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Autore: Akane92    30/10/2017    2 recensioni
La vita di Maia Stark, figlia del genio, miliardario, playboy, filantropo, sta per essere stravolta di nuovo, dopo gli avvenimenti di New York e Malibù. Il Dio degli Inganni è stato mandato sulla Terra, in particolare alla Stark Tower, per essere tenuto sotto controllo. Come vivranno, insieme, la giovane Stark e Loki?
(Post Avengers e IronMan 3)
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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MAIA STARK
 
 
Mi chiamo Maia.
Non ho idea del perché mia madre mi abbia chiamata così. Non ho mai avuto l’occasione di chiederglielo ed è strano, visto che col tempo, cercando in giro, ho scoperto che il mio nome ha proprio il significato di “creatrice, madre”.
Per me, la parola “mamma” è come una parola tabù, una parola che non ho mai amato pronunciare e che non ho mai potuto pronunciare con piena consapevolezza.
Mia madre è morta quando io avevo quattro anni e di lei non ricordo quasi nulla. Ricordo solo, vagamente, il suo viso. Ogni volta che mi vedo allo specchio, mi rendo conto che più vado avanti con gli anni più vedo quel viso dei miei ricordi simile al mio.
Mia madre non stava con mio padre quando è morta. Anzi, loro due non sono mai stati insieme. Crescendo ho scoperto, e soprattutto capito, che i miei genitori avevano semplicemente bevuto troppo e che si erano dimenticati di usare precauzioni, tutto qui. Ho scoperto che mia madre mise subito a conoscenza mio padre della gravidanza e che lui ha sempre provveduto ad aiutarla, economicamente. Non ricordo nulla della presenza di mio padre nei miei primi quattro anni di vita, né gli ho mai chiesto se lui ci fosse stato.
Quando mia madre è morta, mio padre mi ha preso subito con sé. Non posso lamentarmi, non potrei mai farlo. Mi ha dato tutto, mi ha insegnato molto, non mi ha mai fatto mancare nulla. Col tempo, non ho molto apprezzato il “fare” di mio padre: il suo essere un donnaiolo, il suo essere tremendamente irritante, cosa che ho ereditato da lui, a quanto mi dicono. Capendo inoltre che costruiva armi per la guerra non apprezzai neanche il suo lavoro, ma lui mi disse che se volevamo continuare a vivere nel lusso, come vivevamo, dovevo accettarlo. Così feci, ma di certo non lo risparmiavo da frecciatine e mie opinioni a lui poco gradite.
Non ho ereditato nulla, fisicamente, da mio padre. Non ho i suoi capelli neri, né i suoi occhi marroni, ma occhi blu e capelli castani. Da lui ho ereditato ben altro: la voglia di conoscere, di costruire, di inventare, di creare cose mie e solo mie. Fin da piccola cominciò ad insegnarmi tante, tantissime cose, fino a farmi appassionare per tutto quello che mio nonno e lui pensavano e rendevano reale. Seguii i suoi stessi studi e con grande sorpresa di tutti, persino la sua, mi laureai a sedici anni, con il massimo dei voti, e continuai a specializzarmi fino ai diciotto, quando iniziai a lavorare insieme a mio padre in maniera ufficiale.
A diciotto anni, però, ho vissuto il più brutto periodo della mia vita. Sebbene a quattro anni non avessi la coscienza giusta e abbastanza matura per capire la perdita di un genitore, l’assenza di una figura materna nella mia vita mi aveva sempre rattristita e appesantita e quindi perdere all’improvviso anche mio padre, crederlo morto, fu un duro colpo.
Furono tre mesi orribili, tre mesi in cui credetti di aver perso tutto quanto. Volevo andare in Afghanistan io stessa per cercare il mio papà, per trovare un indizio, un qualcosa che mi conducesse a lui, ma non me lo concessero. Restai a casa con Pepper, la segretaria personale di mio padre che per me era sempre stata come una sorella maggiore, ed ero sempre in contatto con il migliore amico di papà, James Rhodes, che non smetteva un giorno di cercarlo.
Quando finalmente seppi che era vivo, che l’avevano trovato e che stava tornando a casa, fu come tornare a respirare. Non sono solita mostrare le mie emozioni, soprattutto in pubblico, ma quando vidi mio padre scendere dal jet privato gli corsi incontro per abbracciarlo, tentando di mascherare le lacrime di gioia, per poi dargli uno spintone che lo fece barcollare, rimproverandolo per avermi fatta preoccupare.
