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Autore: Sherlokette    02/09/2017    0 recensioni
Nella Parigi contemporanea, un ladro misterioso si diletta a rubare gioielli antichi dai musei. Apparentemente inafferrabile, una squadra viene incaricata della sua cattura: Joe, William, Jack e Averell Dalton.
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Sono tornata, signore e signori! Dopo un periodo vegetativo sui libri e prossima ormai alla laurea, ecco a voi una storia fresca fresca dalla vostra Sherlokette :)
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Siete comodi?- domandò Mason ai suoi due prigionieri, legati con delle corde su due sedie, schiena contro schiena. Li avevano portati in una stanza segreta collocata fra quello che una volta era il tetto della vecchia base e l’inizio della torre, un posto abbastanza freddo e spoglio, dalle pareti di cemento e con grosso condotto dell’aria che correva lungo una parete.

-Ora ci spiegherai come intendi eliminarci- buttò lì Joe.

-Certo che lo farà, è un cliché piuttosto comune- aggiunse Lucky.

-Avete ancora la voglia di fare dell’umorismo. O siete molto coraggiosi, oppure molto stupidi.-

-Anche questa battuta era scontata, vero Joe?-

-Vero. E per risponderti, Dorian, noi siamo solo sicuri di cavarcela. Andiamo, Luke mi è sfuggito per così tanto tempo grazie alla sua fortuna sfacciata che ho imparato a non sottovalutarla. Dovresti farlo anche tu.-

-Il vostro ottimismo e la vostra fiducia sono lodevoli,  ma sono sicuro che vi abbandoneranno quando vi avrò detto a cosa mi serve… questo.- da una tasca sotto la giacca prese un piccolo telecomando nero con un bottone e una lampadina rossa spenta: -Riesce a indovinare di che si tratta, detective?-

-Un controllo a distanza, mi pare evidente.-

-Questo sarà il gran finale di stasera. Sapete perché l’ascensore che percorre la torre non fa fermate prima dell’ultimo piano?-

-Perché è vuoto attorno, vero?-

-Esatto, Luke. Solo travi e cemento sopra le nostre teste. Oltre alle bobe, si intende.-

Dalton divenne serio di colpo: -Quali bombe?-

-Una volta conclusa l’asta, questo posto deve sparire. Così ho pensato bene che i fuochi d’artificio fossero l’ideale.-

-Costruire un posto per poi demolirlo? Hai proprio soldi da buttare, Dorian!- esclamò Luke.

-E voi vi godrete lo spettacolo da molto vicino, miei cari. Perché resterete qui fino alla fine.- Nascose di nuovo il telecomando nella giacca: -Vi restano ancora quattro ore e mezza di vita, circa. Potete ingannare l’attesa contando le crepe sul muro.- Fece per andarsene, ma si voltò un’ultima volta verso Lucky: -A proposito, sapevi che Ivor ha un microchip GPS sottopelle? E che dunque sapevo che era bloccato a Parigi? Comunque, ottima l’idea di registrare falsi messaggi.-

-Hai fatto proprio come per un cane, allora.-

-Lui è il mio fidato braccio destro. Non oso immaginare cosa gli avete fatto per costringerlo a parlare. Ma ho intenzione di tirarlo fuori dai guai,  se uno solo dei vostri amici o dei vostri parenti proverà a fermarmi…-

Bastò quel tono di poco velata minaccia a far agitare Luke sulla sedia: -Non oserai!-

-Io no. I miei uomini sì. Beh, addio.-

Rimasti soli, con il ronzio sordo della conduttura dell’aria di sottofondo, Joe provò a comunicare tramite l’auricolare: -Nat? Pjotr? Mi sentite? Accidenti… Qui non prende proprio… Forse siamo isolati o qualcosa del genere.-

-Giuro che se tocca le nostre famiglie la pagherà cara!-

-Non succederà, perché riusciremo a svignarcela. Riesci a muovere le mani?-

-No, ho i polsi legati alle gambe della sedia, e tu?-

-Lo stesso. E sono pure nodi belli stretti, accidenti a loro.-

-La nostra sola speranza sono Pjotr e Nat.-

-Già. Solo perché adesso gli auricolari non funzionano, non significa che non ci stiano cercando.-

