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Autore: afterhour    10/09/2017    8 recensioni
In un universo alternativo solo parte degli Uchiha è stata sterminata, e Sasuke è cresciuto con suo fratello all'interno del distretto, con il dubbio, mai del tutto soppresso, che ciò che gli è stato raccontato in proposito sia solo una bugia.
Alcune verità è meglio non vengano svelate mai, dicono, e forse è vero, ma non si può fingere per sempre di non vedere le ombre del passato, perché sono già dentro di noi.
Sasusaku, Alternative Universe.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danzo Shimura, Itachi, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Per chi già mi conosce rieccomi qua. 

 

Era un bel pezzo che non scrivevo più niente, e non solo per mancanza di tempo, non ci riuscivo proprio, ma ecco che in poche settimane ho buttato giù una storia che è un po’ un esperimento stilistico: a prescindere dal risultato sono davvero felice di essere riuscita a superare quell’orrendo blocco. Non ci speravo più, ed è dura la vita senza lo sfogo della scrittura!

 

La storia si alterna tra il punto di vista di Sakura e quello di Sasuke, e in sé è breve, per cui non aspettatevi una profondità che non possiede, sviluppi lenti o chissà quale dovizia di particolari, e vi avviso che per una volta non è solo un romanzo d’amore. 

Si tratta di un universo alternativo, e né le vicende, né le capacità dei personaggi corrispondono a quelle lette nel manga (soprattutto scordatevi i superpoteri finali), lo dico perché ho dovuto includere qualche combattimento visto il tema scelto, che ho cercato di rendere breve (molto breve) e per lo meno comprensibile. 

Diciamo che almeno ci ho provato.

Spero non ci siano anche problemi tecnici, perchè ho cambiato computer e non riesco ancora ad usare il codice html come dovrei. :/

 

Buona lettura…spero che a qualcuno piaccia, e che me lo faccia sapere!

 

 

 

 

L’OMBRA DEL PASSATO

 

 

 

 

 

1. Una missione improvvisa

 

 

 

 

Sakura esce dall’ospedale dopo aver buttato a lavare il camice macchiato di sangue.

L’hokage ha richiesto la sua presenza il prima possibile (subito, ha detto ancora mezz’ora fa), ma è stata trattenuta da un’emergenza ed è in ritardo. Odia far aspettare gli altri, lo trova una mancanza di rispetto, persino quando chi l’aspetta è un ritardatario cronico, e arriva alla torre in tutta fretta. 

 

 — Scusi il ritardo! — esclama dopo aver varcato la soglia dell’ufficio, anche se è Kakashi e sembra assurdo persino dargli del lei.

 

 — Non fa niente, ti stavamo aspettando —

 

Solo in quel momento percepisce l’altra presenza nella stanza, un guizzo di chakra potente subito soppresso, e si volta di scatto a guardare.

Dietro di lei, appoggiato al muro di fianco alla porta, Sasuke Uchiha fissa dritto di fronte a sè con addosso l’aderente uniforme da Anbu, e l’aria sfinita di chi ha appena terminato una missione.

 

Lei si ritrova a studiarlo con interesse per una manciata di secondi: è un bel po’ che non lo vede se non di sfuggita, da lontano, ma non l’ha dimenticato. 

Hanno condiviso la stessa classe per anni, sono stati anche amici da bambini, fino al giorno dell’uccisione di Fugaku e Mikoto, i genitori di lui. Sono morti molti Uchiha quella notte, assassinati da un manipolo di sconosciuti per motivi altrettanto oscuri, una tragedia inspiegabile che ha segnato Sasuke assieme agli altri membri rimasti del suo clan, e che li ha isolati ancora di più dal villaggio: è da allora che dai dodici anni in poi tutti gli Uchiha vengono tolti dall’accademia ed addestrati all’interno del quartiere. 

Anche lui è sparito al di là di quei cancelli, inghiottito da quello che dal di fuori pareva un mondo fantastico, misterioso, minaccioso.

Lo ha visto talmente di rado poi, che la sua orribile cotta infantile si è affievolita. Non ancora scomparsa però, almeno a giudicare dall’improvvisa accelerazione dei battiti del cuore nel trovarselo lì, assai più alto di come lo ricordava, i capelli più lunghi, il volto così serio, così bello.

