Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Rinalamisteriosa    29/07/2017    2 recensioni
[Modern!AU | JeanMikasa (a senso unico)]
Lei gli era passata davanti e lui, a bocca aperta, la mascella quasi paralizzata, aveva guardato rapito i suoi tratti orientali, il suo ovale perfetto, i suoi capelli color ebano lunghi e lisci, che, mossi da un soffio di vento, si sollevavano appena.
{Seconda classificata parimerito al contest "Da quale mio sogno sei uscito/a fuori?" indetto da missredlights sul forum di EFP}
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt, Mikasa Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La bella ragazza orientale

 

 

 

 

 

 

 

Quando Jean Kirshtein aveva incontrato Mikasa Ackerman, era rimasto semplicemente folgorato dalla sua austera bellezza.

Lei gli era passata davanti e lui, a bocca aperta, la mascella quasi paralizzata, aveva guardato rapito i suoi tratti orientali, il suo ovale perfetto, i suoi capelli color ebano lunghi e lisci, che, mossi da un soffio di vento, si sollevavano appena.

Poteva ritenersi abbastanza fortunato ad aver incrociato i passi della donna ideale così, per puro caso, non tutti potevano vantare la stessa esperienza, spesso ci si innamorava della prima persona che sapeva mettere l’altro a proprio agio, senza soffermarsi sul lato estetico, perché l’amore andava oltre le apparenze.

Perciò, non era assolutamente possibile che le apparenze lo stessero ingannando, che l’imprevedibile ruota del karma non stesse girando a suo favore, che il mondo si stesse prendendo gioco delle sue belle speranze e aspettative di vita.

E adesso che l’aveva vista, non poteva lasciarsela mica scappare, doveva tentare un primo approccio e lo avrebbe fatto al più presto, come era vero che il suo nome era Jean Kirshtein!

 

 

 

La possibilità del primo approccio si presentò una settimana dopo l’incontro voluto dal destino.

Jean aveva indossato il suo giubbotto migliore, quello di pelle nera, si era pettinato i capelli all’indietro e aveva esibito l’espressione più accattivante del suo repertorio, almeno secondo il suo modesto parere. Nulla sembrava andare storto, pronunciò le classiche domande di rito e la splendida ragazza si volse appena, degnandolo di uno sguardo. Peccato che non fosse un’occhiata interessata, ma piuttosto imperscrutabile. Seria, molto seria, marziale quasi. Persino nel modo secco di rispondere.

«Ehi. Ciao. Come va? Giornata calda, nevvero? Posso offrirti qualcosa da bere?».

«Sto bene. No, non posso accettare, io non bevo. Adesso devo proprio andare. Ciao».

Mentre lei si allontanava con nonchalance, il suo sorriso smagliante si congelò sul viso, non prima di essere mutato in una smorfia nervosa. Gli aveva decisamente dato un due di picche fin da subito, forse doveva riconsiderare i suoi metodi di approccio. Passò qualche ora a meditare in completa solitudine, poi chiamò il suo migliore amico e si confidò con lui, per capire dove avesse sbagliato. Non conosceva ancora il suo nome, perciò si limitò a definirla “la bella ragazza orientale” con Marco Bodt.

«Ti assicuro che non sono mai stato più impeccabile di oggi, eppure ho fallito miseramente. Cosa mi consigli? Di riprovare allo stesso modo, di cambiare metodo, di attendere un miracolo?» sciorinò Jean sospirando, appoggiando i gomiti sul tavolino di vetro del bar e il mento sui palmi aperti.

Marco vi posò delicatamente la tazza di tè nero che aveva ordinato e il suo sguardo sincero tradì una certa compassione, però gli sorrise comprensivo.

«Tu sei stato fantastico, Jean, non lo metto in dubbio. Non hai sbagliato, ma… Forse avresti potuto essere più prudente. Era la prima volta che le rivolgevi la parola, è normale che lei abbia reagito così davanti a uno che le è praticamente estraneo. Il mio consiglio è di presentarti, prima di forzare la mano. Lascia che le cose accadano naturalmente… Quindi sì, mostra pazienza. Io faccio il tifo per te, amico mio, lo sai».

«Certo! Grazie, Marco. Il tuo aiuto è prezioso come sempre, non ti deluderò», affermò lui con rinnovata serenità, lasciando i soldi sul tavolino vetrato, battendogli una pacca affettuosa sulla spalla e uscendo dal locale a passo sicuro.

 

 

Trascorse un’altra settimana, prima di poter rivedere la bella ragazza orientale, al medesimo orario, sulla stessa strada di città.