-… Joe.-

-Sì?-

-Su una cosa devo dar ragione a Mason. Ti ho coinvolto in questa storia e adesso anche la tua vita è in pericolo. Mi dispiace.-

-Finiscila. Mi avevi dato una scelta e conoscevo i rischi; ti ho seguito volontariamente fino a qui.-

-Però…-

-Dai, sono un poliziotto, che è un mestiere pericoloso già di per sé! Cosa vuoi che sia farsi legare, finire bloccato sotto tonnellate di cemento, con la minaccia incombente di venir ridotto in briciole e in compagnia di un partner in minigonna e collant!-

Quest’ultima fece sfuggire una risata a Lucky: -Non è il massimo, direi!-

-Sì, ma sarebbe peggio affrontare questa situazione da solo.-

-Già. Almeno Mason non ci ha separati.-

Cadde un momentaneo e strano silenzio, finché Joe non continuò: -Parlavi sul serio quando dicevi di voler rimanere a Parigi?-

-Sì.-

-Dunque… Resteresti con la compagnia al Moulin Rouge, oltre che continuare a vivere con Cheyenne.-

-Ancora sì, ma perché--

-Non voglio che tu sparisca, ecco.-

-Sparire?-

-Insomma… A parte le botte e gli inseguimenti, ci siamo anche divertiti. Quando torneremo a Parigi, ecco…-

-Sì?-

-… Puoi continuare a darmi delle noie, Luke.-

-Vuol dire che vuoi che continuiamo a… vederci?-

-Se ti va.-

-Certo che sì!- affermò l’altro, -Allora era questo che avevi lasciato in sospeso prima, in macchina!-

-Mettiamola così: quando riusciremo a scappare da qui e a prendere a calci Mason, non mi dispiacerebbe un’altra cena con fuga.-

-Eh. Abbiamo ancora quattro ore e qualcosa per toglierci d’impiccio.-

-Ci vorrebbe una lametta o comunque qualcosa di affilato… ma questa stanza è del tutto vuota.-

Un tonfo metallico risuonò d’un tratto.

-Hai sentito, Joe?-

-Cosa?-

Un altro tonfo.

-Viene dal condotto dell’aria.-

-Quei cosi fanno spesso rumori del genere…-

La grata che fungeva da presa d’aria sul condotto finì a terra con fragore, insieme a una figura vestita di nero che mugugnò qualcosa in russo dopo il capitombolo.

-Pjotr!- esclamò Lucky, -Non sai quanto sono felice di vederti, vecchio mio!-

-State bene?- Prendendo un coltellino dalla cintura li liberò velocemente dalle corde: -Nat mi ha guidato fino a voi; non è stato facile visto che il segnale qui manca.-

-Sì, stiamo bene. Ma non abbiamo molto tempo- rispose Joe. Pjotr porse lo zainetto nero che aveva in spalla a Luke: -Dimmi tutto mentre il nostro amico si cambia. Credo sia stufo dei tacchi alti.-

 

 

Spiegata brevemente la situazione al loro amico, Lucky (tornato in abiti maschili con pantaloni, scarpe comode e un maglioncino blu) concluse: -Dobbiamo raggiungere la cima della torre e fermare l’asta. Mason non rischierà la vita di tutti i suoi ospiti solo per liberarsi di noi.-

-E una volta lì? Hai visto quanti uomini ha a sua disposizione- obiettò Dalton, -Saranno almeno in sette là dentro.-

-Se avessi la mia pistola potrei disarmarli facilmente… Ma ho commesso un grave errore: era nella borsetta che abbiamo perso in quella stanza dei gioielli, e dubito che sia rimasta lì dopo il nostro tentativo di cattura fallito.-

-Parli di questa?- Con un lieve sogghigno, Joe trasse fuori da sotto la giacca la sette colpi nominata dall’altro. Luke era senza parole: -Ma come hai…?-

-L’ho nascosta insieme alla mia in caso di bisogno mentre eravamo in ascensore con Mason. Per fortuna non ci hanno perquisito.- Mentre osservava l’espressione sorpresa dell’ex agente, il detective provò una certa soddisfazione: era evidente che l’altro non se l’aspettava.

