Seconda parte
Davina
giunse a casa di Marcel insieme a Kol circa quindici minuti dopo la chiamata
dell’amico. Nel frattempo nulla era successo: Marcel continuava a fissare
addolorato il corpo straziato di Sofya e Elijah
stringeva Tristan tra le braccia con lo sguardo perso nel vuoto.
“Davina,
finalmente!” esclamò Marcel quando vide la giovane strega. “Puoi aiutarci a
capire che cosa sta succedendo e se possiamo fare qualcosa?”
“Come
ti ho detto al telefono, so che gli Antenati avevano detto a Vincent di
costringere l’Ombra a raggiungerli sul piano ancestrale” rispose la ragazza,
“perché lì avrebbero avuto a disposizione il loro potere e sarebbero riusciti a
fermarla. Non ad ucciderla, temo, però almeno ad imprigionarla per molto, molto
tempo.”
“Beh,
qualcosa dev’essere andato storto, allora” commentò sarcastico Kol, “perché il
tuo amico stregone e il mostriciattolo di mio fratello sono morti.”
Elijah
si voltò per fulminare il fratello minore con un’occhiata gelida e poi riprese
la sua posizione, stringendo Tristan a sé.
“Non
sono morti” spiegò Davina, “il loro corpo è rimasto qui, ma il loro spirito è
nel piano ancestrale, proprio come successe a me quando venni a cercarti per
riportarti in vita. Posso tentare di mettermi in contatto con Vincent, così vi
dirò che cosa sta accadendo.”
La
strega si concentrò per raggiungere con gli occhi della mente il Reggente sul
piano ancestrale.
“Li
vedo” mormorò, perduta nella sua trance,
“gli Antenati hanno creato un cerchio magico attorno all’Ombra… adesso il loro
capo si sta avvicinando a lei con la stessa pietra verde che Kara voleva usare su di me.”
“Allora
uccideranno quella bastarda schifosa, finalmente!” esclamò Marcel, con rabbia.
“Inadu è troppo potente per essere uccisa dalla pietra, ma
il suo effetto la indebolirà, così che lei rimarrà imprigionata sul piano
ancestrale” rispose Davina, ancora immersa nelle sue visioni.
“Sì,
ma Vincent che cosa sta facendo? E’ vivo?” insisté Marcel, disinteressandosi
allegramente della sorte di Tristan.
Davina,
però, non ebbe bisogno di rispondere a questa domanda. Proprio in quel momento
i corpi dello stregone e del giovane Conte, che fino ad allora erano rimasti
esanimi, furono percorsi da un brivido, si mossero appena; Vincent e Tristan
presero un profondo respiro e aprirono gli occhi all’improvviso.
“Credo
che la tua domanda abbia appena ottenuto una risposta” commentò Kol, rivolto a
Marcel.
Davina
si precipitò verso Vincent, mentre Elijah continuava a tenere stretto a sé
Tristan, guardandolo sbigottito come se avesse avuto un’apparizione. Tristan,
però, gli rivolse uno sguardo malinconico e si staccò da lui. Nel frattempo
anche Vincent, sorretto da Davina, si era rialzato e si stava avvicinando a
Tristan.
“Allora,
qualcuno vuole spiegarci chiaramente cos’è successo? Non abbiamo più nulla da
temere dall’Ombra o che cosa?” domandò Marcel, che cominciava a spazientirsi.
“L’Ombra
è in mano agli Estranei, adesso” replicò Vincent, continuando a guardare
Tristan, “e loro la terranno prigioniera. Non è più un pericolo per nessuno, è
indebolita e privata della maggior parte del suo potere, ma dobbiamo ricordare
che non è morta. Al momento, nemmeno
gli Antenati sono in grado di distruggerla definitivamente. Ci sarà un’altra
cosa che dovremo fare per assicurarci che non possa più tornare, ma ve ne
parlerò dopo, prima ho un rituale da svolgere su Tristan.”
A
quelle parole, Elijah parve svegliarsi da una sorta di trance ipnotica.
