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Autore: DARKOS    10/08/2017    0 recensioni
Roxas era ormai al terzo anno della Twilight Town University, l’accademia di prestigio della regione. Ormai un “veterano”, era anche la celebrità del campus: la storia di come avesse trionfato sul Consiglio Studentesco e sull’utopia di Xemnas neanche due anni addietro era ormai leggenda e tramandata a tutte le matricole. E come ogni leggenda, anche paurosamente gonfiata: lo stesso Roxas aveva addirittura sentito una versione secondo la quale lui aveva affrontato da solo tutti i tirapiedi di Xemnas in dieci diverse prove di abilità, per poi battere il capo stesso con eleganti mosse di judo. Non poté trattenersi dal ridere, primo perché lui non conosceva nemmeno il judo, secondo perché di sicuro non aveva fatto tutto da solo: era solo grazie ai suoi amici che se l’erano cavata.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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La mano di Axel fermò il pugno proprio a metà strada, quasi senza sforzo e con tanto d’occhi di Luxord. Poco più in là, un altrettanto confuso Demyx veniva ostacolato da Saix.
“Generale! Questa è indubbiamente una sorpresa.”
“Come te la passi, Luxord? Senti, so che è una cosa improvvisa ma ti devo chiedere di lasciar stare il piccoletto qui. A quanto pare è un tipo a posto.” Poi il rosso si rivolse agli altri due: “Lo stesso vale per te, Dem! Mi dispiace intralciare il servizio d’ordine -anche se non pensavo che l’avrei mai detto- ma è tornato il momento di dare ascolto alla coscienza e non ai comandi.”
Demyx si era già fermato: la sua fiducia in Axel era troppo grande per fargli dubitare anche solo per un momento del suo vecchio capo. Intanto Ventus cercava di stare al passo con gli eventi, ma per ora aveva solo capito che i due nuovi arrivati erano amici e che gli avevano risparmiato un pestaggio, e per ora gli bastava.
Solo Luxord non era del tutto persuaso. “Un attimo, amici miei! Non so bene cosa stia accadendo, ma io ho degli ordini e intendo rispettarli nonostante tutto.”
Saix era già scattato avanti, le braccia tese. “Ci penso io.”
“Nah, a cuccia tu.” Axel si grattò la testa nel suo caratteristico modo. “Non c’è proprio verso che tu dia retta a noi piuttosto che a Larxene, vero?”
“Nulla di personale, ma lei mi spaventa molto più di voi. Anche di tutti e tre assieme.”
“Devi allentare un po’ quel guinzaglio, amico” fece Demyx.
A quanto pare la situazione non si era risolta del tutto: Luxord sembrava disposto a farsi malmenare dai suoi tre compari pur di non deludere le aspettative. Ventus trovò la sua determinazione ammirevole, e non era sicuro che volesse vedere il simpatico prestigiatore ridotto in poltiglia.
“Saix, quell’agenzia teatrale di cui ti occupi… fra quanto sarà in attività?”
“Sei tu ad occuparti della costruzione, dovresti dirlo tu a me. L’ultima volta avevi previsto ci sarebbero voluti otto mesi.”
“Più diciamo un altro annetto per mettere tutto in regola e aprire bottega. Secondo te è sufficiente per far fare a Luxord un po’ di apprendistato e poi assumerlo da addetto agli effetti speciali?”
“Mf. Se vedo serietà, potrei metterci sopra una buona parola.”
“Benissimo!” Axel tornò a guardare Luxord. “Se la mia memoria non mi inganna Larxene vuole vederti al lavoro al più presto, no? Ora in qualsiasi caso rispetteresti la sua volontà. Quale ti preme di più?”
“Um. E io mi sto assentando ora dalla scena del crimine perché…”
“…mi stai accompagnando da Zexion a fare un lungo rapporto sui due ragazzini che ci sono sfuggiti” concluse Demyx.
“Oh! Quand’è così, sarei uno stolto a non accettare! Andate pure.”
E i due membri del servizio d’ordine se ne andarono come se non fosse successo nulla. Saix si incamminò verso la direzione opposta, ma Axel dedicò qualche altro momento a Ventus: “Meglio che ti muovi anche tu. Fai come credi, ma se posso darti un consiglio la tua parte ormai l’hai giocata: torna fra la folla, che qui ci pensiamo noi.”
