Londra, gennaio 1898, tarda sera.
Ciel, assonnato ed infreddolito nella
propria lussuosa
vestaglia di seta blu, osservava dalla finestra, con attenzione, la
neve cadere
dal cielo, la quale, leggiadra e silenziosa, si posava danzando sulla
strada e
sul marciapiede della bella città addormentata.
Il Big Ben aveva scoccato la
mezzanotte ormai già da tempo
ed il mondo pareva essere sprofondato in una sorta di candido ed
ipnotico
torpore.
Il giovane sospirò
profondamente, voltandosi verso il
caminetto che si stagliava, con solo un bel tappeto persiano a
dividerli, ai
piedi del grosso letto a baldacchino, nelle narici l’odore
confortevole ed
acuto della legna incenerita dal fuoco.
Gli si avvicinò dunque,
piano, rilasciando le pesanti tende di
velluto bordeaux, le quali tornarono al loro posto frusciando appena.
Le fiamme divampavano, torcendosi
flessuose ed emanando un
piacevole calore.
Il Conte protese le mani verso
quest’ultime, sorridendo,
lieve.
Negli anni si era trasformato in un
bell’uomo… Elegante,
gradevole, austero.
Aveva da poco compiuto 24 anni ed il
suo fisico, rimasto
comunque piuttosto esile, aveva ormai raggiunto la maturità
da qualche anno.
Crescendo, Ciel aveva visto aumentare
di parecchio la
propria statura e si era rallegrato molto per la cosa, anche se
continuava a
rammaricarsi del fatto che non fosse purtroppo riuscito a superare in
altezza
il proprio maggiordomo…
Per il giovane nobile, etereo ma
orgoglioso, poter sfidare
quest’ultimo e guardarlo negli occhi senza dover per forza
sollevare lo sguardo
di per sé avrebbe già costituito una vittoria.
“Dov’è
finito Sebastian?
E’ tardi…” esclamò
all’improvviso, stizzito ed impaziente.
“Mi avete chiamato my
Lord?” esordì lui, come al solito
elegante e raffinato, facendo capolino
dalla porta quasi come per magia.
“Finalmente! Il fuoco si
sta spegnendo, dove sei stato fino
ad ora?” lo rimbeccò Ciel, severo.
“Signore, ho dovuto
preparare il necessario per domattina ed
istruire gli altri… Dovevamo sistemare
l’argenteria, preparare la sala,
terminare il lavoro in cucina e…”
“Va bene, va
bene… Ho capito.” tagliò corto il
Conte,
irritato dall’ovvia e ricercata aria di sufficienza del
proprio interlocutore,
il quale non perdeva mai occasione per infastidirlo, nemmeno a tarda
notte.
“Il padrone per caso
soffriva la mia mancanza? Cercherò
subito di rimediare…” affermò dunque il
demone, facendo per avvicinarsi al
caminetto e trasformando la malcelata ironia dipinta sul suo volto in
un
sorriso profondo ed accattivante.
“Smettila subito di
burlarti di me!” scattò allora il
giovane, lo sguardo iroso, fronteggiandolo senza paura.
“Dunque è
così, vi sono mancato sul serio…”
replicò l’altro,
accentuando il sorriso, mentre nel frattempo lo raggiungeva a passo
felino sul
tappeto.
Partì uno schiaffo.
“Ciel.”
Sebastian bloccò al volo
la mano che stava per colpirlo,
stringendo il polso fra le proprie dita, severo.
“Non occorre reagire
così. Lo sai quanto il lavoro qui alla
magione mi impegni in questo periodo.” esclamò
poi, passando repentinamente dal
voi al tu ed osservando da vicino gli occhi cerulei del nobile, intrisi
di
rabbia e delusione.
“Non occorre nemmeno fammi
saltare i nervi tutte le volte
che ci parliamo! Sono stufo!” ribatté
immediatamente lui, adirato, cercando di
divincolarsi.
