Incontro
-Non è un discorso facile e non voglio fare troppi
preamboli, quindi scusa se sarò così diretto ma hai deciso se accettare
la
nostra offerta?-
-Accetto-
Chayse si lasciò andare a un sorriso e poté
sentire il
sospiro di sollievo della donna, si rese conto solo allora di come
avesse
trattenuto il respiro fino a quel momento. Sorrise anche lei mentre
Corinne posava
davanti a ognuno dei pochi commensali una ciotola di brodo di carne con
qualche
tocchetto roseo che galleggiava.
Mie immerse il cucchiaio di ferro tirandolo su e
portandosi
una grossa cucchiaiata alla bocca, sentiva il brodo caldo scendergli
lungo la gola
e riscaldargli lo stomaco, nonostante tutto la tensione non si era
completamente sciolta e questo la metteva in imbarazzo.
Chay… no, suo padre aveva quasi svuotato la
ciotola. Prese
un’altra cucchiaiata piena riempiendosi la bocca, pensare all’uomo in
quei
termini la metteva in soggezione, le pareva impossibile che avesse una
madre e
un padre. Anche Corinne aveva finito di mangiare e teneva in braccio
Mihir che
succhiava avidamente il biberon.
-Adesso siamo una famiglia- la voce profonda e
tranquillizzante
di Chayse la raggiunse attirando la sua attenzione –Quello che questa
sera
abbiamo fatto qui vale a tutti gli effetti come un’adozione credo,
però, che ci
siano alcuni punti da chiarire-
Mie si tese, alcuni punti da chiarire? Cosa
intendeva?
-Rilassati- la voce di Corinne mise un freno alla
baraonda
che si era creata nella sua mente e gli permise di prendere un attimo
fiato
-Non è nulla di catastrofico, solo un paio di stupidaggini-
Annuii tornando a guardare l’uomo –Da oggi in poi
la vostra
vita cambia completamente, siete nostri figli, prendete il nostro
cognome e
questo significa che qualsiasi cosa tu faccia coinvolgerà
automaticamente anche
noi due e la locanda-
Era chiaro, non ci aveva pensato, ma era vero.
-C’è qualcosa che dobbiamo sapere al riguardo?-
schietto,
senza troppi giri di parole
-Non abbiamo una famiglia, nessuno ci verrà a
reclamare. E
non ho nulla da nascondervi, per questo sarò sincera: ero una
prostituta-
l’aria si tese improvvisamente e Mie seppe di aver lanciato la bomba
–Lavoravo
in uno dei bordelli al limite dalla città, ma non avevo clienti fissi o
importanti. Nessuno mi riconoscerà mai e la direttrice non perderà
certo tempo
a cercarmi-
Chayse la fissava ancora leggermente sconvolto,
sentì una
mano calda poggiarsi sul braccio e si girò incontrando lo sguardo dolce
di
Corinne –Va bene. Ciò che avete fatto prima di oggi non conta. Eri
disperata e
non avevi molte alternative. Va bene-
Annuii anche il marito che parve essersi
leggermente ripreso
dalla notizia -C’è qualcos’altro che dovremmo sapere?- chiese con
circospezione
Dinegò –No, non credo-
-Bene. Su di noi non c’è molto da sapere- Mie si
stupì di
come fossero passati facilmente sopra l’argomento senza fare alcun tipo
di
domanda e si apprestò ad ascoltare –Questa è casa nostra da sempre e io
gestisco la locanda qui affianco, ormai sto invecchiando e Corinne non
mi può
certo dare una mano, voi due siete per noi una benedizione-
Lo disse con convinzione accarezzando con gli
occhi sia lei
che Mihir e tenendo la mano della moglie, Mie decise di non
interromperlo
continuando ad ascoltare
-Mi ero ormai arreso all’idea che la locanda
sarebbe morta
con me, ma a quanto pare non sarà così. Da domani mi aiuterai con la
gestione
della locanda, sarà anche un ottimo modo per iniziare a far sapere alla
gente
che sei mia figlia-
Annuii con la testa, era un’ottima idea. Superava
ogni sua
più rosea aspettativa.