Da quel giorno, tutto cambiò. Non avrei mai pensato che mio padre avrebbe mai chiuso l’azienda di famiglia, eppure fu la prima cosa che fece dopo aver mangiato un hamburger. Né avrei mai creduto che nel suo petto ci fosse davvero un elettromagnete che faceva sì che non morisse, se non l’avessi visto con i miei occhi.
Con la scusa di uno stage che aveva a che fare con l’azienda che si doveva tenere a Londra, fui allontanata da tutto ciò che stava per accadere in America. Solo quando vidi l’intervista, solo quando vidi mio padre rispondere a quella giornalista con la frase «Io sono IronMan», cominciai a capire.
Tornata a casa, fu mio padre stesso a raccontarmi tutto quanto. Più mi raccontava, più volevo sapere, più volevo conoscere l’armatura, studiarla, migliorarla, rendere mio padre migliore. Lui non si oppose, almeno non fino a quando proposi di costruire un’armatura anche per me. La sua opposizione, per me, non fu affatto un problema. Sapevo lavorare da sola, di nascosto, e grazie a Jarvis, l’intelligenza artificiale che governa tutto ciò che ha a che fare con la mia famiglia, in poco tempo riuscii a costruire anche la mia, di armatura, tenendo all’oscuro mio padre e Pepper.
Nel frattempo, ovviamente, mio padre stava avendo problemi con il governo a causa dell’armatura e le cose non sembravano di certo migliorare, soprattutto grazie al vecchio/nuovo nemico, Ivan Vanko, e al rompiscatole di turno, Justin Hammer. Dopo l’incidente a Monaco, notai che mio padre stava diventando ogni giorno più irritante del normale. Solo in seguito, grazie a Nick Fury dello S.H.I.E.L.D., l’unico che aveva capito che anche io potevo essere d’aiuto, compresi tutto quanto. Mio padre stava morendo a causa del palladio nel suo corpo ed io non riuscivo a sopportarlo, né riuscivo a vederlo in quelle condizioni. Dovevo fare qualcosa, dovevo aiutarlo, e più lo vedevo peggiorare, più non vedevo l’ora di mostrargli la mia armatura e di cosa anche io ero capace di fare.
Mentre mio padre aveva permesso, durante una delle sue ultime bravate, a Rhodey di entrare in possesso di una delle armature, la Mark II, io e lui entrammo in possesso, sempre grazie a Fury, di vecchi appunti e materiali di mio nonno, che a quanto pare era uno dei fondatori dello S.H.I.E.L.D., e con i quali riuscimmo a compiere qualcosa che ancora oggi mi fa restare sorpresa: creammo un nuovo elemento che faceva sì che mio padre non utilizzasse più il palladio tossico.
Finalmente mio padre si riprese, ma era ancora contro la mia idea di un’armatura tutta per me, ed ovviamente era ancora ignaro del fatto che fosse già bella e pronta. La mia prima apparizione fu proprio dopo quegli eventi e come avevo previsto lasciai mio padre a bocca aperta, oltre che infuriato come mai in vita sua. Io, lui e Rhodey riuscimmo a sconfiggere Vanko e a portare in salvo tutti coloro che si trovavano alla Expo che mio padre aveva organizzato in quel periodo. Non ebbi paura, anzi, tutto quello che mi stava succedendo per me era estremamente emozionante e magnifico. Non mi ero mai sentita, fino a quel momento, più viva.
Fu divertente assistere in silenzio al bacio fra mio padre e Pepper ed esultare alla fine. Pepper mi era da sempre stata simpatica, mi era da sempre stata accanto anche se nessuno le obbligava ad esserci per me e fui contenta nel vedere che mio padre si era finalmente innamorato di una donna giusta per lui. La sfuriata che ebbi in seguito da mio padre non me la dimenticherò mai, ma lui sapeva benissimo che sarebbe stato inutile controbattere, urlarmi contro ed impedirmi di usare ancora la mia armatura di metallo. Infondo, da lui ho ereditato anche la testardaggine.
 
Mi chiamo Maia Stark e tutti mi conoscono come IronGirl. Mio padre è Tony Stark e il mondo lo conosce come IronMan.
Nick Fury si era da poco presentato a me e mio padre perché voleva me nel progetto “Avengers”, mentre riteneva mio padre inadeguato. Ed io non vedevo l’ora di cominciare. 



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Salve a tutti! :3
Rieccomi qui su efp, dopo secoli! Pubblico di nuovo questa fan-fiction su Loki iniziata anni fa, con l'intento di migliorarla e concluderla. Voglio che la storia di Maia e Loki attraversi le varie fasi Marvel, dopo Iron Man 3. 

Spero vi piacerà! Grazie per essere arrivati fin qui :)

 
  
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