IL GRIDO DEL SILENZIO
-Kei.
Kei! Dai, svegliati.-
-Sono già sveglio.-
-E allora alzati.-
-Lasciami in pace, Yuri.-
-Sei in ritardo, Vorkov ci
ucciderà!!-
-Ucciderà solo me. E sai che non lo
farà.-
Yuri
Ivanov rimase fermo a fissare il compagno, coricato a
pancia in giù e poco intenzionato a muoversi da quel letto.
-Prima o poi lo farà, invece.-
-No... se mi uccidesse non
potrebbe fare altre cose con me. Non lo farà.-
Yuri
si chiese come facesse quel benedetto ragazzo a parlare di certe cose con
quella naturalezza, e decise di attribuirne la causa al sonno.
-Kei,
per favore. Abbiamo allenamento fra cinque minuti e tu sei ancora così.
Alzati!-
Kei
Hiwatari sbadigliò sonoramente e si mise seduto: era
già un bel progresso.
Peccato che nonostante lo sforzo, i due arrivarono
ugualmente in ritardo.
-Hiwatari,
Ivanov. Non devo dirvi niente, immagino.-
La voce gelida di Vladimir Vorkov
non li colse certo di sopresa, una volta giunti nella
grande stanza dove erano soliti allenarsi, assieme
agli altri ragazzi scelti.
Boris, Sergey e Ivan li
guardarono con espressioni compassionevoli.
Quel giorno Vorkov si era alzato
col piede sbagliato, ed era più sadico del solito.
Per cui
cinque minuti dopo i due ritardatari erano fuori a fare addominali e piegamenti
sulla neve gelida, sorvegliati da due guardie.
-Yuri,
sei uno stupido. Tu saresti potuto arrivare in orario.-
-Certo, così altro che due esercizi in mezzo al
ghiaccio... ti avrebbe fatto fare un bagno nel lago.-
-Tanto è congelato.-
-Un
buco si può aprire facilmente. Sei un idiota, quando ti renderai conto che
sfidandolo non otterrai niente?-
Kei
fece una faccia disgustata: -Preferisco così, piuttosto che fare tutto quello
che mi dice senza fare una piega.-
-Lo so...-
-Scusa. Non mi stavo riferendo a te. Fai bene a non fare come me.-
Yuri
si mise seduto; aveva perso la sensibilità alle gambe e alla schiena, ma non
gli importava.
-Anch'io
l'ho sempre sfidato. E tu lo sai benissimo. Ma ho ferite
che ancora non si sono riemarginate dalla volta
scorsa, non posso uccidermi con le mie mani.-
-Io vorrei farlo.-
Yuri
si bloccò, fissandolo:
-Cosa?-
-Che vorrei farlo. Voglio andarmene da qui. E in un modo o
nell'altro, lo farò.-
Il rosso gli diede una spinta:
-Evita queste cazzate. Usciremo da questo posto. Nessuno morirà, a parte Vorkov.-
-EHI!!-
-Parli del diavolo...- mormorò Kei alzandosi in piedi, seguito a ruota dall'amico.
-Che intenzioni avete?! Per caso
volete un cestino da pic-nic?!-
Kei
sospirò seccato: -Si, e una tovaglia a quadretti rosa shoking.-
Appena finì la frase Vorkov lo afferrò per il collo e strinse con forza:
-Devi smetterla con questo tuo umorismo patetico, Hiwatari.-
-Lasciami!!-
Inaspettatamente quello obbedì, per poi guardarlo con un
sogghigno poco rassicurante: -Fra cinque minuti nel mio ufficio, Kei. E cerca di essere puntuale.-
Yuri
si era offerto di accompagnarlo, ma Kei aveva
rifiutato. Così si limitò ad avvicinarsi a quella maledetta porta, dopo una
decina di minuti. Riusciva a sentire a fatica i gemiti strazianti di Kei, e quelli di natura diversa di Vorkov;
ma non poteva fare niente. Aveva provato sulla pelle quelle stesse cose, sapeva
benissimo che ribellarsi, o almeno tentare di farlo, era totalmente inutile.
Non potevano andarsene, non sarebbero mai riusciti a
scappare, nessuno conosceva le reali condizioni di vita dei ragazzi in quel
gulag che si spacciava per monastero, e loro non avevano modo di farlo sapere.
Sarebbero rimasti lì a soffrire fino a che colui che
dirigeva tutto non avesse deciso di lasciarli in pace... ovvero mai, non di sua
spontanea volontà.