Poco più in là, Vanitas non aveva minimamente badato al siparietto e osservava i vari manifesti affissi in giro. Ne prese uno e lesse:

“INDESIDERABILE
Questa ragazza ha esercitato immotivata violenza verbale e discriminazione ai danni del personale ed è stata bandita. Se doveste vederla entro i limiti del campus, notificate immediatamente la sicurezza!”

La metà inferiore del poster era una foto di Aqua, che strizzava gli occhi per il flash improvviso della macchina fotografica.
“Ma che diamine…?”

Terra pensava che per essere un concorrente capitato lì per caso e senza immediata preparazione, due primi posti e una valutazione sempre alta nel resto delle prove non erano male; rimaneva solo la corsa, che avrebbe chiuso la parte sportiva dell’evento. Mentre prendeva posto, notò al suo fianco Riku: non si erano mai trovati così vicini prima d’ora. Sora invece si era ritirato a metà gara, spossato per aver dato il massimo fin dall’inizio.
“Eccoci qui, dunque. Sappi che mi ricordo di te.”
 Il giovane attaccò subito bottone, ma Terra si impose di non dargli retta. “Non so per quale motivo tu sia qui,” proseguì Riku, “ma ti conviene desistere. L’atleta più meritevole verrà premiato dal Presidente, il che ti metterebbe in un mare di guai. La mossa più saggia sarebbe lasciarmi vincere, e dileguarti in fretta non appena finita la corsa.”
Il cipiglio di Terra si accentuò. Ma che arrogante! Improvvisamente i propositi di Roxas nei suoi confronti, che giravano tutti attorno al concetto di un incontro ravvicinato del suo fondoschiena col terreno, iniziavano ad esercitare un certo fascino. In fin dei conti quello era il belloccio che gli aveva soffiato la ragazza, o qualcosa del genere, e a Terra tipi così non andavano molto a genio.
“Sì beh, forse è proprio quello che voglio.”
Non ci fu modo di aggiungere altro poiché scattò il segnale della partenza. Forte della sua corporatura e del suo passato sportivo, Terra si trovò presto in testa, ma il fisico asciutto e i muscoli meno gonfi ma sempre presenti di Riku gli conferivano un notevole vantaggio. La tratta era tutto sommato breve, ma lunga abbastanza da far sì che uno scatto al momento giusto o sbagliato avrebbe potuto segnare la differenza tra tagliare il traguardo o ritrovarsi senza fiato nel raggiungere il secondo o terzo posto.
Erano circa a metà strada: Terra iniziava a chiedersi quanto gli interessava vincere. Non sarebbe andato bene anche il secondo posto? Ma non aveva la certezza di aver fatto guadagnare agli altri abbastanza tempo… e la vittoria su Riku iniziava ad assumere contorni vagamente personali…
Centocinquanta metri al traguardo. Si avvicinava il momento dello sprint finale, e il castano fece quello che faceva spesso in quelle circostanze: alzò lo sguardo per meditare sul da farsi. Un suo vecchio tic, che suo padre e il suo allenatore gli avevano più volte rimproverato. Eppure stavolta si rivelò una benedizione, visto che nella moltitudine di facce per un momento scorse un bagliore dorato, seguito dalla visione dell’improbabile acconciatura di Larxene. Stava dunque guardando.
Cinquanta metri al traguardo. Gli altri erano stati scoperti? Ma no, avrebbero probabilmente interrotto le competizioni se fosse stato quello il caso. Giusto? Forse no. Terra decise di non rischiare tutto sulla base di un timore: si era fatto notare, lei lo stava indiscutibilmente fissando, e non era certo perché colpita dal suo tono muscolare: vincere e incontrarla ora sarebbe stato controproducente, come aveva detto Riku. Decise quindi di ringraziarlo per l’interessamento. Accelerò, e poco dietro di sé sentì il suo avversario fare altrettanto.
Dieci metri al traguardo. Terra si fermò bruscamente a pochi passi dalla linea, e quasi subito dopo Riku non poté fare a meno di urtarlo e finire lungo disteso nella polvere. L’impatto non fu totale (il ragazzo dai capelli argentei era comunque robusto) ma sortì l’effetto desiderato.