“Un
rituale su Tristan? A cosa ti riferisci, non ha già fatto abbastanza? L’Ombra
lo ha quasi ucciso!” esclamò, rivolgendosi con rabbia allo stregone.
Vincent
non si scompose.
“Tristan
ha accettato di diventare la Bestia per ricevere la pugnalata al posto tuo
senza che le spine lo avvelenassero” gli spiegò, “e per poter essere abbastanza
potente da sfidare l’Ombra e attirarla nella trappola che le avevano preparato
gli Antenati. Adesso, però, gli Antenati mi hanno concesso di canalizzare
dentro di me il loro potere per liberarlo dal siero e farlo tornare normale. Allora,
Tristan, sei pronto?”
Il
giovane Conte annuì, si alzò in piedi e si avvicinò allo stregone, che lo
afferrò saldamente per le spalle e iniziò a mormorare le parole
dell’incantesimo. Un dolore insopportabile si irradiò in tutto il corpo di
Tristan, come se fiamme vive gli fossero entrate nel sangue e lo stessero
incendiando dall’interno. Il ragazzo cercò di dominarsi, ma la sofferenza era
troppo intensa e lo fece gridare e dibattersi, quasi fosse preso da
convulsioni. Alla fine di tutto si accasciò, stremato, e Vincent lo sostenne
per non farlo cadere a terra.
Elijah
era ancora profondamente turbato e i rimorsi che lo laceravano gli impedivano
di fare qualsiasi cosa. Tristan aveva ragione: lui era stato subito pronto a
sospettarlo delle peggiori nefandezze, lo aveva accusato di aver tradito la sua
fiducia, di averlo ingannato, mentre invece aveva semplicemente seguito il
piano degli Antenati che Vincent gli aveva esposto. E, per seguire quel piano,
aveva messo a rischio la vita, si era sottoposto a grandi sofferenze e… e aveva
anche accettato di affrontare la sfiducia e l’ostilità che sapeva avrebbe
suscitato nei Mikaelson.
“Tristan
era diventato la Bestia?” chiese infatti Kol, con un’aria disgustata.
“Era
l’unico modo” ribatté secco Vincent, “e non credo proprio che lo abbia fatto
volentieri. Comunque, adesso il suo sangue è completamente ripulito e quel
siero maledetto non esiste più, una parte è andata distrutta con Lucien e ciò
che ne rimaneva è stato eliminato da me proprio ora, grazie al potere degli Antenati.”
“Questo
almeno è un bene” commentò Marcel, “ma tu hai detto anche che non abbiamo
ancora chiuso i conti con l’Ombra. Che cosa dobbiamo fare, dunque?”
Vincent
fece scorrere lo sguardo su tutti i presenti prima di rispondere.
“Andiamo
al palazzo dei Mikaelson” disse. “E’ qualcosa di cui devo parlare a tutti e
quello mi sembra il posto più adatto per riunirci.”
“Quindi
non è ancora finita?” domandò Tristan, che cominciava appena a riprendersi. Non
era possibile, lui aveva sacrificato praticamente tutto ciò che gli restava e
adesso veniva a sapere che non era stato sufficiente?
“Abbiamo
superato il pericolo maggiore, ora dobbiamo assicurarci che l’Ombra non abbia
mai più possibilità di ritornare, nemmeno tra altri cento o duecento anni”
replicò Vincent.
Mezz’ora
dopo, si ritrovavano tutti di nuovo nel patio del palazzo dei Mikaelson, ancora
una volta ad attendere ciò che Vincent avrebbe riferito loro.
Il
Reggente delle streghe raccontò tutto quello che era avvenuto nel piano
ancestrale a beneficio di Klaus, Rebekah, Freya e Hayley che non ne sapevano
ancora niente.
“Non
potevo parlare con nessuno del piano degli Antenati, altrimenti qualcuno di voi
avrebbe potuto tentare di risolvere le cose a modo suo e avrebbe,
involontariamente, fatto fallire il piano” spiegò.