 

— Allora, stavo spiegando a Sasuke il motivo per cui in questa missione dovrai accompagnarlo anche tu —

 

La voce dell’hokage la riporta al presente, e si mette all’ascolto cacciando i piccoli, inutili sussulti del cuore.

Sasuke Uchiha fa parte dell’immaginario ormai, qualcosa di così lontano ed irraggiungibile che non fa neppure male.

Ed ora ci sono faccende più importanti di cui occuparsi.

 

A quanto pare si tratta proprio di una missione: un nobile, imparentato con lo stesso daymo, è stato rapito quella notte dai membri di una setta seguace del dio Jashin e il tempo è fondamentale, perché i cultori di quella setta sono dediti a sacrifici umani e uccidono in fretta, spesso immediatamente.

Sakura ne ha sentito parlare una volta, ma non è a conoscenza dei lugubri dettagli, e ascolta con attenzione l’analisi delle presunte capacità che alcuni sacerdoti della setta sembrano possedere.

Non dovrebbe essere difficile neutralizzarli con un Uchiha, si dice, a meno che non si rivelino immuni alle illusioni, e in ogni caso è importante non cadere in un’imboscata, o in qualche trappola, perché anche una minima perdita di sangue può complicare orribilmente le cose.

La missione è delicata, e pagata molto bene.

 

 — …dobbiamo assicurarci che l’ostaggio ritorni a casa in buone condizioni —

 

Ed ecco perché è richiesta la presenza di un medico.

 

Sasuke non commenta anche se non sembra particolarmente entusiasta della compagnia, e vista l’importanza del fattore tempo un quarto d’ora più tardi loro due si ritrovano fianco a fianco, alle porte del villaggio.

Lei è riuscita giusto ad afferrare lo zaino sempre pronto che tiene a casa, e ad infilarci dentro qualche razione di cibo e pillole per ogni evenienza: non ha fatto in tempo a mangiare molto ed avrà bisogno di tutte le sue energie.

 

Adesso è lì che soppesa il suo compagno di sottecchi: appare visibilmente stanco e teso sotto la patina di impassibile professionalità, a conferma che non ha potuto godere di alcun intervallo tra la precedente missione e questa.

Possibile che non ci fosse nessun altro da mandare al suo posto?

 

 — Sei appena tornato da una missione? — gli chiede preoccupata.

 

 — Sono perfettamente in grado di svolgere il mio lavoro — le risponde sulle difensive.

 

 — Lo so, lo so — 

 

Vorrebbe aggiungere un ma, spiegargli che in quanto medico è preoccupata per lui, non per il buon esito della missione, ma non sa se è il caso di esporre un parere che non si rivelerà gradito, lo sa, né utile, e neppure c’è il tempo.

 

Partono subito dopo, e non parlano quasi più.

Per quanto possa essere stanco Sasuke è veloce, lo è sempre stato, e lei non intende rimanere indietro, o rallentarlo, così si adegua senza fiatare al suo ritmo, per nulla sorpresa del fatto che lui non si volti mai verso di lei, o del silenzio.

Lo segue e basta, pensando che le piace il modo in cui la divisa gli aderisce addosso, che non è esattamente il pensiero più professionale del mondo, ma all’immaginazione non si comanda, e un pensiero innocuo non ha mai fatto male a nessuno. 

 

Prima o poi dovranno parlare, formulare un piano, ma al momento si avvicinano solo al luogo in cui dovrebbe essere tenuto prigioniero l’uomo. C’è un tempio dedicato a Jashin subito al di là del confine, in territorio neutrale, proprio vicino alla zona del rapimento, e da quel che ha spiegato loro Kakashi in quel periodo dell’anno viene compiuto un sacrificio rituale particolare, di massa, che prevede almeno cinque vittime. 

Finora le autorità hanno permesso che la setta agisse indisturbata, hanno lasciato correre, perché questo è un mondo crudele e le vittime non contano se le famiglie non possono pagare per la loro liberazione, ma a quanto pare ora gli idioti hanno scelto di rapire la persona sbagliata, un errore che sarà la loro fine, o almeno la fine di questa particolare cellula. In quanto agli altri, probabilmente continueranno indisturbati fino a quando non se la prenderanno con la persona sbagliata, spera presto.

