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Autore: LaRagazzaCheNonEsiste    27/11/2017    1 recensioni
[Reupload con ingenti modifiche della fanfiction "Tutto può Succedere"]
Una ragazza cresciuta per essere una "sostituzione", per essere colei che avrebbe dovuto rimediare al "danno causato". Qualcosa però cambia improvvisamente e Mikan Sakura, una Mikan diversa da quella dell'universo canonico, assieme ai suoi demoni, sarà costretta ad entrare all'Alice Academy. Qui, con un "qualcuno" che già conosce il peso di questa oscurità, inizierà a cercare la luce alla fine del tunnel.
Ma questi personaggi saranno in grado di affrontare le loro paure? Il loro passato? Sapranno superare tutti gli ostacoli che incontreranno sul loro cammino?
Nessuno lo sa, perché Tutto può Succedere.

Attenzione: l’avvertimento OOC è stato inserito poiché, data la trama, alcuni personaggi potrebbero avere un carattere completamente diverso da quello dell’opera originale.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Luna Koizumi, Mikan Sakura, Natsume Hyuuga, Persona/Rei Serio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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I

“It’s strange to be alive”
 
La luce del sole era quel che la svegliava al mattino da quando aveva sei anni, quando aveva appreso per puro caso che lasciare le tapparelle della finestra aperte, cosa severamente proibita da parte della signorina Koizumi, permetteva ad un raggio caldo di sfiorarle il viso e di farla destare dal suo sonno inondando lentamente la sua piccola stanza con un qualcosa di accecante, diverso da quel qualcosa che permetteva alle lampadine di svolgere il medesimo compito. Da quando aveva fatto questa scoperta non aveva mai smesso di alzarsi all’alba, poggiando i piedi nudi sul freddo pavimento per poi avvicinarsi verso la finestra e aprirla quel poco che bastava per far passare la gelida aria del mattino, così poteva godere di quella luce che amava, l’unica cosa che la facesse sentire bene. Ogni tanto puntava gli occhi nocciola oltre il davanzale, osservando il silenzioso paesaggio deserto e spoglio ed immaginando cosa dovesse esserci oltre, lontano da quel posto dove viveva da anni ed anni senza capire effettivamente perché, per quale motivo le fosse toccata quella sorte, cosa aveva fatto per meritarsela soprattutto, e a risponderle a quei suoi quesiti c’era solo il vento che delicatamente le scompigliava i lunghi capelli castano chiaro e le arrossava appena il naso e le gote.
Assurdo ma vero, la ragazza non aveva mai pensato di scappare, una voce nella sua testa le diceva che non era il caso, voce che ogni tanto aveva il tono della signorina Koizumi e altre volte quello di Persona, per poi concretizzarsi in immagini confusionarie che di concreto avevano solo il dolore che entrambi le avrebbero potuto infliggere se avesse anche solo provato a mettere una mano fuori da quella struttura, dalla sua prigione.
Perché Mikan lo sapeva quanto potevano far male entrambi, seppur in modi diversi.
Perché lei ricordava ancora il male infertole quando aveva solo otto anni, o il peggiore, provato quando ne aveva nove, e alla base di tutto c’era solo un’immensa crudeltà da parte di entrambi i suoi carnefici.

