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Autore: eliseCS    24/10/2017    1 recensioni
A quanto pare quello che ho bevuto per il brindisi del compleanno è stato sufficiente per farmi fare questa pazzia, e ovviamente non c'era nessuno che potesse fermarmi...
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Una bambina, gabbie dorate e non e Tortuga.
Oppure
L'Ombra della Doomed Destiny, la nave pirata più famosa dell'epoca, il nuovo capitano Cortès e un vecchio amico dimenticato.
In sintesi assoluta: pirati.
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Dal primo capitolo:
Non sapeva se fosse perché pensavano che fosse stupida, troppo piccola per capire o se semplicemente non gli importasse, ma Isabelle riusciva perfettamente a sentirli.
A quanto pareva stava per essere venduta.
Di nuovo.
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“Con un pezzo da otto posso darti anche da bere se vuoi, ragazzino” propose.
Isabelle si morse un labbro: prima di entrare aveva controllato, addosso non aveva assolutamente nulla di valore, per non parlare di monete o pezzi da otto!
“Io… non ho nulla…”
La donna si ritrasse: “Mi dispiace mocciosetto, ma non do da mangiare gratis, neanche ai bambini. Torna quando avrai qualcosa da darmi in cambio” disse, e si allontanò per servire qualcun altro.
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Buona lettura (spero)
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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II - Di corse, travestimenti e Brandy
 
Non sapeva quanto tempo era passato da quando era stata rapita.
Basandosi sui suoni che sentiva provenire dall’esterno e dai movimenti oscillatori della nave avevano toccato terra almeno un paio di volte, ma ovviamente a lei non era stato permesso scendere.
Era sempre rimasta nella cella, da sola.
L’unico a interrompere la sua solitudine era un uomo, sempre lo stesso, che due volte al giorno le portava dell’acqua e un tozzo di pane e svuotava il secchio che le avevano dato per i suoi bisogni.
Lei non lo sapeva ma al contrario di quello a cui aveva pensato quella in cui stava viaggiando non era una nave che trafficava schiavi, almeno non in modo esplicito.
La Butterfly era una nave mercantile che solo di recente aveva cominciato ad ospitare carico umano che non fosse l’equipaggio: il capitano, vedendo che gli affari non andavano molto bene, aveva deciso di cominciare a commerciare qualcosa di diverso, guadagnandoci quasi il doppio visto che alla fine la merce che prendeva non la pagava sul serio, proprio come era successo con il padre di Isabelle…
Al momento la bambina sembrava essere l’unica passeggera in più, ma non sapeva che la sua permanenza prolungata era solo dovuta al fatto che il capitano della Butterfly non riusciva a trovare un acquirente per lei.
In effetti la bambina era ancora troppo piccola per poter essere usata per quello che di solito venivano prese le giovani donne.
 
Venne svegliata di colpo dal rumore della porta della cella che veniva aperta con grande stridore.
Il suo carceriere le legò le mani e la condusse fuori senza una parola.
I suoi occhi ci misero diverso tempo a riabituarsi alla luce del sole dopo tutto il tempo che aveva passato sotto coperta e inciampando non finì a terra solo perché l’uomo che la accompagnava la stringeva forte per il braccio.
Camminando lungo il ponte Isabelle tenne gli occhi bassi ma poteva benissimo immaginare gli sguardi degli uomini dell’equipaggio puntati su di lei.
Fu condotta al cospetto del capitano che le fornì un secchio d’acqua e una pezza lurida per pulirsi appena il viso dallo sporco che vi si era accumulato.
Eseguì il tutto senza fiatare con le mani ancora legate, e quando ebbe finito non riuscì quasi a emettere un verso di sorpresa nel ritrovarsi dentro a un sacco.
Non aveva neanche la forza di provare a ribellarsi.
Il capitano sembrò apprezzare.
 