-Domani mattina nella piazza sud c’è il mercato-
entrambi si
girarono verso Corinne –Credo che il debutto come tua aiutante nella
locanda
dovrà aspettare almeno fino al pomeriggio- disse con un sorriso, poi si
girò
verso di lei –Abbiamo un bambino di cui occuparci e ci sono un sacco di
cose da
comprare. Mi aiuterai?-
-Certo!-
-Chayse! Vai a prendere carta e penna! Daremo
fondo ai
nostri risparmi- disse ridacchiando mentre il marito si alzava uscendo
dalla
cucina –E tu tieni a mente, in questa casa si tiene il libro contabile
di ogni
monetina che entra ed esce dalle nostre tasche!-
-Libro contabile?- la voce felice ed energica
della donna era
contagiosa, improvvisamente ogni traccia di tensione era stata spazzata
via,
Corinne annuii in modo solenne mentre afferrava
carta e
penna dalle mani del marito –Già, non si può lasciare al caso la
decisione se
avremo o meno i soldi per sopravvivere un altro giorno, perché allora
sta certa
che non ci saranno! Sai scrivere, leggere e fare conto?- gli chiese
Mie arrossì abbassando il capo –Ho imparato a
leggere un
poco da sola, ma non so scrivere. So contare quel giusto che mi serviva
con i
cliente-
-Bene, sei già più istruita della media dei
clienti di
questo posto, troverò il tempo per insegnarti, sia a te che al piccolo
principe- disse sorridendo incoraggiante e la ragazza la ringraziò
internamente.
Passarono il resto della serata a fare la lista di
ciò che
avrebbero comprato all’indomani e a decidere quanti soldi avrebbero
potuto
spendere per ogni prodotto, latte compreso. L’atmosfera era rilassata e
tranquilla, pareva che al mondo non ci fosse alcun problema e Mie capì
il
significato di famiglia. Sorrise mentre il capo scivolava sul tavolo,
dopo
tanti anni si addormentava finalmente col sorriso.
***
-Mamma, due ciotole di stufato!-
Le ciotole furono riempite velocemente da Corinne
e poi
poggiate sul tavolo di legno della cucina, già pieno di pentole e
vassoi
contenenti un gran numero di cibarie. Mie attraversò velocemente il
corridoio
rientrando nella locanda quasi pieno e portando i piatti ai due
avventori
affamati che ci si fiondarono sopra come degli avvoltoi. Ebbe appena il
tempo
di pulirsi le mani sul grembiule prima che un nuovo cliente richiamasse
la sua
attenzione chiedendo a gran voce una nuova bottiglia liquore. Si
avvicinò al
bancone afferrando la bottiglia che il padre le passava e portandola al
soldato, la poggiò sul tavolo e se ne andò ignorando i commenti
dell’uomo.
Gli affari andavano più che bene e questo
significava avere
la locanda sempre piena di ogni tipo di cliente. In quattro anni aveva
conosciuto più gente che in tutta la sua vita, pensava che il lavoro di
prostituta l’avesse portata a conoscere un gran numero di persone, ma
si era
ritrovata a dover ammettere che aveva conosciuto solo una minima parte
di
umanità nei suoi primi diciassette anni di vita; solo adesso, in quella
locanda, aveva potuto conoscere i nobili signori della superficie che
venivano
nel sottosuolo per portare profitto a qualche casa del piacere, o i
soldati che
facevano le ronde venendo a festeggiare appena riuscivano a ottenere
qualche
quattrino in più. Quasi rimpiangeva i primi tempi, quando i tavoli
erano ancora
pochi e vuoti a esclusione di uno o due ubriachi ogni tanto, ma poi la
notizia
della “nuova figlia del locandiere, quello sotto la scalinata ovest” si
era
sparsa a macchia d’olio e gli avventori erano incrementati di numero
ogni
giorno nella curiosità di conoscerla e scoprire se voci erano vere.
Avevano
avuto un picco di affari, circa due mesi dopo la sua comparsa, che li
aveva
costretti a mandare a casa dei clienti a causa dell’esubero. Adesso la
situazione si era calmata, ma avevano comunque guadagnato una buona
reputazione
che gli permetteva di avere un buon numero di clienti fissi e ancor più
avventori occasionali.