Il maggiordomo, incurante delle
proteste del Conte, si portò
la mano alle labbra, sfiorandola.
“Perché sei
tanto turbato stasera?” gli domandò quindi,
continuando ad osservarlo.
Ciel, risentito, distolse lo sguardo
e non proferì parola,
lasciandolo fare.
Ed il demone comprese…
Questa era probabilmente una di
quelle serate in cui il
passato la faceva da padrone, piegando alla propria volontà
ogni tentativo del
giovane signore di mantenersi serioso e controllato, come era solito
fare ogni
giorno.
“Capisco…”
mormorò dunque, riprendendo a baciare la mano del
nobile ed avvicinandoglisi ancora, languido, portando una mano alla
cintura
della sua vestaglia da camera.
“Vediamo se riesco a far
qualcosa per il tuo malessere.”
dichiarò poi, iniziando con una mano a sciogliere il tessuto
annodato, mentre
nel frattempo allungava il viso andando a posare delicatamente le
labbra sul
collo del suo giovane signore.
Il fuoco in quel mentre
crepitò e le fiamme, senza alcun
ausilio di mano o legna, divamparono all’interno del grande
caminetto,
proiettando le loro ombre danzanti sul muro di fronte, a cui aderiva la
testiera
intarsiata del letto a baldacchino.
Il Conte sospirò di
piacere, non appena la propria pelle
venne sfiorata dalla carne bollente del maggiordomo, il quale sorrise
compiaciuto, finendo poi di svestire il compagno, già nudo
al di sotto della
seta blu della sua vestaglia.
Sebastian si ritrasse quel poco che
bastava per poter
ammirare la bellezza effimera del proprio padrone: la pelle nivea e
trasparente
che creava un severo ma piacevole contrasto con la seta blu della
vestaglia, i
capelli scuri che ricadevano in piccole ciocche sulla fronte, gli occhi
azzurri
seri e profondi, tristi, che lo guardavano con aspettativa, il lungo
collo
proteso verso di lui…
Le spalle strette ma fiere, il busto
minuto ma perfetto, il
ventre piatto ed elegante, l’ombelico, sotto al quale,
incorniciata da una
manciata di peletti pubici svettava l’erezione, il membro
già umido di liquido
pre-seminale.
Sebastian si leccò le
labbra, pregustando con delizia il
sapore della lussuria di cui si sarebbe impregnata quella nottata.
“Portami a letto, Demonio.
E’ un ordine.” gli intimò dunque
il Conte, passandogli le braccia intorno al collo e riportandolo col
pensiero
al presente.
“Yes, my lord.”
rispose lui, incatenando lo sguardo al suo e
ricominciando a sorridere in maniera accattivante, mentre con
delicatezza, ma
anche con passione e desiderio, lo afferrava per la vita sottile,
iniziando a
muovere lentamente qualche passo verso il letto a baldacchino.
La giornata, per il maggiordomo ed il
suo padrone, si
concluse quindi in tal modo.
Avrebbero consumato solo il sesso fra
le lenzuola umide?
Oppure l’amplesso tanto
ricercato avrebbe celato al proprio
interno anche un po’ d’amore?
Solo i diretti interessati avrebbero
potuto rispondere con
sincerità.
Ma può un essere umano
innamorarsi di un diavolo?
E può questo diavolo
ricambiarlo in qualche modo?
Per loro, la cui
quotidianità non regalava niente, quelle
notti di unione carnale, e forse anche spirituale, erano tutto.
Unione nella rivalità che
li contraddistingueva.
Unione nell’affetto che
forse, entrambi si sforzavano di
nascondere.
Note: Ciao a tutti!
E’ la prima volta che mi
cimento in una fanfic su questa
coppia…
Ci sono andata piano infatti, niente
scene esplicite xD
Spero cmq sia stata piacevole da
leggere, e vi abbia
strappato almeno un sorriso.
Un abbraccio.
Lavriel