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Autore: Journey    19/10/2017    0 recensioni
La prima volta che i miei occhi incontrarono i suoi rimasi sbalordito dalla profondità di quel blu. E quando le sue braccia mi accolsero per la prima volta per confortarmi, credo di aver percepito il tempo scandire i secondi allo stesso ritmo con cui batteva il mio cuore. Mai, prima di quel momento, avevo sentito il mio cuore battere così forte. E così, finalmente ho capito: non avrei mai potuto amare nessuno come amavo lei. Mi ero quasi dato per vinto. Avrei vissuto il resto della mia vita uscendo con ragazze interessanti delle quali non mi sarei mai innamorato e piano piano avrei visto lei invecchiare tra le braccia di un altro.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altro Personaggio, Jennifer JJ Jareau, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo 2

Il giorno dopo arrivai in ufficio con un'ora d'anticipo. Sapevo che così non avrei incontrato nessuno. Ma purtroppo, le cose non andarono come avevo previsto. Arrivai alla mia scrivania, poggiai la mia borsa e mi sedetti. Presi il fascicolo di un vecchio caso a cui avevamo lavorato e cominciai a dargli un'occhiata.
"Che ci fai già qui a quest'ora?" quando udii queste parole, mi si gelò il sangue. Che ci faceva a quest'ora in ufficio? Così mi girai e incontrai i suoi occhi. Le spiegai che mi ero svegliato incredibilmente presto e che ne avevo approfittato per mettermi al lavoro. Lei mi sorrise, forse per la prima volta da quando ci eravamo conosciuti, e si sedette sulla mia scrivania. Nonostante fosse in parte vera, la mia storia non l'aveva convinta.
"Credo sia il caso di parlare di ciò che è quasi successo ieri sera, prima che JJ ci interrompesse" disse lei cominciando a far dondolare le gambe e tenendo la testa bassa.
Mi sentivo terribilmente a disagio e sono sicurissimo che anche Sarah si sia sentita esattamente così. Glielo feci presente, le dissi che al momento non credevo fosse il caso perché mi sentivo ancora terribilmente a disagio. E lei capì. Mi confidò che si sentiva esattamente allo stesso modo. Così ci guardammo per un secondo e cominciammo a ridere.
"Buongiorno" esclamò Jennifer sedendosi alla sua scrivania. Non so perché, ma in quel momento, mi sentii estremamente in colpa. Ripeto, sapevo che non c'era alcun motivo per sentirmi così, specialmente in questa occasione. Sarah scese dalla mia scrivania e salutò la mia collega dandole un bacio sulla guancia prima di prendere posto alla sua. La mia amica mi guardò e mi strizzò l'occhio. Stavo per mimarle qualcosa con le labbra, quando Garcia fece la sua entrata. Ci chiese di raggiungerla in sala riunioni. Avevamo un nuovo caso e dovevamo partire immediatamente. Tutto il viaggio in aereo fu un vero e proprio tormento. Non riuscivo a non pensare a quanto fosse successo la sera prima e a quell'occhiolino che JJ mi aveva fatto. Pensava che io e Sarah formassimo una bella coppia? Io e Sarah formavamo davvero una bella coppia? Avrei dovuto spiegarle che non c'era nulla tra noi? E in che modo le sarebbe importato? Avrei dovuto parlare con Sarah di quanto successo solo poche ore prima? Mi sentivo davvero attratto da Sarah? E perché continuavo a farmi domande riguardanti lei? Probabilmente quello era un segno, segno che avrei dovuto darle un'opportunità. E se Sarah non avesse voluto un'opportunità con me? E se il giorno prima si fosse solo fatta trascinare dal momento? Avevo la testa completamente da un'altra parte, ma il caso era davvero impegnativo e non potevo permettermi distrazioni. Così cominciai ad eliminare ogni pensiero e immagazzinai quante più informazioni possibili riguardo l'indagine. Andò tutto bene all'inizio. Andò tutto bene fino al momento in cui rimisi piede nel Jet per tornare a casa. Ero seduto e rileggevo per l'ennesima volta lo stesso libro. Quando ad un certo punto, Jennifer si sedette di fronte a me. Mi guardò e mi sorrise. Conoscevo quel sorriso. Era solita farlo ogni qual volta era convinta di sapere qualcosa che io non avevo ancora realizzato. Alzai un sopracciglio e continuai a guardarla in silenzio. Le continuò a sorridermi in silenzio fino a quando le chiesi per quale motivo mi guardasse in quel modo. E mi disse di aver capito tutto, di aver capito che avessi una cotta per Sarah. Le risposi che non era vero. Ma sembrava non riuscire a capire nessuna delle parole che le