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Autore: Nat_Matryoshka    02/10/2017    1 recensioni
"A volte dopo tante cadute si ottiene finalmente qualcosa, non credi?”
Rey è una giovane reporter, che si innamora di Venezia e del suo Carnevale. Ben, il fotografo che la accompagna, di notte sogna di un ragazzo misterioso e di un mondo che non conosce.
Forse le loro anime si assomigliano più di quanto immaginano.
[Modern AU || Scritta per la Reylo Fanfiction Anthology 2017, "Celebrate the Waking"]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Luke Skywalker, Maz Kanata, Rey
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
 



“The only rule of travel is: don’t come back the way you went. Come back changed.”
- Anne Carson
 
 




Si erano appena lasciati alle spalle il cartello blu che indicava la stazione di Venezia Mestre, e la mente di Rey era già impegnata a fantasticare.

Il naso schiacciato contro il vetro come una bambina curiosa, guardava le luci della città passarle davanti agli occhi e svanire nella notte, lucciole fatte di vetro troppo lente per riuscire a star dietro al treno in corsa. Accanto a lei, Ben ascoltava musica e guardava davanti a sé senza concentrare lo sguardo su un punto in particolare, mentre Luke controllava la posizione dell’albergo sul depliant che aveva infilato in una rivista. Nessuno dei due sembrava colpito dall’idea che presto la laguna sarebbe entrata nel loro campo visivo, e che il treno su cui viaggiavano si sarebbe fermato in una città così piena di storia e fascino come Venezia. Ma Luke era così, pensò sorridendo Rey: a volte sembrava così immerso nel suo mondo da dimenticarsi completamente di quello esterno, quasi non esistesse. E Ben… capire cosa pensasse e provasse a volte era un mistero. E come tutti i misteri, per risolverlo serviva una mente curiosa.

Venezia si avvicinava: osservando bene nell’oscurità, poteva vedere l’acqua del mare tremare appena in lontananza, la distesa interrotta ogni tanto da un gabbiano che si posava. Gli altri passeggeri si alzavano, prendevano le giacche e indossavano di nuovo sciarpe e cappelli, preparandosi al freddo di febbraio. Anche Luke aveva fatto loro cenno di prepararsi, perché lo aiutassero a scaricare dallo scompartimento sopra le loro teste la borsa con la macchina fotografica e i loro computer. Solo Ben poteva farlo, tra loro tre era decisamente il più alto. Lei intanto continuava a sognare.
Quando Luke le aveva parlato di quel viaggio, una settimana prima, era seduto nel suo studio. Era una bella giornata invernale, e lui sorrideva come qualcuno che avesse appena ricevuto la migliore delle notizie. “Andiamo in Italia la settimana prossima”, le aveva detto per salutarla. “Ho un contatto che può procurarci un buon albergo, vuole che scriviamo un reportage per il Carnevale di Venezia.” Le aveva rivolto un altro sorriso senza trattenersi, poi aveva aggiunto: “Ti piace l’idea?”
“Conosci già la risposta.” A Rey brillavano gli occhi. Una volta tornata a casa, aveva iniziato immediatamente a fare le valige, e una settimana dopo era in aereo e poi sul treno, in attesa di iniziare quell’avventura. La sua prima, vera avventura da reporter all’estero assieme a Luke Skywalker, il suo mentore, l’uomo che le stava insegnando tutto della sua professione.

E Ben. Era il loro fotografo, ed era in grado di cogliere la bellezza delle cose anche con un solo scatto. Non gli piaceva allestire mostre dei suoi lavori, ma un giorno aveva sfidato la riservatezza per partecipare ad un concorso indetto dall’università, ed era stato in quell’occasione che Rey aveva avuto modo di ammirare il modo delicato in cui giocava con le luci, la sua passione per le stelle e i paesaggi dominati dalla natura. C’era poesia in quelle foto, ma anche solitudine e tristezza, e una punta minuscola di speranza che si affacciava sullo sfondo. Lei gli aveva fatto i complimenti personalmente per quelle fotografie, e da lì avevano iniziato a fare conoscenza e a parlare di libri e arte, due passioni che sembravano condividere. Solo mesi dopo aveva scoperto che Ben Solo era il nipote di Luke, il giornalista a cui i suoi parenti l’avevano presentata, e che ogni tanto lavorava come fotografo per lo zio.
Come si diceva di solito? Il mondo è piccolo. Davvero piccolo e pieno di sorprese, se due persone che avevano tentato di stabilire un rapporto in passato si ritrovavano tempo dopo, messe a contatto da un’occasione unica come quel viaggio.