 

Quel pensiero le fa corrugare la fronte: sa che il loro è un mondo imperfetto e crudele, lo ha capito crescendo, ed anche per questo ha scelto di diventare un medico: almeno, per quel che vale, può scegliere di aiutare chiunque glielo chieda, amico o nemico, che paghi o meno, senza che nessuno possa obiettare qualcosa.

 

E’ quasi notte quando si fermano, quasi a destinazione. 

Lei è stanca e affamata, ma per fortuna ha infilato in borsa le sue pillole energizzanti, e si chiede se deve offrirne una a Sasuke. Non ha più avuto modo di guardarlo in faccia, e senza accorgersene si ritrova a fissarlo con un misto di curiosità, meraviglia e preoccupazione.

 

I capelli scurissimi gli scendono disordinatamente sul bel volto e gli occhi sono ancor più intensi di come li ricorda, più penetranti, soprattutto privi di quell’innocenza che tutti loro ancora possedevano: il dolore provoca sempre cambiamenti, indurisce e fa crescere in fretta, e non le sfugge la nuova profondità di quello sguardo. In fondo il Sasuke che ricorda era un ragazzino molto intelligente, e più sensibile di quel che dava a intendere.

 

E’ lui a distogliere lo sguardo, ed è come un’incanto che si spezza.

 

Lei depone lo zaino a terra e lo apre per cercare il contenitore per pastiglie che ha portato con sé.

 

 — Ho delle pillole, ti possono aiutare a recuperare un po’ le forze — gli dice rovistando all’interno della borsa.

 

 — Non occorre, ho tutto sotto controllo —

 

 — Sì, sì, lo so, gli Uchiha sono famosi per il loro grande controllo — lo prende in giro continuando a frugare: dove sono finite? — …e se non erro anche per essere asociali e un po’ troppo arroganti —

 

Lo guarda con il dubbio di avere esagerato, e inaspettatamente lui le sorride, un sorrisetto appena accennato che gli solleva un angolo della bocca.

Il cuore ha uno strano sussulto nel petto.

 

 — Ho sentito di peggio — le replica continuando a sorridere.

 

 — E’ il prezzo della notorietà — scherza lei distogliendo lo sguardo — Almeno non parlano solo del colore dei tuoi capelli, è frustrante! —

 

  — Non mi risulta che parlino solo di quello —

 

 — Oddio, e cos’altro dicono? — fa uscire pentendosene immediatamente. Spera non si riferisca a tutte le sciocchezze che racconta Rock Lee.

 

 — Che hai raggiunto Tsunade in molti campi, anche se provieni da una famiglia senza talenti e non hai doti particolari. E che sei bella —

 

Si ritrova stupidamente ad arrossire, e riprende a rovistare, imbarazzata, finché finalmente non scova le pillole.

 

 — Non so se esserne lusingata o infastidita — borbotta tirandone fuori un paio dalla custodia, decisa a fargliele ingoiare con le cattive, se necessario — Tieni, prendile —

 

 — Non c’è tempo — le replica secco sollevandosi di scatto e guardandosi intorno. 

 

Per un momento è disorientata dall’improvviso cambio di tono, pensa che sia un modo per zittirla e metterla da parte, ma poi capisce.

 

C’è qualcosa di diverso nell’aria, negli alberi immobili e silenziosi, e riconosce quell’atmosfera di attesa, di pericolo.

 

Una frazione di secondo più tardi si scosta mentre una raffica di kunai si abbatte sul terreno al suo fianco. 

Sasuke è già balzato su un ramo sopra di loro e con un salto si affretta a seguirlo. 

Troppo tardi. 

Riesce a deviare la maggior parte degli shuriken, ma mentre si prepara alla sostituzione voltandosi in fretta, cercando con gli occhi gli assalitori, gliene arriva addosso un nugolo. Niente di grave, una ferita del genere non la ucciderà, ma le secca farsi toccare, e Kakashi ha raccomandato di non perdere sangue, nemmeno una goccia.

 

Troppo tardi a quanto pare.