dicevo. Continuava imperterrita a sostenere che mi piacesse. Mi sentii terribilmente in imbarazzo. Non potevo dirle che in realtà ero innamorato di lei e non potevo farle capire che probabilmente mi sentivo attratto da Sarah perché mi sentivo in colpa. Così rimasi in silenzio mentre Jennifer continuava ad elogiare la mia collega e continuava a consigliarmi di portarla fuori. Quando tornammo alla base, cercai di svignarmela il prima possibile, ma, proprio mentre le porte dell'ascensore stavano per chiudersi, Sarah e JJ mi raggiunsero. Non so spiegarvi se quello fosse il momento più imbarazzante della mia vita o il mio sogno più grande. Che fossi attratto da Sarah, ormai credo si fosse capito. Nonostante riuscisse a farmi innervosire come poche persone prima di lei, non potevo negare che fosse una bellissima ragazza. Ma ciò che provavo per JJ aveva superato l'attrazione fisica ormai molti anni prima. Ero attratto da lei quando Gideon mi consigliava di invitarla fuori. Ero attratto da lei quando era l'unica a chiamarmi Spence, ero attratto da lei quando c'era ancora Elle con noi. Ma adesso, sapevo che ciò che provavo per lei era amore. Mai nessuno aveva suscitato in me le stesse emozioni che riusciva a suscitarmi lei dopo più di dieci anni di amicizia, di conoscenza. Ricordo che speravo immensamente che quell'ascensore andasse ad una velocità superiore. Così, quando arrivammo al piano terra, mi fiondai fuori di lì e raggiunsi in men che non si dica la fermata dell'autobus. Ero lì che aspettavo quando una macchina dai vetri oscurati si fermò davanti a me. Il finestrino del passeggero si abbassò e riuscì a vedere il volto del guidatore. Era Sarah. Mi disse di salire e che mi avrebbe dato lei un passaggio a casa. Provai a declinare l'offerta, ma non si diede per vinta. Così, una volta in macchina, mi sentii in dovere di parlare di quanto successo tra noi solo qualche giorno prima.
Lei è sempre stata molto schietta. Mi disse che era attratta da me. Inizialmente rimasi sbalordito da tale dichiarazione. Certamente non me la sarei aspettata. Le dissi che mi aveva piacevolmente sorpreso e la invitai a cena fuori. Non so dove trovai il coraggio di farlo, so solo che lo feci. Lei sembrò esserne molto felice e accettò senza pensarci troppo. Ci accordammo per la sera dopo, lavoro permettendo. Una volta a casa, mi sdraiai sul letto e decisi di farmi una bella dormita.
L'indomani mi svegliai particolarmente felice. Non andavo ad un appuntamento da tempo. Ammetto di aver avuto anche un po' di paura. Credo sia normale in una situazione del genere. Quando arrivò il momento di andarla a prendere, andai un po' nel panico. Avevo paura che non gradisse le mie scelte in fatto di cibo o che non le piacesse il modo in cui ero vestito. Poi la vidi uscire da casa sua e immediatamente andai a raggiungerla nel vialetto. Era bellissima. Indossava un vestito azzurro, non eccessivamente elegante. La aprii lo sportello dell'auto e lei si accomodò. La serata trascorse molto velocemente. Scoprii che oltre ad essere crudelmente schietta e incredibilmente bella, era anche sorprendentemente intelligente, direi più della media, in effetti. Mi raccontò un po' della sua vita e della sua infanzia in Italia. Le dissi di non esserci mai stato, ma che avrei voluto tantissimo andarci. Le dissi che sarei voluto passare da Firenze e ammirare con i miei occhi la culla della cultura italiana. Mi disse che per un periodo ci aveva abitato, ma che la sua città italiana preferita, non perché ci avesse abitato, era Roma. Scoprii che ascoltarla era un piacere. Inoltre avevo provato in precedenza ad imparare un po' di italiano e così, testai le mie conoscenze con lei. Mi disse che l'inglese e l'italiano non erano le uniche due lingue che conosceva e che aveva una discreta conoscenza anche del francese e sapeva parlare fluentemente anche spagnolo e tedesco. Fu davvero una serata piacevole, ma anche le serate piacevoli devono giungere al termine. Così la riaccompagnai a casa e le augurai la buonanotte mentre le baciavo la guancia. La vidi arrossire e probabilmente stavo cominciando ad arrossire anche io, così decisi che sarebbe stato meglio tornare a casa. Mi girai e in fretta raggiunsi l'auto.
Tornato a casa, non facevo che pensare alla bella serata appena trascorsa. E poi, finalmente, mi addormentai, cullato da quei pensieri gentili.
   
 
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