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Autore: Luana89    03/10/2017    1 recensioni
Un piede ondeggiava annoiato fuori dal finestrino, l’altro poggiato con noncuranza sul cruscotto della berlina nera e costosa, portava la cravatta allentata, le spalle ricurve come se fosse concentrato a fissare qualcosa sul suo grembo, aveva un cipiglio attento. Nicholas si mosse nervoso sul sedile, solitamente non fissava così sfacciatamente i ragazzi sempre attento a non far sospettare nessuno delle sue ‘’preferenze’’, ma era impossibile non guardarlo. Gli zigomi appena pronunciati, l’arco delle sopracciglia nonostante fossero aggrottate era perfetto, e le labbra lievemente imbronciate; lo sconosciuto alzò lo sguardo, era come se fosse stato richiamato da quei pensieri troppo lontani, i suoi occhi si posarono su Nicholas e si accesero, non riuscì a distinguerne il colore ma non aveva poi molta importanza. Respirò a fatica mentre lo studente in divisa staccava la schiena dal sedile, le labbra si curvarono in un sorrisetto malizioso e crudele tutto per lui. La gola di Nicholas sembrò serrarsi, la gamba ingessata pulsò appena e gli venne spontaneo toccarla, non riusciva a staccare gli occhi dallo sconosciuto. Il semaforo divenne verde, tutto sfocato mentre la berlina nera diveniva un puntino lontano.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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La prima cosa che Evan vide entrando nella stanza fu una giacca blu fluttuare nell’aria, la guardò schiantarsi sul letto insieme al mucchio di vestiti tutti del medesimo colore.
«A Maggio solitamente vi è il White Party, ne hanno indetto uno in Blu?» La faccia di Christopher sbucò dalla cabina armadio, tra le mani un maglione del medesimo colore.
«Ciao fiorellino, è un piacere vederti come sempre.» Sorrise come suo solito sollevando il capo costoso con una smorfia costernata per poi gettarlo sul letto.
«Posso sapere che diavolo stai facendo?» L’amico mosse un altro passo con circospezione, ancora confuso.
«Sto gettando via ogni fottuto vestito blu che possiedo.» Al silenzio di Evan proseguì come se niente fosse. «So cosa stai pensando.»
«Sul serio?» Lo disse come se ne dubitasse.
«Ovvio, pensi che sia uno spreco privare del mondo una bellezza come me in abiti celesti.» Mosse in aria le dita con eleganza e l’altro sbuffò con sarcasmo. «Ma ho sviluppato un’avversità per questo colore, sai dopo i recenti avvenimenti.. Il che è un problema, perché il blu è praticamente metà del mio vestiario. Sai com’è, ho sempre saputo di somigliare a una specie di Dio con quel colore.» Sospirò insoddisfatto prima che la chioma bionda di Thomas non apparisse in camera.
«Le tue stronzate non mi erano mancate per niente.» La voce tagliente come al solito, ma gli occhi verdi lucidi di affetto e divertimento.
«Scommetto cinquecento dollari che tornerai a usarli entro un mese.» Evan sollevò una mano battendo il cinque al fidanzato che sembrava del medesimo parere.
«PER DIO.» Jeremy entrò mano nella mano con Rebecca, Christopher dava loro un limite massimo di sei mesi dall’inizio del college, era sicuro che per allora si sarebbero brutalmente mollati.
«Hip hip urrà?» Il rosso sbuffò sarcasticamente.
«Stai dando vita a una fiera dell’usato?»
«Mio carissimo Joshua..» Christopher sorrise candidamente fissandolo come si guarderebbe un bambino intento a provare gli abiti del padre.
«Jeremy, non Joshua.» Il soggetto in questione roteò gli occhi snervato.
«Mio caro Jeremy-non-Joshua, è un piacere vedere anche te.» Lo disse come se fosse esattamente il contrario cosa che fece ridere Rebecca che si beccò l’occhiataccia da parte del proprio fidanzato. Nicholas entrò proprio in quel momento e a Christopher sembrò come se quella stanza adesso fosse seriamente piena, piena di troppe cose che non voleva catalogare perché terrificanti. Gettò l’ennesima maglia blu sul letto e l’altro l’afferrò rigirandosela tra le mani.