Lanciò un’occhiataccia di fuoco all’uomo che aveva
approfittato del momento in cui le era passata accanto per toccarle il
culo e
ritornò in cucina.
-Una ciotola di zuppa, una di minestra e un piatto
di uova-
-Sicura di farcela a portare tutto?-
Annuii nonostante la donna le desse le spalle
–Tranquilla-
disse avvicinandosi per aiutarla a riempire i piatti -Mihir?-
-È in camera a giocare- ripose affettuosamente
Afferrò i piatti tornando in locanda, anche lui
era
cresciuto molto. I capelli non erano molti e di un biondo chiarissimo,
fini e
tagliati corti alla nuca, gli occhi azzurri e piccoli che facevano
risaltare la
pupilla nera decisamente grande, aveva perso i lineamenti tipici del
neonato diventanto decisamente grazioso. Nonostante fosse ancora un
bambino si poteva
notare come non sarebbe mai diventato molto muscoloso, era infatti
abbastanza
piccolo e minuto per la sua età. Certo non che ci fossero molti bambini
di
quattro anni nel quartiere, ma i pochi provenienti dalla superficie che
lo
avevano visto quando fuggiva nella locanda per cercala stentavano a
credere che
non avesse due o tre anni.
-Attenta!-
Chiuse gli occhi sentendo la schiena impattare col
pavimento
in legno e si rialzò stordita, i piatti erano caduti al suolo e un
soldato,
palesemente alticcio, la squadro spolverandosi i pantaloni, schioccò la
lingua
e uscì dal locale. Sbuffò rialzandosi e pulendo velocemente con uno
straccio
per terra, Chayse gli si era avvicinato, ma vedendo che era tutto
apposto era
tornato immediatamente dietro il bancone a servire i clienti.
Maledetti ubriachi.
***
-Stai attento a non cadere mi raccomando!-
-Va bene!- gli urlò di rimando Mihir mentre
correva via
saltando sulle varie rocce. Mie sorrise senza perderlo di vista, venire
lì
almeno una volta a settimana era un’abitudine che avevano preso insieme
a
Corinne quando lui era ancora un neonato piagnucoloso in fasce e
probabilmente
non l’avrebbero mai persa.
Gli sembrava ancora di sentire la voce energica e
dolce
della donna che le spiegava con pazienza quanto un bambino nel periodo
della
crescita avesse bisogno della luce del sole per crescere forte e sano.
Certo,
per quanto le condizioni li sotto lo permettessero. Da allora appena
aveva un
giorno libero prendeva Mihir e lo portava sui massi che circondavano
quella
pozza putrida che gli abitanti si costringevano a chiamare lago e che
si
trovava esattamente sotto l’unico enorme buco che permetteva di avere
luce ed
aria nel sottosuolo.
-Guard, guarda!-
Strizzò gli occhi cercando di capire cosa stesse
sventolando
per aria, ma si arrese almeno fino a quando il bambino non glielo mise
sotto il
naso
-Un fiore!- rideva felice mostrandoglielo come se
fosse una
bene prezioso e in effetti non è che ce ne fossero molti che crescevano
in
giro.
-È bello- concordò con il bambino
-Lo portiamo alla mamma?-
Il sorriso si fece amaro mentre annuiva
lentamente, prese il
fiore in grembo mentre Mihir correva via per cercarne altri. Tutte le
volte che
andavano a far visita a Corinne sentiva le budella che si
attorcigliavano e la
bile che le risaliva la gola. Era stato un periodo orribile quello
appena dopo
la sua morte. Chayse era distrutto dal
dolore e si rifiutava di uscire dalla loro stanza, era quindi toccato a
lei
prendere in mano la locanda e occuparsi di entrambi. In alcuni momenti
aveva
pensato che un giorno sarebbe entrata in quella camera e avrebbe
trovato il
padre morto d’inedia sul letto. Per fortuna non era stato così, ma il
dolore
l’aveva sfinito sia dal punto di vista mentale che fisico, non era più
l’uomo
forte ed energico che aveva conosciuto agli inizi, stava invecchiando e
nonostante continuasse a darle una mano con il locale non poteva più
fare
molto.
