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Autore: emmawh    16/06/2009    0 recensioni
Simon Greyland è molto felice: è riuscito a trovare un lavoro per conto del Regno - trasportare un carico attraverso il Bosco abitato dai famigerati Briganti - che gli farà guadagnare abbastanza da permettersi il suo matrimonio. Ma un attacco dei banditi lo porterà a conoscenza di segreti inviolabili sepolti nella polvere e a scoprire la verità sul profondo lutto che avvolse la cittadina di Bucanville più di tre anni prima.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Tornavo a casa contento quel giorno: avevo trovato un’offerta di lavoro che decisamente non poteva essere rifiutata. Immaginavo già come sarebbe stata felice Monique, lei adorava gli incarichi importanti…
Il cavallo legato al carretto sbuffò per la fatica. Certo, non doveva essere facile salire l’ampio viale della collina che portava al Castello, un’immensa costruzione bianca imponentemente decorata da ricami d’argento su porte e finestre, tali da riflettere la luce rossiccia del tramonto, e sormontata da torrette poste a intervalli regolari che le davano l’aspetto della più potente Reggia d’Inghilterra.
Non poteva proprio essere considerata tale, ma decisamente era un castello bellissimo e degno della famiglia reale che vi abitava, i regnanti di Bucanville, la città dove abitavo. Prendeva questo nome dai rampicanti viola che crescevano sulle mura del castello, dandogli una tonalità più forte e allegra.
Mentre pensavo questo, il mio cavallo si arrestò.
-Dannato baio,- imprecai fra i denti, senza accorgermi che mi aveva portato fuori casa. Era piuttosto vicina al confine del castello, ma non abbastanza da essere una residenza per ricchi: erano quattro mura e due stanze, una per la mia famiglia e una per quella di Monique.
-Simon! Sei tornato!- sentii cinguettare dall’interno. Monique sbucò fuori dalla porta, sorridente, i capelli castani accesi dalla luce del crepuscolo, le mani strette sul grembiule.
-Ho una grande notizia!- esclamai felice, saltando giù dal carro. Non pensai neppure a legare il cavallo, ma la strinsi direttamente tra le braccia.
-Cosa può darti una tale irruenza?- chiese curiosa, spingendomi via. A volte dimenticavo che i nostri rapporti non erano così stretti come speravo.
-Mi hanno offerto un lavoro. Quelli del Reame giù in paese,- sorrisi gongolante. Il suo viso s’illuminò.
-M-ma… è  fantastico! Di cosa si tratta?
-È un trasporto importante, potrò pagare le tasse e permettermi qualcosa in più, questo mese…
-Incredibile! Cosa devi portare?
-Non lo so neppure, è nella segretezza più assoluta,-. Monique ammutolì.
-Non mi dire…- mormorò tremante. -Non dovrai passare per il Bosco, vero?
Annuii esitante. Lei s’irrigidì. -Ma… nel Bosco ci sono…
-I Briganti, lo so,- tagliai corto. -Ma questo lavoro mi serve. Se riesco a tenere i conti, potremo permetterci una festa di matrimonio decente.
Lei sorrise all’idea, ma era ancora preoccupata. -Ti prometto che non succederà niente,- sussurrai, abbracciandola. Lei si staccò.
-Vieni dentro, la cena è pronta. Quando partirai?
-Domani mattina,- sospirai, guardandola rientrare. A volte mi domandavo perché mai volevamo sposarci.
 
La ruota cigolava.
Era molto, molto fastidiosa. Specialmente se ti trovi in un bosco pieno di banditi.
Chiamarlo bosco era un po’ riduttivo. Il Bosco di Greenland era la più grossa distesa della regione, e per questo pullulava di pericoli. Molta mercanzia era scomparsa, lì dentro, e con lei i mercanti.
Per cui il cigolio di quella ruota mi rendeva facilmente riconoscibile. In un certo senso mi faceva compagnia, ma dall’altro mi trapanava le orecchie.
-Perché non mi posso permettere una riparazione?- mugolai afflitto, stimolando un po’ il cavallo.
Tra i suoi sbuffi e il cigolio non riuscii a percepire i lievi fruscii delle cime degli alberi. È  una cosa più strana di quel che possa sembrare, visto che non c’era vento.
Ormai stanco, decisi di fermarmi un minuto, e scesi a dare un’occhiata alla ruota. Era quasi totalmente scardinata, ma reggeva. Sbuffai. Poi sentii un tonfo.
Mi girai di scatto, osservando la porzione di verde alle mie spalle. Non vedevo nulla, ma di certo non era prudente restare lì. Per cui salii velocemente sulla cassetta e spronai il cavallo a un timido trotto, aspettando con ansia la fine del bosco.
 