«Quanto ti è costata tutta questa roba?» Christopher sporse le labbra fissando gli altri in attesa.
«Beh, se dovessi fare un breve calcolo di tutti gli abiti messi lì.. mezzo milione?»
«MEZZO MILIONE DI DOLLARI?» Jeremy si fiondò sul letto afferrando quanti più vestiti possibile. «Nicholas prendi il resto, andiamo a venderli.»
«Mi spiegate perché dobbiamo trascinarci sempre dietro questo plebeo?» Christopher lo indicò con un sorriso fintamente costernato.
«Perché sono il migliore amico del tuo ragazzo.» A quelle parole Nicholas si impietrì, non avevano mai parlato sul serio della loro relazione, non sapeva come l’altro lo vedesse né cosa esattamente si aspettasse da quel rapporto. Evitò di fissarlo mostrandosi impegnatissimo a piegare camicie e magliette. Christopher non rispose muovendo un passo verso l’uscita.
«Devo andare, ci vediamo più tardi piccoli gioielli.» Mollò tutti lì senza aggiungere altro. Evan guardò Nicholas con una punta di preoccupazione ma l’altro sviò il suo sguardo tornando a trafficare con il guardaroba.
 
 
Lucas si voltò al rumore della porta che si apriva, il suo sguardo si riempì di stupore alla vista di colui con la quale si era fatto guerra per tre anni.
«Non guardarmi così, potrei commuovermi.» Non era cambiato per niente, sempre il solito narcisista stronzo.
«Dovresti leccarmi i piedi, è grazie a me se hai evitato tatuaggi galeotti in prigione.» Lo beffeggiò indicandogli una sedia.
«Credo mi avrebbero donato, lo sai la mia bellezza è qualcosa di poco comune.» Lucas sbuffò stizzito mettendosi comodo contro i cuscini, portava ancora la benda sul capo ma nel complesso le cose andavano meglio, stava recuperando lentamente ogni ricordo, anche il più piccolo, nuovi particolari erano stati aggiunti alla deposizione contro Robert garantendo a questo quindici anni abbondanti di galera, anche se conoscendo Ruth Lewis temeva quasi per il povero malcapitato.
«Preferisco decisamente il tuo amico a te, il biondino hai presente? Viene quasi ogni giorno.» A quelle parole Chris si fece più attento, sorrise divertito sporgendosi in avanti.
«Se ti piacciono gli eroi con perenni crisi esistenziali e morali, si, suppongo Thomas faccia al caso tuo. Dovrei avvisarti che è felicemente fidanzato?» Lucas gli lanciò contro una patatina che l’altro tolse con disgusto dalla giacca.
«Dovrei ricordarti che adoro la figa?» Risero entrambi divertiti per poi restare in silenzio.
«Volevo ringraziarti. Non accade molto spesso, ma questo è un caso che urge io metta da parte il mio orgoglio, senza di te sarei uscito chissà quando. Prometto solennemente che quando una granata ti colpirà in culo, ti curerò gratis.» Gli sorrise candidamente e il biondo sospirò snervato.
«Dovevo lasciarti in galera, l’ho sempre detto che far del bene a un Underwood è tempo sprecato.» Lo indicò con finta colpevolezza.
«Vedi di tornare presto a scuola, è vuota senza la tua ingombrante nonché vanesia presenza, biscottino.» Si finse costernato poggiando una mano al petto, alla fine si sorrisero lasciando da parte rancori vecchi e solite scaramucce. Christopher passò lì l’intero pomeriggio, in compagnia del suo miglior nemico, gettando le basi per un rapporto che sarebbe durato nel tempo.
 
 
Seduto in cucina beveva il latte fissando il proprio ragazzo immerso in una lettura, sembrava quasi non vederlo ma Thomas lo conosceva fin troppo bene, era tutta apparenza.
«Devi dirmi qualcosa?» Evan a quelle parole sollevò gli occhi dal libro fissandolo.
«Pensavo dovessi dire tu qualcosa a me.» Eccola la conferma che aspettava, allontanò la tazza del latte come se ne avesse abbastanza togliendo di mano il libro al ragazzo che sbuffò stizzito.