“Grazie
infinite per la fiducia” fece, caustico, Klaus. Eppure lui sarebbe
probabilmente stato il primo a tentare un’azione sconsiderata e a mettere i
bastoni tra le ruote agli Antenati…
“Non
ti sei fidato di noi, ma ti sei fidato del mostro!” lo accusò Hayley, ancora
indignata.
“Io non mi fido di nessuno” chiarì
asciutto Vincent, “la scelta è stata esclusivamente degli Antenati e loro sapevano che Tristan De Martel
sarebbe stato il più adatto per ciò che avevano pianificato. Ed è andata esattamente
come avevano previsto: l’Ombra adesso è prigioniera nel piano ancestrale ed è
stata privata della maggior parte dei suoi poteri.”
Hayley
non poté trattenere un gesto di stizza, ma fu Freya a rivolgere la domanda
veramente importante.
“Tuttavia
non è stata distrutta” disse. “Pensi che potrebbe sfuggire al controllo degli
Antenati e ripresentarsi come una minaccia?”
“No,
questo no” rispose deciso lo Stregone. “Non potrà mai sfuggire al cerchio
magico degli Antenati e alla pietra verde che la imprigiona. Tuttavia ognuno di
noi ha potuto constatare quanto la situazione possa mutare in fretta anche sul
piano ancestrale: la fazione degli Antenati che ha il potere in questo momento
lo ha strappato a Kara Nguyen
e alle sue seguaci. Se dovesse accadere ancora qualcosa di simile, magari anche
tra molti anni, l’Ombra potrebbe approfittarne per liberarsi. E’ necessario
fare qualcosa che le impedisca per sempre di ritornare nel nostro mondo e di
cercare di riavere il proprio corpo. Dobbiamo prenderci questa responsabilità
anche per i nostri discendenti.”
“E
allora che cosa dobbiamo fare?” intervenne Klaus, già annoiato da tutti quei
discorsi e desideroso di partecipare in prima persona all’azione.
“Quando
le antiche tribù uccisero Inadu, il vero nome
dell’Ombra” narrò Vincent, “per ridurla all’impotenza bruciarono le sue ossa,
ma quattro di esse non poterono essere eliminate ed esistono tuttora. Se
l’Ombra dovesse un giorno liberarsi, andrebbe a cercarle, perché sarebbero
quelle che le permetterebbero di rigenerarsi: noi dovremo trovarle e riuscire a
distruggerle, per assicurarci che lei non possa mai più tornare.”
“E
dove sono adesso queste stramaledette ossa?” incalzò Klaus.
“E’
questo il nostro dovere: scoprire dove sono, recuperarle e distruggerle per
sempre. Sarà un compito lungo e difficile, ma abbiamo tutto il tempo per
portarlo a termine, adesso che l’Ombra non è più un pericolo incombente”
concluse Vincent, sollevato.
“Quindi,
tra un nemico qua e una minaccia là, nel tempo libero ci divertiremo a giocare alla
caccia al Tesoro con le ossa
dell’Ombra” commentò ancora una volta Klaus, sarcastico. “Che dilettevole
occupazione per riempire il tedio delle lunghe giornate!”
“Dilettevole
o no, dovremmo essere grati di potercene occupare con calma e senza essere incalzati
da una minaccia” lo rimbeccò Freya. “Io, per parte mia, posso iniziare a
cercare notizie su queste ossa nei libri e nelle carte che possiedo.”
“Io
farò lo stesso” concordò Vincent, “e forse potrò ottenere qualche informazione
in più dagli Antenati. Molto bene, vi ho detto tutto ciò che dovevo e adesso mi
resta solo una cosa da fare.”
Guardò
Tristan, che subito si alzò in piedi con gli occhi che brillavano.
“Avevi
detto che gli Antenati potevano guarire Aurora!” esclamò.
“Esatto.
Gli Antenati non mancano mai ad una loro promessa” disse lo stregone,
sorridendo. “In questo momento tua sorella è a casa mia, immersa nel sonno che
le ha provocato Freya. Gli Antenati potranno raggiungere la sua mente nel luogo
in cui si trova e tentare di eliminare le ombre che l’hanno tormentata da
sempre.”