 
Anche quella mattina fu costretta a chiudere prima la finestra e poi le tapparelle, facendo sprofondare la stanza nell’oscurità più profonda. Attese che gli occhi si abituassero al buio e trattenne l’istinto di buttare un occhio sotto al letto in ferro, cercando qualche mostro inesistente prima di rimettersi sotto quelle lenzuola fin troppo leggere per il freddo della fine di ottobre, e quando fu di nuovo su quel materasso scomodo iniziò a fissare il soffitto contando i secondi che passavano: Persona era sempre puntuale, non dissimile in questo da un coniglietto bianco col panciotto che da piccola aveva conosciuto fra le pagine di uno strambo libro per bambini che le avevano dato per imparare proprio a leggere e che ancora teneva nascosto sotto il cuscino affinché non lo buttassero come avevano fatto con praticamente tutto il resto.
Ed infatti alle 6:30 sentì la chiave mentre veniva inserita nella toppa e veniva fatta girare sbloccando la serratura. Serrò gli occhi affinché non si accorgesse che era già sveglia, ascoltando il rumore della porta che si apriva e dei passi pesanti che rimbombavano nella stanza, socchiudendo le palpebre solo quando la lampadina emise la sua bianca luce artificiale, ed era questo che segnava l’inizio della sua giornata. Non ricordava che essa fosse stata diversa in tutti i sedici anni della sua vita mal vissuta, eccetto per quelle poche volte in cui Serio era dovuto mancare per motivi a lei ignoti e Luna, col suo sorriso ricco di una gioia perversa, era venuta a farle quelle sue visite, e che Dio le fosse testimone quando diceva che ciò che quella donna le fece fu sempre e comunque più orribile di qualsiasi dolore causato da Persona.
Solitamente si doveva alzare dal letto, salutare l’insegnante delle Abilità Pericolose con un inchino e afferrare quell’unico cambio che poteva indossare. La tappa successiva era la camminata con la scorta verso il bagno, dove si faceva una doccia fredda, non di rado cadendo nella doccia causandosi ferite non di poco conto, vuoi per la malnutrizione o per la scarsa forza nelle ossa causata dal poco allenamento e dalla scarsa esposizione all’ambiente esterno, e si vestiva il più rapidamente che poteva. Al mattino non mangiava: veniva presa per i capelli e trascinata nella Camera Oscura e là iniziava il primo atto, il prologo dell’incubo, all’interno del quale gli indiscussi protagonisti erano l’uomo incappucciato dall’altra parte della stanza (separato dalla giovane con un vetro) e le illusioni generate dal suo Alice.
Cosa effettivamente fosse un Alice a Mikan fu chiaro sin da subito, stranamente, e lo capì ancor meglio quando tutti iniziarono a pretendere che anche lei lo fosse, perché venne sommersa di volumi e volumi dedicati all’insegnamento di cosa fosse quel potere. Ciò che invece non riusciva a capire era come potessero pretendere che lei fosse un soggetto tanto particolare quando non aveva mai manifestato nessun sintomo del caso e come potessero pensare che quelle immagini raccapriccianti che le venivano mostrate potessero in qualche modo cambiare le cose. Di certo non aveva mai pensato che a terminare per un momento la vita di quegli scheletri che le stringevano la gola, o il fluire del sangue che sgorgava dal pavimento e le macchiava le mani, o ancora del muoversi nella sua bocca di tutti quegli animali pelosi che sapevano di cadavere  sui quali si posavano vespe affamate apparse da chissà dove non fosse stato il proprietario dell’abilità che li generava ma lei. E come avrebbe potuto del resto? Lei che nel frattempo era soffocata dalla paura, dalle lacrime che le inondavano il viso, dai singhiozzi che violentemente le scuotevano il corpo e dalla morsa che le stringeva la gola mentre il cervello chiedeva pietà, non riuscendo a concretizzare quel desiderio in un urlo di terrore.
Dopo la Camera Oscura semplicemente Mikan smetteva di pensare, tutto diventava nero. Qualcosa le veniva fatto ingerire a forza e che spesso veniva rimesso sul pavimento con conseguenti botte da parte degli sgherri di Serio, che ne avevano abbastanza di quella mocciosa...non tanto da risparmiarle quello che la signorina Koizumi aveva dato loro il permesso di fare da quella fatidica sera, la sera del suo nono compleanno. Lei non era mai senziente eppure ricordava quelle cose, quelle cose brutte, quegli uomini che la toccavano e la spogliavano, quel dolore lancinante e il freddo del pavimento su cui l’avevano lasciata a lavoro finito...ed ora che stava diventando una donna gli abusi stavano diventando più frequenti e lei pian piano si spegneva, come la fiammella di una candela in balia del vento.
La giornata finiva nella sua stanza, nel suo letto, a volte con i polsi legati a delle flebo per prendere il nutrimento minimo necessario per farla sopravvivere, dove passava del tempo (minuti o ore, non avrebbe saputo dirlo) con gli occhi vacui rivolti verso il pavimento a godersi quei pochi istanti di libertà, mentre realizzava che nel giro di poche ore sarebbe iniziato un nuovo giorno.
E non è mai un buon giorno.
Quella mattina il tempo si fermò improvvisamente, quel fiume rapido che non aspettava mai nessuno per una volta aveva arrestato il suo corso in quella sua piccola stanza bianca e dalle pareti spoglie, con un solo letto ed un vecchio libraccio sotto al cuscino, quello stesso luogo dove viveva da sedici anni: Persona sulla porta, mentre lei alzava in capo dopo l’inchino di consuetudine, gettò una scatola davanti ai suoi piedi per poi voltarsi di spalle.
-Niente doccia stamattina, Mikan. Hai dieci minuti per metterti ciò che troverai là dentro. Oggi cambi aria-.
E quelle parole bastarono per svegliarla dopo anni di nulla.
 