«Sono andato spesso in ospedale da Lucas.» Si mordicchiò l’interno della guancia in attesa di una qualsiasi reazione.
«Dovrei essere geloso? Fino a prova contraria conosco bene i gusti di Lancaster, a preoccuparmi non è questo.» Evan si sporse appena, gli occhi divennero due fessure. «Vai a trovare lui ma perdi ore a parlare col padre, perché?» Thomas arretrò appena mandando giù il bolo di saliva.
«Sto solo cercando uno scopo, un senso. Ho sempre desiderato andare a Yale, ma per fare cosa? Non c’è nulla che sembra piacermi, non ho un sogno come te o come Nicholas.» Storse le labbra in una smorfia, inaspettatamente il fidanzato coprì il dorso della sua mano col proprio palmo.
«Thomas saresti in grado di fare qualsiasi cosa tu voglia, sei il ragazzo più capace che conosco.» Il tono grondava amore e sicurezza, l’altro gli strinse la mano con gratitudine annuendo appena.
«Mio padre ha fatto richiesta anche per West Point, come possibile seconda opzione.» Evan si irrigidì appena scuotendo lentamente il capo.
«E tu che ne pensi?» Thomas lo fissò con un cipiglio costernato.
«Sto valutando anche questo, se dovessi ..se dovessi intraprendere la carriera militare, tu..» Sembrava insicuro e tentennante.
«Ti sosterrò comunque, persino se domani ti svegliassi e mi dicessi che il tuo sogno nel cassetto è fare il travestito all’Insomnia.» Un momento di silenzio. «Dopo averti portato da un neurologo ovviamente.» Scoppiarono a ridere insieme, lasciando che il silenzio prendesse il posto dell’ilarità pochi secondi dopo.
«E’ difficile salutarti. E’ tremendamente difficile Evan.»
«Sarà solo un arrivederci, Thomas. Ci vedremo il più spesso possibile.» Sorrise e l’altro si sporse catturandogli le labbra tra le proprie, un bacio lento quasi sofferente come ogni loro approccio del resto. La loro relazione era da sempre un miscuglio di tormenti e gioie, una perenne giostra impazzita dalla quale Evan sembrava incapace di uscire, anzi era come se ogni volta pagasse l’extra per un altro giro.
 
 
Scott annunciò l’idea di un viaggio a fine diploma, tutta la famiglia accolse la notizia con allegria specialmente Nicholas allettato dall’idea di vedere L’Avana per la prima volta nella sua vita. Non aveva viaggiato molto, nonostante uno dei suoi tanti desideri fosse proprio quello di vedere più luoghi possibili. E poi l’idea di passare quindici giorni con Christopher, nonostante la presenza dei genitori, in un posto esotico era l’incentivo decisivo.
Lucas venne dimesso dall’ospedale tre settimane dopo tutti gli avvenimenti, tornò a scuola avvicinandosi ai tre ragazzi che sino ad allora aveva combattuto e guardato con sospetto. Lo aiutarono a rimettersi al passo con le lezioni, mentre dal canto loro l’ansia per le imminenti lettere li rendeva sovreccitati e nervosi. E Christopher tornò a vestirsi di blu.
Tutti ambivano ad entrare in università di prestigio, era il primo passo verso quello che sarebbe stato il loro futuro, da quello sarebbe dipesa la loro esistenza, il loro essere degli uomini che avrebbero fatto in qualche modo la differenza.
Non ci fu molto tempo per i divertimenti, quando non erano impegnati con lo studio e gli esami Nicholas e Christopher passavano tutto il loro tempo insieme, attenti e cauti a non toccare l’argomento ‘’relazione’’, il primo temeva che l’altro potesse inalberarsi e troncare il tutto, il secondo in silenzio elaborava ogni sensazione provando a catalogarla, pesandola in quell’assurda bilancia che era la propria vita. L’anello spiccava ancora al dito di Nicholas, e questa era l’unica cosa sulla quale Christopher era sicuro: era quello il suo posto, al dito del ragazzo.