Dopo diversi minuti di sballottamento venne finalmente appoggiata a terra e la fecero uscire.
Tanto per cambiare si trovava di nuovo in un vicolo, almeno quella volta era giorno.
Venne lasciata in disparte mentre il capitano e l’altro uomo che era con lui, lo stesso che aveva ucciso suo padre, parlavano.
Non sapeva se fosse perché pensavano che fosse stupida, troppo piccola per capire o se semplicemente non gli importasse, ma Isabelle riusciva perfettamente a sentirli.
A quanto pareva stava per essere venduta.
Di nuovo.
Si stava giusto augurando che il suo nuovo proprietario avesse la sua stessa predisposizione verso il mal di mare quando una frase detta appena più a bassa voce rispetto alle altre fece breccia nella sua testa.
“Se neanche questo la prende ce ne liberiamo”.
La bambina abbassò la testa per cercare di non far capire che aveva sentito, anche se sembrava che i due uomini stessero continuando a non far caso a lei.
Cosa poteva fare?
Era una bambina di dieci anni in una città sconosciuta senza mezzo soldo in tasca: dove sarebbe potuta andare?
Ma prima: come avrebbe fatto a scappare?
Si era sempre considerata piuttosto veloce visto che spesso le capitava di battere Harry nelle gare di corsa, ma lì si trattava di uomini adulti, non di un bambino che a dirla tutta era anche più basso di lei.
Però doveva tentare, non c’era altro modo.
L’avrebbero uccisa lo stesso se il compratore non si fosse mostrato interessato, come era evidentemente successo con quelli precedenti da quanto aveva capito, cosa aveva da perdere?
Per fortuna le avevano legato solo le mani, l’unico impedimento sarebbe potuta essere la camicia da notte.
Cominciò a spostarsi piano, un passo alla volta, cercando di non attirare l’attenzione, in modo da avere la via più libera quando avrebbe cominciato a correre.
Nel frattempo i due sembravano essersi stufati di aspettare perché si erano entrambi seduti su due barili rovesciati che erano accatastati lì in fondo al vicolo.
 
Isabelle si lasciò sfuggire un mezzo sorriso e scattò.
Ai due uomini ci volle qualche istante per collegare il rumore di passi veloci alle loro spalle al fatto che la loro merce stesse scappando e quando lo fecero ormai era troppo tardi: la bambina aveva già raggiunto la fine del vicolo mescolandosi con la gente che andava e veniva nella via più grande.
Ce l’aveva fatta.
Ora per cominciare, doveva trovare un modo per liberarsi dalle corde che le legavano i polsi che le stavano facendo guadagnare più di qualche occhiata curiosa da parte dei passanti.
 
 
 
Trovare un fabbro non fu difficile, intrufolarsi all’interno e segare le corde approfittando del filo di una sega lasciata in disparte nemmeno: a quanto pareva i giochi che faceva con Harry che consistevano nell’aggirarsi per casa cercando di passare inosservati erano serviti a qualcosa.
Girovagando a caso per la città, non sapeva neanche dove fosse, era riuscita a recuperare una maglia e delle braghe che fossero più o meno della sua taglia.
Era la prima volta che non indossava una gonna, ma continuando a girare in camicia da notte avrebbe solo attirato l’attenzione.
Aveva anche trafugato un cappello con cui nascondere i capelli.
Sua madre aveva origini inglesi e lei aveva ereditato il suo incarnato chiaro e i capelli biondi, chiari come il grano.
Avrebbe dato meno nell’occhio se li avesse tenuti coperti e a quel punto, conciata com’era, sarebbe anche potuta passare per un maschio.
Continuò a vagare per le strade cercando di capire se ci fosse qualcuno a cui chiedere aiuto, ma non sapeva nemmeno se in quel posto conoscessero Antigua e di uomini in uniforme a chi domandare non c’era nemmeno l’ombra.
Si era avvicinata all’ingresso di una locanda, appoggiandosi contro il muro sperando che uscendo qualcuno avesse pietà di lei e le allungasse qualcosa da mangiare – non successe e i crampi allo stomaco cominciavano a farsi sentire – quando una parola attirò la sua attenzione.
 
Tortuga.
 
Quell’uomo e il suo compare stavano parlando di Tortuga.
Come tutti i ragazzini che si rispettavano Isabelle sapeva benissimo cosa fosse Tortuga e il collegamento che aveva con i pirati.
Senza perdere tempo si mise dietro ai due, cercando di seguire la conversazione senza farsi notare.
Se non aveva capito male la loro nave commerciava alcolici, brandy e rum in particolare, e se c’è una cosa che i pirati amano quasi quanto il mare e la loro nave è proprio quello.
A quanto pareva il capitano aveva deciso di fare una tappa a Tortuga per guadagnare qualcosa sottobanco, visto che l’ultima volta gli affari erano andati più che bene.
La bambina li seguì fino al porto e non ci mise molto a capire qual era la nave verso cui erano diretti.
Si chiamava Brandy…
Ora doveva solo decidere cosa fare.
 