Oltrepassarono tutti assieme l’ingresso della stazione di Santa Lucia: a tre gradini di distanza, il mare abbracciava la città in modo così particolare da non sembrare nemmeno reale. L’acqua passava oltre i marciapiedi, si infilava nelle strade e lambiva case ed edifici, diventando parte integrante di quella città sospesa in un’atmosfera magica. Era sera, ma la sagoma della chiesa di Santa Lucia era ben visibile, e dava il benvenuto ai viaggiatori con la sua grande cupola. Luke spinse il trolley verso l’imbarco del vaporetto, poco lontano, una richiesta muta di essere seguito. Ben si guardava intorno stringendo appena gli occhi, come faceva sempre quando un soggetto interessante colpiva la sua attenzione. Rey gli sfiorò la mano senza dire nulla, e per un attimo si godette la sua sorpresa, quel momento in cui le loro dita rimanevano vicine senza che nulla potesse dividerle, né un’emozione improvvisa, né una voce esterna. Fino a che entrambi non ricordarono di dover seguire Luke all’imbarco, e la consapevolezza di doversi sbrigare spezzò l’incantesimo.
L’imbarco per il traghetto era come una pensilina per il bus, ma serviva a condurre i passeggeri direttamente alla barca-autobus. A quell’ora e in quella stagione non c’erano molti turisti a bordo – giusto qualche pendolare e un paio di donne francesi che parlottavano strofinandosi le mani – per cui la traversata fu tranquilla, accompagnata dal mare calmo. Rey continuava a scrutare la città illuminata dai lampioni, le braccia poggiate sul parapetto dell’imbarcazione, incapace di rilassarsi e restare seduta. C’erano troppe novità attorno a lei, troppe meraviglie da scoprire: conosceva Venezia solo tramite i documentari e i racconti degli amici che l’avevano visitata, e ora che si trovava su quel battello, accarezzata dalla brezza notturna, non riusciva a credere ai propri occhi. Sarebbe rimasta anche tutta la notte a guardarsi intorno, ma Luke le toccò gentilmente il braccio qualche minuto dopo: erano arrivati alla loro fermata. L’albergo e la cena li aspettavano.

Le vie di Venezia – calli, le chiamavano, nome che alla ragazza sembrò molto musicale – erano strette e pavimentate in pietra, circondate da ogni lato da porte e finestre di case che davano sulla strada. Brulicavano di vita anche a quell’ora della sera, e ogni tanto qualcuno si affacciava alla finestra, o ritirava dei panni stesi ad asciugare. C’erano piante nei vasi, gerani non ancora spuntati o piccoli arbusti sempreverdi che rallegravano il legno scuro delle imposte. Attraversarono vicoli accompagnati dal suono monotono delle ruote dei trolley sul pavimento di pietra, si lasciarono alle spalle calli e palazzi antichi fino a ritrovarsi, una decina di minuti dopo, in un cortile circondato da case da ogni lato. Al centro, svettava una costruzione a tre piani dipinta di rosa antico, con un’insegna di ferro battuto decorata da ghirigori che ne indicava il nome: “La Colombina”. Doveva essere una vista bellissima di giorno, rifletté Rey, col sole che giocava tra le foglie degli alberi regalando nuove tonalità alla pietra che toccavano.
Anche di notte l’edificio aveva un aspetto accogliente, illuminato com’era da luci dietro le finestre del pianterreno. Il mare cantava da ogni lato, scorreva attraverso i canali con la sua voce gorgogliante, passava sotto a piccoli ponti di pietra rossa, come quello poco lontano dall’edificio, e i lampioni proiettavano globi dorati sulla superficie liquida. La ragazza inspirò profondamente: l’aria profumava di inverno, quell’odore inconfondibile di freddo e legno bruciato che impregnava tutti gli inverni che aveva vissuto. Era buono, pizzicava il naso e portava con sé novità, sorprese. La metteva di buonumore, tanto che attraversò la soglia dell’albergo quasi saltellando, meravigliata da tutto ciò che aveva intorno. Ben la precedeva in silenzio, Luke era già entrato.