Lui le si parò davanti con un sorriso ottimista e lei si fermò. La sua espressione non era cambiata di una virgola, sempre neutra e inafferrabile, ma ugualmente affascinante ai suoi occhi.

Prese un bel respiro e fece la sua presentazione con tranquillità.

«Ciao. Non mi sono presentato l’altra volta, scusami tanto. Mi chiamo Jean Kirshtein e... E sarei lieto di fare la tua conoscenza».

«Magari la prossima volta. Ho un treno da prendere, se lo perdessi sarebbe alquanto seccante. Arrivederci».

Diretta e glaciale come la prima volta, ma almeno quell’ultimo saluto gli regalava invero una piccola speranza.

L’avrebbe rivista ancora.

Jean attese con ansia lo scorrere dei sette giorni e improvvisamente, d’istinto, prese una decisione diversa, una nuova via per fare finalmente breccia nell’interesse della sua bella ragazza orientale. Così, quando la incrociò sulla stessa strada per la quarta volta, accennò un saluto con la mano e proseguì diritto, facendo il misterioso, dopodiché svoltò rapidamente l’angolo e la fissò da quella postazione. Ovviamente si aspettava che lei non facesse una minima piega nel vederlo, che avrebbe proseguito sui suoi passi lenti e decisi verso la sua destinazione, questa volta l’unico elemento in più erano le cuffie, il cui cavo spariva dentro uno zainetto viola, nelle orecchie.

L’immancabile sciarpa rossa le avvolgeva morbida il collo, il suo abbigliamento era sempre diverso, ma quell’accessorio non le mancava mai. Chissà... Forse si trattava di un regalo da parte di una persona per lei molto importante.

Jean però sperava si trattasse della madre, perché l’idea che la bella ragazza orientale avesse già un pretendente rischiava di deprimerlo.

Decise di andare avanti con il suo piano, pedinandola finché non salì sul treno.

La volta successiva, il ragazzo si affidò nuovamente al pedinamento strategico, solo che, in più, anche Jean prese il treno, attento a non farsi scoprire, non voleva mica che lei pensasse a lui come a uno stalker, no!

Arrivarono a destinazione dopo quattro fermate ed egli appuntò su un pezzo di carta il nome proclamato a gran voce dal macchinista.

In questo modo avrebbe potuto scegliere a suo piacimento un giorno intero per esplorare la zona interessata e per ricercare la casa in cui viveva lei. Quando il treno ripartì e la ragazza era ormai lontana, Jean si sentì così pieno di ottimismo da rivolgere un sorriso abbagliante a chiunque lo incrociasse sul mezzo, in stazione e anche fuori di lì. Telefonò a Marco per comunicargli la grande notizia e lui, paziente, gli raccomandò prudenza.

«Si nota che sei abbastanza preso dalla faccenda, ma spero tanto che alla fine tu non rimanga molto deluso...» considerò l’amico lentigginoso parlando dall’altro capo del telefono.

«Perché deluso?».

«Perché lei potrebbe essere già impegnata».

Curioso.

Era venuto lo stesso, identico dubbio anche a Marco, tuttavia Jean non si arrese subito, accantonò in un angolino della mente la sgradevole idea di un rivale in amore e si concentrò piuttosto attentamente sulla sua missione, in vista della conquista finale.

 

 

 

Con un fedora marroncino sul capo e gli occhiali da sole per non essere riconosciuto dalla giovane orientale, Jean scoprì effettivamente dove lei abitasse: stava in una comune villetta con giardino annesso, cinto da un muretto basso e da un cancelletto di ferro. Studiò gli orari, le abitudini, le amiche che frequentava. Nel corso del mese in cui Jean la spiò, non successe nulla di serio, rilevante o preoccupante; non le si avvicinarono che pochissimi ragazzi, ma nessuno di loro sembrava essere così intimo con ella, non abbastanza da intimorirlo almeno, da indurlo a credere a una relazione che superasse l’amicizia.

Corse dei rischi soprattutto per scoprire il suo nome; alla fine il suo impegno era stato premiato, lei si chiamava Mikasa. Mikasa… Un nome musicale, unico nel suo genere, davvero perfetto!