Yuri
si sedette in terra, contro al muro, a pochi metri
dalla porta. Si mise le mani sulle orecchie, cercando di pensare a
qualcosa di rassicurante. Trovò solo brividi.
Aspettò lì, finchè non potè udire il rumore per lui più assordante e
insopportabile, quello del silenzio; poco dopo il cigolio della porta lo
costrinse ad alzarsi in piedi. Kei uscì dalla stanza
reggendosi in piedi a fatica, e richiudendosi la porta alle spalle.
-Ehilà, Yu...-
Il rosso gli si avvicinò per poi passargli un braccio
dietro alla schiena.
-Guarda che posso camminare da solo...-
-Certo. Dev'essere
per questo che barcolli.-
-Oggi ci è andato giù pesante.-
Dopo l'ultima frase di Kei i due
si incamminarono verso la loro stanza. Sostenendosi a
vicenda.
Nel freddo e buio corridoio, a pochi passi dalla loro
destinazione, Yuri sentì Kei
farsi più pesante.
-Ehi, che c'è?-
-N...niente... credo di dovermi
coricare.-
-Siamo arrivati.-
Entrarono nella camera, e si sdraiarono entrambi sul letto
di Kei.
-Che ne dici domani... di alzarti
prima?-
-Se non sarà un ritardo, sarà un'altra cosa qualsiasi, Yuri... lo sai benissimo che quello mi fotte
in ogni caso.-
Il rosso si mise a fissare il soffitto con insistenza.
-Tentiamo la fuga.-
-Mh.
Buona idea. E come?-
-Il
condotto dell'aria. Quello dei rifiuti. Leviamo i mattoni del pavimento.
Rubiamo le ali a un volatile e lanciamoci dal tetto. Non lo so. Però facciamolo.-
Kei
sorrise. -Quello dei rifiuti ce lo siamo già tentati.
Quello dell'aria però no.-
fece una pausa, poi continuò:
-Tanto ci beccano... e mi hai detto che le tue ultime
ferite non si sono ancora riemarginate, vero?-
-No... ma non me ne importa niente. Mi sto annoiando.-
Ovviamente il piano di fuga fallì. La cosa che bruciava di
più ai due era che... bè, ce l'avevano
quasi fatta. Non avevano ancora tentato con i condotti di aereazione,
installati da poco, e sarebbero evasi se solo non avessero avuto la sfortuna di
essere scorti per caso da una guardia che in quel momento nemmeno doveva essere
lì. Erano sorvegliate solo le uscite principali e quelle secondarie, e da
quando Kei e Yuri avevano
cercato di usarlo per scappare, anche il condotto dei rifiuti. La guardia aveva
sentito un rumore, per poi trovare solo un piccolo cane lupo che girovagava.
Dopo averlo mandato via aveva visto loro due che
uscivano dal condotto di aereazione, a due metri da terra, e scendevano con un
balzo abbastanza pericoloso.
Mancavano pochi metri... pochi metri
che non erano riusciti a percorrere, specialmente per via dei rinforzi.
Se li avessero fermati subito la frustazione sarebbe stata di gran lunga minore.
Si beccarono due giorni in isolamento ovviamente in celle
diverse, non prima di aver ricevuto una lezione esemplare sul piano fisico. Vorkov aveva ordinato alle guardie di lasciarli in vita, ovvero di evitare i colpi mortali. Così dopo frustate, calci
e tagli, Kei aveva un polso sicuramente fratturato e
un paio di costole partite per la tangente. Yuri non
riusciva a piegare bene una gamba e l'attaccatura della spalla gli faceva un
male cane.
"Se mi fa male, vuol dire che c'è ancora" pensò,
stremato. Due giorni su quel pavimento gelido, senzo cibo e acqua.
Kei, qualche cella più in là, pensava la
stessa identica cosa.
"A che mi serve avere ancora le costole..."
-Kei,
sei sveglio?-
-Secondo te riesco a dormire
sulle pietre?-
-Si.-
-Bè,
invece no.-
-Da quanto siamo qui?-
Kei
si mise seduto, riflettendo: -Credo che manchino poche ore, forse un paio-
-Ok... la doccia è mia.-
-Basta che fai in fretta. Sono ricoperto di polvere.-
Quando finalmente le guardie aprirono le celle nessuno dei
due si mosse. Fu Kei ad
alzarsi per primo e ad entrare nei due metri quadri
dell'amico, che non dava cenno di volersi muovere.