-Ah, Joe, sei grande!!- Lucky lo abbracciò sollevandolo da terra e compiendo una breve giravolta.

-Ma dai, per così poco…- borbottò, rosso in volto.

-Poco? Hai appena aumentato le nostre probabilità di successo!-

-Ok, ok, ma mettimi giù adesso…-

-Ragazzi, aspettate… Abbiamo comunque un problema- disse Pjotr.

-E quale?- gli si rivolsero all’unisono gli altri due.

-Anche se riuscissimo a disarmare le guardie, si scatenerà il panico fra gli altri ospiti. Mason potrebbe approfittare della confusione per fuggire, e do svidaniya.-

-Ha ragione, Luke. Dobbiamo prima pensare a un modo per bloccarlo in quella stanza.-

-Uhm…- Posando a terra Dalton, Lucky si mise a riflettere: -Nat era riuscito ad entrare nei loro sistemi, giusto?-

-Sì, e non l’hanno ancora scoperto, da quel che ne sappiamo.-

-Allora usciamo di qui e torniamo in contatto con lui al più presto. Pjotr, sei in grado di fare il percorso inverso dal condotto per portarci fuori?-

-Credo di sì.-

-Andiamo.- Afferrò il russo da sotto le braccia e lo aiutò a risalire dalla presa d’aria, e lo stesso fece con Joe che poi gli allungò una mano affinché li raggiungesse. Gattonando nel condotto, dopo vari tentativi le trasmittenti tornarono a funzionare: -Luke! Joe! Mi sentite? Pjotr!-

-Nat!-

-Joe! Siete vivi! Ho temuto il peggio!-

-Mason voleva farci fuori con calma, ora ti racconto tutto.-

 

 

All’ultimo piano della torre, Mason aveva fatto riallestire la stanza per cominciare l’asta. Guardava fuori da una finestra, pensieroso: non aveva mentito riguardo agli oggetti da vendere, non gli importava granché di chi se li sarebbe aggiudicati, desiderava solo liberarsene. Suo padre era un collezionista, ma aveva cresciuto un uomo d’affari, che oltre a vedere la bellezza ne sapeva valutare il prezzo.

Il riflesso di uno dei suoi uomini apparve vicino al suo sulla superficie del vetro: -Siamo pronti signore.-

-Ottimo. Cominciate a portare su i pezzi, arrivo subito.-

Nel frattempo, dopo aver strisciato per un po’ nel condotto dell’aria, Joe, Lucky e Pjotr riuscirono a tornare all’esterno della torre, trovandosi dietro di essa al riparo di alcune casse di legno.

-Nat, ci siamo. Come procede?- domandò Dalton.

-Datemi un minuto. Questi firewall sono più tosti del previsto.-

-Ti prego, sbrigati- aggiunse Luke, -L’asta è già cominciata.-

 

Di fronte agli ospiti seduti sulle comode sedie imbottite che lui stesso aveva fornito, Mason afferrò il microfono che un suo assistente gli stava porgendo e si collocò dietro ad un pulpito da dove poter battere col martelletto. Mentre pronunciava il discorso d’apertura, i tre infiltrati raggiunsero di nuovo il parcheggio e, passando tra un’auto e l’altra, si trovarono vicino all’ingresso dove due guardie armate sorvegliavano la porta d’entrata.

-Dobbiamo metterli fuori combattimento- sussurrò Joe.

-A loro penso io; voi raggiungete la sala di controllo- rispose Pjotr.