Impaziente,
Tristan si avvicinò a Vincent.
“Possiamo
andare subito a casa tua, allora? Voglio esserle vicino se… no, quando si sveglierà!”
“Oh,
adesso siamo diventati tanto amici di
questi due psicopatici da mandarli in giro liberamente?” protestò Hayley. “Ci
manca soltanto questa, risvegliare quella pazza e riunirla a quel mostro di suo
fratello, così ricominceranno a tramare contro di noi!”
“Aurora
sarà sotto il controllo degli Antenati e non la risveglieranno se non sapranno
con assoluta certezza che la sua mente è libera” replicò Vincent. “Nel caso non
potesse essere guarita, rimarrà sotto l’incantesimo di Freya.”
“Credo
che Tristan si sia meritato il diritto di uscire dalla nostra casa per stare
accanto alla sorella” intervenne Elijah, prendendo la parola per la prima
volta. “Se avesse voluto distruggerci, in questi giorni ne avrebbe avuto
occasione più di una volta, invece io l’ho visto con i miei occhi rischiare la
sua stessa vita per combattere l’Ombra.”
Parve
a Elijah che quello fosse il modo migliore e più diretto per chiedere scusa a
Tristan di averlo ferito dubitando di lui. Non avrebbe saputo spiegarsi a
parole, ma quella concessione era il gesto più significativo che potesse
compiere in suo favore.
“Spero
che tu sappia, Vincent, che se Tristan dovesse approfittare della nostra
generosa offerta per tentare di scappare o di compiere altri atti abominevoli,
sarai tu ad esserne responsabile e dovrai pagare per questo” dichiarò Klaus,
tanto per andare sul sicuro.
“Mi
prendo io la responsabilità, non preoccupatevi. Andiamo?” tagliò corto lo
stregone. Accompagnato dal giovane Conte De Martel, uscì dal palazzo dei
Mikaelson per tornare alla sua abitazione.
I
due vegliarono per tutta la notte Aurora, mentre gli Antenati operavano i loro
incantesimi per liberarle la mente e guarirla dalla sua follia.
Il
mattino dopo, con i primi raggi del sole, la giovane donna aprì finalmente gli
occhi. Il suo bel viso appariva sereno e rilassato, come se si fosse svegliata
in quel momento da un sogno meraviglioso.
Tristan
le fu subito accanto, pieno di gioia, e le prese le mani tra le sue.
“Aurora,
sorella cara, stai bene?”
La
ragazza posò lo sguardo su di lui, sorrise, poi guardò Vincent e regalò un
dolce sorriso anche a lui, infine tornò a rivolgersi a Tristan.
“Mi
sento benissimo e ti ringrazio di avermelo chiesto, ma…” sempre con molta
calma, Aurora tornò a guardare prima Vincent e poi il fratello, mentre sul viso
le si dipingeva un’espressione di vago stupore. “Chi siete voi due e dove mi
trovo?”
Elijah
aveva trascorso una notte insonne e agitata, tormentato dal rimorso per aver
dubitato di Tristan proprio quando lui gli aveva salvato la vita e straziato
dalla nostalgia per la sua lontananza. Non aveva più parlato con lui dopo il
drammatico confronto a casa di Marcel e rivedeva continuamente lo sguardo
deluso e disperato che lui gli aveva lanciato prima di affrontare l’Ombra.
Quando si era risvegliato, Tristan lo aveva respinto e non gli aveva più dato
occasione di spiegarsi. Lui lo aveva lasciato andare con Vincent per fargli
capire che aveva compreso il suo errore e che adesso riponeva in lui la massima
fiducia, ma il giovane non gli aveva detto niente, aveva seguito lo stregone e
basta.