“Eh, mi sa tanto che avevi ragione: dovrei darti ascolto più spesso. Goditi la vittoria morale!”
E lo scavalcò, allontanandosi dal campo di gara fischiettando mentre un’ansante e stupita matricola di nome Blaine si posizionava al primo posto vincendo la corsa.

“Ha dato forfait, il vigliacco. E tu dici che hai incontrato quella sua compare?”
Xion annuì. “E so Zexion stava monitorando Luxord e Demyx, all’inseguimento di due altri intrusi.”
“E naturalmente non hanno pensato di avvertire ME di tutto questo! Sono solo una massa di irrispettosi parassiti che credono di poter fare tutto da soli!”
“Beh, tu avevi detto di non disturbarti, e che se non riuscivano a risolvere i problemi da soli tanto valeva affidare il servizio d’ordine a un branco di babbuini ciechi…”
“Non abbiamo tempo di occuparci di simili dettagli, ora! Avrai notato anche tu il modus operandi dei nostri inquilini. Questa non è opera di un branco di teste d’uovo viziate, questa è roba da professionisti. Ma tutti i Nobodies e affiliati sono dalla nostra…”
“Eccetto uno.” Anche Xion ci era arrivata, anche se sperava tanto di sbagliarsi. “E per qualche motivo Xemnas regge il gioco. Ma cosa ci guadagnano, in tutto questo?”
“Può essere qualsiasi cosa, ormai non mi stupisco più di nulla. Ma so anche che Roxas, in quanto mio amico, non è uno stupido.” Larxene tacque per qualche istante, meditando. “Che Xemnas faccia ciò che vuole, se è davvero coinvolto probabilmente è qui anche per indurci a stargli dietro e perdere tempo; e con Lexaeus non andrà da nessuna parte. Io per ora sono bloccata con la stupidissima premiazione. Tu invece vai a chiamare Ephemera e informalo sulla situazione.”
“Cosa? Larxene, è… necessario?”
“Di sicuro non gli consentirò di restarsene isolato mentre noi sgobbiamo, o sarebbe come ammettere di essere ai suoi piedi. Non piace neanche a me, ma… Luxord! Finalmente hai risposto al telefono! Dove sei? Da Zexion? Che cosa diamine stai facendo e perché non mi hai tenuta aggiornata? Smettila di blaterare qualcosa a proposito di babbuini ciechi e unisciti a Demyx per- che significa, è lì con te? Per cosa ti servono delle lezioni serali?
“Che vuol dire che hai trovato lavoro?”

La premiazione e il pranzo procedettero senza grossi intoppi. Terra intanto era tornato nel furgone, dove aveva trovato anche Ventus che stava giusto riferendo come era andata dalle sue parti.
Roxas provò un fiotto di nostalgia e desiderio di rivedere Axel, ma capiva perché l’amico non lo aveva contattato: era tutto lungi dall’essere concluso.
“Terra! Stavamo giusto ricapitolando la situazione. Complimenti per le tue gare, bella pensata!” disse Ventus.
“Ma non sei arrivato primo, proprio alla fine. Cos’è, hai ancora le gambe molli al momento cruciale?” Lo stuzzicò maliziosa Aqua.
“Mi dispiace se non ho eguagliato il tuo successo, Indesiderabile.” Ghignò lui di rimando.
“T-Taci!”
“Ad ogni modo bravi, ehm, tutti” fece Roxas, cercando di prevenire un altro scoppio di “desiderio di aiutare” di Aqua.
“Il piano procede per il meglio, anche con degli interventi esterni: un altro paio di mosse e poi davvero ci toccherà solo aspettare. Intanto, se volete pranzare fate pure.”
“Chirithy non è tornata, però. E nemmeno Vanitas.”
“Vanitas non saprei, continua a non rispondere. Chirithy ha invece un altro compito da svolgere: l’ho affidato a lei perché è quella con più possibilità di passare inosservata. Anche se speriamo meno inosservata.”
Mentre Terra addentava il suo panino e meditava su come sgraffignarne un po’ a Ventus, Aqua chiese: “E Xemnas? Ormai la sua copertura è saltata.”
“Non importa, pochi vorranno confrontarsi con lui comunque. E poi sta continuando la partita a scacchi.”