Le scarpe nere erano stranamente formali e forse un poco più grandi del necessario, come quasi tutto fatta eccezione per le calze scure probabilmente: la gonna scozzese beige e nera era tenuta dalla cintura, necessaria per non fargliela calare, la camicia bianca l’aveva sistemata alla meglio, come le era sembrato più giusto, mentre la cravatta non era neppure riuscita a capire a cosa servisse, tanto che l’aveva ignorata mettendosi subito la giacca nera dalle rifiniture color oro sulla quale erano già state appuntate tre buffe stelline dorate. La divisa del dipartimento Superiore non era forse quella più adatta a lei, ma il fatto che fosse un poco larga aiutava a nascondere il fatto che fosse sottopeso e il suo seno pressoché inesistente, per questo l’avrebbe sempre apprezzata più di qualsiasi altro indumento. Si sistemò i lunghi capelli, pettinandoseli con la sua vecchia spazzola ed infine raccolse le sue poche cose mettendole in uno zaino che aveva trovato sempre nella scatola assieme ad una chiave, che tenne pur non conoscendo cosa questa aprisse.
Dire che fosse esterrefatta era un eufemismo, felice no, non ancora almeno, ma non aveva la benché minima idea di cosa stesse accadendo così all’improvviso.
Quando mai Rei Serio, l’inquietante carnefice dalla maschera bianca, le aveva dato qualcosa di simile?
Uscì titubante dalla stanza, a capo basso, segno che era spaventata ed obbedì a Persona quando le fece freddamente cenno di seguirla lungo il corridoio, iniziando a percorrere il lato della struttura dove abitava che non aveva mai visitato, anzi, le era stato severamente proibito ed il perché lo capì quando giunsero dinnanzi ad un portone sigillato che venne aperto solo quando l’insegnante delle Abilità Pericolose passò sullo scanner la tessera di riconoscimento. Ma perché Mikan comprese il motivo per il quale nessuno l’aveva mai portata in quella zona? Perché oltre quella porta chiusa la sedicenne vide l’esterno e quasi pianse dalla gioia quando venne spinta fuori e si ritrovò con i piedi sulla vera terra e quando il mondo esterno, per la prima volta, travolse tutto il suo corpo donandogli una strana energia, e sì che allora capì di essere viva e quanto quella sensazione fosse bella e strana, maledettamente strana.
-Muoviti. Non ho tutto il giorno-, queste parole la riportarono alla realtà e subito un macigno di insicurezze le crollò sulle spalle.
Come puoi pensare che tu sia libera? Pensi che ti concederanno mai questo lusso? E perché dovrebbero? Ti stanno portando in una nuova prigione, magari più attrezzata di questa, chissà. Lo scoprirai quando ti picchieranno di nuovo fino a quando non sputerai sangue perché proverai a sfuggire a quegli uomini che ti trattano come una bambola, o quando ti porteranno in una nuova stanza delle illusioni, magari stavolta legandoti ad una sedia per farti subire meglio. A loro piaci vulnerabile Mikan, a loro piaci come canarino in gabbia e nulla cambierà.
Seguendo l’uomo dalla maschera bianca, salì su una lussuosa macchina nera dai finestrini oscurati, macchina che lei non capiva cosa fosse e che temeva essere uno strumento di tortura o qualcosa di simile, tanto che, seduta sui sedili di pelle nera, teneva gli occhi nocciola sbarrati fissi sulle lunghe dita che stringevano nervosamente la stoffa della gonna, con una tale forza che le nocche erano sbiancate. Si allarmò quando l’autista mise in moto l’automobile e sobbalzò spaventata quando Persona lanciò sul posto libero fra loro due un fascicolo col nome della ragazza.
-Ora ti illustrerò ciò che accadrà d’ora in poi-.


Angolo Autrice [perché la sottoscritta ha voglia di perdere tempo]

Le persone che conosco dicono che odio i miei personaggi (il che è vero) e quindi mi sono detta “Bah, nella prima versione soffriva troppo poco la cara Mikan. Semplici illusioni un poco inquietanti? Ti pare bastino?”.
E quindi sì, sono passata allo stupro.
Perché?
Perché se Dio esiste mi ha fatta nascere stronza.

  
  
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