L’interno dell’albergo era arredato con cura, un misto di antico e moderno che si adattava benissimo allo spirito della città. La ragazza posò la valigia su di una morbida moquette blu scuro decorata da stelle e rimase in attesa che Luke terminasse di registrarsi al banco del check-in, dove un ragazzo biondo esaminava le loro carte di identità trascrivendone i numeri al computer. Alcuni ospiti leggevano il giornale su poltrone di pelle marrone chiaro, un paio di bambini seguivano i genitori lungo un corridoio che portava con ogni probabilità alla sala dove si consumavano i pasti. Ben, in piedi davanti a lei, aveva preso una brochure da uno degli espositori sul banco del check-in e la osservava sfogliandone le pagine: “Murano, Burano e le altre isole della laguna”, c’era scritto sulla copertina. Rey fece mente locale, provando a collegare quei nomi alle ricerche fatte prima di partire, e ricordò di aver letto che Murano era famosa per il suo vetro decorato e Burano per i merletti ricamati a mano. Chiuse gli occhi, e l’immagine di un intero abito di merletti bianchi, delicati come petali di fiore, si stampò prepotentemente dietro le sue palpebre. Non faceva parte di qualcosa che aveva già letto in precedenza, ne era abbastanza sicura: la ragazza che lo indossava sorrideva timidamente, il volto talmente brillante nella luce del sole da non poterne riconoscere i lineamenti. Fissava il mare, e muoveva il busto avanti e indietro come farebbe qualcuno impaziente e spaventato per l’avventura che si sta apprestando a vivere. Scuoteva la chioma folta, decorata da un fiore rosso, e sorrideva ancora. Poi allungava una mano, e aveva dita minute e affusolate, così minute che…

Luke e Ben si mossero contemporaneamente verso di lei, facendo svanire il sogno ad occhi aperti come una bolla di sapone. Rey scosse la testa per riprendersi, sgranando gli occhi. Che strano… era stata una fantasia vivida, reale. Così tanto che si stupì di non vedere la ragazza accanto a sé una volta girato lo sguardo, ma c’erano solo i suoi compagni di viaggio e il receptionist. Luke parlava al telefono con qualcuno mentre rimetteva a posto la carta d’identità.

“Si, siamo arrivati ora. Il viaggio è stato molto tranquillo”. Teneva il cellulare bloccato contro la spalla mentre apriva il portafoglio e lasciava una mancia alla ragazza che si era appena offerta di aiutarli coi bagagli. “Albergo La Colombina, si. È proprio quello che ci avevi consigliato tu, quartiere Santa Maria della Salute. Molto carino, abbiamo appena finito il check-in… e abbiamo una gran fame.” Si fece scappare una risatina. “Oh no, non preoccuparti Maz… la cucina non è ancora aperta, c’è addirittura tempo per rinfrescarci prima di scendere a cena. Possiamo vederci domattina in Piazza San Marco, se avrai ancora voglia di vederci. Alloggi lì, vero? Perfetto… perfetto, allora.” Posò la borsa sulla valigia. “Ci vediamo domani. Buona serata, Maz. Sei sempre meravigliosamente premurosa.”

Chiuse la conversazione e si rivolse ad entrambi gli allievi, gli occhi pieni di un’eccitazione sottile che Rey aveva imparato a conoscere solo col tempo.

“Era Maz, il mio contatto. Una vecchia amica che si assicurava che fossimo arrivati sani e salvi… e che ci aspetta domattina per la colazione in Piazza San Marco.”
Rey quasi saltò sul posto, trattenendo a stento l’entusiasmo. “Una giornalista? È lei che ti ha chiesto di scrivere il servizio?”
“Più o meno” Luke guidò il gruppetto verso le scale, assieme alla ragazza delle valige che li aspettava per condurli alle stanze. “È una personalità qui a Venezia, la frequenta da tantissimi anni… e ha visto molti più Carnevali nella sua vita di quanto le piaccia ammettere. Se c’è qualcuno a cui chiedere per scrivere un servizio su Venezia, quella è Maz Kanata.”
“L’ho già sentita nominare” Ben corrugò la fronte, cercando di ripescare un’immagine tra i suoi ricordi a cui abbinare quel nome. “Non è quella conoscente di mio padre, la donna con gli occhiali? Piccola, occhi grandi… è la proprietaria di un ristorante, o una cosa del genere.”
“Esatto. Maz è sicuramente una donna dalle mille risorse.” Luke si fece lasciare tre tessere magnetiche dalla ragazza, una per ciascuno di loro.
“Allora… numeri 26, 27 e 28. Siamo tutti sulla stessa fila, tre singole. I letti sembrano comodi, da quanto ho potuto constatare su internet… e abbiamo minifrigo e televisore. Si preannuncia un bel soggiorno. Rey, per te va bene la 28?”