Evan e Christopher tennero il discorso ufficiale il giorno del diploma, Thomas lo fece nella sua scuola. Urla liberatorie, risate non più contenute mentre le loro mani stringevano finalmente le lettere universitarie. Nicholas venne ammesso a Harvard, e così Evan che ricevette responsi positivi anche da Stanford. Christopher fu tra loro quello con più successi, ma l’unica università della quale gli importava era la Johns Hopkins.
 
«E’ quello che penso?» Evan fissò Thomas seduto sui gradini di casa, il ragazzo annuì consegnandogli la lettera ancora sigillata.
«Tienila tu, non voglio sapere il risultato.» Lo stemma di Yale spiccava sulla busta bianca, il ragazzo la rigirò cautamente tra le mani per poi fissare il fidanzato.
«Vuoi dire che hai scelto?» L’idea di saperlo a West Point non gli piaceva per niente, Thomas un soldato? Lo immaginava steso da qualche parte agonizzante.
«Ho scelto. Ho passato gli ultimi mesi a chiedermi cosa farne della mia vita, e infine l’ho capito. Sai ..i nostri desideri non sono poi così distanti.» Sorrise a Evan che a capo chino restava in piedi con quella lettera tra le mani. «Voglio aiutare il paese, e non solo ..voglio aiutare tutte le persone che soffrono, voglio provarci almeno.» Sapevano entrambi quanto spesso la parola ‘’soldato’’ portasse morte, ma quanto altrettanto spesso i soldati somigliassero ad angeli venuti da chissà dove per proteggere la gente indifesa.
«Sono fiero di te.» Evan sorrise, non si sforzò per farlo nonostante gli occhi pieni di ansia.
«Promettimi che non leggerai il contenuto, bruciala e basta.» Indicò la lettera di Yale e l’altro annuì, Thomas rise a bassa voce scuotendo il capo. «Fottuto bugiardo.»
Aveva ragione, Evan aprì quella lettera prima di gettarla nel fuoco, sarebbe stato l’unico a sapere se la scelta del fidanzato fosse stata oculata o meno. E mentre le fiamme ardevano la carta pregiata il suo cuore ebbe un lieve tonfo.
I due partirono insieme quell’estate, andarono in California per una settimana, godendosi il sole, le spiagge e il surf. Non parlarono più di Yale, di Harvard o di West Point. Si amarono, si amarono finché possibile e anche oltre.
 
 
Il Resort nella quale alloggiavano era la cosa più bella che Nicholas avesse mai visto. L’Avana aveva dalla sua quella sorta di magia, di primitiva e selvaggia bellezza impossibile da raccontare a voce, dovevi solo viverla.
«A Cuba tutti stanno bene, e tutti vogliono andarsene.» Esordì così Christopher passeggiando in una delle vie più povere della città, respirando odori tipici, i colori, le musiche latino americane che si spandevano da finestre rotte e muri scalcinati. Vi era tanta povertà, e tanta ricchezza, nessuna via di mezzo in quel luogo che sembrava un crudele scherzo del destino e allo stesso tempo un paradiso tentatore. Era passata una settimana circa dalla loro venuta e Nicholas non ricordava di essersi fermato un attimo, sempre in giro a vedere questo o quello insieme al fratellastro, gli unici momenti in cui vedeva la madre e Scott era durante le cene in albergo, raccontandosi ogni cosa con stupore. L’America sembrava quasi un altro mondo se vista da quella prospettiva.
«Strano a dirsi ma qui l’analfabetismo è praticamente inesistente.» Christopher bevve un sorso di vino e l’altro sorrise divertito. Viaggiare con lui equivaleva ad avere sempre con se un’enciclopedia vivente, il che non guastava se come Nicholas non sapevi un cazzo di niente del luogo. Le cose tra loro sembravano andare bene, uscivano a divertirsi, bevevano rum e tequila e poi ancora sbronzi si ritrovavano a far l’amore nel letto troppo grande, definito ‘’da bordello’’ da Christopher, della stanza. Non parlavano del futuro, uno dei due o forse entrambi avrebbero voluto, mancava il coraggio. E quel coraggio nacque per caso la penultima sera di viaggio. Non c’era molta voglia di uscire, i genitori dispersi chissà dove, e loro ascoltavano dei pezzi vecchissimi alla radio ridendo riguardo alcuni cubani visti a ballare ore prima in piazza.