 

In quel momento Sasuke le si para davanti per fermarli con un colpo della sua katana, mentre quasi contemporaneamente prova a stanare gli assalitori con il fuoco di un katon.

 

 — Sei ferita? Sta ferma qui — le ordina prima di scomparire in uno sbuffo di fumo.

Lei non intende obbedire, ovviamente, e d’istinto lo segue dietro alla fitta linea d’alberi, nella direzione da cui arriva un improvviso rumore di battaglia.

 

Lo trova più avanti, di fronte ad un paio di ninja pronti ad attaccarlo, e al di là c’è un uomo che ride, con una falce in una mano e uno shuriken macchiato di sangue nell’altra: il sacerdote, crede. Altri tre corpi giacciono a terra, morti, ne è sicura.

Non c’è tempo per controllare.

 

 — Due sono scappati verso est — l’avvisa lui senza guardarla.

 

 — Tu sei ferito? — gli chiede fermandosi dietro di lui.

 

Deve salvare l’ostaggio prima che decidano di eliminarlo, sa che è la priorità, ma è preoccupata per lui, perché lo lascia con quelli che devono essere i più pericolosi, stanco e con una possibile ferita dovuta ad un nugolo di shuriken che era diretto a lei.

 

 — Va! — 

 

E lei riprende a correre all’inseguimento dei fuggitivi, e svanisce tra gli alberi con un peso sul petto e le inutili pillole ancora strette in mano.

Le ingoia, potrebbe averne bisogno molto presto, quando l’ondata di adrenalina non sarà più sufficiente.

 

Corre più veloce che può finché non raggiunge quello che si è fermato ad aspettarla. Non la spaventa, non ha la falce, e non ha tempo di badare a lui: si limita a lanciarglisi addosso senza preavviso, e lo stende con un pugno. Subito dopo rotola a terra e si rialza con un movimento fluido, riprendendo a correre, ignorando la ferita che quel bastardo le ha inferto al fianco: se ne prenderà cura più tardi. 

Adesso scorge il grigiore del tempio più avanti, e senza pensare abbatte un pugno infuso di chakra sul terreno umido e scuro per la notte imminente. 

Una crepa si apre di fronte a lei e gli alberi ai lati franano l’uno sull’altro. Due uomini cadono dai rami e lei colpisce quello che si rialza con un calcio che lo manda a sbattere contro la parete del tempio, poi corre dentro.

 

Non si vede un accidenti lì dentro e spera che Sasuke la raggiunga presto, è preoccupata per lui, ma intanto deve cercare il prigioniero, e quando un urlo straziante rompe il silenzio si precipita in fondo al tempio. C’è uno stretto corridoio che circonda una specie di abside squadrato, e lei lo inforca senza pensare, fino ad un’angusta scala che scende ancor più nell’oscurità.

Si precipita giù e il guizzo di una fiammella, in fondo, è sufficiente per permetterle di correre fino a lì e raggiungere la stretta curva a gomito. Da lì una tenue luce diffusa le permette di vedere con chiarezza, e di muoversi agilmente lungo il corridoio che si apre su numerose stanze.

Non c’è tempo, non c’è tempo, continua a ripetersi mentre ispeziona una stanza dopo l’altra, ma quante sono?, e quando trova quella con i prigionieri si butta sull’uomo che li sta uccidendo ad uno ad uno, sgozzandoli come animali, con metodo, senza esitazione, e lo scaraventa contro il muro.

 

Libera i superstiti terrorizzati senza voltarsi a controllare se quel bastardo è morto, sa che lo è, e non prova alcun orgoglio, solo una grande amarezza.

 

Tra i vivi c’è il loro obiettivo, lo riconosce nonostante l’aria malmessa: la missione è completata, un successo, e a nessuno importa di quei poveri sconosciuti sgozzati, ma non è solo questo pensiero che l’angoscia così tanto ora.

Sasuke non l’ha ancora raggiunta.

 

Non sarebbe la procedura, ma non si ferma ad aspettare di averli messi in salvo, di averlo messo in salvo, urla di aspettare e corre indietro.

 

La maggior parte degli scontri si svolgono così, talmente frenetici e caotici che non c’è tempo per indugiare o elaborare chissà quale strategia, un momento di distrazione e hai finito di vivere.