Avrebbe potuto provare a salire di nascosto, ma non voleva pensare a cosa sarebbe potuto succedere se l’avessero scoperta.
Prima che gli uomini potessero avvicinarsi alla passerella per salire Isabelle rivelò la sua presenza.
“Aspettate!”
I due si guardarono intorno spaesati per poi lanciarle uno sguardo stupito quando si resero conto di chi li aveva richiamati.
“Ma guarda un po’ cosa abbiamo qui” commentò il primo scoprendo i denti, per la maggior parte neri.
“Ti sei perso?” domandò l’altro prendendola palesemente in giro.
Lei scosse la testa.
“E allora cosa vuoi moccioso? Non abbiamo tempo da perdere qui!”
Fecero per voltarsi ma Isabelle fu più rapida.
“Ho sentito che la nave è diretta a Tortuga” disse.
I due gelarono sul posto.
“Abbassa la voce, vuoi farci arrestare?” domandò quello che aveva parlato per primo prendendola per il bavero della casacca.
“Voglio venire con voi” aggiunse Isabelle piano. “Vi prego”.
“Non prendiamo mocciosi a bordo, mi dispiace” si sentì rispondere.
“No, vi preso, aspettate. Io devo andarci!”
“E a fare cosa di grazia? Tortuga non è posto per bambini. E poi cosa pensi? Che il capitano ti farà salire a bordo come se niente fosse… senza pagare?”
La bambina deglutì: di certo non aveva soldi.
“Potrei… lavorare?” azzardò alla fine.
Sperava che non badassero all’età se avessero voluto usarla come mozzo per pulire il ponte.
I due si scambiarono uno sguardo.
“Come ti chiami moccioso?” domandò alla fine quello con i denti marci.
“I…” si bloccò appena in tempo.
Se avesse rivelato di essere una femmina non l’avrebbero mai fatta salire, e fino a quel momento si erano rivolti a lei usando il maschile, quindi…
“Io mi chiamo Harry” rispose dicendo il primo nome che gli passò per la testa e ignorando la fitta di nostalgica che arrivò subito dopo.
“E quanti anni hai?”
“Dieci”
“Sembri più piccolo…”
Lei abbassò lo sguardo.
“Bene Harry. Visto che vuoi così disperatamente andare a Tortuga proveremo a parlarne con il capitano. C’è sempre bisogno di mani in più, ma di solito tendiamo a prendere uomini più grandi, non so se mi spiego…” commentò il secondo uomo e solo in quel momento Isabelle notò che gli mancava la mano sinistra.
Quello seguì il suo sguardo e le sorrise di rimando.
“Aspetta qui” fu l’ultima cosa che le dissero prima di lasciarla sola.
 
 
 
҉
 
 
 
“Terra!”
Il grido si sentì forte e chiaro dal marinaio sulla torre di vedetta.
Isabelle si concesse di abbandonare momentaneamente lo straccio con cui stava , per l’ennesima volta, lucidando il ponte per guardare fuori bordo.
All’orizzonte era visibile il profilo di una costa.
Tortuga.
 
 
Aveva aspettato diverso tempo i due uomini, che quando erano tornati le avevano detto di seguirli a bordo.
Era stata portata al cospetto del capitano, un uomo rubicondo con la pancia sporgente, che dopo averla squadrata aveva dato istruzioni affinchè le venissero dati un secchio e uno straccio: poteva mettersi subito al lavoro per guadagnarsi la cena.
In quei quattro giorni di viaggio aveva perso il conto di quante volte aveva ripassato il ponte della Brandy: era l’unica ad occuparsene e tempo di arrivare a pulire a prua doveva già ricominciare a poppa.
Non aveva mai lavorato in vita sua – fortuna che almeno aveva osservato un paio di volte le domestiche pulire i pavimenti di casa perché altrimenti non avrebbe saputo neanche come impugnare lo straccio – e le vesciche sulle sue mani ne erano la prova.
 
Non perse tempo quando la nave attraccò:
salutò solo Nick e Tom, i due marinai che aveva incontrato prima di salpare, e cominciò subito a esplorare il posto.
Non aveva un attimo da perdere.














Ma buongiorno!
Ammetto di avervi fatto aspettare davvero tanto (troppo) per questo secondo capitolo... (ammesso che ci fosse qualcuno ad aspettarlo).
Comunque passo subito alla buona notizia.
Come ho scritto nel mio profilo questa storia è già conclusa, diciamo. Motivo per cui posso permettermi di pubblicare i capitoli con cadenza regolare.
Cadenza che ho deciso essere di un capitolo ogni due settimane, abbreviato a uno a settimana nel caso in cui dovessero esserci recensioni.
Non aggiungo altro, vi saluto lasciandovi l'appuntamento per martedì 7 novembre (o 31 ottobre a seconda dei casi).
A presto
E.
   
 
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