-Sicuro?-

-Posso farcela.- Prese delle piccole sfere di metallo dallo zaino: -Ho recuperato un po’ di equipaggiamento.-

Lucky annuì: -Ti aspettiamo là, d’accordo?-

-Da. Andate ora, sbrigatevi.- Premette un piccolo pulsante sulle sfere e le lasciò rotolare ai piedi delle guardie, che non le videro se non quando un denso fumo biancastro cominciò ad uscire dai due oggetti con un rumore sibilante e un getto potente, avvolgendo i due uomini armati e provocando loro un forte attacco di tosse. I fumogeni permisero a Joe e Luke di correre dall’altra parte del parcheggio, tuttavia una delle guardie vide qualcuno muoversi e puntò il proprio fucile nella loro direzione. Ma Pjotr, grazie alla scarsa visibilità, riuscì a raggiungerlo e a stenderlo colpendolo alla base del collo con una mossa di karate, riservando poi lo stesso trattamento alla seconda guardia che non capiva cosa stava succedendo e gridava in russo cercando il collega. Si ritrovarono entrambi a terra privi di sensi; Pjotr li legò in fretta e li trascinò in un punto nascosto. Intanto, Dalton e Lucky erano riusciti ad avvicinarsi alla sala di controllo, dove c’era agitazione, o almeno così sembrava dalla finestra che dava sul cortile interno.

-Nat, siamo arrivati dove ci hai detto, ma ci sono almeno sei uomini e mi sembrano parecchio nervosi- sussurrò Luke.

-Mi hanno scoperto; cercano di buttarmi fuori dal sistema! Neutralizzateli, presto!-

Con grande rapidità, i due fecero irruzione nella stanza, puntando le pistole, e l’ex agente ordinò ai presenti qualcosa in russo. Uno del gruppo tirò fuori l’arma dalla fondina al suo fianco, ma venne subito disarmato da Lucky che ripeté l’ordine. Tutti misero le mani sopra la testa.

 

Il primo pezzo, un quadro del Cinquecento, venne battuto: -Venduto al numero dieci per un milione di dollari!- annunciò Dorian, -Passiamo ora al secondo quadro, un autentico Caravaggio sfuggito ad un tragico incendio in un museo tedesco…-

 

Legati e rinchiusi in uno stanzino i sei uomini, Joe commentò: -Non sono molto combattivi, vero?-

Pjotr li raggiunse di corsa: -Guardie sistemate!-

-Bene.- Luke disattivò i firewall dal computer centrale: -Che mi dici, Nat?-

-Sono dentro. Sto assumendo il controllo dei sistemi principali.-

-Noi intanto ci dirigiamo in cima alla torre.- L’ex agente uscì e guardò in alto, accigliandosi: -E chiudiamo la partita.-

 

-Venduto al numero trentaquattro per dieci milioni!- concluse Mason al quarto pezzo battuto,

-L’atmosfera comincia a scaldarsi, signori, non trovate?-

-Non sai quanto, farabutto!- gridò una voce dagli altoparlanti nella stanza. Ci fu un’esclamazione di sorpresa generale, e Dorian rimase impietrito per un attimo: -Ma che accidenti…?-

-Signore e signori, vi preghiamo di mantenere la calma. Il controllo di questo edificio è ora in mano mia e dei miei amici- continuò la voce, mentre l’ascensore si apriva per far entrare nella stanza Lucky e Pjotr con le armi spianate; il russo aveva preso in prestito un fucile dalle guardie: -FSB, sei in arresto Mason! Per furto e commercio illegale di opere d’arte, sequestro di persona e tentato omicidio!-

Le guardie di Dorian presero le pistole, ma Lucky fu svelto a disarmarle: -State indietro. E non contate sui rinforzi, l’ascensore è bloccato e il sistema di sicurezza compromesso. È finita, Dorian, ti devi arrendere.-

-Pensi di avere il coltello dalla parte del manico?- Infilò una mano sotto la giacca: -Farò esplodere la torre se non vi arrendete voi due, piuttosto.-

-Non lo farai. Almeno non finché resti quassù anche tu. Getta il telecomando e metti le mani dietro la testa, subito!-