 

Quando raggiunge Sasuke i due ninja sono morti, ma il sacerdote è riuscito a formare il cerchio di sangue attorno a sè, e lei si blocca.

 

Stupida, sapeva che si era ferito prima, per proteggerla, ne era sicura, avrebbe dovuto stare più attenta, è colpa sua.

 

 — No! — urla a Sasuke che sta comunque facendo crepitare la spada con il chidori, pronto ad attaccare.

 

 — E’ in salvo? — le chiede di rimando.

 

 — Sì, ma non puoi attaccar… —

 

Non fa in tempo a finire la frase che il sacerdote si ferisce ad un braccio, e quello di Sasuke si piega ad un angolo strano, innaturale. Nonostante il dolore che deve provare, in qualche modo mantiene la stretta sulla spada.

 

E lei è ancora immobile, impotente. 

Guarda il sacerdote con un misto di incredulità e paura, perché non può finire così, ed urla a Sasuke di stare fermo, perché riconosce i segni di un katon, e il fuoco, come qualsiasi altro attacco, gli si rivolterà contro.

 

 — Fermo! — urla ancora prima di gettarsi d’istinto contro il sacerdote.

 

Lo raggiunge contemporaneamente al katon, e forse è grazie al calore che riesce a passare attraverso il cerchio, non lo sa, ma non le importa della pelle che brucia, afferra quel bastardo per il collo e lo schiaccia a terra.

Non si volta a guardare il corpo di Sasuke che giace in quella stessa posizione, lo sa, e sedutasi sopra la schiena di quel bastardo gli piega le braccia all’indietro.

 

 — Bastardo, bastardo! — continua a sibilare senza neanche rendersene conto, e intanto gli blocca i polsi con una corda che sopprime il chakra.

 

Solo dopo che ha finito solleva la testa per vedere come sta Sasuke: è a terra, ma il tronco di un albero abbattuto le impedisce di farsi un’idea delle sue condizioni.

Non sa cosa fare, così resta lì a cavalcioni di quel bastardo finché i prigionieri non li raggiungono. 

 

 — Resisti. Prima o poi questo gioco finirà — sussurra più a se stessa che a Sasuke, che forse non è in grado di sentire — appena posso distruggo questo bastardo e vengo da te —

 

E’ una lunga notte.

 

Il sacerdote è bloccato a terra con le mani e i piedi legati, lo ha lasciato lì perché non è riuscita a spostarlo fuori dal cerchio magico, e intanto rimane accanto a Sasuke dopo avergli curato una sola ferita, la più grave. Per le altre dovranno aspettare che quella specie di magia svanisca, perchè ciò che fa a Sasuke influisce su quell’altro corpo, e deve stare attenta.

 

I prigionieri sono arrivati al villaggio più vicino ormai, al sicuro, li ha portati un suo clone, e il loro uomo ha già iniziato i preparativi per tornare a casa, ancora in stato di shock.

 

Il clone si è preso cura di lui con fermezza e gentilezza, e a dire la verità lui non sa che si tratta di un clone, e non deve saperlo, potrebbe ritenerla una mancanza di rispetto.

 

 — Resisti…resisti… — continua a sussurrare la vera lei mentre accarezza la fronte di Sasuke, imperlata di sudore e sangue.

 

Il mattino seguente il cerchio magico si è spezzato e Sasuke è ancora vivo: lo cura mentre ancora dorme, decisa a rimarginare anche i tagli minuscoli, anche le contusioni minori, o le piccole bruciature innocue. 

Le appare così vulnerabile in quel momento, così fragile, come se il tempo si fosse riavvolto donandogli per una manciata di minuti l’innocenza perduta.

E’ come un bambino tra le sue braccia.

 

Gli accarezza una guancia per eliminare un taglio minuscolo che le era sfuggito, e poi lui apre gli occhi.

 

E’ suo dovere prendersi cura di lui, ed anche una necessità, non si aspetta nè gratitudine nè ringraziamenti, però neppure il modo astioso con cui la caccia, e il fastidio con cui la tratta successivamente.