«Partirai a fine mese, giusto?» Nicholas iniziò quella conversazione senza saper bene dove volesse andare a parare. Il caldo torrido sembrava avvolgerlo in una cappa oppressiva.
«Si.» Christopher lo guardò insistentemente per poi sospirare. «Dimmi quello che vuoi, e facciamola finita.» Il tono quasi brusco indispettì l’altro.
«Cosa vuoi che ti dica? Stai andando via, non so neppure cosa ne sarà di noi.» Si stoppò, il viso una maschera di tensione. «Ammesso esista un noi.»
«Esiste, il punto è che non so che tipo di ‘’noi’’ sia.» Christopher si alzò andando a versarsi da bere e Nicholas da quel gesto comprese che la discussione era ben più stressante di quanto avesse pensato.
«Questo noi continuerà ancora una volta che ci saremo divisi?» C’aveva girato attorno per mesi, ormai continuare a farlo sembrava infantile e stupido.
«Ho come l’impressione che il nostro ‘’noi’’ continuerà tutta la vita, siamo una famiglia adesso.» Non era di certo quello che l’altro si sarebbe aspettato di sentire.
«Non provo per te ciò che proverei per un fratello, smettila di girarci intorno.» Christopher ancora di spalle si irrigidì appena, respirò profondamente per poi voltarsi. «Sono ancora ciò che vuoi, Christopher?»
«Sei ancora ciò che voglio, Nicholas.» Sorrise ma l’altro non lo imitò.
«Forse non basterà più tra qualche tempo.» Il silenzio calò tra loro, non c’era bisogno di continuare a parlarne, era tutto fin troppo chiaro.
«Mi assicurerò che non succeda.» Nicholas accarezzò l’anello che portava al dito ripensando alle parole che l’altro gli aveva detto donandoglielo a Natale, era arrivato il loro tempo? Il capolinea che tanto temeva? Guardandolo avrebbe giurato di no, e continuò a giurarselo mentre una canzone struggente si librava nell’aria entrando nella loro stanza.
 
 

Three years later.
 

La separazione era arrivata per tutti, lenta o inesorabile, passati dall’età infantile a quella adulta, bagagli in mano e abbracci piangenti tutti loro avevano preso infine strade diverse.
Evan e Nicholas sembravano divenuti inseparabili, corsi insieme, persino uscite di gruppo, l’uno includeva automaticamente l’altro. Evan e Thomas ancora insieme dopo tre anni dalla partenza, nonostante negli ultimi tempi la tensione tra loro fosse palpabile. Nicholas lo sentiva spesso urlare nel cuore della notte al telefono, ma la mattina dopo l’altro si comportava come se nulla fosse successo e quindi rinviava sempre le domande. Jeremy e Rebecca si erano mollati pochi mesi dopo l’ingresso nelle rispettive università, e Christopher aveva intascato i soldi della scommessa su quei due con una grassa risata; inutile soffermarsi troppo, l’empatia non era mai stata il suo forte.
E Nicholas e Christopher? Beh, la risposta era anche la motivazione per la quale il primo era diretto alla Johns Hopkins con urgenza. Dopo i saluti ufficiali si erano rivisti cinque misere volte in tre anni, poche e sporadiche chiamate, messaggi inesistenti e risposte mai date da parte di Christopher che sembrava scomparso, immerso nello studio e nel futuro che aveva deciso di costruirsi per se.
«Vai da lui, è il momento di scegliere se dirsi ‘’Arrivederci’’ o ‘’Addio’’.» Fu Evan a dare quel consiglio all’apparenza spassionato, Nicholas non se lo fece ripetere due volte approfittando dei pochi giorni di vacanza e adesso era lì a fissare imbambolato decine di studenti dai visi sconosciuti, cercando tra loro quello amato.
«Cerco Christopher Underwood. Lo conosci?» Fermò una ragazza bassina dall’aria nevrotica che lo fissò in tralice, come se non si aspettasse quella domanda da lui. Lo chiamò ‘’il genio’’ e alla fine annuì indicando un blocco poco distante, l’università non aveva dormitori e lui non aveva la benché minima idea di come trovare l’appartamento dell’altro a Baltimora, visto e considerato che era la prima volta in cui vi metteva piede. Aveva quindi optato per incontrarlo lì, sicuramente non poteva perdersi dentro un’università. Cioè poteva, ma non era lo stesso che farlo in una metropoli.