Dopo
molte indecisioni e ripensamenti, il vampiro Originale si alzò dal letto alle
prime luci dell’alba e prese la risoluzione di recarsi a casa di Vincent con la
scusa di accertarsi delle condizioni di Aurora, ma con il segreto proposito di
parlare con Tristan e chiarirsi con lui.
Quando
giunse a casa dello stregone, però, il giovane Conte non appariva maggiormente
disponibile ad una riconciliazione, anzi sembrava immerso in tutt’altre
preoccupazioni.
“Tristan,
devi ascoltarmi, io devo spiegarti…” gli disse, mentre Vincent rimaneva in
camera di Aurora per lasciarli parlare in privato. Ma il ragazzo non sembrava
interessato a qualunque cosa Elijah volesse dirgli.
“Non
credo ci sia molto da spiegare, Elijah” replicò, con sguardo malinconico. “Hai
dubitato di me ancora una volta e forse nel modo peggiore, perché hai creduto
che ti ingannassi proprio quando mi ero lasciato avvicinare da te. Cos’hai
creduto, che ti seducessi appositamente ogni notte per tramare liberamente alle
tue spalle? E’ questo che pensi di me, dunque?”
“Devi
ammettere anche tu che non sarebbe la prima volta che fai una cosa del genere,
però adesso…”
“E’
vero, mi sono comportato così molte volte nel corso dei secoli, ma mai con te” lo interruppe Tristan, con
fermezza ma senza mostrarsi offeso. “Se ancora non hai compreso questa sostanziale
differenza, allora veramente non abbiamo altro da dirci.”
Il
giovane Conte fece per voltargli le spalle e ritornare in camera di Aurora, ma
Elijah lo trattenne, afferrandolo per un braccio con tanta forza da fargli
male.
“Che
cosa pretendevi che pensassi? Ti ho visto diventare la Bestia sotto i miei
occhi e sapevo che Lucien…”
“Hai
visto quello che volevi vedere” lo interruppe di nuovo Tristan, con una gelida
calma. “Hai visto la Bestia, ma non hai visto che un attimo prima mi ero messo
davanti a te per farmi pugnalare al tuo posto. Non hai versato una lacrima per
me quando mi credevi morto, ucciso dall’Ombra, così come non ne hai versate
quando mi hai condannato all’agonia nel container senza ascoltare la mia
versione. Le tue lacrime le tieni da parte soltanto per la tua famiglia… e per
Hayley. Molto bene, questo significa che tu hai fatto le tue scelte e adesso io
farò le mie.”
Elijah
rimase profondamente turbato da queste parole, sentimenti ed emozioni si
facevano tumultuosi dentro di lui e lo lasciavano stremato, mentre questa volta
era Tristan a mantenere, almeno in apparenza, un perfetto controllo della
situazione.
“Aurora
è guarita, ma la manipolazione della sua mente da parte degli Antenati le ha
causato una totale perdita di memoria” spiegò il giovane. “Non sa chi è, non
ricorda niente del nostro passato e… e non mi riconosce. Questo mi ha
addolorato profondamente, come potrai immaginare, ma poi ho riflettuto e ho
compreso che in realtà è una nuova occasione che ci è stata donata, a lei come
a me. Voglio portarla via di qui, farla viaggiare al mio fianco, mostrarle
tutta la bellezza che c’è nel mondo e, nel frattempo, raccontarle chi eravamo e
chi siamo adesso, spiegarle la nostra natura di vampiri e le possibilità che
questo ci offre.”
“Sei
ancora prigioniero dei Mikaelson” tentò Elijah, in un’ultima disperata difesa.
“Potrei impedirti di andartene.”
“Davvero?
Io ne dubito. Credo di aver pagato il mio debito con la tua famiglia e di
averlo pagato con gli interessi” replicò Tristan. Il suo tono restava
distaccato e formale, ma i suoi occhi chiarissimi raccontavano un’altra storia.