 

 — Cosa facciamo con costui? — gli chiede accennando a quella specie di sacerdote buttato lì a terra, ancora incosciente — Lo portiamo a Konoha? —

 

 — No. L’ordine è di eliminare il problema —

 

 — Non credo sia possibile eliminarlo, non so se è possibile ucciderlo, e se lo lasciamo qui si libererà prima o poi. Non voglio che riprenda ad ammazzare gente —

 

 — Gli tagliamo la testa e lo seppelliamo —

 

 — Vivo? — chiede sconcertata, perché le pare una punizione eccessivamente crudele per un essere umano, di qualunque colpa si sia macchiato.

 

 — Il protocollo lo prevede, in altri casi hanno fatto così. Torneremo a prenderlo se l’hokage lo riterrà opportuno —

 

Sanno ambedue che non sarà così.

 

 — E’ …crudele — borbotta.

 

 — Questo ammazza gente per una sua assurda religione. Non mi fa pena —

 

 — E noi ammazziamo per denaro — ribatte secca, amara.

 

Lui si volta a guardarla, è la prima volta da quando si è svegliato, e per qualche lunghissimo secondo la fissa, così intensamente.

 

Non sa assolutamente cosa stia pensando, ma non intende farsi intimidire.

 

Quando riesce a riscuotersi prende un grosso masso e lo scaglia con astio più in là, tra due alberi. Il buco che rimane dopo che lo ha sollevato è sufficiente per poterci infilare comodamente un paio di corpi. Nel frattempo l’uomo si è risvegliato, ed urla oscenità contro di loro promettendo vendette orribili anche dopo che Sasuke gli ha tagliato la testa con un colpo netto della katana, e continua persino mentre i due pezzi separati vengono scaraventati non molto gentilmente nella fossa, persino quando iniziano ad interrarli.

No, non scorderà facilmente questo momento, lo rivivrà più volte come un incubo.

 

Il loro cliente è la priorità, dice Sasuke che non pare affatto turbato quanto lei, e lo raggiungono subito dopo. Controllano che sia tutto a posto prima di congedarsi: sembra ancora scosso, ma sta già iniziando ad assumere l’aria tronfia che gli deve essere abituale, e li ringrazia con quella supponenza che probabilmente riserva a gente che ritiene al di sotto di sé.

 

Per l’intero viaggio di rientro lei e Sasuke non parlano, e non sa perché faccia così male.

Stupidi Uchiha, forse sono davvero maleducati ed arroganti come si racconta in giro.

 

Ormai sono quasi arrivati e camminano a terra per gli ultimi pochi metri, quando lui interrompe il silenzio.

 

 — Ero arrabbiato con me stesso, non con te. La mia distrazione ha messo a repentaglio la missione — le spiega mentre procedono fianco a fianco.

 

Devono essere le scuse più involute e confuse che le sia mai capitato di ascoltare, e quasi le viene da ridere. 

 

 — Eri molto stanco —

 

 — Non è una giustificazione. Se non fosse stato per te sarei morto —

 

E questo deve essere un grazie.

 

 — Lo stesso vale per me, è per proteggermi che ti sei ferito — minimizza — e poi è questo il motivo per cui le missioni le si fa in squadra, no?!—

 

 — No. Era mio compito eliminare la minaccia — insiste lui.

 

 — E chi lo dice questo? Tu? Voi Uchiha siete anche di un presuntuoso incredibile, oltre tutto il resto. O sei solo tu? Comincio a sospettarlo — ma sorride nel dirlo, e all’improvviso sorride anche lui, sempre un sorriso appena accennato, ma diverso, con ambedue gli angoli delle labbra sollevati.

 

Lo fissa stregata, e per alcuni secondi non riesce a togliergli gli occhi di dosso; è imbarazzante come qualcosa di così piccolo, banale, riesca a turbarla a quel modo.

 

Ma ormai sono a casa, la guardia al cancello fa loro un cenno, e lo salutano di rimando prima di entrare a Konoha e congedarsi.

 

Finisce così, il rapporto spetta a Sasuke, e probabilmente non lo rivedrà più per altri cinque anni.

 

Quella notte dorme male e sogna sogni confusi: forse ad un certo punto seppellisce qualcuno ma non lo ricorda, ricorda invece Sasuke. 