-Yuri,
andiamo...-
-E perchè...?-
-Come perchè... preferisci
restare qui?-
-Qui... al piano di sopra... in mezzo al ghiaccio... nel
letto di Vorkov... non è la stessa cosa?-
Kei
alzò gli occhi al cielo: -Yuri, sono io quello che
parla così, non tu. Ora alzati e andiamo.-
Dovette trascinarlo, ma alla fine riuscirono a tornare in
camera e medicarsi alla bell'e meglio, come al solito.
-Va meglio?-
Yuri
non rispose, e Kei sentì la sua ultima certezza in
quel posto infrangersi, come tutto il resto.
-Yuri,
per favore mi rispondi?-
-Che c'è...?-
-Il
prossimo tentativo andrà meglio.-
-No, Kei... siamo qui da anni...
il condotto dell'aria era l'ultima carta a disposizione... non ci sarà un
prossimo tentativo.-
-Aspetta, non lo pensi veramente... sei tu che fino ad
oggi mi hai spronato ad andare avanti, non puoi dire così adesso!-
-Ti aspetti veramente che io continui a credere nel nulla?!-
-N... no. Solo che... vivo nella tua speranza, Yuri.-
-Ora l'ho persa del tutto, fattene una ragione.-
Kei
lo guardò con aria persa.
-Yu...
ci sarebbe un piano B in realtà.-
-Ovvero?-
-Rubare le ali a un volatile e lanciarci dal tetto.-
Quella notte fu la più passionale che avevano mai passato
insieme. Yuri era già molto provato dall'isolamento e
dai colpi subiti, e Kei gli diede
il colpo di grazia.
-Sono sfinito.- annunciò,
ricadendo con la testa sul cuscino.
-Anche io...-
-Che ore sono?-
Kei
controllò nell'orologio sul comodino: -Le sei... il sole starà già sorgendo.-
-Andiamo a vederlo?-
-Cosa?-
-Si dai. Voglio vedere l'alba.-
-Cosa sono questi slanci di romanticismo?-
-Macchè
romanticismo... vorrei solo vederla.- spiegò Yuri alzandosi e raccattando i suoi vestiti.
Kei
non potè dirgli di no, così si alzò e si vestì a sua
volta.
Almeno l'accesso al tetto era libero e non trovarono
guardie pronte a massacrarli solo vedendoli.
-Che figo.-
mormorò Yuri osservando il cielo.
-In effetti
erano anni che non vedevo l'alba. Non che ora la mia vita sia cambiata...-
-Si, si...-
I due si avvicinarono al corinicione
e vi si sedettero. Si congelava, erano veramente molto in alto.
-Comunque... grazie.-
-Per cosa?-
-Per esserci.-
Yuri
alzò le spalle: -Prego.-
-Yu,
voglio che tu sappia... che sei la persona più importante che abbia mai avuto.-
-Lo so già. Vale lo stesso per me.-
-Lo so già.-
Avevano uno strano modo per dirsi "Ti amo". Ma l'importante era saperlo, e loro sapevano perfettamente
di amarsi.
Il rosso si rilassò; era strano come quel silenzio, che di
norma gli giungeva come un grido continuo, fosse così bello in quel momento.
-Kei,
spiegami meglio il tuo piano B...- disse piano Yuri. Stava recitando. Sapeva benissimo cosa intendeva Kei.
L'altro gli rispose guardando di sotto. Era davvero molto
in alto:
-E' un modo sicuro per andarcene da qui. Stavolta non ci
prenderanno.-
Yuri
sorrise.
Kei
fece lo stesso.
Un tacito saluto.
Un tacito addio.
Finalmente riuscirono ad andarsene.
Le ali non dovettero rubarle a nessuno perchè
si sa, gli angeli le hanno di diritto.
*FINE*
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Ok,
è tristissima. Sono le quattro e mezza del mattino e
sono in preda a un attacco di tristezza immotivata. Avrei fatto meglio ad andarmene
a dormire, vero?
E invece ho scritto questa cosa in venti minuti.
Non sono solita far morire personaggi nelle mie fanfiction perchè io stessa secondo come si svolge la vicenda, piango e ci
rimango male O.O. Non ho idea di cosa mi sia preso...
sarà che guardando Death Note e vedendo certe dipartite ultra deprimenti
(niente di che, solo il mio personaggio preferito, chi vuole intendere intenda)
mi è venuto lo schizzo di far fuori qualcuno anch'io, e di scrivere qualcosa di
triste proprio perchè presa da un momento di tristezza...
bah! Non so nemmeno quando potrebbe essere ambientata, né l’età dei personaggi.
Proprio campata per aria insomma!
Comunque ormai l’ho scritta quindi la pubblico.
Spero vi sia piaciuta. Un bacio.