-Non hai l’autorità, non più, per darmi ordini.-

-Ma io sì- disse ancora Pjotr, -Perciò obbedisci.-

Il criminale alzò le mani, ma non lasciò il telecomando e anzi lo piazzò dietro la propria testa, per evitare una sua eventuale distruzione: -Luke, non finirà bene, e tu lo sai. Mi basta premere questo pulsante per ridurre tutto in cenere. Anche se per fortuna tu dovessi cavartela, non credo che lo stesso accadrebbe ai tuoi amici.-

-Ho considerato anche questa possibilità.- Lucky abbassò l’arma e tese l’altra mano facendo un paso verso il criminale: -Per questo voglio darti la possibilità di arrenderti con le buone. Dammi il telecomando e usciamo di qui senza fare altro danno.-

-Mi prendi in giro?-

-Dorian, se tu avessi davvero capito gli insegnamenti di tuo padre non mi avresti chiesto di uccidere un uomo solo perché è un fastidio ai tuoi affari.-

Gli altri ospiti guardavano la scena senza dire una parola, senza osare un movimento. Pjotr rimase immobile, pronto al minimo segnale di pericolo.

-… Mio padre avrebbe accettato un’onorevole resa, vero?-

-Credo di sì.-

-Bene…- Uno sguardo sinistro apparve sul suo volto: -Ma io non sono mio padre.- Premette col pollice il bottone sul telecomando e lo rilasciò in una frazione di secondo. Tutti trattennero il fiato, atterriti, ma non accadde nulla. Mason sibilò: -Il vostro tempo si è ridotto a dieci minuti, adesso. Scegli, Luke: salvare la pelle tua e di queste persone o impedirmi di fuggire.-

-Hey.- Joe, uscito da chissà dove, gli picchiettò su di un fianco con l’indice: -Non hai considerato che ci sono anch’io.- Rapido, gli saltò addosso e lo placcò a terra chiudendogli le manette ai polsi.

-Da dove sei arrivato?!?- Mason guardò alla propria destra: le sue guardie del corpo erano ammucchiate in una montagna umana, storditi e mugolanti dal dolore. Uno aveva un occhio nero ben evidente.

-Eri troppo concentrato su Luke per accorgerti di me, vero? I condotti dell’aria sono delle ottime scorciatoie, e quello sotto il pavimento è stato molto utile.-

-Pjotr, facciamo uscire queste persone; voi in prima fila prendete le guardie svenute, e procedete con calma. Niente panico.-

-Nat, l’ascensore!-

-Subito, Pjotr.- L’hacker aprì le porte scorrevoli, e a passo svelto ma senza correre le prime persone entrarono nell’abitacolo. Uno di loro però si girò: -C’è una cassa di opere d’arte, lì, che ne sarà se salta tutto in aria??-

-E il bunker??- aggiunse un altro, -Ci sono altri tesori lì sotto!-

-Il bunker potrebbe resistere a un attacco nucleare…- borbottò Mason, -Ma comunque finirà tutto sotto le macerie. E le casse sono in acciaio…-

-Non pensateci adesso, dovete allontanarvi!- insistette Lucky. Le porte si richiusero.

-Quanto manca, Nat?- domandò Joe.

-Avete otto minuti e cinquanta secondi per uscire da lì!-

Dorian approfittò della distrazione del detective per scrollarselo di dosso e tentare di correre verso l’ascensore, ma Luke lo bloccò placcandolo al muro con un braccio alla gola: -Non ci provare.-

-E’ inutile, lo sai? Non lascerete vivi questo posto…-

-Otto minuti e trenta secondi!-

-Dopo che saranno tutti fuori toccherà anche a noi. C’è tempo.-

-Non credo proprio…-

-Ragazzi, c’è un problema!- esclamò Nat.

-Quale problema?-

-Stanno arrivando altre guardie al piano terra, li vedo dalle telecamere. Stanno facendo uscire le persone dalla torre; sono almeno in quindici e ben armate!-

-Maledizione…- borbottò Lucky, -Non dar loro il tempo di salire, d’accordo?-

-Roger.-

-Che succede?- domandò Dalton.