Lei gli sorride, cerca di parlargli, lui neanche si degna di lanciarle uno sguardo, supponente come il loro cliente, e nel sogno si sente rifiutata e offesa.

__

 

Sono passati un paio di giorni in cui ha dormito e si è riposata, ed è pronta a ritornare in ospedale.

Sasuke ha ormai consegnato il resoconto dell’operazione, e Kakashi le ha detto il giorno prima, in via confidenziale, che ha parlato così bene di lei che con una tale presentazione potrebbe sperare di essere ammessa senza fatica tra l’elite di cui sono composte le squadre Anbu.

Non le interessa andare in giro ad assassinare gente, non fa per lei, preferisce di gran lunga il lavoro in ospedale, preferisce costruire invece di distruggere, salvare invece di eliminare, curare invece di ferire.

E’ un mondo crudele il loro, e il giusto e sbagliato si perdono nella prospettiva, ma a lei interessa il bene, e in fondo non ha mai creduto ad un bene ottenuto con il male. 

 

Non che possa farci niente, sa che il loro villaggio è governato in una certa maniera, che si sostenta e sopravvive a quel modo, ma per quanto sta in lei non intende prendere parte a qualcosa che ritiene sbagliato, e purtroppo non è così stupida o cieca da obbedire senza pensare. Sicuramente non è un ninja perfetto, lo sa, in compenso non prova né disgusto né una sensazione di sfasamento nel guardarsi allo specchio. 

 

Passano altri due giorni.

Naruto è fuori villaggio e Sai è indaffarato chissà dove. Ormai li vede poco, il loro team è bello che sciolto e ognuno ha preso strade diverse. 

Un po’ le mancano quei giorni, quei due, Naruto soprattutto, che è sempre stato presente nella sua vita ed ora è spesso in giro per il mondo con Jirayia, mentre Sai, che è rimasto con loro per qualche anno dopo che è stata smantellata l’unità dei servizi segreti di cui faceva parte, la Root, ora è stato inglobato tra gli Anbu. Forse conosce Sasuke, forse no, seguono strani protocolli lì. 

 

Ricorda che nello stesso periodo in cui è stata smantellata la Root hanno cancellato anche il corpo di polizia, in conseguenza ai numerosi cambiamenti seguiti alla strage degli Uchiha. Sakura si è interessata a quella vicenda (anche a causa del suo interesse per Sasuke, non lo nega), eppure non ha mai capito appieno il susseguirsi degli avvenimenti e le motivazioni dietro a quelle decisioni: probabilmente è stata solo una scusa per accorpare sotto la stessa unità varie forze, ed impedire una loro eccessiva autonomia: ora gli Uchiha, come tutti, sono divisi tra Anbu e ninja regolari, e nessuno del consiglio degli anziani detiene quello che poteva diventare un esercito parallelo, per cui tutto sommato il villaggio ne giova, o almeno così crede lei.

 

Quella sera ha rifiutato un invito di Ino ad andare a far baldoria da qualche parte, e quasi se ne è pentita mentre esce dall’ospedale con l’unica prospettiva di tornarsene a casa e buttarsi a letto, quando scorge una figura più scura nell’ombra, e si ferma circospetta.

 

E’ Sasuke Uchiha, e lo guarda avanzare verso di lei sorpresa, e un po’ agitata suo malgrado.

 

 — Stai andando a casa? — le chiede una volta fermo di fronte a lei.

 

 — Be’, sì —

 

 — Abiti ad est dei monumenti agli hokage, giusto?! —

 

Che può rispondere. Riprende a camminare e lui la segue senza parlare, come se volesse solo accompagnarla.

 

A volte si ritrova a guardarlo con la coda dell’occhio, ancora incredula, e una strana elettricità sembra percorrere l’aria che li circonda, o forse è lei, o lui.

E’ una stupida, lo sa, ma quando le spiega che hanno bisogno di un nuovo membro nella sua squadra Anbu, e le chiede di unirsi a loro, non dice subito di no, si riserva di decidere nel giro di una settimana, o così gli racconta, la bugiarda.

In realtà è una scusa per avere l’occasione di rivederlo.

 

 

   
 
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