“Ad ogni modo, potrai incaricare chiunque dei vostri seguaci di tenerci
d’occhio e, se dovessimo riprendere la nostra vita di prima, farci catturare…
ma ti assicuro che non ce ne sarà bisogno e che non sentirai mai più parlare
dei De Martel. Voglio fare per Aurora ciò che tu non hai mai fatto per me: la
porterò in giro per il mondo, la aiuterò a dominare ciò che è, la educherò, le
insegnerò ad amare la bellezza, l’arte, la storia, la musica... mi occuperò di
lei come se fosse mia figlia oltre che mia sorella e, del resto, in questo
momento lei sembra davvero poco più che una bambina. E non saprà mai quello che
la tua famiglia ci ha fatto, farò di tutto perché non sappia niente della
malvagità dei Mikaelson: Aurora ha avuto la fortuna di dimenticare che ci avete
trasformato e soggiogato per fare di noi delle esche e io mi guarderò bene dal
rinnovarle questo dolore.”
Pensando
alla sorella, un lieve e dolce sorriso apparve sulle labbra di Tristan, che poi
riprese a parlare.
“Ma
non credere, non lo faccio per te o per la tua famiglia” chiarì, “lo faccio per
preservare mia sorella dal dolore e dal risentimento che abbiamo provato per
secoli, perché non conosca mai più il desiderio di vendetta ma soltanto la pace
e la serenità. E’ stata la volontà di vendetta a portarci a New Orleans e a
perderci entrambi e non commetterò nuovamente lo stesso errore. Aurora non
saprà mai e anch’io imparerò a dimenticare.”
“Quando
intendi partire?” domandò Elijah, con il cuore a pezzi. L’orgoglio, però, era
ancora più potente del dolore e gli impediva di prendere Tristan tra le
braccia, di stringerlo a sé, di concedergli quelle lacrime che gli aveva sempre
negate e di implorarlo di non andare, di non lasciarlo.
“Oggi
stesso. Aurora sta bene e non c’è alcun motivo per ritardare la partenza”
rispose il giovane. “Non saremmo mai dovuti venire a New Orleans… ma per
fortuna mi è stata concessa l’opportunità di rimediare e di ricominciare da capo.
E tu dovresti esserne lieto, Elijah: finalmente potrai dedicarti alla tua
famiglia e all’ammirevole progetto di crearti una vita normale con Hayley e
Hope. Non è la cosa migliore per tutti?”
No!, avrebbe voluto gridare Elijah. No, per noi non esiste altra possibilità che restare insieme! Io non
voglio una vita normale, non voglio Hayley e Hope, io voglio te!
Ma
non lo disse. Era vero, quella era una nuova opportunità anche per lui, per cercare
di dare una famiglia a Hope e avere una vera relazione con Hayley, la donna che
lo aveva conquistato con il suo coraggio e la sua forza d’animo… Tristan era la
sua parte oscura, l’amore malato, ciò che lui aveva tentato di strapparsi di
dosso nel modo sbagliato, condannando il ragazzo a un eterno supplizio nel fondo
dell’oceano. Adesso entrambi avevano la possibilità di scegliere la strada
giusta da percorrere, senza rimorsi e ripensamenti.
“Sì”
mormorò, “credo che tu abbia ragione, è la cosa migliore per tutti.”
“Per
una volta mi dai ragione, questo è un momento storico” scherzò Tristan,
cercando di sdrammatizzare con l’abituale ironia e ricordando a Elijah tutto
ciò che avrebbe perduto, perdendo lui… “Bene, addio, vecchio amico.”
Tristan
si voltò e si diresse verso la camera di Aurora per i preparativi per la partenza.
Questa
volta Elijah non lo trattenne. Avrebbe voluto farlo, prenderlo tra le braccia,
baciarlo fino a togliergli il fiato, ma non fece niente di tutto ciò. Guardò a
lungo la porta chiusa della camera, poi anche lui si voltò e uscì dalla casa di
Vincent, dirigendosi verso il palazzo dei Mikaelson.
Avrebbe
dovuto sentirsi sollevato, tranquillo, felice di potersi dedicare a Hayley e
alla sua famiglia…
Nel
cuore aveva solo un immenso e incolmabile vuoto.
FINE