Anche Mihir aveva sofferto molto, ma
incredibilmente si era
ripreso in poco tempo, si era più volte preoccupata di non averlo
consolato nel
modo corretto, ma il piccolo non pareva troppo traumatizzato dal
passato.
Adesso come adesso però la preoccupava il suo futuro; non tanto dal
punto di
vista economico, la locanda continuava ad avere ottimi affari, ma per
la
sicurezza. Aveva ormai dieci anni ed era cresciuto bene, non era
altissimo e
neanche massiccio, esattamente come quando era più piccolo, ma era
molto
intelligente e perspicace, Corinne gli aveva insegnato a leggere e
scrivere oltre che a fare conto, e il bambino aveva riscoperto
un'incredibile vena sopita da lettore, leggeva ogni cosa imparando
qualcosa di nuovo a ogni pagina. E sviluppando il suo intelletto. Le
persone che intuiscono troppo sono sempre mal viste
e finiscono per fare una brutta fine. Inoltre negli ultimi tempi c’era
sempre
più Unicorni in giro e non gli piaceva che la gente ficcasse il naso
nei loro
affari. Anche se tutti sapevano perché erano lì.
Le notizie giravano veloci, soprattutto in una
locanda dove
si incontrano ogni genere di persone. Internamente, come la maggior
parte dei
cittadini, sperava che gli Unicorni fallissero la missione, in fondo il
ragazzino non aveva causato troppi danni, ma soprattutto sapeva volare.
Un
giorno, mentre era al mercato, l’aveva visto prima che qualcuno la
spingesse
lontano dalla ressa, quel ragazzo non usava semplicemente il movimento
tridimensionale come la maggioranza dei soldati, volava! Letteralmente.
Osservò la volta in pietra, chissà cosa si
provava, non
riusciva a immaginarlo. Doveva essere un misto tra libertà e potenza, o
forse
semplicemente non pensavi a niente. Era diventato abbastanza famoso e
buona
parte delle persone aveva già deciso se schierarsi a favore o contro di
lui;
poteva considerarsi fortunato, non erano molti coloro che
sopravvivevano a
lungo facendosi notare in quel modo. Le sue scorribando correvano
velocemente
da una parte all’altra del distretto ed era divertente vedere i soldati
correre
e lamentarsi per non riuscire a prendere un semplice ragazzino. Chissà
se anche
Mihir avrebbe iniziato a causare danni con la sua boccaccia una volta
cresciuto
abbastanza.
-Un altro!-
Mihir gli lascò in grembo un altro fiore
ridestandola dai
suoi pensieri, questa volta i petali erano un po’ più ammaccati dei
precedenti e
lei gli afferrò il braccio prima che corresse via. Il sole era già
uscito dalla
loro visuale, nonostante illuminasse ancora leggermente le pietre, e
correre su
e giù era pericoloso, c’era il rischio che cadesse in qualche buca e si
facesse
seriamente male.
-Andiamo a portare i fiori a mamma, dai-
-Ma ce ne sono degli altri!- si impuntò il bambino
-Li vado
a prendere!-
-No! È tardi e sta venendo buio, è pericoloso-
-Ma due sono pochi! E poi sono qui vicino! Faccio
veloce!-
-Ti ho detto di no!- ripeté sollevandosi da terra,
certo che
quando voleva diventava testardo
-Perché! A mamma piacciono i fiori!-
-Ma se glieli porti tutti oggi non ce ne saranno
per
domani!-
Mihir si fermò come se stesse ragionando sulle sue
parole,
poi scosse il capo -I fiori ricrescono!-
-Mihir!- sbottò -È tardi e papà è alla locanda da
solo!
Andiamo, su!-
Storse la bocca contrariato per poi seguirla giù
per le
strade, camminarono scostando i ciottoli davanti a loro quando il
bambino parlò
di nuovo -Però li posso dare i fiori a mamma?-
Mie lo osservò passandogli i due gambi -Certo, a
lei
piacciono i fiori ed è felice quando glieli porti-
Il viso del piccolo si illuminò aprendosi in un
sorriso e afferrando
tra le mani il minuscolo mazzo, corse leggermente avanti -Sbrigati!-
Mie sbuffò leggermente chiedendosi dove trovasse
tutta quella
energia poi lo seguì.
