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Autore: Fiore di Giada    17/09/2017    1 recensioni
"Li incontri dove la gente viaggia, e va a telefonare,
col dopobarba che sa di pioggia, e la ventiquattro ore,
perduti nel corriere della sera,
nel va e vieni di una cameriera,
ma perché ogni giorno viene sera?"
(Pooh, Uomini soli, 1990).
Mi sveglio e mi stropiccio gli occhi, intontito.
Guardo la donna, stesa accanto a me.
Non è lei.
Non è lei.
Eppure, ci ho creduto ancora.
Annegare e perdere la solitudine nel corpo di una donna estranea.
Non ci sono riuscito.
Ma è una illusione che dura il tempo di un rapporto occasionale.
E, inesorabile, arriva il tempo della consapevolezza.
L'attimo della dimenticanza è ormai perso e arriva la sera, con il tempo dei rimpianti.
Non è lei.
Non è lei.
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jiraya, Tsunade
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Li incontri dove la gente viaggia, e va a telefonare,
col dopobarba che sa di pioggia, e la ventiquattro ore,
perduti nel corriere della sera,
nel va e vieni di una cameriera,
ma perché dopo ogni giorno viene sera?


Mi sveglio e mi stropiccio gli occhi, intontito.
Guardo la donna, stesa accanto a me.
Non è lei.
Non è lei.
Eppure, ci ho creduto ancora.
Annegare e perdere la solitudine nel corpo di una donna estranea.
Non ci sono riuscito.
Ma è una illusione che dura il tempo di un rapporto occasionale.
E, inesorabile, arriva il tempo della consapevolezza.
L'attimo della dimenticanza è ormai perso e arriva la sera, con il tempo dei rimpianti.
Non è lei.
Non è lei.


A volte un uomo è da solo perché ha intesta strani tarli,
perché ha paura del sesso o per la smania di successo.
Per scrivere il romanzo che ha di dentro,
perché la vita l'ha già messo al muro,
o perché in un mondo falso è un uomo vero.

Sono sempre stato solo, malgrado fossi circondato da altre persone.
E' una frase retorica, ma la sento marchiare la mia vita.
Il mio maestro, Hiruzen Sarutobi, mi riteneva incapace.
Non sapeva vedere oltre la mia maschera sbruffona.
Era incantato dal genio del mio compagno, Orochimaru.
E lei..
Tsunade Senju, la nipote del mai dimenticato primo Hokage.
Anche per lei ero uno sbruffone, incapace, stupido.
Ho conquistato da solo la mia forza, disobbedendo agli ordini del mio maestro.
E sono orgoglioso di avere raggiunto questi risultati da me.
Eppure, non è servito a nulla.
Il mio maestro rimpiangeva la deriva malvagia di Orochimaru.
Era sempre lui il suo allievo prediletto.
E lei...
Tsunade.
Non vedeva nulla.
Non capiva nulla.
Sorrido, ironicamente.
Da quanto tempo la amo?
Non lo so.
Eppure, per lei ero e resto solo un compagno.
Non potevo competere col ricordo di Dan?
Lui, affidabile, forte e fedele.
Io, incapace, incostante e maniaco.
Ancora una volta si è dimostrata la mia totale incapacità.
Forse aveva ragione chi mi definiva incapace.
Sarutobi. Orochimaru. Tsunade.
Tutti avevano ragione.
Sono un incapace.


Dio delle città
e dell'immensità,
se è vero che ci sei
e hai viaggiato più di noi,
vediamo se si può imparare questa vita,
e magari un po' cambiarla,
prima che ci cambi lei.
Vediamo se si può,
farci amare come siamo,
senza violentarci più,
con nevrosi e gelosie.
Perché questa vita stende,
e chi è steso o dorme o muore,
oppure fa l'amore.


E la prova della mia incapacità è proprio lei, Tsunade.
Dopo tanto tempo, ancora piange la morte di Nawaki e soprattutto sua.
Dan.
Darebbe la vita per rivederlo, anche solo per un istante.
E non si accorge di nulla.
Non vede i sentimenti che, da tanto, troppo tempo nascondo nell'anima.
Non vede oltre la maschera di buffone incapace che, da tanto tempo, veste il mio cuore.
Non capisce quanto sia doloroso e inutile consumarsi in rimorsi insensati.
Non è stata colpa sua la morte di Dan!
Arriva un momento in cui anche un grande medico si deve arrendere alla morte.
Ed è stata questa la mia sconfitta più grande.
Non sono riuscito a dare al mio più grande amore la forza di ricominciare a sperare.


Ci sono uomini soli per la sete d'avventura,
perché han studiato da prete o per vent'anni di galera,
per madri che non li hanno mai svezzati,
per donne che li han rivoltati e persi,
o solo perché sono dei diversi.



Il mio cuore ha subito tanti strappi nella mia vita.
Eppure, nessuno ha mai visto oltre la mia espressione sorridente e maliziosa.
Perfino le persone più vicine a me si sono fermate all'apparenza.
Sono riuscito a conquistare l'affetto di Tsunade, ma anche lei non ha visto oltre il mio sorriso.
Non ha visto le lacrime che sgorgavano nel mio cuore.
I suoi occhi erano troppo annebbiati dalle lacrime che, dopo tanto tempo, continua a versare per il tuo fratellino e il tuo primo, unico vero amore.
Ma non importa.
Avrei continuato a soffrire per altri cinquant'anni, pur di vederla amare di nuovo.
Mi sarebbe bastato solo questo.
Vederti sorridere.
Ma, ancora una volta, ho fallito miseramente.
Come sempre.
Non sono riuscito a distogliere Orochimaru dall'abisso di perversione nel quale stava precipitando volontariamente.
Non sono riuscito a ridarle la forza di amare, malgrado ci abbia provato.
E sto pagando amaramente per questo.
La solitudine che mi circonda è il prezzo per i miei errori.



Dio delle città
e dell'immensità,
se è vero che ci sei
e hai viaggiato più di noi,
vediamo se si può
imparare queste donne
e cambiare un po' per loro,
e cambiare un po' per noi.
Ma Dio delle città
e dell'immensità,
magari tu ci sei
e problemi non ne hai.
Ma quaggiù non siamo in cielo,
e se un uomo perde il filo,
è soltanto un uomo solo.



Vorrei distruggere questa maschera, che mi corrode.
Vorrei ricominciare una nuova vita, lontano da ogni cosa che mi ricordi te.
Ne ho diritto?
Sono stanco di soffrire.
Sono stanco di sbagliare e di pagare per errori commessi senza alcuna malafede.
Ma non posso.
Non so cosa mi lega ancora a te, ma devo continuare a lottare.
In fondo, anche tu sai che non è mia abitudine arrendermi?
E non lo farò.
Continuerò a combattere e a sbagliare.
E forse, riuscirò a ridare al tuo viso cupo la luce di un sorriso.




   
 
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