“Ancora? Quanto pensano di andare avanti?”
“La partita più lunga registrata si è svolta nel corso di duecentosessantanove mosse per venti ore e quindici minuti di durata” fece Skuld, sempre appollaiata sul suo sedile. “E alla fine risultò in un pareggio.”

 Xion non aveva nessuna voglia di incontrare Ephemera. Non l’aveva ancora visto da quando aveva preso possesso dello studio del Rettore e ne era felice: non ce l’avrebbe fatta a vederlo sulla poltrona di suo padre. Come era possibile che stesse per prendere controllo di tutto? Ma che fosse stato riammesso era ufficiale, e le voci del suo piano segreto affidabili… come se non bastasse ora Axel interferiva col servizio d’ordine, suo fratello si comportava in modo strano e gli studenti dei Campionati si aggiravano furtivi. Non c’era dubbio che Roxas stesse tentando qualcosa, e ovviamente nel momento meno adatto.
La ragazza raggiunse il corridoio che portava all’ufficio e vi trovò la piccoletta con le trecce -le pareva si chiamasse Chirithy- che caracollava a passo insicuro verso la porta. Xion sospirò: l’ennesima inutile complicazione del suo ex ragazzo. Mentre pensava a cosa fare, da una rampa di scale emerse Naminé.
“Oh Xion! Ciao, che fai da queste-“
“Ah Nami, perfetto.” Xion la prese gentilmente per una spalla, imitando il più possibile Larxene. “Ti spiacerebbe convocare Ephemera, dicendogli che alcuni problemi richiedono la sua presenza? Grazie!” Spingendo avanti la biondina, Xion poté evitare di confrontarsi col nanetto e gestire l’altro problema. Si avvicinò a Chirithy dicendo: “Ciao, sbaglio o sei una visitatrice? In tal caso mi dispiace tanto, ma quest’area è off-limits. Ti chiederei gentilmente di seguirmi fuori dall’edificio…”
Sempre parlando in tono affabile condusse via la timida combina guai. Naminé era intanto davanti al portone quando questo si spalancò. Ephemera stesso ne emerse, con sguardo accigliato.
“Che cos’è tutto questo baccano? Pensavo davanti agli uffici ci fossero pace e silenzio.”
“Ecco signore, mi hanno detto ci sono problemi che la riguardano. Cioè non che li ha causati lei, ma che esistono e beh, forse dovrebbe vederli.” Naminé concluse le sue farneticazioni e attese una risposta.
“Problemi? Ma quello è compito del Consiglio, non mio. Io non potrei fare niente… ah, tranne appuntarmi come i membri sembrino incapaci di gestire situazioni simili, naturalmente.” Il sorriso che seguì fu viscido quanto quelle parole.
Seppur a malincuore Xion decise di evitare che quell’odioso manipolatore si mangiasse viva Naminé. “Larxene ha chiesto di te, e da quanto mi risulta è nel suo potere convocare qualsiasi studente del campus. Se hai problemi, puoi comunicarglielo di persona.”
Ephemera si accigliò, ma mantenne la calma: avrebbe zittito quell’insolente a tempo debito. “Beh, se è proprio impossibile per me sottrarmi alla richiesta d’aiuto della Presidentessa, arrivo subito.”
I due scesero le scale, con Xion che si portava dietro Chirithy. Naminé rimase a guardare l’improbabile trio finché l’eco dei passi non svanì, poi tirò un sospiro di sollievo per essere sopravvissuta ad un’altra interazione sociale.
Ora toccava solo entrare nell’ufficio e prendere ciò che Roxas aveva chiesto.

Come di consueto gli studenti si stavano radunando nella sala principale per assistere al culmine della giornata. Gli ultimi anni non c’era stato nulla di eclatante a parte i soliti spettacoli pirotecnici (e una memorabile serata quando Luxord si cimentò nel numero delle colombe e tutti gli spettatori tornarono a casa con i vestiti coperti di piume e becchime), ma il ricordo della caduta di Xemnas era ancora abbastanza vivido dal far sì che l’evento riscuotesse popolarità. Inoltre qui e lì si mormorava di studenti infiltrati e nuovi scherzi…
La vista della Presidentessa che bacchettava i suoi scagnozzi non contribuiva di certo a placare gli animi. Demyx, Luxord e Zexion sostavano immobili in attesa che Larxene terminasse gli epiteti con cui definirli.