Rivedere Christopher fu come sentire le campane suonare, o il rombo di un tuono che cade appena sopra di te folgorandoti. Lo vide parlottare e scherzare con un ragazzo, la cosa lo ferì più di quanto non avrebbe fatto normalmente; lui si struggeva, passava notti insonni nel dubbio, e l’altro si divertiva flirtando? Gli occhi glaciali di Christopher, quasi chiamati da parole mute, si poggiarono sul ragazzo dapprima con sospetto e poi con crescente sorpresa nel momento in cui probabilmente si era reso conto di non essere sotto l’effetto di qualche narcotico.
«Che ci fai qui?» Nicholas cercò di captare le diverse sfumature nella sua voce, era felice?
«Parlarti. Sai, pensavo che altrimenti ti avrei rivisto alla mia laurea.» La frecciata andò a segno nel modo sperato, Christopher mollò la presa su di lui annuendo seccamente.
«Vieni.» Gli indicò il corridoio continuando senza neppure accertarsi che l’altro lo stesse seguendo, fino a che non arrivarono ad un cortile rientrato e deserto, le lezioni erano ancora nel pieno dell’attività. Finalmente si voltò a fissare Nicholas, allargò le braccia e quello fu abbastanza per Nicholas.
«E’ arrivato finalmente quel giorno, giusto? E’ questo ciò che fai qui? Flirti con altri tenendo buono me con qualche scopata occasionale?» Sorrise senza alcuna gioia e Christopher provò ad avvicinarsi per vedersi respinto. «Non ci provare. Dimmelo in faccia.»
«Cosa vuoi che ti dica esattamente Nicholas? Stai prendendo un abbaglio, non ho fatto nulla di ciò che pensi.»
«DIMMI CHE E’ FINITA.» La rabbia sembrò scorrere come acido nelle vene.
«Abbassa la voce.» L’altro non sembrava da meno mentre si avvicinava col viso sgomento e infuriato.
«Tieni.» Si tolse l’anello lanciandoglielo addosso. «Hai detto ‘’ti deluderò, e quando succederà vorrei guardassi l’anello e ricordassi questa notte’’.» Christopher lasciò che l’oggetto luccicante scivolasse ai suoi piedi, senza distogliere lo sguardo dall’altro.
«Credo tu non abbia fatto ciò che volevo però. Deluderti non era nella mia lista dei desideri.» Sembrò sincero mentre il viso si distorceva in una maschera di dolore, Nicholas lo fissò interdetto.
«Bastava dirmi ‘’ti amo’’.» Christopher non rispose a quelle parole, e l’altro sentì il mondo crollargli. «Sono ancora ciò che vuoi, vero?»
«Nicholas..» Allargò le braccia, aveva pronunciato il suo nome come se dentro vi fossero contenute tutte le cose vitali del mondo, sembrava che anche respirare adesso costasse uno sforzo.
«Rispondimi.»
«Si, sei ancora ciò che voglio, sarai sempre ciò che voglio.» La voce si incrinò appena.
«Ma non sono ciò che ami, e questo fa la differenza.» Christopher sembrava quasi sconvolto, ma Nicholas era troppo preso dal proprio dolore per farci caso. Si sentiva travolgere da ondate di nausea e infelicità mentre si allontanava velocemente da lì. Giurò di aver sentito la voce dell’altro chiamarlo, non si voltò mai per accertarsene velocizzando invece il passo per fuggire via da lì e da quella persona che gli era a tutti gli effetti entrata dentro senza più uscirne.  E adesso? Cosa avrebbe fatto adesso? Come avrebbe affrontato cene, feste, ricorrenze seduto di fronte all’altro? In che modo l’avrebbe scacciato da mente e cuore se ormai era divenuto parte integrante della propria vita? Non aveva una spiegazione, né una soluzione tantomeno, dicevano che era il tempo a curare le ferite ma per ironia a Nicholas era proprio questo a spaventare. La vastità del tempo che ancora doveva vivere, senza Christopher. 

 
  
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