La ragazza afferrò la scheda e spinse la valigia davanti alla porta. “Ben, per te allora la 27. Io prendo la 26… e, se volete scusarmi, vado subito a posare i bagagli e a cambiarmi. Ci rivediamo nella hall per cenare tra… mezz’ora?”
“Aggiudicato.” Il ragazzo gli rivolse un cenno di assenso con la testa, lo sguardo su Luke che entrava nella stanza e si chiudeva la porta alle spalle. Rimasero lui e Rey in piedi nel corridoio, nel silenzio della sera che si faceva notte.

“Letti singoli, eh? Peccato… quasi speravo si fossero sbagliati e ci avessero dato un matrimoniale ciascuno. Almeno saremmo stati belli larghi!” sbuffò Rey, con tanta convinzione da far ridacchiare anche Ben di rimando. “Non mi piacciono le stanze singole, però. Meno male che le vostre non sono lontane...”
“Potrei offrirti un posto nella mia, se ti va.” Ben spinse con gentilezza il trolley di Rey verso la sua stanza, aiutandola ad aprire la porta con la chiave magnetica che, come al solito, aveva bisogno di qualche tentativo prima di entrare nella serratura. “Solo che ti toccherebbe dormire per terra, temo… a meno di non farti procurare una brandina da un inserviente. O di prepararti una cuccia nella cabina armadio.”
“Quella non sarebbe una cattiva idea.” Rey fece la stessa cosa per Ben, ricambiando il favore con la tessera magnetica. Lasciò scivolare la carta nella mano del giovane, sfiorandola quel tanto che bastava per prendersi un po’ del suo calore e sentire che era felice come lei, che quell’avventura lo entusiasmava anche se aveva un modo molto diverso dal suo di mostrare le emozioni. Emanava un tepore gentile, forse un po’ timido, ma diverso dal freddo pieno di tristezza del Ben Solo col quale si era scontrata tempo prima.
“Grazie. E, Rey… sai che se hai bisogno di qualcosa puoi bussare in ogni momento, vero?”
“Me ne ricorderò.” Probabilmente era arrossita, ma sperò che la debole luce delle lampade la aiutasse a nasconderlo. “Penso che seguirò l’esempio di Luke… ci vediamo direttamente a cena?”

Una domanda che non aveva bisogno di conferme, ma era sempre piacevole sentirne una dalla sua voce. “D’accordo. A dopo, allora.”

Lo guardò entrare nella sua stanza in silenzio, così come aveva fatto il loro maestro poco prima, e chiudersi la porta alle spalle con un piccolo scatto. Rey accese la luce della sua stanza e lasciò vagare lo sguardo sul letto, le finestre con le tapparelle già abbassate, la scrivania in legno su cui era appoggiata una piccola televisione e che ospitava il minifrigo, l’appendiabiti che aspettava la sua giacca verde militare, la porta del bagno accostata. Sembrava accogliente e il letto non era nemmeno piccolo come immaginava, e profumava di lavanda e deodorante per ambienti al mughetto.  Lasciò la sua valigia a terra a fianco all’appendiabiti e, dopo essersi tolta il giacchetto e averlo lanciato senza tante cerimonie, si distese a pancia in su sul materasso. Era davvero comodo.
Se avesse appoggiato l’orecchio alla parete probabilmente avrebbe potuto sentire Ben che sistemava i vestiti nell’armadio o che iniziava ad esplorare la stanza, aprendo i cassetti, il rubinetto del lavandino, l’anta del minifrigo. Averlo così vicino la faceva fremere, quasi potesse leggergli nel pensiero e accompagnarlo anche mentre erano separati da quel muro: era passato tanto tempo da quando si erano trovati vicini per più di qualche ora. Quando aveva scoperto che Luke voleva proprio lui come fotografo per accompagnarli in quel viaggio, un brivido le aveva percorso la schiena, riempiendole lo stomaco di quelle famose farfalle di cui parlavano tutti. Sfiorò la parete e chiuse gli occhi, provando a visualizzare il calore che aveva percepito poco prima toccandolo, quasi fosse un’aura che impregnava qualunque luogo in cui lui si trovava. Ben era silenzioso e pieno di pensieri, tranquillo come il vento che entrava dalle finestre in primavera, ma che può trasformarsi in burrasca in qualunque momento, senza preavviso… e quando succede, è meglio stargli alla larga. Le tempeste sono imprevedibili, distruggono qualunque cosa si frapponga fra di loro e il resto del mondo, corrono senza fermarsi come se non provassero alcuna stanchezza. Lui riusciva ad essere vento primaverile e tempesta, rifletté Rey. Ormai conosceva entrambi gli aspetti della sua personalità.

