traslochi. Incuriosita dalla cosa, mi alzo da terra e vado a vedere che cosa sta succedendo. Mi fa strano pensare che in quella casa ci abiti qualcuno. È sempre stata un po’ “sfigata” come abitazione perché si vocifera che sia infestata dai fantasmi. Saranno le solite sciocchezze che si inventa il vicinato dopo anni che non ci ha abitato più nessuno. Vedo sbucare un bellissimo ragazzo: alto, moro, occhi verdi. Sguardo magnetico, sorriso da infarto e un corpo da urlo.
“Ciao piacere, io sono Edward Cullen” posa a terra lo scatolone e mi porge la mano, che stringo imbarazzatissima. Non mi sono neanche resa conto di essere uscita in tenuta da casa “E tu?” domanda curioso.
“I-s-Isabella Swan” balbetto.
Accipicchia se è figo…
“Abiti da queste parti?” domanda curioso.
“A-a-abito li” e indico la mia casa.
“Allora siamo vicini! È un piacere conoscerti… In che scuola vai? Spero alla Forks High School perché io vado lì e se conoscessi qualcuno che ci va sarebbe perfetto” dice euforico.
Non ho mai incontrato una persona più estroversa di lui.
Tutto il contrario di me, che invece sono molto timida e piuttosto diffidente.
“S-s-si io frequento quella scuola, sono all’ultimo anno” balbetto.
“Ma è grandioso? Non trovi!?” continua felice “Che dici se mi aiuti a portare questi scatoloni in casa? Magari dopo possiamo fare un giro della città, se non hai altri impegni” propone.
Mi tornano in mente le parole di mio padre “Devo andare, ma quando torno voglio vederti con un sacco di buste piene di vestiti”. Forse non aveva tutti i torti, però neanch’io. Sapevo che prima o poi sarebbe successo qualcosa.
Annuisco.
“Grazie infinite, davvero. Non se c’è l’avrei fatta a portare dentro tutti questi scatoloni da solo.”
E io dovrei credergli?
Ho come l’impressione che ci stia provando, ma non mi dispiace per niente.
Tiro su lo scatolone che prima aveva posato a terra, lui ne prende un altro dal furgone ed entriamo in casa. Andiamo in camera sua.
Non sono mai entrata in questa casa. Devo dire che è bellissima, adoro l’arredamento vintage e camera sua non sembra per niente male.
“I tuoi che lavoro fanno?” chiedo curiosa mentre poggio lo scatolone a terra.
“Sono due criminologi, e i tuoi?” chiede poggiando a terra lo scatolone.
Rimango in silenzio per qualche minuto.
Non mi va di parlare della mia famiglia, siamo così monotoni e noiosi.
“Sono separati. Mamma vive a Phoenix con il suo nuovo compagno mentre papà è il capo della polizia”.
Il suo sguardo si fa malizioso, ed io arrossisco.
Definirmi imbarazzata è dire poco. Sono super imbarazzata, non so che dire… che fare… perché non la smette di guardarmi così? Perché non la smetto di essere così imbarazzata?
“Mi dispiace…”
“Cose che capitano. Finiamo di portare su gli altri scatoloni?” propongo vaga, accingendomi a scendere di sotto.
“Ok!”
Finito di portare l’ultimo scatolone, mi siedo sul letto.
“Stanca?”
“Un po’, ma dobbiamo fare il giro in città” gli ricordo.
Per tutto il tempo non ha fatto altro altro che sorridere e scrutarmi.
“Se sei troppo stanca possiamo anche farlo domani.”
“Tu sei stanco?” chiedo dubbiosa.
“Non molto.”
“Allora possiamo andare! Vedrai che ti piacerà Forks. Non ti ho ancora chiesto da dove vieni” dico mentre mi alzo dal letto.
“Jacksonville. Un posto calmo, ma al tempo stesso caotico” dice seguendomi.
“Forks come ti sembra? Anche se l’hai visto poco.”
Prima di uscire di casa, prende un post-it e scrive ai suoi genitori che è uscito e che tornerà per l’ora di cena.
“Penso che sia più interessante di quanto me l’aspettassi” dice girando lo sguardo su di me.
Stiamo mangiamo un gelato in centro, passeggiando per la via più conosciuta.
“Mi fa piacere” dico timorosamente.
“Bella posso farti una domanda?” chiede dubbioso.
“Dimmi pure.”
Mi spaventa un po’ il suo tono di voce e il cambiamento di sguardo improvviso.
“Tu… c’è l’hai il ragazzo?”
Mi irrigidisco.
“N-n-o” balbetto.
Rimaniamo in silenzio per qualche istante, ma continuiamo a camminare, facendo emergere il nostro imbarazzo.
“E tu? C’è l’hai la ragazza?”
“Non ha funzionato. Lei era troppo…”
“Troppo?” chiedo curiosa.
“Troppo presa dai trucchi e delle sue amiche.”
“Io non so neanche distinguere un fondotinta da un ombretto” dico ridendo.
Scoppia a ridere anche lui.
Mi sento un pochino più serena, più rilassata.
“Ti darebbe fastidio se t’invitassi a mangiare una pizza domani sera?” chiede un po’ impacciato.
Solitamente non accetto mai inviti da persone che non conosco, però, a primo impatto, mi sembra un bravo ragazzo… e poi guardalo: quant’è bello… dolce… come posso dirgli di no?
“No, per niente” accenno un timido sorriso.
Per la prima volta, dopo tanto tempo, mi sento parte di qualcosa.
Tutto quello che vedevo fuori dalla finestra di camera mia, che pensavo, è scomparso e ha lasciato spazio ad una nuova sensazione.
Penso di essere sulla strada di quello che si definisce innamoramento, ed è strano, nuovo, ma al tempo stesso bello, intenso.
“Perché a me piacerebbe molto” sussurra guardandomi negli occhi.
“Piacerebbe molto anche a me, Edward.”
È buffo come la vita ti metta improvvisamente davanti il tuo futuro. Forse stavo aspettando l’amore, quando guardavo fuori dalla finestra. Chissà. Sono sicura che anche Charlie sarà contento, o almeno la smetterà di borbottarmi contro che devo uscire. Sorrido felice.
Finalmente posso cominciare a vivere la mia adolescenza.
   
 
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