 

 

 

Il giorno prestabilito in cui lui avrebbe fatto finta di essere capitato lì nei paraggi per caso, quasi come se fosse un segno del destino per loro due, optò di invitare pure Marco. La scusa sarebbe stata che l’amico, alla ricerca di un lavoro, dovesse sostenere un colloquio proprio in quella zona. Jean non avrebbe mai lasciato che Marco perdesse l’imperdibile occasione di fare carriera, perciò si era offerto di accompagnarlo, sperando così di toccare il cuore della bella ragazza orientale, di Mikasa, con la sua sensibilità e lealtà nei riguardi del migliore amico.

«Eccola, dico, non è splendida? Non sembra uscita da un sogno?» parlò con tono estasiato lo scaltro Jean, indicandola al buon Marco, che fece una faccia alquanto strana.

«Non metto in dubbio che sia bella, ma-» esordì l’altro, spiazzato, venendo però interrotto.

«Certo! Guardala, oggi è felice di vedermi! Ha persino indossato un grazioso vestito verde. Sicuramente sta puntando a fare colpo su di me, ma non ha nulla da temere, io sono già cotto di lei! Ah, l’amore... Che sentimento meraviglioso!» la contemplò lui, perso.

«Jean, scusa se freno il tuo entusiasmo prorompente, ma ti stai illudendo, lei-» ci riprovò il buon Marco, ormai consapevole della vera identità della giovane.

«Oh, Marco, stai zitto! Mikasa sta venendo verso di noi, è vicina...» mormorò a bassa voce, per poi alzare il tono quando si rivolse alla fanciulla intenta a correre verso di loro. «Ciao, carissima. Com-... Eh?» gli si mozzò il fiato e pure la domanda in gola, quando lei li sorpassò senza calcolarli minimamente, dando conferma al fatto che quell’espressione di pura serenità non era per lo scaltro Jean. Marco scosse la testa, trattenendo una sonora risata che altrimenti, ne era sicuro, avrebbe fatto rimanere male il suo sfortunato amico.

Seguirono con i loro occhi, Marco comprensivi, Jean stupefatti, la corsa di Mikasa, che si arrestò a qualche metro di distanza rispetto a dove si erano fermati, vicino a una macchina grigia, dalla quale scese un ragazzo bruno che i due riconobbero. Quella faccia da schiaffi... Jean non l’aveva affatto scordata!

«N-non ci credo! Quello è... lui è...» balbettò sconvolto, toccandosi il petto e stringendo il tessuto della camicia azzurra in un pugno tremolante.

«Esatto. Eren Jaeger. Il nostro ex compagno di classe. E quella è la sua ragazza, Mikasa Ackerman. Davvero non l’avevi riconosciuta? Eppure, veniva sempre a prenderlo a scuola e lo aiutava ad affrontare i bulli del quartiere. Era piuttosto in gamba, ai tempi delle medie!».

«M-marco, quella Mikasa era... Allora era un piccolo mostro, un vero maschiaccio con i capelli corti, accidenti! Adesso lei è cambiata così tanto! Perché capitano tutte a me?! Mi si è appena spezzato il cuore, lo sento...».

Jean dovette tenersi a un lampione, poiché aveva la netta sensazione che molto presto sarebbe caduto a terra, in preda a uno svenimento improvviso.

Marco si offrì di accompagnarlo subito altrove, in un luogo più riparato e tranquillo, per consolarlo. O almeno per fare un pacato tentativo di conforto, dato che il migliore amico si chiuse immediatamente dentro una bolla di depressione che non si sarebbe infranta tanto presto. Gli rimase vicino, pronto ad ascoltarlo, come fanno gli amici veri, quelli che tengono l’uno per l’altro, soprattutto nel momento del bisogno.

Finché tutta la storia dello stalkeraggio di Jean non sarebbe necessariamente sfumata in un ricordo stupido di gioventù, in un errore di giudizio e in un involontario, mancato riconoscimento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

______

Note: Era da tempo che sognavo di realizzare un’idea del genere, non è venuta esattamente come la immagino *qui parla la mia scarsa autostima*, ma spero vi strappi almeno un sorriso xD dato che essa calza a pennello con il tema del contest.

La coppia è intesa a senso unico, proprio come li vedo io nell’anime/manga, Jean cotto di lei, Mikasa indifferente a lui ^^' però vivono in un’ambientazione moderna, pacifica, senza i giganti a suscitare il panico generale...

Poi, il nostro Marco è vivo e vegeto, quindi va tutto bene! :D Vi piace il suo ruolo di spalla del protagonista?

Io adoro Jean e spero sia credibile, anche se alla fine gli va male, povero caro xD

 

Ringrazio chiunque abbia letto questa mia storiella e chiunque voglia lasciarmi un suo parere ^^

 

Rina

 

 

 

  
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