Sorrise tra sé e si versò un bicchiere d’acqua: chi aveva rifatto la stanza le aveva lasciato una bottiglia piena nel minifrigo come benvenuto. Ben lo sapeva, che non le piaceva dormire da sola… Rey glielo aveva detto tempo prima, col solito tono scherzoso che usava quando l’ironia la aiutava a fare amicizia. E lui aveva riso e l’aveva stuzzicata: vorrà dire che dormirai nella mia stanza quando ci capiterà di viaggiare assieme. Era raro che fosse così spiritoso, e la luce che gli brillava negli occhi che era meravigliosa. Faceva sentire bene, Rey l’aveva conservata nell’anima come un regalo inaspettato, stampandosi nella memoria il suo sguardo, quelle piccole scintille dorate che gli riempivano gli occhi scuri, gli angoli della bocca sollevati. I suoi capelli non le erano mai sembrati tanto morbidi quando li aveva accarezzati, facendo scivolare le dita tra le ciocche spesse, piccoli ricci ribelli che diventavano ancora più folti dietro alle orecchie. Va bene. Sei pronto a beccarti un sacco di calci ogni notte? aveva risposto, avevano riso ancora insieme e per un attimo era stata tentata di baciarlo. Si era chiesta che sapore potessero avere le sue labbra, così piene, morbide come quelle di un ragazzino. L’aveva fissato negli occhi, accarezzandogli ancora i capelli mentre il tempo si fermava, ma non era successo nulla… o forse era stata lei a fermare tutto, a non osare quel passo in più per paura di metterlo a disagio. Ricordava solo di aver appoggiato la fronte a quella di Ben e di aver inspirato a lungo, talmente felice di quella vicinanza da non desiderare altro. Lui era lì, respirava con lei e sembrava aver dimenticato, almeno per un attimo, quello che le aveva ripetuto giorni prima, quando la rabbia impregnava ogni suo discorso e continuava a lottare contro se stesso con l’energia di chi non riesce a venire a patti con la propria esistenza.

“Perché continui a provarci, Rey? Lo sai che non posso cambiare. Faccio del male a chi mi circonda, e non smetterò mai di farlo, neanche se lo desiderassi. Ho fatto del male a mio padre. Ho fatto soffrire mia madre. Perché vuoi essere la prossima a tutti i costi?”

Respinse quel ricordo triste con un movimento involontario della testa e si versò un altro bicchiere d’acqua. Non doveva riportarlo alla mente, non ora che si era ripromessa di lasciarsi alle spalle tutti i loro conflitti, quelle liti che le avevano riempito il cuore di stanchezza. Ben aveva bisogno di ricominciare, e anche lei. Magari proprio tra i canali e le meraviglie di Venezia, durante un viaggio inaspettato. Suonava come un buon piano.
Aprì la valigia e la distese sul letto, poi si voltò a prendere il telecomando e accese la televisione, in cerca di un canale che trasmettesse musica. Le era rimasto un po’ di tempo per rinfrescarsi e cambiarsi prima di cena, e aveva tutta l’intenzione di utilizzarlo al meglio.
 

 





***

Questa storia è nata grazie a quel progetto meraviglioso che è la Reylo Fanfiction Anthology: quest'anno ho avuto l'onore di farne parte, e di poter scrivere questa storia ispirata dal tema del 2017, ossia le feste e celebrazioni. La mia, come avrete ormai capito, è il Carnevale di Venezia, e aver portato un pezzo della mia cultura in un fandom che per me rapprsenta tutto è stata una gioia immensa.
Se ne avete voglia, supportate sia me che le altre meravigliose scrittrici su AO3: troverete tra le migliori autrici del fandom Reylo e di Star Wars in generale. Questo è il link al primo capitolo della mia storia in inglese (http://archiveofourown.org/works/12176103/chapters/27638682), questa la masterlist dell'iniziativa (
http://archiveofourown.org/collections/Celebrate_the_Waking)

Grazie per aver letto fin qui :3

Rey
   
 
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