-Come, non hai sentito?-

-Ho perso l’auricolare per colpa di questo qua.-

-Abbiamo compagnia. Ci occorre un piano.-

-Quanti?-

-Quindici uomini e altrettanti fucili.-

-Usiamo le porte dell’ascensore per proteggerci- suggerì Pjotr, -Dovremmo essere al riparo, no?-

-Non ce la farete…- sibilò ancora Mason. Le porte scorrevoli si riaprirono, e il detective mandò dentro l’abitacolo il secondo gruppo di ospiti.

-Dopo tocca a noi… Nat!-

-Sette minuti e cinquanta, Luke!-

-Se solo il condotto dell’aria non fosse così stretto, qui, avremmo potuto usarlo come via alternativa ed evitare uno scontro- commentò Joe.

-Non abbiamo scelta.- Lucky tolse il braccio lasciando cadere Dorian seduto sul pavimento: -Sei fortunato che non sono il tipo di persona che usa gli ostaggi come scudo.-

-Peccato, ci sarebbe stato di che divertirsi.-

-Joe, Pjotr, prendete la cassa con i quadri e chiudetela ermeticamente. Dovrebbe reggere, e nel caso potremo recuperarla in seguito.-

I due annuirono; Nat si fece sentire ancora: -Sette minuti e venti!- L’ascensore ritornò.

-Tutti dentro, forza!- Trascinando di peso il loro prigioniero, il gruppo si radunò nell’abitacolo controllando che le armi fossero cariche e pronte.

-Ragazzi, stanno cercando di tagliarmi di nuovo fuori! Due uomini si sono allontanati e diretti alla sala controllo!- annunciò l’hacker.

-Dunque ne sono rimasti tredici…- espirò Pjotr.

-Tredici, huh?- Il detective inserì il caricatore pieno nella propria pistola: -Il mio numero fortunato.-

 

 

Gli uomini armati occupavano ogni angolo dell’ingresso. Avevano un’ottima visuale delle porte dell’ascensore, non restava loro che attendere gli intrusi visto che tutti gli ospiti erano stati già fatti allontanare dal posto.

Mancavano meno di sette minuti all’esplosione che il loro capo aveva largamente anticipato.

Le porte dell’ascensore, che arrivò sferragliando leggermente, si aprirono giusto di uno spiraglio, e loro puntarono i fucili. Non si accorsero subito che in quella fessura faceva capolino la canna di una vecchia pistola; quando udirono il rumore di uno sparo ebbero un sobbalzo, ma nessuno sembrava ferito. Tuttavia, poco dopo due uomini esclamarono in russo delle imprecazioni, e i loro fucili andarono in mille pezzi fra le loro mani. Qualcuno cominciò a sparare verso l’ascensore, ma un altro colpo proveniente dall’interno dell’abitacolo disarmò un altro paio di soldati allo stesso modo dei precedenti.

-Ne restano nove!- esclamò Joe sbirciando dalla fessura, a voce alta per sovrastare il suono assordante dei proiettili sul metallo.

-Il tempo sta per scadere, coprimi!- rispose Luke andando a colpire un altro fucile.

Senza farselo ripetere due volte, Dalton prese la mira  e colpì di striscio uno degli uomini là fuori, che si deconcentrò permettendo così all’ex agente di disarmarlo: -Meno otto!-

-Avete cinque minuti e mezzo per andarvene!- esclamò Nat negli auricolari. Ritirandosi al riparo delle porte dell’ascensore, Luke guardò Joe: -Dobbiamo rischiare una sortita.-

-Ti guardo le spalle.-

-No. Tu resta indietro con Pjotr e Mason.-

-Ma…-

Partì una seconda raffica di colpi, e il russo guardò in alto: -Se sopravvivo giuro che raddoppierò lo stipendio della mia governante!-

-Non puoi farcela da solo, Luke!-

-Posso, Joe, se mi presti la tua pistola. Quanti colpi ti rimangono?-

-Cinque, credo.-

-Bene. Appena le porte si aprono, tu e Pjotr correte verso l’uscita con Dorian, li tengo occupati.-

-Scordatelo, non ti lascio indietro!-

-Cinque minuti!- insistette l’hacker.

