“Ti odio” dice – ringhia, come un lupo incattivito -, il suono della sua risata nelle orecchie.
Gendry la lascia fare, il riso ancora stampato sulla bocca, poi, alla fine, la ferma afferrandole i polsi e la trascina verso di sé.
Sorprendentemente, Arya non sente il bisogno di opporre resistenza. La collera si spegne tutt’a un tratto, come una fiamma a cui è stato sottratto di colpo l’ossigeno. Lascia che Gendry la avvicini e, adesso, può contare ogni singola goccia stillata dalle sue ciglia, sentire il respiro affannato di lui soffiare sulle guance.
Adesso, Gendry non ride più.
“No.” I suoi occhi sono scuri come il fondale sotto di loro e incredibilmente belli. “Non mi odi.”
[A _Maria_, per augurarle buon onomastico]