Come in un ballo alla corte di Vienna. La musica del pianoforte, che intonava le note de "Sul bel Danubio blu", accompagnata dal rumore dei piedi sul pavimento piastrellato della stanza. 
Un mite fragore, una costellazione di suoni disposti in ordine dalle mani di un disordinato artista. 
E lei danzava, le mani sulle sue spalle, la veste rosa che frusciava, accarezzata dal vento, cosė simile ad una principessa - una dama bella e dal sorriso radioso, adagiata in una nuvola di profumo primaverile. 
Lui si limitava a seguirla - un paziente principe azzurro - a tenerla per i fianchi magri, il volto rosso di imbarazzo e con il timore costante di vederla crollare davanti a lui. E lei sorrideva, cosė ingenua e consapevole al tempo stesso, i capelli biondi che le ricadevano lungo la schiena in ciocche disordinate, gli occhi indaco luminosi e felici. 
Kousei si sentiva quasi inadeguato nel guardarla: un angelo aveva teso le proprie mani candide a lui, un comune mortale, per danzare. 
E avrebbero danzato ancora e ancora - contrastando la corsa del tempo - insieme in quel salone, sulle note di un valzer perduto e di risate distorte.