Quando rientrarono alla locanda era diventato buio
già da un
po’, il calore e la luce li colpirono insieme alla confusione e al
vocio dei
clienti. Mihir corse immediatamente dietro il bancone abbracciando il
padre,
gli arrivava poco sopra la vita ed era una scena buffa e dolce al
contempo.
Chayse lo sollevò in alto per poi baciarlo sulla fronte, era
incredibilmente
affettuoso con lui, soprattutto da quando era morta Corinne, aveva
riversato su
di lui tutto il suo affetto.
Si tolse il mantello che indossava avvicinandosi
al bancone
e poggiandolo sul piano al di sotto mentre il padre poggiava Mihir a
terra, il
bambino corse verso la porta laterale e scomparve in casa,
probabilmente
andando a giocare o a leggere qualche favola nella sua stanza.
-Mie- la voce del padre la richiamò mentre
afferrava due
bottiglie per riempire i bicchieri delle persone al bancone
-Tranquillo, puoi andare a riposare, qui ci penso
io- l’uomo
scosse la testa
-Non è quello, ci sono due persone che devono
parlarti-
Si fermò poggiando le bottiglie sul pianale di
legno, il
volto del padre era teso e segui lo sguardo fino a un tavolo che si
trovava in
un angolo del locale, seduti si trovavano due ragazzi, abbastanza
giovani, che
stavano mangiando un piatto di zuppa
-Sicuro?-
-Vai-
Annuii avvicinandosi al tavolo, non era la prima
volta che
qualcuno si avvicinava per fargli qualche proposta, indecente o meno,
eppure si
trattava solitamente di clienti abituali. Era abbastanza che quei due
ragazzi
non lo fossero e il fatto che sulla tavola non fossero presenti
alcolici
aumentava la sua idea che si trattasse di qualcosa di più serio delle
classiche
proposte di matrimonio di un ubriaco. Anche la voce del padre era parsa
stranamente tesa, che ci avesse glia parlato?
-Dovevate dirmi qualcosa?- semplice e diretta,
attirò
immediatamente l’attenzione di entrambi. Come aveva supposto erano
giovani, più
di lei. Quello a destra pareva abbastanza muscoloso nonostante non
abbondasse
di muscoli mentre quello a sinistra era gracile e mingherlino, ma lo
sguardo
con cui la scrutava, doveva ammetterlo, la metteva in soggezione. Era
freddo e
calcolatore.
-Sei tu che dirigi questo bar no?-
Osservò il sorriso, falso, del biondino di destra
e sorrise
a sua volta -Questa è la mia locanda-
ci tenne a precisare calcando bene sul fatto che fosse sua e che non
fosse un
semplice bar, non sopportava quei luoghi bui e maleodoranti, loro erano
un
gradino sopra, non erano una semplice bettola per ubriaconi.
Alzò leggermente le
mani dal tavolo, quasi a voler imitare una resa per poi indicare col
capo una
sedia vuota accanto a lui –Ne parliamo con calma?-
-Ho un sacco di lavoro da svolgere, nel caso che
non te ne
sia accorto il locale è pieno-
Quello stava per ribattere quando il secondo
ragazzo, il
moretto alla sua sinistra, schioccò la lingua sul palato attirando la
sua
attenzione -Siediti-
Sentì l’irritazione montare –Non darmi ordini-
sibilò
-Possiamo calmarci? Chiedo scusa per il mio
compagno, è
sempre stato un po’ brusco-
Mie lo osservò, il moro non pareva per nulla
pentito, anzi
era quasi irritato dalle scuse del compagno. Non li sopportava, non
solo
entravano nel suo locale con la pretesa di parlarle, ma si comportavano
come
dei maleducati, dei cafoni, uomini senza educazione.
-Direi che la nostra conversazione finisce qui. Se
volete
ordinare qualcosa chiudete pure a Chayse- lapidaria gli girò le spalle
tornando
al bancone, due arroganti così non meritavano un secondo di più della
sua
attenzione.