“Quindi, se ho capito bene cosa sta succedendo voi due avete di proposito lasciato scappare due sospetti, e tu non hai fatto nulla per prevenire qualunque cosa stia succedendo.”
“Non ho detto questo” si arrischiò a replicare Zexion.
“Lo dico io, perché tu non vuoi ammetterlo! E ora Axel si è improvvisamente ricordato che la sua missione è rendere la vita impossibile al Consiglio, e chissà che altro succederà! Sembra quasi che voi vogliate che Roxas completi la sua operazione!”
“E se così fosse?” Quello di Luxord fu poco più di un sussurro, ma tutti e tre lo sentirono benissimo. O forse era proprio l’inaspettata vena minacciosa ad attirare l’attenzione.
“Prego? Hai detto qualcosa?” Larxene era lungi dall’essere intimorita, ma si percepiva avesse abbandonato l’insulto diretto e stesse sondando il terreno.
“Roxas è mio amico e io agli amici auguro ogni bene. Siete stati voi a bandirlo, non io. Avrà sbagliato, ma l’ho fatto anche io e… e lui è stato il primo a tendermi la mano.” Il prestigiatore incrociò le braccia, un’espressione grave e risoluta sul volto di solito gioviale.
Larxene sospirò e si tenne la fronte con due dita. “Lux, era- è mio amico tanto quanto tuo. Credi che io voglia fare sempre la parte della cattiva?”
“No, non lo penso. E forse non lo pensi neanche tu, tutto sommato. Perché altrimenti avresti deciso di convocare Ephemera proprio ora? Secondo me tu speri accada qualcosa.”
La Presidentessa emise una sorta di risolino assai femminile. “Chissà che tu non abbia ragione. Ma in ogni caso ora devo andare e adempiere ai miei doveri.”
“Dopo di te, mia cara.”
Demyx era rimasto tutto il tempo a bocca spalancata mentre il più raro degli eventi avveniva sotto i suoi occhi. “Zex, amico, ma a cosa abbiamo appena assistito?”
Ma Zexion non rispose: Ephemera era appena arrivato e si guardava attorno, chiaramente infastidito dalla folla. Il piccolo stratega dei Nobodies aveva seguito suo malgrado tutte le azioni di Roxas e del suo gruppetto, e aveva inteso che questo era lo scenario al quale miravano: farsi notare quel tanto che bastava per stuzzicare l’interesse generale e attirare l’obiettivo allo scoperto. Ma cosa sarebbe seguito dopo, perfino lui lo ignorava.

Naminé rovistava ancora febbrilmente tra i fogli presenti nello studio. Sapeva di non avere troppo tempo ma era difficile districarsi fra tutte quella scartoffie: avrebbe giurato che alcuni erano solo scarabocchi, e perfino di pessimo gusto se poteva dare il suo parere di artista. Le sue dita scorsero velocemente i titoli di uno schedario finché si bloccarono su una pagina in particolare.
“Atto di acquisizione dell’accademia…” Era proprio ciò che cercava. La biondina batté felice le mani e si sbrigò a levarsi di torno e raggiungere un luogo sicuro.
“Bene bene, ma quanto siamo felici. Dev’essere successo qualcosa di assolutamente magnifico.”
Una voce fin troppo nota blocco Naminé a metà del corridoio e la costrinse a voltarsi. Kairi era appoggiata a uno stipite della porta: doveva essersi nascosta lì in attesa di coglierla con le mani nel sacco.
“Che ci fai tu qui?”
“Credevi davvero che Ephemera se ne andasse lasciando la porta aperta a chiunque? È dai Campionati che mi ha promesso una posizione di riguardo se l’avessi aiutato. Quindi io avrò quello che mi spetta, e tu un bel niente se non l’ennesima delusione e imbarazzo per chi ti sta attorno: direi che tutto è normale nell’universo. Ora dammi quei fogli.”
Naminé non aveva previsto che dopo tutti quegli ostacoli sarebbe stata proprio quell’imbecille della gemella a darle dei problemi. Ma era finito il tempo in cui si sarebbe lasciata mettere i piedi in testa.