-Joe, vi raggiungerò appena posso, ma voi dovete andare.-

-Certo, così tappi svicolano bene fra le persone!- disse Mason con cattiveria, subito zittito dall’ex agente: -Chiudi quella bocca!-

-Ragazzi, non perdete tempo a discutere!-

-Ok, Nat. Al mio segnale apri le porte, del tutto. Joe, se tentano di fermarvi, non esitare a picchiare duro.-

-Certo…-

-La pistola, Joe.-

Il detective gli passò esitante l’arma: -Sei ambidestro?-

-Sì.-

-Non l’avrei mai detto… Hey, Luke.-

-Mh?-

-Comunque vada, voglio che tu sappia… che è stato un piacere farmi trascinare in questo casino con te.-

-Sentimento reciproco.-

-Se ne usciamo vivi…-

-Ne usciremo. E ti prometto che ti insegnerò a ballare, Joe.-

-Cosa??-

-Hai sentito benissimo.- Gli sorrise, rassicurante.

-Oh, Cielo, prendetevi una stanza, voi due…- mugugnò Dorian.

-State pronti.- Lucky si piazzò con la schiena contro una parete dell’abitacolo, sollevando le pistole: -Prendiamo un bel respiro, signori: questa azione ce la ricorderemo per il resto dei nostri giorni.-

-Se ci arrivate…- continuò il loro prigioniero, che venne afferrato saldamente da Pjotr perché stesse in piedi e pronto a correre.

-Appena smettono di sparare… Nat, al mio via devi aprire le porte come ti ho detto. Ci sei?-

-Quando vuoi.-

La grandinata dei proiettili cessò gradualmente; lasciati passare altri due secondi Luke espirò:

-Via!-

Quando le porte si aprirono, con grande stupore degli uomini all’esterno che ancora non avevano finito di ricaricare i fucili, Joe e Pjotr schizzarono fuori portandosi dietro Mason, mentre Lucky, facendo appello a tutto il suo sangue freddo e alla sua concentrazione, rapidamente mirò e sparò alle armi dei soldati che si ritrovarono con dei pezzi di inutile ferraglia fra le mani. Dalton udì a malapena le pause fra un colpo e l’altro, tanto velocemente si erano succeduti; un orecchio poco allenato avrebbe potuto essere ingannato e ridurre il suono ad un unico sparo.

A quel punto alcuni soldati si avvicinarono con cautela ma anche minacciosi all’avversario, mentre altri tre, rimasti indietro, si gettarono all’inseguimento dei fuggiaschi. Dorian se ne accorse, e apposta si lasciò cadere in avanti per provare a rallentare gli altri due, ma il detective lo afferrò per il colletto della camicia riportandolo su: -Oh no, non lo farai!-

Pjotr puntò contro i loro inseguitori il fucile e sbraitò qualcosa in russo, facendoli fermare. Erano a pochi passi dall’ingresso.

Uno alla volta, gli uomini che avevano circondato Lucky cercarono di batterlo in uno scontro corpo a corpo, ma lui riusciva a tener loro testa schivando e colpendo a sua volta contando su un eccezionale gioco di gambe. Nat annunciò che ormai mancavano quattro minuti all’esplosione, così Pjotr, continuando a tenere i tre sotto tiro, si rivolse a Dalton girandosi di lato: -Porta Mason alla macchina, svelto!-

Trascinando di peso il prigioniero, Joe riuscì a portarlo fuori; il russo camminando all’indietro lo seguì, e lo stesso i loro inseguitori nel tentativo di recuperare il loro capo. Luke cercava nel frattempo di arrivare all’ingresso, ma come mandava al tappeto un avversario subito un altro gli si parava davanti.

All’improvviso un boato spaventoso attraversò l’aria; il detective aveva appena raggiunto l’auto con Dorian quando quel suono lo fece voltare di scatto e guardare verso l’alto: la cima della torre era esplosa, e tra le fiamme pezzi di cemento stavano venendo giù.