-Credi che possa andare?- chiese l’uomo robusto, seduto comodamente su un ramo.
-Credo di sì,- rispose l’altro, più piccolo e snello, il viso coperto dalle mani a coppa per proteggerlo dalla luce accecante di mezzogiorno che penetrava tra le fronde.
-Cosa trasporta?
-Grano. Farina.
-Buono.
-E vino.
L’uomo ebbe un fremito. -Ottimo.
L’altro sorrise. -Al solito,- gli sussurrò, per poi saltare giù con grazia e scomparire silenzioso nel bosco.
 
Non avevo percorso neanche metà della strada che avrei dovuto fare quella giornata, eppure il sole era già alto, e di notte non era prudente viaggiare, anche se accamparsi sarebbe stato difficile, visto che dormendo si abbassa la guardia.
In effetti, niente era prudente nel Bosco.
Mi fermai un secondo a bere un sorso d’acqua. Non faceva caldo, ma stavo sudando. Paura, forse?
Mi fermai a riporre la borraccia, quando sentii un nuovo tonfo.
E poi un altro.
E un altro ancora.
Mi voltai, decisamente spaventato. Che diavolo stava succedendo?
Ecco cosa: ai miei occhi spalancati apparvero cinque uomini, i visi coperti da un panno, forze per non farsi riconoscere. Tenevano in mano delle spade.
Alzai lo sguardo. Ce n’erano altri sugli alberi, che tendevano l’arco verso di me.
-Sta’ buono e non i succederà nulla,- disse una voce anonima, proveniente dal più grosso dei cinque.
Deglutii, mentre due o tre di loro si avvicinavano e iniziavano a scaricare i sacchi dal carro. Ero immobile sulla cassetta.
Che dovevo fare? Stavano rubando, e non  cose mie, ma del Regno. Se fossi tornato a mani vuote, invece del pagamento mi sarebbe spettata una bella multa, se non la prigione.
Ma in che guaio mi ero cacciato? Cosa avrei detto a Monique? Mi avrebbe disprezzato, snobbato, avrebbe rifiutato di sposarmi, se avesse saputo quanto fifone e codardo ero stato.
E se invece avessi provato a fermarli? Non sarebbe stato male… a parte il fatto che mi avrebbero sicuramente ucciso.
E se invece fossi sopravvissuto? Cosa avrebbe detto la gente? Magari il Principe mi avrebbe premiato facendomi entrare nell’Ordine dei Cavalieri, e Monique sarebbe stata tanto contenta… Ma come fare a catturarli senza finire al Creatore?
L’occasione propizia arrivò quando uno di loro s’immobilizzò, chino su qualcosa nel carro. -Guarda qua,- bofonchiò, rivolto verso quello grosso. Lui si avvicinò. Entrambi stavano osservando qualcosa di luccicante, mentre gli altri erano distratti, lo sguardo fisso su di loro. Decisi di attaccare.
Con un urlo, mi lanciai sul più piccolo e lo gettai a terra. Quello non reagì, sorpreso, e riuscii a strappargli la spada di mano. Mi girai a fronteggiare quello più alto, che si riscosse immediatamente e si lanciò all’attacco. Io mi spostai, ma finii tra le braccia di un altro che nel frattempo si era avvicinato. Mi divincolai, ma non riuscii a liberarmi; allora gli pestai un piede e lui mi lasciò andare con un urlo di dolore, mentre la spada cadeva a terra. Quello alto si era avvicinato, ma io mi slanciai contro di lui.
E lui si spostò.
Caddi a terra, afferrando la prima cosa a portata di mano: il panno sul suo viso. Lui imprecò qualcosa, poi puntò la spada contro. Mi rialzai a fatica. Sentii un rumore metallico e poi un forte dolore alla testa.
Caddi in ginocchio. Allungai la mano sul punto che mi faceva male: sanguinavo. Gemetti, mentre la vista mi si annebbiava. Sarebbe davvero finita così?
Quello fu il mio ultimo pensiero, prima di perdere la lucidità. E tutto fu buio.
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Salve! La mia prima ff originale: nel prossimo capitolo informazioni sui Briganti e guai per il povero Simon... Fatemi sapere cosa ne pensate! ^^

  
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