“Vattene! Non sono per te e non ti darò un bel niente.” Poi, colta da un’improvvisa ispirazione aggiunse: “E poi dubito che riusciresti perfino a capire cosa dicono. Per quanto ne sai potrebbero essere documenti che provano la tua espulsione diretta.”
Capì di essersi spinta troppo oltre non appena vide che la faccia di Kairi aveva assunto la stessa sfumatura dei capelli. “Oh, quindi l’artista ha finalmente scoperto di avere del fegato, eh? Ma che brava. Merita proprio un premio, un bel marchio di merito su quel suo bel faccino insolente.”
Si portò avanti, la mano tesa col palmo rivolto verso l’alto. A Naminé non rimase che chiudere gli occhi e attendere l’inevitabile sberla… che però non arrivò mai.
“Ehi! Che modi sono? Lasciami!”
“Nah dolcezza, per noi stai bene così.”
Naminé aprì gli occhi. Un energumeno dai capelli blu a lei sconosciuto bloccava Kairi, mentre un altro straniero fulvo la fissava. Quando questi si accorse di lei e venne incontro, si ricordò che si chiamava Axel.
“Ciao! Deduco che anche tu sia qui per aiutare Roxas, e in tal caso siamo in due. A me faresti vedere quei fogli? Prometto che puoi anche dirmi di no.”
La ragazza esitò un istante, poi gli tese il documento. Axel lo prese e lo studiò, apparentemente senza tradire nulla nel suo sguardo. Poi sempre senza dire nulla lo pose sotto lo sguardo di Kairi, che fu assai più espressiva.
“Che… COSA?”
“Già, più o meno il mio stesso pensiero. E immagino Roxy lo sapesse… vecchia volpe. Diciamo che è un sollievo per me.” Axel si interruppe per la sua tradizionale grattata di capo. “Dunque Naminé, qui abbiamo terminato ma credo che con tua sorella tu abbia ancora qualche questione in sospeso, dico bene?”
Naminé rivolse l’attenzione di nuovo la gemella, ma c’era poco da osservare se non il suo sguardo vacuo.
“Trama con Ephemera, e anche così com’è è ancora in grado di creare problemi. Dovremmo fare in modo che non possa nuocere.”
“Sai cosa potremmo fare, Saix? Potremmo rubare un’idea a Luxord. Chissà se c’è un armadietto vuoto nei paraggi…”

Altrove, Xion aveva ormai condotto Chirithy fino ai cancelli del campus.
“Qui ci salutiamo. Fammi il piacere di andartene, anche per il tuo bene.”
“Mi dispiace…”
“Non ti preoccupare. Ma fammi il piacere di dire a Roxas di piantarla, va bene?”
“Non intendevo quello. Mi dispiace per te. Di averti ingannato. Non sei una ragazza antipatica.”
Xion rimase interdetta per la seconda volta quel giorno. “Come scusa?”
“Il mio obiettivo era essere un diversivo in modo da lasciare lo studio del Rettore libero, inoltre… dovevo allontanarti. Roxas dice che sei molto intelligente, ma un po’ rigida nei modi.”
La piccoletta guardò la ragazza ancora più piccola e iniziò a lavorare di testa. Era stata raggirata, e con una facilità notevole. Sentiva frustrazione, ma anche un po’ di orgoglio.
“Sai, dovresti dargli più credito.” La voce di Chirithy la risvegliò dalle sue riflessioni. “Ciò che ha fatto è sbagliato, ma era anche in grande difficoltà ed Ephemera non ha migliorato le cose. Tutti hanno diritto a difendersi.”
Ora perfino il motto suo e di suo padre le rimbombava in testa, ripetuto dalla voce di un’altra. Xion spostò lo sguardo oltre i cancelli, verso una specie di piccolo furgoncino appostato all’angolo.

“Si può sapere che cosa combinavate?”
Larxene evitò il suo sguardo, le mani puntate sui fianchi. “Io ti ho riferito solo che è accaduto. Se ti aspettavi professionisti di spionaggio ai tuoi comandi, credevi male.”