-No… Avevamo ancora tempo…-

-Devo aver calibrato male i timer!- disse Mason con una risata sguaiata. Joe lo spinse sul sedile posteriore senza troppi complimenti, mentre Pjotr, visto che i tre soldati se l’erano data a gambe, si piazzò al posto di guida e accese il motore.

-Aspetta, dov’è Luke??-

-Non lo so!-

Un altro boato li fece sussultare.

-Non me ne vado senza di lui!!-

-Dobbiamo allontanarci o saremo travolti dalle macerie!-

-Tu vai, io devo trovarlo!- Dalton scese dall’auto e tornò indietro.

-E’ pazzo?? Così si ammazzerà!!-

Joe corse con tutta la velocità della quale era capace, ma le esplosioni si susseguirono implacabili riempiendo l’aria di fumo e detriti, annullando ogni suono, finché non raggiunsero il piano terra. Il detective venne sbalzato indietro dall’onda d’urto come una pagliuzza; Pjotr fu costretto ad allontanarsi per non essere travolto a sua volta, ma il colpo riuscì comunque a farlo sbandare durante la breve corsa fino all’esterno dell’area.

Dalton, stordito, era finito sdraiato per terra, a faccia in su. Riprendendosi poco a poco, la vista annebbiata e un fischio tremendamente acuto nelle orecchie, cercò di tirarsi su a sedere, lentamente. Automaticamente si toccò la testa con la mano; quando l’ambiente circostante tornò a fuoco gli mancò il respiro: le macerie in fiamme erano tutto ciò che restava dell’edificio, e alte volute di fumo rendevano l’aria pesante.

-Luke…- mormorò, alzandosi piano. Barcollò per un attimo, poi riprovò a voce un po’ più alta: -Luke… Luke!-

Cominciò ad aggirarsi fra i mucchi di detriti, chiamando con quanto fiato aveva: -Luke!! Dove sei?? Rispondi!!-

Pjotr tornò indietro con l’auto; scese quasi inciampando su una pietra: -Bozhe moy…*-

-Luke!!- Correndo da una parte all’altra di quel luogo devastato, il detective frugava ovunque alla ricerca dell’amico disperso. A Parigi, Nat era rimasto paralizzato ad assistere impotente al disastro, e stava in attesa, atterrito e con un groppo in gola.

Joe non si dava pace, continuava a chiamare e scavare fra i detriti con le mani, sbucciandosi le nocche. Pjotr rimase a guardarlo sconfortato per un po’ prima di raggiungerlo e provare a dargli una mano in quella ricerca disperata.

-Non puoi farmi questo!- cominciò a sbraitare Dalton, -E neanche alla tua famiglia! Non adesso che è finita! Hai capito?!? Luke!-

-Joe…- provò a dire il russo, mentre l’altro passava ad un nuovo cumulo: -Non puoi essere morto! Mi rifiuto di crederlo!-

Pjotr lo raggiunse ma non si mise a scavare: -Joe.-

-Sei l’uomo più fortunato del mondo, non puoi essere morto così!- Scansò quello che sembrava un pezzo di soffitto con tutte le sue forze, ma non c’era niente sotto. L’altro gli poggiò una mano sulla spalla: -Ho paura che invece…-

-No!- ringhiò, voltandosi verso di lui: -E’ qui da qualche parte, ne sono sicuro!-

Passò un momento di silenzio, e l’espressione aggressiva del detective si trasformò in una più sofferente: -Non piò essere morto… Capisci? Lui… Deve tornare a Parigi… Con me… L’ho promesso…-

Il russo abbassò lo sguardo, triste, quando un rumore attirò la sua attenzione: -Ma cosa…- si girò di scatto verso la sua destra; dei detriti si stavano muovendo da soli sopra un mucchio di pezzi piatti del soffitto. Dalton guardò nella stessa direzione, a occhi sbarrati, per poi correre alla vista di una mano che emergeva dalle macerie agitandosi in cerca di un appiglio, mano seguita da un braccio avvolto nella manica stracciata di un maglione blu.

 

 

*tradotto: “Santo Cielo”
  
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