-Dannazione non potevi essere un po’ più educato?-
L’altro ragazzo sollevo un sopracciglio
–Andiamocene-
Il biondo scosse la testa trattenendolo per un
polso –Quando
fai così non ti sopporto- lo lasciò andare tirandosi in piedi a sua
volta e
infilandosi il mantello –Ce ne andiamo davvero così?-
Il moro sollevò le spalle dandogli la schiena
mentre si
dirigeva verso l’uscita –Ovvio che no-
Il fetore e il puzzo dell’aria lo colpì in pieno
viso mentre
usciva per camminare lungo le strade –Quindi torniamo?-
-Possiamo trovare altre locande disposte a darci
informazioni, non sono l’unica della zona-
-Ma sono la più famosa e lo sai anche tu che hanno
un giro
di clienti che ci farebbe molto comodo-
Schiocchiò la lingua sul palato iniziando a legare
le
cinghie lungo il corpo, l’altro ragazzo sospirò spostando a sua volta
un telo e
iniziando a stringere le fibbie.
Mihir, dall’alto dei suoi dieci anni, osservava la
scena
nascosto dietro l’importa alla fine del corridoio di casa. Quei due
ragazzi
erano familiari, li aveva già visti nel locale e, soprattutto, al
mercato. Non
capiva quello che stavano dicendo, ma era abbastanza evidente che ce la
avessero con locale di papà. Li osservò mentre, con gesti esperti,
infilavano
quelle strane imbracature, non le aveva mai viste in giro, ma sapeva
che
costavano molto perché le avevano addosso i soldati. E loro non erano
soldati.
Aveva sentito di come gli Unicorni si vantassero di essere in grado di
volare
con quelle, glielo ripetevano sempre quando lui gli chiedeva a cosa
servissero,
ma non gli avevano mai permesso di volare con loro. Chissà se quei due
sapevano
volare, probabilmente si. Chiuse gli occhi cercando di ricordare la
scena del
mercato, quando aveva visto per la prima volta una persona volare.
Ricordava le
urla dei mercanti e qualche ragazzo che li spingeva indietro, pareva
ancora di
sentire le scatole di mele che si rovesciavano a terra, le imprecazioni
dei
venditori e le urla di giubileo dei giovani che, a mani piene,
afferravano ogni
cosa per poi scappare via.
Tornò ad aprire gli occhi e osservò i due ragazzi, a quanto pareva avevano finito e se ne stavano per andare, Era la sua ultima occasione. Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi.
Note e Scleri dell'autrice:
Sono tornata gente! Ma prima di mettermi alla gogna fatemi spiegare! Come alcuni di voi già sapranno questa volta l'aggiornamento è saltato per cause maggiori di me, infatti sono rimasta senza internet tutta la settimana e non ho potuto aggiornare, il motivo? La compagnia telefonica ha deciso di farci l'allacciamento proprio la settimana appena passata. Quindi chiedo profonde scuse a tutti voi, mi dispiace davvero, ma da adesso gli aggiornamenti dovrebbero tornare regolari! Insomma è tutto a posto, le vacanze sono finite, internet c'è, quindi a meno che il fato non c'è l'abbia con me direi che andrà tutto bene.
Passando al capitolo, siamo tornati alla lugnhezza standard (7 pagine di word), ma nonostante è passato un bel po' di tempo. Mihir è cresciuto e adesso ha ben 10 anni, insomma un piccolo ometto, Corinne invece è morta. Era anziana già quando l'avevano incontrata quindi è più che ovvio che sarebbe morta presto (infondo il distretto sotteraneo non è esattamente il luogo migliore peravere una serena vecchiaia), ma tornerà più avanti nella storia non temete, non come spirito, no, ma tornerà. Sono anche comparsi due nuovi personaggi chi saranno mai? Tanto lo so che lo avete già capito tutti... faccio pena a tenere alta la suspance! E a proposito dei due loschi figuri abbiamo la nostra domanda:
Mihir si
avvicinerà a loro per parlargli e scoprire qualcosa di più?
A- Sì
B- No
A Mercoledì,
Imoto-chan