Ephemera aveva ascoltato il resoconto con inquietudine sempre crescente. Quel branco di falliti era tornato alla carica capitanati dall’ex studente… non era un problema; ma il fatto che Xemnas fosse coinvolto era più preoccupante. Si ricordava forse di lui dopo la sua visita all’Istituto? Impossibile. E se anche fosse stato, non aveva niente su di lui. Quale che fosse il loro gioco, sarebbe terminato presto.
“In ogni caso ora sarà meglio risolvere la faccenda. Chiudete tutto e-“
“Chiudere tutto? Gli eventi sono ancora in corso!”
“E cosa dovrebbe importarmi? Se c’è un problema il servizio viene sospeso, è logico!”
“Ascoltami bene, ragazzino.” Larxene era ormai al limite. “Fino a prova contraria comando io qui. Il Rettore non s’è visto, e senza la sua parola qui non si chiude nulla.”
Ephemera sorrise. “Già, ma chissà per quanto tempo ancora, vero? Forse Ansem non sarà più Rettore a lungo.”
“La Vecchia Quercia ha i suoi difetti, ma è un buon diavolo” fece Axel, intromettendosi “e mi auguro che rimarrà dov’è per molti anni ancora.”
“Axel!” Larxene sembrava più pronta a infervorarsi che sorpresa del suo arrivo. “Tu mi devi un mucchio di spiegazioni!”
“Immagino di sì, vero? A suo tempo. Per ora volevo scambiare due chiacchiere con lo studente modello.”
“Io non ho niente da dirti. A meno che tu non abbia qualcosa da dire, la Presidentessa mi stava giusto dicendo della tua strana condotta…”
“Ah, anche dopo essermi laureato ho una condotta da seguire? Ma pensa te. Meno male che non ci ho mai dato peso nemmeno quando ero una matricola, quindi. Però sì, ho incontrato Roxas. È qui fuori.”
Sia Larxene che Ephemera erano stupiti. Quest’ultimo si riscosse però molto presto. “Una confessione! Scelta saggia, signor Axel. Se sarà così gentile da rivelarci di più, vedrò che la sua fedina rimanga immacolata.”
“Pfft.” Dietro ad Axel, Saix emise il suo primo contributo alla conversazione. “Axel, accelera. Già mi sono stancato di sentire tutte queste sciocchezze.”
“Di nuovo Saix, si chiama essere… lasciamo perdere. Ho parlato con Roxas sì, e ho appreso cose interessanti. Ma invece di  lui vorrei soffermarmi di più su di te. O meglio ancora di questi.”
Il fascio di fogli che Axel teneva in mano era inconfondibile. Ephemera fu colto da un’improvvisa sensazione di gelo. Se li aveva letti…
“Furto! Furto nell’ufficio del Rettore! Lo arresti subito!”
“Fosse la prima volta. Ma ora datti una calmata, ci guardano tutti. Avrai tutto il tempo di processarmi dopo.” Era vero: ormai l’attenzione generale era rivolta verso la Presidentessa e la loro piccola congrega.
Axel continuò. “Riconosco che è roba che non vorresti venisse divulgata… che io ho peraltro trovato casualmente in giro senza che tu possa provare altrimenti… ma non sono crudele. Li metto in palio, e lancio una sfida al Preside del Consiglio!”
Un mormorio eccitato percorse la sala principale. Nessuno aveva più sfidato il Presidente da quella volta di Roxas contro Xemnas, e la nuova Presidentessa non invogliava di certo a continuare la tradizione. Ephemera intanto si arrovellava per cercare di riprendere il controllo della situazione.
“Una dichiarazione notevole, ma mi pare che solo gli studenti immatricolati possano partecipare a tali sfide, quindi lei è fuori questione.”
“Io sì, ma tu no.” Axel gettò via la maschera di finta ilarità. “Tu contro Larxene, in una disciplina a tua scelta. Chi vince prende i fogli. Tutto o niente.”
Larxene aveva rinunciato da tempo a capire, non senza parecchia irritazione. Ephemera rifletté: stava ancora marciando al ritmo avversario. Non gli piaceva quando succedeva. D’altronde stare al gioco era la sua specialità… finché non ribaltava le carte in tavola. Avrebbe fatto lo stesso anche con quello stupidone dai capelli rossi. In più, battendo quella sciocca ragazza sarebbe diventato il nuovo idolo delle folle, superando Roxas stesso.
“Va bene. Giochiamo.”
   
 
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